giovedì 27 dicembre 2012

VEDREMO UN FILM...



“Dio disse Kung, e Kung Fu” ! 

 Dal film -Natale sul Nilo-


Siamo nel pieno delle festività, tra il dolce Natale e lo scoppiettante Capodanno. Solo 2 pellicole nuove nelle sale cinematografiche, dove rifugiarsi al calduccio e . . . per fare una pausa tra . . . una scorpacciata e l’altra

                                                                                                                                                   

...da venerdi 28 dicembre



La bottega dei suicidi

                                                                                                                                         Regia di Patrice Leconte. Con Bernard Alane, Isabelle Spade, Isabelle Giami, Kacey Mottet Klein, Pierre-François Martin-Laval.                                                                                                                                                                               Genere Animazione - Francia, Canada, Belgio 2012.
Primo film d'animazione di Patrice Leconte che firma l'adattamento del racconto esilarante di Jean Teulé. Protagonista una coppia che gestisce un negozio di famiglia un po' particolare: si occupa infatti di fornire gli strumenti corretti al popolo degli aspiranti suicidi. Come ogni coppia che si rispetti hanno tre figli Vincent (come van Gogh), Marilyn (come la Monrooe) e Alan (come Alan Mathison Turing): tutti personaggi morti suicidi. Per rispettare il buon nome del negozio tutto deve avere un aspetto di circostanza. Unico neo del sistema sarà il piccolo Alan che nasce con il sorriso e l'ottimismo piu' incontenibile del mondo. I genitori, che tanto si daranno da fare per incupire il proprio figlio minore, ne passeranno di tutti i colori.



. . . mentre da martedì 1 gennaio 2013 . . .


La migliore offerta 


                                                                                                                                                                                    Dopo le contraddizioni della Sicilia di Baarìa, Tornatore racconta il mondo dell'arte                                                                                                              Regia di Giuseppe Tornatore. Con Geoffrey Rush, Jim Sturgess, Donald Sutherland, Liya Kebede, Sylvia Hoeks.                                                                                                                                                                                                 Genere Drammatico -  Italia 2012 -
Virgil Oldman (Geoffrey Rush) è un genio eccentrico, esperto d'arte, apprezzato e conosciuto in tutto il mondo. La sua vita scorre al riparo dai sentimenti, fin quando una donna misteriosa (Sylvia Hoeks) lo invita nella sua villa per effettuare una valutazione. Sarà l'inizio di un rapporto che sconvolgerà per sempre la sua vita.


Carissimi, buona visione a tutti da . . .

Maria !



mercoledì 26 dicembre 2012

BUON ANNIVERSARIO...42 !




Come avrete notato dalla foto sopra, ho inserito l'immagine di due fedi.
Anelli nuziali che simboleggiano l'amore e l'unione di una coppia.
Proprio a  S. Stefano, 42 anni fa, due amici del blog, la coppia MIMMA e CESCO si erano uniti in matrimonio.  E, con impegno reciproco di fedeltà e amore ,hanno percorso il loro cammino di vita ,insieme. Io, ma anche gli amici del blog, seppur a distanza (prima del nostro incontro reale che avverrà presto),vogliamo festeggiarli con questa dedica :
 Auguro che il vostro percorso raggiunga altri traguardi . Sempre con l'unione, la comprensione e ...ma... si...anche la sopportazione, che vi ha accompagnato fino ad ora e per sempre!! AUGURI, AUGURI!!





Cari Mimma e Cesco Vi dedico una poesia,ovviamente non mia, ma che mi pare adatta  per questa vostra felice ricorrenza.


MIMMA E CESCO




Anniversario

Una lunga sequenza

di giorni ricchi d'essenza

attraversa due vite

come linee ondulate,

intersecanti, poi concatenanti.

Mai favola, forse,

ma quante corse,

quanti affanni

in tutti quest'anni,

ma sempre insieme, una vita,

finché, lontana ancora, sarà finita.

Ancora è qui

quel vostro si

sempre vivo, presente,

pieno di tutto, non per niente.

L'augurio: che il vostro futuro,

se non dolce, sia meno duro.



  EMILIO TASCA







Annamaria e gli amici del blog





lunedì 24 dicembre 2012

HO LETTO PER VOI...




Vi invito a una lettura molto adatta in questo periodo, ma non solo...
Da leggere poco per volta, magari. 




   

