mercoledì 25 novembre 2009

INGIURIA, IL CONTESTO FA REATO --GIUSTIZIA E COSTUME --Scritto da ENZO-








da il Sole-24 Ore LUNEDI 27 agosto 2007 – 234


Ritengo utile la lettura del seguente “pezzo” riguardante un particolare “costume”e cioè quello di esprimersi per reazioni varie in modo “pesante” verso altre persone. Invito i lettori alla lettura del seguente articolo, tratto appunto dal quotidiano IL SOLE – 24 Ore del 27 agosto 2007- n.234. Poi ognuno ne faccia buona riflessione visto che nelle chat Line accade sovente di leggere espressioni ingiuriose lanciate nei confronti di altre persone – chattanti.
Trascrivo pari pari le linee di tendenze della Cassazione di fronte alle varie forme in cui si e’ configurato il reato di ingiuria.




Ma prima di passare alla trascrizione espositiva delle varie sentenze della Suprema Corte, TUTTE DI COLPEVOLEZZA, proviamo a definire due istituti giuridici: l’INGIURIA e la DIFFAMAZIONE.




INGIURIA (art. 594 c. pen.): Innanzi tutto, ingiuria e diffamazione si differenziano in quanto l’ingiuria è l’insulto rivolto direttamente alla vittima, cioè rivolto a una persona presente oppure, per esempio in una lettera diretta a casa.
La diffamazione, invece, è il parlar male con terze persone di un assente.
L’ingiuria.. Secondo la definizione contenuta nell’art, 594 c. pen., questo reato e’ commesso da chi offende l’onore e il decoro di una persona presente e aggiunge che del reato risponde anche chi commette il fatto mediante comunicazione telegrafica o telefonica, o con scritti o disegni, diretti alla persona offesa.
Gli elementi oggettivi del reato sono: l’onore e il decoro. Per es., offende l’onore chi taccia un altro di disonestà, mentre offende il decoro chi, alludendo a un grave difetto fisico, dà a un altro dello storpio.


Nella dottrina e nella pratica, vengono individuate varie specie di ingiurie: a) indiretta, offesa che colpisce una persona diversa da quella cui apparentemente è indirizzata ( p. es., tuo padre non ti ha insegnato l’educazione); b) reale, quando consiste in gesti
o atti oltraggiosi (fare le corna, insozzare, etc.). Per l’esistenza del dolo (volontarietà- intenzionalità) nell’ingiuria basta che, chi pronunzia volontariamente certe parole, si sia reso conto della capacità offensiva delle parole dette o scritte, oppure degli atti compiuti, anche se non c’è una diretta volontà di ingiuriare.


Il codice contempla, per l’ingiuria, due circostanze aggravanti speciali: la prima consiste nell’attribuzione di un fatto (offensivo) determinato; la seconda aggravante ricorre allorché l’offesa viene commessa in presenza di più persone; in questo caso è necessario che le persone anzidette abbiano percepito l’espressione offensiva.


Ora, attenzione: l’ingiuria semplice è punita


con la reclusione fino a 6 mesi oppure con una multa. Se l’offesa è commessa in presenza di più persone, le pene subiscono un aumento, mentre quando l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato, la pena e’ la reclusione fino a 1 anno oppure con una multa.


LA DIFFAMAZIONE (art. 595 c. pen.). Secondo questo articolo la diffamazione si verifica allorché una persona comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione. L’elemento oggettivo di questo reato implica tre requisiti:






  1. l’assenza dell’offeso:













  2. l’offesa arrecata all’altrui reputazione. Deve ritenersi diffamatorio ogni atto che, se fosse commesso alla presenza dell’offeso, costituirebbe ingiuria, Cerchiamo di essere chiari con un altro esempio. Così è diffamatorio affermare che un impiegato si fa corrompere, un professionista non conosce il suo mestiere, ecc.;













  3. la modalità con cui l’azione viene espletata. Ora sembra strano, l’offesa alla reputazione deve essere effettuata comunicando con più persone (devono essere almeno due; dire male di un terzo a una sola persona non costituisce reato, attenzione, però , se si ”ripete” con un’altra persona, il reato scatta.









