sabato 30 gennaio 2016

COACH DELLE ABITUDINI










E' paradossale: più vai verso quello che ti spaventa, che però è anche il tuo obiettivo, più la paura scompare, perché viene elaborata, ridimensionata, aggirata, si trovano soluzioni, ti fai domande nuove e trovi strategie nuove. Più invece stai fermo e lontano dalla paura, più questa cresce, fino a bloccarti. 
E' il caso di muoversi.



Annamaria

mercoledì 27 gennaio 2016

IRISH TRAVELLERS: I NOMADI IRLANDESI

Qualche sera fa , guardando la TV, ho avuto modo di imbattermi nei Travellers, gli zingari d’Irlanda.
Una popolazione di cui pochi ne conosce l’esistenza ma dalle caratteristiche uniche. E se amate anche voi l'Irlanda, come me , vi consiglio di leggere il libro di Francesco Filippi, "Gli occhi di Niamh." 




Chi sono gli Irish Travellers? E' una minoranza etnica 
nomade dalle origini molto incerte che si è separato dal popolo irlandese “stabile” circa 1000 anni fa.
Eccovi un approfondimento de La Stampa di Vittorio Sabadin. Davvero molto molto interessante.




Nessuno sa con certezza da dove siano venuti e perché non si fermino mai, ma delle tante romantiche versioni che circolano sulle loro origini, la più affascinante è ancora quella che Patrick Stokes raccontò un giorno nel suo accampamento a un ricercatore.



Irish Travellers Patrick l’aveva ascoltata dal padre, al quale l’aveva riferita il nonno che l’aveva appresa dal padre e così via, fino alla notte dei tempi. La storia diceva che gli uomini che avevano deciso di crocifiggere Gesù cercavano qualcuno che fondesse i chiodi e mettesse insieme una croce. Il falegname rifiutò per primo e l’unico che alla fine si lasciò convincere fu il lattoniere. Guardandolo, Gesù gli disse: il falegname dovunque andrà sarà ricco e fortunato. Ma il lattoniere sarà condannato a vagare per sempre sulla terra e non troverà mai una casa.




Ancora oggi, gli zingari irlandesi sono noti come tinkers (stagnai, lattonieri) anche se preferiscono farsi chiamare «Travellers», viaggiatori. 

Di tutte le popolazioni nomadi d’Europa sono davvero le più strane: non hanno alcuna affinità con i Roma o con i ceppi etnici continentali, sono irlandesi al 100 per cento, con i capelli rossi, le lentiggini e gli occhi chiari.




Fino a qualche anno fa, i loro carri a botte trainati da cavalli erano un elemento del paesaggio, insieme alle brughiere e ai muri a secco. Ora, come tutti gli altri zingari del mondo, si muovono su scalcinate automobili e roulottes, chiedono l’elemosina, rubano e lasciano un sacco di sporcizia quando se ne vanno.

Ma nei loro accampamenti, da qualche tempo, c’è un continuo via-vai di studiosi, armati di macchine fotografiche e registratori. A forza di respingere i nomadi da una parte all’altra, gli irlandesi stanziali più avveduti si sono accorti che rischiavano di perdersi qualcosa: una buona fetta della storia e della cultura della loro terra.



Nella misteriosa lingua nota come Gammon o Cant, un misto di gaelico e di Hiberno-English, e senza mai scrivere una sola riga, gli «Irish Travellers» hanno tramandato centinaia di bellissime storie, di favole e di leggende, di antiche canzoni celtiche che solo grazie a loro sono arrivate fino a noi. Da poco tempo cominciano ad essere catalogate e custodite nel Department of Irish Folklore dell’University College di Dublino, dove lavora Bairbre Nì Fhloinn. «La ragione per cui sappiamo così poco della storia dei Travellers – ha sottolineato – è che, come le altre popolazioni marginalizzate, sono sfuggite al radar della storia convenzionale e ufficiale. Quando l’antropologa Sinéad Nì Shùinéar ha voluto studiarli, è dovuta andare ad osservare i quadri dell’800 nella National Gallery di Dublino per trovare dipinti i loro carri e i loro accampamenti».



Uno dei ricercatori ai quali i «Travellers» dovranno prima o poi fare un monumento, anche solo di latta, è Alen MacWeeney, un fotografo di origine irlandese che sì è trasferito a New York per lavorare con Richard Avedon, ma che ha trovato il tempo, dagli Anni ‘60 a oggi, di trascorrere molti mesi nei campi dei nomadi, riprendendo i volti antichi dei bambini e le loro madri sempre indaffarate. Nei lunghi colloqui registrati con le donne e gli uomini dell’accampamento di Cherry Orchard (che si chiamava come «Il giardino dei ciliegi» di Cechov, ma era diventato una pattumiera), MacWeeney ha capito quanta cultura e profondità di vedute fosse presente in quel mondo apparentemente così estraneo, e in quei nomadi che tendiamo a considerare «invisibili» quando li incontriamo.

Irish TravellersAlen, fumando come tutti gli uomini del posto una sigaretta dopo l’altra, ascoltava la sera le incredibili storie di John Cassidy, uno dei leader della comunità, che erano meravigliose già fin dai titoli: «Il gatto che sapeva parlare», «Il cuore, il fegato e la luce», «Sono qui, disse la donna che aspettava», e quando Cassidy si interrompeva, la moglie lo aiutava a ricordare. La loro figlia Ketty cantava senza alcun accompagnamento antiche canzoni, alcune delle quali ora sono incise e si conserveranno forse per sempre.