E’ proprio vero che una, due, tre . . . cento vite non bastano ad assicurarsi la  conoscenza; dietro ad ogni angolo c’è qualcosa che non immaginiamo e, per fortuna, il più delle volte si tratta di scoperte che ci piacciono!
Curiosando negli scaffali di una libreria della mia città, forse alla ricerca di qualche idea regalo per le prossime feste, mi ha colpito un testo, per me, davvero incredibile.
“Caro Dickens, sono un vescovo che ha preso lo strano impegno di scrivere ogni mese... una lettera a qualche illustre personaggio”.
Così Albino Luciani, allora patriarca di Venezia e poi Papa per soli 33 giorni, scriveva con prosa giornalistica, agile, spiritosa e di carattere popolare ai Grandi della Storia.                                                                                                                                                      In questo libro, la cui prima edizione risale al 1976, sono raccolte tutte le lettere che papa Luciani aveva scritto e pubblicato sulla rivista Messaggero di Sant'Antonio dal 1971 al 1975, rivolgendosi a personaggi storici, della fantasia e della mitologia di tutti i tempi.                                                                                            Il carattere particolare degli argomenti trattati in questo epistolario, la piacevolezza dello stile, la sottile ironia, l'abilità di trasferire vicende e persone da ieri a oggi e viceversa, saltando con disinvoltura da un secolo all'altro, il linguaggio semplice e popolare, danno corpo a una profonda analisi del mondo di quegli anni difficili e tortuosi.                                                   
Le lettere sono incredibilmente attuali dopo più di trent’anni per tematiche (la crisi petrolifera, il relativismo, la famiglia, il bene comune, la politica) e per soluzioni proposte.
I personaggi che si incontrano sono i più diversi: da Penelope a Mark Twain, da Maria Teresa d'Austria a Figaro, da Pinocchio a Trilussa, da Scott a Ippocrate, da Quintiliano a Marconi, da Hofer a Goldoni, da Santa Teresa a Goethe, da San Bernardino a Marlowe.
Sto leggendo senza seguire l’ordine con cui sono inserite le “lettere”, tra un sorriso strappato da una battuta ironica e una riflessione scaturita dalle sagge parole del prelato, che dimostra una profonda cultura, senza perdersi in terminologie complesse.
Ma sarà stato il clima che precede la solennità della Natività a farmi soffermare sulla più “trepidante”, quella che Albino Luciani scrive a Gesù, il “Personaggio” più importante di tutti !




Ed è questa la lettera che vorrei dedicarvi, con i miei più caldi e affettuosi auguri, che desidero liberare della retorica con cui spesso vengono pronunciati in questi giorni . . .                                          
Leggetela con calma, anche se vi sembra lunga, nonostante ne abbia selezionate le parti che mi hanno fatto maggiormente riflettere . . . ma forse neppure vi peserà troppo !


                                                  
A Gesù                 

 Caro Gesù,
                mi sono preso delle critiche. "E’ vescovo, è cardinale; è stato detto, si è sbracciato a scrivere lettere in tutte le direzioni: a M. Twain, a Péguy, a Casella, a Penelope, a Dickens, a Marlowe, a Goldoni e non si sa a quanti altri. E neppure una riga a Gesù Cristo!".
               
Tu lo sai. Con Te io mi sforzo di tenere un colloquio continuo. Tradurlo in epistolario, però, è difficile: sono cose personali. E poi, cosi piccole! E poi, cosa scrivere a Te, di Te, dopo tutti i libri che su Te sono stati scritti?
               
E poi, c’è già il Vangelo. Come la folgore, supera tutti i fuochi e il radio, tutti i metalli; come il missile batte in velocità la freccia del povero selvaggio, così il Vangelo supera tutti i libri.
               
Tuttavia, ecco qui la lettera. La scrivo trepidando, nella condizione di un povero sordomuto, che si sforza di farsi capire, nello stato d’animo di Geremia che, inviato a predicare, Ti diceva, pieno di riluttanza: "Non sono che un bambino, Signore, non so parlare!". . . omissis . . .                

Tua madre . . . in croce, non hai voluto partire da questo mondo senza trovarle un secondo figlio che avesse cura di lei e hai detto a Giovanni: ecco tua madre.
               
Gli Apostoli . . . hai vissuto notte e giorno con essi, trattandoli da amici, sopportandoli nei loro difetti. Li hai istruiti con pazienza inesauribile. . . omissis . . .

               
Nel Cenacolo il hai messi in guardia: "Avrete paura, scapperete!".Protestano, prima e più di tutti Pietro, che poi, viceversa, Ti rinnega tre volte. Tu perdoni a Pietro e tre volte gli dici: Pasci le mie pecore . . . omissis . . .

               
I peccatori. Il pastore che corre in cerca della pecora smarrita, e gode nel ritrovarla, e fa festa quando la riporta all’ovile, sei Tu. Sei Tu quel padre buono, che, al ritorno del figlio prodigo, si getta al suo collo, abbracciandolo a lungo. Scena di ogni pagina nel Vangelo: Tu infatti avvicini peccatori e peccatrici, mangi alla loro tavola, ti inviti Tu stesso, se essi non osano invitarti. Hai tutta l’aria, questa è impressione mia,  di preoccuparti più delle sofferenze che il peccato produce ai peccatori, che non dell’offesa che reca a Dio. Infondendo la speranza del perdono, sembra che Tu dica: Voi non immaginate neppure il piacere che mi procurate con la conversione!                                                     Insieme al cuore, brilla in Te l’intelligenza pratica.
               
Hai puntato all’interno . . . omissis . . .
è l’interno che preme, il cuore è metro per giudicare; dal di dentro, dal cuore degli uomini escono i cattivi pensieri: dissolutezze, latrocini, assassinii, adulteri, cupidigie, orgoglio, stoltezza". . . . omissis . . .

             
  Volevi la concretezza e il riserbo: "Se digiuni, profumati la testa e lavati il volto. Se fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra quello che fa la destra". Al lebbroso guarito hai raccomandato: "Non dirlo a nessuno". Ai genitori della ragazza risuscitata hai comandato con forza che non andassero a suonare la tromba sul miracolo avvenuto. Solevi dire: "Non cerco la mia gloria. Cibo, per me, è fare la volontà del Padre mio".
               
