venerdì 25 novembre 2016

UOMINI VIOLENTI, CAMBIARE SI PUO’


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E dopo una giornata di tam tam dove l’uomo (la bestia crudele) è stato costretto ,almeno per un giorno, a riflettere in occasione della giornata contro la violenza sulle donne concludo con una nota positiva in favore degli uomini.

Voglio fermamente credere che non tutti gli uomini sono delle bestie criminali che usano violenza fisica e psicologica nei confronti delle donne, mogli,compagne,sorelle.

Ci sono uomini che sanno davvero amare e rispettare le donne.
Questo bel post di Fabio Volo ,dedicato alla moglie, è un esempio che non tutti gli uomini sono uguali.

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“volofabioDicono che uno dei regali più belli che un padre possa fare ai propri figli sia quello di amare la loro madre. Questo è il regalo che ho scelto anche se in fondo non ho scelto proprio nulla. Semplicemente mi sembra impossibile non farlo. È tutto così naturale. Thank you @johannamaggy”

( Come spesso ripeto, anche se non ci si ama piu’ deve comunque rimanere il rispetto reciproco! )

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Questa invlettere-di-scuse-di-uomini-violentiece è la storia di un uomo pentito e rinato dopo un percorso di rieducazione: “Dovevo cambiare o avrei perso le persone che amo di più”

FIRENZE. “Ricordo ancora quella sera: avevo il coltello in mano e gridavo a mia moglie “ora ti ammazzo”. La bambina era lì che ci guardava. Eravamo in cucina, e il terrore nei suoi occhi e in quelli di suo fratello non posso dimenticarlo. Poi la loro paura, quando venivano a dormire da me, dopo la separazione, perché la mia violenza poteva esplodere in ogni momento, ed erano botte, urla, piatti rotti”.

Alessandro ha 50 anni e non si vergogna di piangere. “Erano così piccoli…”. Seduto in una stanza colorata del “Cam” di Firenze, Centro di ascolto per uomini maltrattanti, mentre stringe tra le mani una lettera della figlia come fosse un oggetto prezioso, Alessandro, alto funzionario in una multinazionale, prova a raccontare cosa c’è nella mente (e nel cuore) di un uomo che terrorizza la moglie, i figli, le persone che più dice di amare. Ma anche il suo lento percorso di rinascita, attraverso gli incontri con gli operatori del “Cam”, il più famoso centro in Italia per il recupero dei maschi violenti.

Alessandro, come ha fatto a capire che aveva bisogno di aiuto?
“Ho sempre pensato di essere nel giusto quando picchiavo e umiliavo tutti. Poi l’anno scorso, quando una sera infuriato ho sbattuto mia figlia contro il portone di casa, ho capito che se non fossi cambiato avrei perso per sempre i miei affetti più cari”.

Ma lei perché si comportava così?
“Rabbioso e iracondo sono stato fin da ragazzo. A casa mia volavano piatti e urla. Sono cresciuto sentendo mio padre gridare a mia madre: “Ora ti mollo un ceffone”. Ma non voglio giustificarmi. Io sono un violento e mio fratello no, eppure abbiamo vissuto le stesse cose. Ho sempre reagito in modo sconsiderato. A 11 anni per una punizione spinsi mia madre contro una poltrona, rompendole una costola. Ma il peggio è arrivato quando mi sono sposato”.

Cosa accadeva?
“Tutto doveva essere fatto come decidevo io. Se mia moglie prendeva un’iniziativa, diventavo brutale. Lanciavo oggetti. Sbattevo i pugni sul tavolo. L’ho presa a schiaffi. La svalutavo in continuazione. Proprio come mio padre aveva fatto con mia madre. In casa tutti avevano paura di me”.

E i suoi figli?
“Il mio rimorso più grande. Nemmeno con loro mi tenevo. Una volta, per strada, strattonai in modo così violento mia figlia di due anni che la gente mi voleva fermare. E a mio figlio, oggi adolescente, ho rotto un oggetto in testa perché non faceva bene i compiti. Per anni non mi hanno parlato. Mia moglie mi ha lasciato quando erano piccoli, ma so che era terrorizzata quando venivano a dormire da me”.

Ma lei non chiedeva perdono, non provava a cambiare?
“Avevo dei rimorsi, ma davo la colpa agli altri. Alla mia ex moglie, ai ragazzi che mi facevano arrabbiare”.

Un padre padrone insomma?
“Forse. Come tanti altri uomini “normali” che ho incontrato qui al centro di ascolto. Convinto, anche in quanto maschio, di avere ragione”.

Ha mai pensato di esser capace di compiere un femminicidio?
“Mi sono fermato in tempo… Purtroppo però ogni volta che ho avuto una nuova relazione ho messo in atto comportamenti violenti. Ho avuto una seconda compagna. Era molto gelosa. Una notte l’ho fatta cadere procurandole una contusione al collo. Naturalmente la storia è finita. Ma io dicevo che era colpa sua…”.