Molti «Irish Travellers» hanno fatto carriera nel campo della musica e suonano nei principali locali folk di Dublino, di Londra e degli Stati Uniti e alcune star della musica si sono ispirati a loro. Bob Dylan, ad esempio, ha ripreso i semplici accordi di una canzone irredentista cara anche agli zingari, «The Patriot Game», per una delle sue prime composizioni, «With God On Our Side».



Irish Traveller Quando il governo irlandese, considerandoli cittadini come gli altri, forse espulsi dalle loro terre nella grande fame del 1840 o dall’invasione di Cromwell, ha cercato di trovare loro una soluzione sedentaria, ben pochi «Travellers» hanno accettato. L’acqua corrente e il riscaldamento dietro alla porta chiusa di un condominio non valgono la libertà e le porte sempre aperte dei carri e delle roulottes, anche se la giornata è sempre dura e l’aspettativa di vita supera di poco i 30 anni.




Le ragazze devono sbrigarsi a sposarsi e a fare i loro dieci figli, ma ancora oggi, come ricorda Jane Helleiner nel bello studio che ha dedicato a questa comunità, si rispettano regole morali: le donne non hanno rapporti sessuali prima del matrimonio, che di solito è combinato dai parenti. Ma se qualcosa va storto, ogni moglie è libera di tornare alla sua famiglia e di dire al padre o al fratello: «Tu hai voluto che io sposassi quello scemo. Ora tocca a te fargli capire come si deve comportare». La mediazione di solito funziona, risolve i conflitti e nessuno divorzia. Che ci sia qualcosa da imparare anche dai popoli che non vogliamo vedere?





Annamaria


martedì 26 gennaio 2016

UNA RICETTA AL VOLO



CIPOLLATA E PREVISIONE:   Sarà un 2016 decisamente asciutto...LO DICONO LE CIPOLLE 




Ingredienti per 4 persone:
Mezzo chilo di patate
mezzo chilo di cipolla rosse
1 bicchiere di vino bianco
1 peperoncino
1 rametto di rosmarino
5 cucchiai di olio
4 cucchiai di parmigiano grattugiato
2 cucchiai di pangrattato
30 grammi di burro, sale, pepe. 


Preparazione:
Sbucciare le patate, lavarle, tagliarle a pezzetti e lessarle. Intanto che le patate cuociono sbucciare le cipolle e affettarle sottilmente. Scaldare 2 cucchiai di olio in una padella, aggiungere il peperoncino, le cipolle e il rosmarino. Lasciare rosolare a fiamma bassa per una decina di minuti. Alzare la fiamma, versare il vino e lasciarlo evaporare. Aggiungere il sale, il pepe e proseguire la cottura per altri 10 minuti, mescolando di tanto in tanto.
Passare le patate allo schiacciapatate e raccogliere il purè in una ciotola. Aggiungere 2 cucchiai di olio, 2 cucchiai di parmigiano grattugiato, il burro e mescolare.

Accendere il forno a 230 gradi.
Foderare con un foglio di carta una teglia sganciabile e versare dentro il composto che sarà piuttosto basso, livellando la superficie. Eliminare dalle cipolle il peperoncino e versarle sul composto di patate.
Cospargere in modo uniforme sulle cipolle 2 cucchiai di parmigiano, il pangrattato, un filo di olio e infornare per circa mezz'ora. 




E le cipolle ci danno anche una tendenza metereologica per il 2016, sembra che l'anno appena iniziato sarà decisamente asciutto.
Ecco come si è arrivati a questa "secca" previsione grazie alle cipolle della signora Angela.



by-Ecodibergamo.it
Prima il prologo, inconfutabile, di un autunno soleggiato e senza precipitazioni , prolungatosi fino a Natale. Poi la conferma degli esperti meteo che annunciano in questi giorni il ritorno dell’anticiclone con temperature miti e zero neve.
Ora anche le cipolle.
L’avrebbe confermato anche Agatha Christie: tre indizi fanno una prova e il 2016 sarà un anno terribilmente asciutto. Sono molti anche in Bergamasca coloro che, nella notte fra il 24 e il 25 gennaio giorno della Conversione di San Paolo, si cimentano nelle previsioni annuali del meteo con il particolare metodo delle cipolle. Fra loro anche Angela Negrinotti Maffeis, 86 anni di Gazzaniga, che ha trasmesso questa particolarissima tradizione anche alla figlia Yvonne.




«Alla sera si preparano – spiega Angela - dodici spicchi di cipolle, abbinando ognuno ad un mese dell’anno. Su ciascuno si pongono alcuni grani di sale grosso, lasciandoli all’aperto sino all’alba. Al mattino si procede alla valutazione dei cambiamenti degli spicchi (tradizionalmente detta “La Conta”) e si hanno le previsioni per tutto l’anno. Se il grano non si è sciolto per nulla il mese corrispondente a quello spicchio sarà particolarmente avaro di pioggia, mentre uno scioglimento non eccessivo determina per quel mese una previsione di tempo incerto e variabile. Un grano completamente sciolto assicura invece un mese con piogge intense e frequenti, o addirittura neve nei mesi invernali». Non si tratta di una previsione specifica e determinata, ma di una linea di tendenza generale, che Angela giura essere affidabile.




«Da tanti anni faccio questa previsione - racconta la pensionata di Gazzaniga - giunta a noi dalle tradizioni contadine. Quest’anno tutti i grani di sale sono rimasti sostanzialmente intatti, salvo un leggero scioglimento in corrispondenza di aprile ed ottobre. Quindi sarà un anno davvero asciutto, mai ho avuto un responso tanto netto». Nulla di scientifico, ci mancherebbe, ma per chi sogna l’agognata neve o la salutare pioggia (leggi scorte idriche per l’estate) è l’ennesima doccia fredda. Essendoci di mezzo le cipolle, e per dirla con Troisi, non ci resta che piangere.

Annamaria