Dalla Croce, concludendo la tua vita, hai detto: "Tutto è compiuto", ma sempre avevi tenuto a che le cose non fossero fatte a mezzo. Gli apostoli Ti avevano suggerito: "La gente ci segue da tempo, rimandiamola a mangiare a casa sua", ma Tu: "No, diamole noi da mangiare". Finito il pasto dei pani e dei pesci moltiplicati, hai aggiunto: "Raccogliete gli avanzi, non è giusto che vadano a male" . . . omissis . . .

                                                                           ***
Quanta luce di intelligenza spirava dal Tuo predicare! Gli avversari mandano dal Tempio le guardie per arrestarti e se le vedono ritornare a mani vuote. "Perché non l’avete condotto?". Risposta delle guardie: "Nessun uomo ha mai parlato come lui!".  Incantavi dunque la gente, la quale sin dai primi giorni osservò di Te: "Questi si che parla con autorità! Altro che gli scribi! ". . . . omissis . . .

Con magnifico coraggio affermavi: "Sono più grande del Tempio di Salomone; il cielo e la terra passeranno, le mie parole non passeranno".
E non Ti stancavi mai di istruire nelle sinagoghe, nel tempio, seduto nelle piazze o sui prati, camminando per strada, in casa, perfino a tavola.
            
Oggi chiedono tutti dialogo, dialogo. Ho contato i dialoghi tuoi nel Vangelo. Sono 86: 37 coi discepoli, 22 con gente del popolo, 27 con gli avversari. Oggi, in pedagogia, si reclama l’attività comune attorno ai centri di interesse. Quando il Battista, dal carcere, ha mandato a chiedere chi Tu fossi, non hai perso il tempo in chiacchiere. Hai miracolosamente guarito tutti i malati presenti e hai detto: "Andate a dire a Giovanni quel che avete visto e udito".
            
Per i Giudei del tuo tempo, Salomone, Davide e Giona rappresentavano quel che per noi sono Dante, Garibaldi, Mazzini e Tu hai parlato continuamente di Davide, Salomone, Giona e di altri personaggi popolari. E sempre con coraggio.
Il giorno in cui hai insegnato: Beati i poveri, beati i perseguitati, io non c’ero. Fossi stato vicino a Te, Ti avrei sussurrato all’orecchio: "Per carità, cambia discorso, Signore, se vuoi avere qualche seguace. Non vedi che tutti aspirano alle ricchezze e alla comodità?
Ai loro soldati Catone ha promesso i fichi d’Africa, Cesare le ricchezze della Gallia e, bene o male, si sono fatti seguire. Tu prometti povertà, persecuzioni. Chi vuoi che Ti segua?". Imperterrito, Tu vai avanti e Ti sento dire: "Io sono il grano di frumento che deve morire prima di portare frutto; bisogna che io sia rizzato su una croce; di là trarrò a me il mondo intero!". . . omissis . . .
                                                                           ***
            
Di fronte a questo spettacolo di gente che affluisce a un crocifisso da tanti secoli e da ogni parte del mondo, sorge la domanda: si tratta solo di un uomo grande e benèfico o di un Dio? Tu stesso hai dato la risposta e chi ha gli occhi non velati da pregiudizi e avidi di luce l’accetta. . . .omissis . . .
   
Più volte hanno tentato di lapidarTi come bestemmiatore, perché Ti dicevi Dio. Quando finalmente Ti ebbero preso e portato davanti al Sinedrio, il sommo sacerdote Ti chiese solennemente:  "Sei o non sei il Figlio di Dio?". Tu hai risposto: "Lo sono, e mi vedrete alla destra del Padre". Hai accettato la morte piuttosto che ritrattare e rinnegare questa Tua essenza divina.
           
Ho scritto, ma mai sono stato così malcontento di scrivere come questa volta. Mi pare di avere omesso il più, che si poteva dire di Te, di avere detto male ciò che si doveva dire molto meglio. C’è un conforto, questo: l’importante non è che uno scriva di Cristo. ma che molti amino e imitino Cristo.
           
E, per fortuna,  nonostante tutto,  questo avviene ancora. -
Albino Luciani



Ancora Buon Natale      a tutti da Maria !!!



e da tutti gli amici del blog!

A NATALE PUOI...LA PUBBLICITA'





Barre de séparation...

Barre de séparation...



Adoro il Natale, ma francamente della reclame (televisiva) non se ne poteva proprio  piu'. E, finalmente , da domani finirà questo "smarronamento".........Natale non è solo regali.
Ma il Natale è annunciato soprattutto dalla pubblicità. Fatto quasi paradossale se pensiamo che quest’ultima opera nel campo commerciale e non in quello religioso. Eppure è così: sembra che spot televisivi, annunci stampa, manifesti siano in grado di scandire il tempo quanto le stagioni, e non a caso si parla di “prodotti stagionali”. Creme solari e bibite ghiacciate per ricordarci che si sta avvicinando l’estate; uova di cioccolato e colombe per la Pasqua; quaderni, zaini e diari per l’inizio della scuola; cioccolatini e pensieri d’amore per festeggiare il San Valentino. Stessa cosa accade a Natale, periodo in cui si comprano panettoni, torroncini, frutta secca e così via.
Da un lato quindi la pubblicità parla del Natale per via della stagionalità dei prodotti pubblicizzati: è inevitabile chiamare in causa il Natale se si vuole pubblicizzare un pandoro. Dall’altro lato però – come messo in evidenza da ricerche sul comportamento del consumatore – lo fa perché durante il periodo natalizio gli acquisti tendono ad aumentare e ogni marca cerca di ritagliarsi la propria fascia di mercato. Nel momento in cui si fa un regalo, infatti, la competizione esula dal settore merceologico di appartenenza: un profumo non compete solo con il profumo di una marca concorrente, ma può competere benissimo con una borsa, così come con un maglione, oppure con le tecnologie Di conseguenza le marche cercano di ricordare la loro presenza nel mercato con pubblicità sempre più "spettacolari", ma anche

kitsch







Che Natale è senza tablet...