Cosa l’ha spinta a venire al “Cam”? E cioè a curarsi finalmente?
“È stata la mia ex moglie. Mi ha fatto capire che i ragazzi non li avrei più rivisti. Il solo pensiero mi faceva impazzire. Qui però noi non usiamo la parola “curare”. La violenza non è una malattia, è un comportamento. Una scelta. Con i gruppi e i percorsi individuali impariamo a riconoscerla dentro di noi, a controllarla, a modificare le reazioni. Ad esempio smettendo di dare la responsabilità agli altri della nostra aggressività. Ma ci vuole uno sforzo continuo”.

E lei si sente al sicuro?
“Ho sempre paura. Noi ex violenti siamo come gli alcolisti. Sempre a rischio di ricaduta. Io ero un persecutore perché volevo avere ragione a tutti i costi. Oggi ascolto gli altri”.

Lei ha in mano una lettera di sua figlia. Cosa la commuove tanto?
“Piango di gioia e di dolore. Me l’ha scritta dopo l’inizio del mio percorso al “Cam”. Racconta la sofferenza che ho causato a lei e al fratello. Ma dice, anche, che mi vuole bene”.

E suo figlio maschio?
“È chiuso, distante. L’ho picchiato e fatto sentire una nullità. Ma da qualche giorno viene a fare i compiti a casa mia. Una gioia incredibile”.

Se i maschi violenti frequentassero questi centri, si potrebbero evitare alcuni femminicidi?
“Sì, ne sono certo. Ho incontrato diversi uomini, qui dentro, che si sono fermati prima di commettere un omicidio”.


http://www.centrouominimaltrattanti.org/

 Fonte by la Repubblica.it

2.0.1




Annamaria

martedì 22 novembre 2016

PAOLO CREPET: CARI GENITORI PER NATALE NON REGALATE TECNOLOGIA





















-"Ehy bimba quanti anni hai?"
-"5"
-"Hai scritto a Babbo Natale?"
-"No, ho creato una wish list sul mio iPad e gliel'ho


sharata con Dropbox"







"Cari genitori, per Natale non regalate ai vostri figli tecnologia. Date il vostro contributo per liberarli da questa dilagante dipendenza". Questa la frase iniziale dell'articolo di Crepet.


Da una ricerca europea 'The Net Children Go Mobile' risulta che il 46% dei ragazzi tra i 9 e i 16 anni possiede uno smartphone, il 20% un tablet e il 23% dei ragazzi usa queste apparecchiature digitali per stare online ogni giorno. Sempre più connessi, sempre di touch, sempre più su social network e whatsapp. Sempre meno nella "vita reale". Con la tecnologia, si usano sempre meno i sensi
I nativi digitali si stanno abituando sempre di più a usare meno... i sensi. Se giochi con una tastiera, non te ne fai nulla del tatto. Per non parlare della penna tecnologica per scrivere su un touchscreen. I tablet e gli smartphone hanno tutti "lo stesso sapore" e l'udito viene stressato da auricolari e cuffie. "Un telefonino o un personal computer non odorano, eppure i nostri nasi sono sviluppati per riconoscere profumi sopraffini o farci allontanare da orribili puzze. Milioni di ragazzi sono nati e cresciuti guardando a 30 centimetri, non l'infinito di un cielo o di un mare. Come potranno diventare cacciatori di orizzonti se la loro vista si è tarata su un mondo così banalmente vicino, come potranno osare l'ignoto se è tutto così a portata di mano?" ,scrive Crepet. Questo Natale rappresenta quindi una sfida e un'occasione per tutti. Per dimostrare ai giovani che non tutti gli adulti sono uguali e non tutti sono schiavi della tecnologia. E sempre Paolo Crepet scrivendo conclude: "Non si tratta di fare una crociata, di essere 'contro' la tecnologia, ma di essere attenti e critici su ciò che sta accadendo ai dettagli della quotidianità dei nostri figli. Possibile cenare senza che ognuno in famiglia si porti il proprio device a tavola?"


Secondo lo psichiatra, Natale diventa quindi una scommessa di libertà. Un modo per insegnare ai propri figli ad essere, soprattutto e prima di tutto, liberi.



Le mie nipotine hanno (quasi) tutti i gadget tecnologici. Sicuramente verranno loro regalati anche altri giochi (soprattutto Lego) pero' il regalo piu' prezioso per loro sarà il tempo che gli regaleranno mamma e papà magari con un tablet o facendo insieme castelli con i lego. Secondo me non conta lo strumento, ma come viene usato e la partecipazione dei genitori allo sviluppo dei propri figli.


Annamaria