Riteniamo altresì necessario e utile dire della:


PROVOCAZIONE prevista dall’articolo. 62, 2° comma del c. p., attenuante della pena che consiste in un’azione (o meglio reazione) commessa in stato d’ira per reazione a un fatto ingiusto altrui. Facciamo di nuovo un esempio, vengo provocato con gravi ingiurie e, in stato d’ira, reagisco sferrando un pugno, che causa lesioni gravissime all’avversario.Il fatto ingiusto altrui può anche non essere un reato e neppure essere un atto illecito. dal punto di vista giuridico, ma basta che sia ingiusto dal punto di vista morale. La reazione non deve essere, necessariamente proporzionata al fatto ingiusto e può essere diretta anche contro persona diversa dal provocatore, purchè vi sia fra questi due un vincolo di solidarietà nel fatto ingiusto. Ergo, incaso di offese (ingiuria e diffamazione). la provocazione funge da causa di NON PUNIBILITA’ (per es., Tizio commette una grave scorrettezza verso Caio, e questi, in stato d’ira, reagisce insultando Tizio. Caio, a norma dell’art. 599 c. pen., NON E’ PUNIBILE).


Ed ecco alcune sentenze, ripeto, tutte di PUNIBILITA’










MI FAI SCHIFO”


Ribaltati i primi gradi di giudizio che avevano escluso il reato perché l’uomo che aveva rivolto la frase a una donna, utilizzando la particella pronominale “mi”, avrebbe manifestato un’opinione soggettiva e non un’offesa. Secondo i giudici questa considerazione è un’”incongruenza” anche perché sarebbe sufficiente anteporre a qualsiasi espressione ingiuriosa la particella pronominale per evitare la condanna Sentenza Cass. 31451/07).


FASCISTA”


Dare del “fascista” al comune cittadino è offensivo, mentre se destinatario è un politico, allora ci si ritrova di fronte a un semplice esercizio di critica ideologica. La Cassazione ha annullato la condanna di un consigliere comunale che aveva usato nei confronti del sindaco l’espressione “fascista nel senso più deteriore della parola”; con tale termine non si fa altro “che richiamare un’ideologia e una prassi politica che è stata in passato proprio di molti italiani”. Tuttavia nel caso di un comune cittadino sentirsi dare del fascista nei termini di cui sopra è certamente offensivo perché “mira a dipingere lo stesso come arrogante e prevaricatore (sentenza 29433/07)


FOTTITI”


Pronunciata nei confronti di una professoressa, la parola “fottiti” è costata la condanna al preside di una scuola che aveva così reagito nel corso di un consiglio dei docenti. “Se tollerabili in ambienti familiari o amicali – ha spiegato la Corte – certe espressioni assumono chiaro significato dispregiativo ove adoperate in ambito lavorativo ufficiale (sentenza 24345/05).


Ci scusiamo con i lettori per la pazienza che hanno avuto nella lettura, ma per motivi di spazio, altre sentenze saranno pubblicate nei prossimi due giorni: GIOVEDI’ E VENERDI’.


E N Z O

2 commenti:

  1. Con ciò si dimostra che gli italiani sono in fondo assai buoni a reagire poco o nulla rispetto ai fatti ingiuriosi. D'altra parte, ve li immaginate i tempi di attesa necessari per le eventuali punizioni?

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  2. se ho capito bene,si puo' diffamare parlando ad una sola persona..magari creando una catena di S.Antonio...bisogna aggiungere sempre la particella pronominale, se si vuole offendere qualcuno...Meglio dare del fascista ad un politico che ad un comune cittadino...Fottiti; solo in casa......hahahah grazie! Lieve

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