Sky...Magia di Natale 


Pupa... perchè se non ti trucchi che Natale è...
 
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E poi ........

Intimissimi , per esempio... cosa abbia a che fare col concetto di "Natale" una modella strafiga che si struscia in guepière per trenta secondi su candide statue (che dovrebbero richiamar l'idea di bellezza perfetta) è un mistero ma non troppo, mettendo sempre la donna smutandata in primo piano, anche a Natale. A 'sto punto mandassero in onda un video di India Reynolds o Keeley Hazell , modelle in topless ,.con appiccicata alla fine la scritta "Auguri", tanto è uguale.





Vodafone ? Un un orso molto moderno, molto cool e molto yeah con la voce di Abatantuono. Non capisco  perchè un orso poi..boh ! Presumo che la maggioranza dei telespettatori preghi affinchè il simpatico protagonista si schianti col deretano sul ghiaccio, così la finisce di annoiarci con i "saint honorè" e i "trottolino peloso": parafrasandolo, ha rotto i marrons glacès.



 Ma lo spot più bello di questo Natale rimarrà quello degli orologi con Fabrizio Corona. Trash a livelli astronomici. Và che recitazione! Và che postura! Và che faccia! Pare un curioso incrocio tra John Turturro ed uno scaltro venditore di assicurazioni scadute di Istanbul. Vien voglia di comprarli tutti, 'sti orologi e... tirarglieli in fronte uno ad uno.



Barre de séparation...

E dopo questo articolo vado a gustarmi una fetta di panettone. Anche laika, la mia cagnolina, gradirà una fettina...a natale posso...possiamo.

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Annamaria... a dopo


domenica 23 dicembre 2012

NATALE CON CHI VUOI: ANCHE COL TUO PARTNER GAY




Francesca Vecchioni, figlia di Roberto, attraverso le pagine del settimanale Oggi ha raccontato  il suo amore per la compagna Alessandra e svelato che hanno avuto due gemelle con la fecondazione eterologa, in Olanda. Pratica vietata in Italia, un divieto che recentemente la Corte europea ha giudicato legittimo come confermato anche dalla Corte costituzionale italiana. Non voglio discutere le leggi, però questo è un esempio per tutte quelle coppie che si amano e che non possono esprimersi a pieno in questa società discriminatoria e corrotta che diffonde regole di odio e di razzismo anzichè di pace e condivisione.
Bellissime e tenere entrambe!




Di contro monsignor R. Fisichella ha dichiarato che


  “Quando nasce una nuova vita il primo sentimento deve essere sempre quello della gioia. Sono contento per le figlie di Francesca  e le benedico”, ha scritto Fisichella. Che però precisa la posizione della Chiesa: “Un figlio non può essere solo la conseguenza del desiderio irrefrenabile di una persona adulta, ma frutto di un amore che, nella complementarità, permette la crescita e lo sviluppo armonico dei figli. Ciò che si ritiene un diritto per sé, non sempre è rispettoso del diritto del figlio che vorrebbe avere anche un padre!”. 

Opinione ingenua quella del monsignore. Intanto dovrebbe spiegare per quale motivo definisce il desiderio di maternità, “desiderio irrefrenabile”. Il desiderio di avere un figlio è sempre un atto d’amore, un bisogno di riversare amore sulla propria creatura. Per analogia si può pensare a Dio che crea per amore. Oppure anche quello di Dio era “desiderio irrefrenabile”? Riguardo al rispetto verso i figli, se nel procreare si dovesse tener conto di tutto ciò cui i bambini nascendo avrebbero diritto, gli esseri umani su questa terra sarebbero forse un millesimo di quelli che sono. Francesca non avrà la possibilità di dare un genitore maschio alle figlie, ma certamente darà loro una vita più che dignitosa oltre a un amore “irrefrenabile”. AUGURI E BUON NATALE A FRANCESCA  E ALESSANDRA, ALLE LORO BIMBE E A TUTTE LE COPPIE E FAMIGLIE GAY!!

 E aggiungo la testimonianza di un lettore...  


VENDOLA E COMPAGNO



Ellen DeGeneres e Portia De Ross




Gentili Signore, egregi Signori,

Intanto, vi ringrazio di cuore per aver dedicato a questo delicato tema uno spazio ampio e visibile ( si riferisce al giornale "Oggi"...nota di Annamaria)) ciò ha avviato una riflessione di grande attualità, in cui ognuno deve poter esprimere, civilmente e liberamente, il proprio parere, magari senza aggredire chi la pensa diversamente ma sforzandosi di ascoltare, di comprendere e di motivare le proprie posizioni. Credo che, su questa base, tutte le idee e tutte le persone siano le benvenute.

Sono un uomo omosessuale, 42 anni, siciliano. Non intendo, almeno questa volta, raccontarvi la mia storia, cui pure attribuisco un indubbio valore: non solo perché è la mia, ma anche perché credo possa costituire un esempio consolante dell’evoluzione morale della società negli ultimi decenni su questo tema. Dico soltanto che non è stato facile creare intorno a me la libertà per vivere serenamente la mia identità: ho dovuto dialogare, in modo spesso sofferto, con la psicanalisi, con la fede cristiana (che ho mantenuto e purificato), con la società, soprattutto con la mia famiglia di origine, da cui sono stato e sono amato al di sopra di ogni umana comprensione. Oggi sono un affermato professionista, attivo nel campo della critica letteraria, delle traduzioni, dell’insegnamento. Non mi ritengo perfetto, anzi…ma posso dire che godo di una solida stima per le mie qualità educative ed umane. Da cinque anni vivo con il mio compagno (stiamo insieme da sei), ma questa non è la prima relazione importante della mia vita: negli anni passati, il legame con un altro uomo mi ha spinto persino a lasciare tutte le mie attività nella città dove risiedo per trasferirmi all’estero e stare con lui. Poi quella storia è finita e sono ritornato, riprendendo il corso del mio lavoro e della mia ricerca affettiva ed etica.
Ricerca che, come dicevo, non è stata soltanto mia. Le persone a me più vicine e più care (mia madre, mio padre, mio fratello) hanno condiviso il mio percorso e sofferto molto prima di giungere alla serenità di oggi: io e il mio compagno, pur senza alcuna forma di volgare esibizionismo, viviamo senza menzogne la nostra unione, frequentiamo in modo limpido le rispettive famiglie, dove riceviamo e diamo calore e sostegno, anche con i bambini che ne fanno parte. Così avviene anche con gli altri parenti (zii, cugni…), con gli amici e alcuni colleghi. Siamo stimati e cercati, non solo da altri amici gay, ma anche e soprattutto da coppie eterosessuali e coniugali, spesso profondamente cattoliche, che ci invitano a casa loro o vengono nella nostra e non temono affatto che la nostra presenza possa rappresentare un pericolo per i loro figli.
Scusate, ho divagato, mi spiace…in realtà volevo comunicarvi alcune riflessioni generali, ma riconosco che se non avessi vissuto ogni istante, bello o triste, della mia vita, le mie idee perderebbero tutto il loro vigore e il loro colore.
Che cosa è un famiglia? Qualche esempio.
Mio padre ha perso il suo papà, vittima di un intervento chirurgico mal riuscito in tempo di guerra, alla tenera età di tre anni. Mia nonna ha fatto sacrifici immensi per allevare ed educare due gemelli, né si è mai risposata; ha semmai condiviso le fatiche domestiche e lavorative con sua madre, per cui mio padre e suo fratello sono cresciuti in una famiglia in cui le figure adulte erano quelle di due donne, cioè la loro mamma e la loro nonna. Mio padre e mio zio sono diventati due uomini, si sono sposati, hanno dato vita a due splendide famiglie e le hanno curate e le curano tuttora con grande dedizione, passione e responsabilità. Il fatto di essere cresciuti, per disgrazia, senza una figura maschile in casa non ha inciso sulla loro identità affettiva e sessuale.
Mia madre ha un fratello, sposato da più di trent’anni con la stessa donna. Hanno tentato in tutti i modi di avere dei figli, ma né la natura né la scienza hanno saputo compiere questo miracolo. Insieme hanno affrontato varie difficoltà, economiche e di salute, e quando hanno potuto hanno anche dato una mano a parenti o amici che ne avevano bisogno. La mancanza di figli li esclude dalla definizione di famiglia?
Il mio compagno è il secondo di quattro figli, nati tutti da un uomo e una donna sposati civilmente e religiosamente. Questi signori, però, hanno vissuto una vita dolorosamente disordinata: hanno affidato le prime due creature (fra cui il mio compagno) ad alcune zie, senza intervenire in alcun modo, materiale o morale, nella loro crescita. Il mio compagno mi racconta che, quando raramente andava a trovare i suoi genitori, con cui non coabitava, magari in alcuni week end, assisteva a scene orribili, come il padre violento che picchiava la madre ubriaca; il padre, a volte, lo conduceva con sé quando andava a trovare qualche amante. Delle altre figlie, una è riuscita ad acquisire un proprio equilibrio solo lasciando quella casa e intraprendendo da sola un duro cammino per studiare, trovare un lavoro e sposarsi, molto lontano dalla Sicilia; e anche così, ha manifestato per anni alcuni ritardi psicofisici, conseguenza dei traumi vissuti negli anni più teneri. Il mio compagno è cresciuto, invece, circondato dall’affetto e dalle cure di due zie e della nonna: ha studiato, ora ha un lavoro rispettabile e prestigioso e tutti lo stimano come una persona sensibile, educata ed affidabile. Una delle ragioni per cui lo amo è il suo alto senso della famiglia, della casa, del nido domestico, che certo non ha appreso dai genitori, ma dalla famiglia sostitutiva che Dio ha voluto che avesse.
Che cosa è una famiglia? Per definirla, bastano la differenza di genere, il riconoscimento legale, la cerimonia religiosa, la procreazione?
Vorrei dire, soprattutto a persone come Giovanardi, che per fare una famiglia ci vogliono soprattutto due elementi: l’amore e la responsabilità. Amore non significa cieca soddisfazione degli istinti, mi auguro che lui sappia che questo vale anche per le coppie eterosessuali. Certo, la passione e l’intimità fisica fanno parte dell’amore: ma un uomo e una donna che (più o meno occasionalmente) vanno a letto insieme non costituiscono una famiglia, e nemmeno un uomo e un uomo, o una donna e una donna. Amore significa impegnarsi ad essere fedeli e a portare avanti dei progetti. Come omosessuale, negli anni in cui cercavo (a volte disperatamente, dissennatamente) il mio equilibrio, ho conosciuto e praticato la dissolutezza: un termine desueto, certo, tipico del lessico clericale, ma questa volta devo riconoscere che è il più appropriato, poiché vivere la sessualità in modo disordinato ed occasionale, senza amore, senza stabilità, non fa che disciogliere e disgregare (in latino, dissoluĕre) le energie fisiche e morali di una persona. Ora, la stessa cosa può capitare e capita anche agli eterosessuali. Essere omosessuali non vuol dire necessariamente abbandonarsi ad ogni sorta di degrado, anche se c’è chi lo fa; essere eterosessuali non significa necessariamente abbandonarsi ad ogni sorta di degrado, anche se c’è chi lo fa. La differenza non risiede nel corpo dell’amante, ma nel valore etico, relazionale, affettivo che si dà all’unione intima. Allo stesso modo, non è un puro fatto fisiologico (la differenza fra i sessi) che costituisce la famiglia, ma la scelta d’amore che accompagna e sostiene la vita quotidiana. Una coppia di adulti, uomini o donne che siano, quanto tempo riesce a dedicare all’eros ogni settimana? Certo poco, nei confronti di tutti gli altri momenti di vita insieme, in cui si fa pure l’amore, ma lo si fa prendendosi cura dell’altro, sopportandosi e perdonandosi a vicenda, confortandolo nei momenti difficili, cucinando, stirando, pagando le bollette, pianificando le vacanze insieme, affrontando insieme la malattia o la scomparsa delle persone care, portando i pesi l’uno dell’altro.
Ecco che giungiamo al secondo punto: la responsabilità. Io sono responsabile del mio compagno, come lui lo è di me. Ognuno di noi due, in nome dell’amore che proviamo e che alimentiamo ogni giorno, è responsabile del benessere psicofisico dell’altro. Lo è non solo virtualmente, ma fattivamente, nella concretezza quotidiana dei gesti con cui ci diciamo “io per te ci sono”. Se avessi una compagna, o una moglie, che cosa ci sarebbe di diverso nel mio amore o nella mia responsabilità, o da parte sua? Per questo motivo, noi non siamo una coppia, ma una famiglia. Lo siamo anche grazie a tutti coloro che ci hanno insegnato l’amore e la responsabilità. E lo siamo anche in un altro senso. Dire “coppia” (di fatto o di diritto) significa evocare una realtà esclusiva e duale, quasi chiusa in se stessa. Dire “famiglia”, invece, significa parlare di persone che vivono l’amore e la responsabilità non solo fra di loro, ma anche all’esterno, innervate in una rete di relazioni sane, costruttive e generose. Come vi dicevo prima, io e il mio compagno frequentiamo amici e parenti. “Frequentiamo” vuol dire che partecipiamo della loro vita e loro partecipano della nostra; vuol dire gioire con loro, soffrire con loro, essere solidali e responsabili. Una zia del mio compagno (una delle due con cui è cresciuto) ha da poco subito un’operazione chirurgica: per noi due è stato normale passare tutto il giorno in ospedale per seguire il decorso e sollevarle il morale. La nostra famiglia è fatta dello stesso tessuto buono di cui sono fatte le famiglie sane da cui proveniamo, in essa scorre la stessa energia, noi vogliamo essere dono per gli altri, esattamente come lo siamo fra di noi e altri lo sono stati e lo sono con noi.
Il padre del mio compagno è morto nel 2009, pochi giorni prima di Natale. Anche se ha lasciato dietro di sé un’eredità fatta di tristi ricordi e di grandi delusioni, il mio compagno era ugualmente sconvolto e addolorato, per cui la sera di Natale (eravamo invitati a casa di mio fratello con tutta la famiglia) lui non se la sentiva di uscire di casa, e mi ha pregato di andare io a cena, senza di lui. Quando sono arrivato da mio fratello e ho spiegato loro la situazione, mio padre ha preso il telefono, lo ha chiamato, gli ha detto qualcosa che non so e non saprò mai, poi mi ha detto: io vado a prenderlo a casa, se vuoi vieni anche tu. Incredulo, l’ho accompagnato; gli ho proposto di guidare io la macchina, ma mio padre ha detto di no, era compito suo. Arrivati a casa mia, volevo scendere dalla macchina per citofonare, ma mio padre mi ha preceduto e mi ha detto che dovevo restare in macchina, perché era compito suo (suo, cioè “del padre”) andare incontro al figlio…cioè al mio compagno, che intanto usciva commosso dal portone. Mio padre gli è andato incontro, lo ha abbracciato e lo ha portato in macchina e abbiamo raggiunto tutta la famiglia. Questa cosa non l’ho mai raccontata a nessuno.
Dice il Vangelo che il regno di Dio è simile ad un seme che all’inizio sembra insignificante, ma poi germoglia e diventa un grande albero, e gli uccelli fanno il nido fra i suoi rami. Io interpreto la parabola così: l’amore (che cos’altro è il regno di Dio?) è tale solo se e solo quando si fa casa per gli altri, si fa accoglienza e dono. La mia famiglia lo ha fatto per me, io e il mio compagno vogliamo esserlo per gli altri. Perché non dobbiamo essere considerati famiglia? Ironicamente, se vado all’anagrafe e richiedo un certificato di “stato di famiglia”, mi viene consegnato un foglio in cui c’è scritto: a questo indirizzo risiede la seguente FAMIGLIA, e poi ci sono i nomi mio e del mio compagno, che ha trasferito la residenza da me ormai da diversi anni.
Che cosa chiedo, dunque? Vorrei che, almeno di fronte alla legge degli uomini, la mia famiglia sia riconosciuta e tutelata come tale. Alcuni, in modo non so se più stupido o più malvagio, affermano che in tal modo verrebbe “sdoganato” uno stile di comportamento nocivo per la società. A costoro vorrei rispondere in che cosa il mio/nostro stile di comportamento o la nostra scelta di vita sono dannosi per la società. Se lo fossero, saremmo perseguibili come autori di un reato, ma non trasgrediamo alcuna legge e nessuno viene ad arrestarci. Se fossimo un danno sociale, il quartiere popolare dove abitiamo (in Sicilia, terra di tradizioni ahimé anche mafiose e patriarcali) ci avrebbe reso la vita impossibile e ci avrebbe scacciato nel giro di un mese, ma nessuno mai ci ha arrecato il minimo disturbo. Io credo che un comportamento socialmente, oltre che moralmente, dannoso sia quello che fornisce alla società modelli distruttivi: la disonestà, l’ignoranza, la prevaricazione, lo sfruttamento dei deboli, gli abusi sui bambini e sulle donne, la volgarità, la droga. Credo che molti politici, eterosessuali e difensori della famiglia tradizionale, siano in questo senso socialmente nocivi, anche per la loro piena, quando non ostentata, visibilità. Ma se due persone vivono il loro quotidiano cercando l’armonia fra di loro e con gli altri, sono socialmente oltre che moralmente costruttive, indipendentemente dal fatto di essere di sesso diverso o eguale. Nel Liceo dove insegno cerco ogni giorno di agire secondo questi valori e quindi di trasmetterli agli allievi, oltre alle discipline di cui sono competente. Un (o una) omosessuale può essere un buon insegnante? Ma certo: io non devo influenzare la vita intima dei miei allievi, devo piuttosto educarli ai valori di accoglienza e al rispetto della persona umana che costituiscono l’anima della nostra civiltà e della nostra Costituzione. Forse alcuni avrebbero paura di sapere che un omosessuale è insegnante dei loro figli: ma ancora una volta, il problema non sta nell’orientamento sessuale. Se io non ho raggiunto un mio equilibrio psicologico, posso rappresentare un grave problema per gli allievi, e posso essere un potenziale molestatore di ragazze così come di ragazzi. Ci sono molti casi di pedofilia anche da parte di persone eterosessuali. Ma se io ho raggiunto un mio personale equilibrio e vivo serenamente e nel privato la mia vita affettiva, il mio orientamento sessuale non può né deve pregiudicare la mia professionalità, che infatti è riconosciuta, in Italia e all’estero.
Per questo ritengo che l’unico provvedimento valido sarebbe non quello delle “unioni civili”, ma quello del matrimonio anche per gli omosessuali. Quanti equivoci su questo! Quante volte ho sentito dire “vogliono i diritti senza i doveri”! Ma se io voglio sposarmi con il mio compagno, è proprio perché desidero assumermi nei suoi confronti i doveri di assistenza, fedeltà e sostegno che il codice civile attribuisce agli sposi eterosessuali! Diverso sarebbe il caso del matrimonio religioso. Per me, che sono cristiano, il matrimonio religioso è un sacramento: è cioè una effusione di Grazia santificante concessa all’uomo e alla donna che non solo si amano (sul piano umano), ma intendono proiettare questo loro amore all’interno dell’Amore Trinitario e farsi quindi icona delle Persone Divine, anche nel meraviglioso compito di propagare la vita. Capisco bene che questa vocazione, teologicamente intesa, non spetta all’amore omosessuale; ma non capisco perché questo debba comportare ipso facto il disprezzo e la condanna per l’amore omosessuale, che, se inteso e vissuto correttamente, è amore, quindi partecipa della stessa sostanza divina e meriterebbe per questo almeno una forma di benedizione.
Non mi risulta che nei Paesi del mondo in cui già esistono forme di unione civile o anche religiosa per le coppie omosessuali si siano registrati un calo verticale dei matrimoni o della natalità e, per converso, una “epidemia” di omosessualità. Leggi contro l’omofobia e a favore delle unioni omosessuali non accrescerebbero il numero delle persone omosessuali, poiché non si diventa omosessuali per via delle leggi, ma per un intimo e connaturato orientamento psicofisico della persona. La popolazione omosessuale rappresenta sempre e comunque il 5% circa del totale, e nessun eterosessuale (uomo o donna) sarebbe, credo, disposto a “cambiare squadra” se ci fossero leggi favorevoli. Semmai, tali leggi aiuterebbero gli omosessuali a vivere più serenamente la loro condizione. Ovviamente, in Italia il processo è ostacolato da una secolare mentalità di machismo oltre che da una sciagurata connivenza fra potere politico e potere religioso. Attenzione: la Chiesa è e deve essere libera di predicare il suo messaggio. Ciò che, come cittadino, non tollero, è quando determinati politici concludono scellerati patti di convenienza con il Vaticano, impegnandosi a seguirne i dettami in cambio di sostegno elettorale, e non per intima convinzione. Ne sono prova gli scandali in cui si trova coinvolto l’ultimo governo, fondato su una maggioranza che apparentemente afferma di sostenere la “famiglia tradizionale”, ma che ha praticato comportamenti pubblici e privati del tutto difformi da questi apparenti valori. Ancora non ho ben capito chi, fra i politici e la Chiesa Italiana, sia il cliente e chi la prostituta. Come cittadino, mi comporto onestamente, pago le tasse, pratico e diffondo valori come la solidarietà e la legalità: per questo mi aspetto dalla Repubblica scelte laiche che trattino nello stesso modo tutti, credenti e non credenti, giovani e vecchi, uomini e donne, eterosessuali ed omosessuali. È quindi improprio usare, come ha fatto sulle vostre pagine il sig. Giovanardi, il termine “sdoganare”. Si sdoganano le merci ferme alla frontiera. Io non sono una merce, sono una persona.
Se avrete avuto la pazienza e il buon cuore di leggere fin qui, vi ringrazio: avrete ormai capito che queste per me sono cose importanti, e che assai di rado ho l’occasione di parlarne. Grazie. Siete ovviamente liberi di condividere o no, di pubblicare o no, di tagliare, ridurre, cestinare. Vorrei spendere solo alcune riflessioni finali sul problema dei figli e delle adozioni.
Sono cresciuto in una famiglia tradizionale, eterosessuale e assai stabile (i miei stanno insieme da 43 anni): sono quindi convinto che famiglie come questa, ispirate all’amore e alla responsabilità, siano il contesto migliore per una crescita sana dei figli. Lo dico anche da educatore: vedo ogni giorno che i ragazzi che provengono da famiglie poco stabili o poco serene fanno più fatica a crescere e a studiare. Sono quindi convinto che il diritto DEL figlio a crescere in un ambiente completo ed equilibrato sia assolutamente prioritario e valga più del diritto AL figlio millantato da diverse coppie o da diversi singles; questo “diritto AL figlio” mi sa di egoismo e di immaturità, e per questo non approvo le strane “acrobazie genetiche” (banca del seme, utero in affitto etc…) di cui si servono alcune persone (che tuttavia rispetto come tali). Un bambino non è un prodotto sintetico da costruire in laboratorio, sono quindi contrario a creare una vita di proposito. Se vuoi un figlio naturale, che sia tuo, sposati e fallo, assumendoti le responsabilità di una famiglia siffatta. C’è però una grande obiezione. Immaginiamo che la vita del bambino o della bambina non vada creata artificialmente, perché già esiste: ci sono migliaia di bambini messi al mondo e poi abbandonati in contesti di degrado, in cui li attendono la fame, le malattie, lo sfruttamento, gli abusi di ogni genere (reclutamento militare o criminale, prostituzione, traffico di organi…). A questo punto l’alternativa è: questa vita già esiste; la lasciamo dov’è o le diamo una famiglia, composta anche da due uomini o da due donne, in cui potrà conoscere il calore del cibo e di un letto, il Natale e i compleanni, l’istruzione e le cure mediche, l’affetto e l’educazione? Chi nega a questi bambini, italiani o stranieri, la possibilità di essere adottati anche da famiglie omosessuali, oltre che eterosessuali, si assume in pieno la responsabilità della loro tragica sorte. Per questo dico no alle “acrobazie genetiche”, ma sì alle adozioni, purché le famiglie siano attentamente selezionate e seguite, come già peraltro avviene nel caso delle coppie eterosessuali: infatti, non tutte vengono riconosciute idonee per adottare. Un’ulteriore prova del fatto che non basta essere maschio e femmina e sposati per allevare ed educare dei figli.
Che dirvi? Grazie, grazie di cuore. Spero che leggiate questa lettera e che ve ne giunga la sofferta e autentica genesi personale. Probabilmente si tratta di un testo troppo lungo per essere pubblicato, almeno per intero…ma spero di cuore che almeno una parte di queste idee, che non sono soltanto mie, alimenti un sereno e proficuo dibattito su questo tema, che è anche la vita mia e di molti altri, cui vorrei, con le mie parole, dare voce.
Grazie di cuore

gif animate natale




Fa pena vedere cattolici fissati con la morale sessuale, quando il mondo, oggi, si trova di fronte a grandi minacce come guerre e inquinamento, la cui denuncia da parte del mondo cattolico e di tutti noi andrebbe sì gridata, e anche forte! 
PS. L'omosessualità è un fenomeno di natura,non è nata in laboratorio... 


Annamaria... a dopo