giovedì 6 novembre 2014

I MALTRATTAMENTI INVISIBILI



....violenza psicologica in famiglia

La violenza psicologica che, come quella fisica, ha come bersaglio principale sempre(aggiungo un quasi) la donna, è talmente diffusa che voglio provocarvi affermando che (aggiungo sempre un quasi) TUTTE le donne l’hanno provata, almeno qualche volta, nella loro vita. Chi più, chi meno, chi in modo leggerissimo o leggero, chi in modo pesante, a secondo del carattere e della personalità, più o meno debole, più o meno consapevole di se stessa e del proprio valore come persona. 

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Santagatando

La maggior parte delle volte neanche le vittime realizzano di subire un maltrattamento. Per questo motivo il maltrattatore cerca di fare in modo che chi le circonda cominci a dubitare delle loro impressioni, dei loro ragionamenti e persino della realtà delle loro azioni. Convincere una persona che la sua percezione della realtà, dei fatti e dei rapporti personali è sbagliata e ingannevole, è assai facile. Bisogna negare che sia mai successo quello che invece è accaduto e a cui si è presenziato; basta convincerla che,  ha detto o fatto qualcosa che non ha né detto né fatto; accusarla di aver dimenticato quanto realmente è accaduto, di inventare problemi per poi soccombere ai sospetti, di interpretare sempre in modo errato, di deformare le parole e le intenzioni, di non avere mai ragione, di immaginare nemici e fantasmi inesistenti. Per chi è nella posizione della vittima è difficile accorgersi della violenza subita, perché in certe situazioni si sviluppano meccanismi psicologici per non vedere la realtà, quando questa risulta troppo sgradevole. Il fatto di accettare di essere vittime di una situazione di maltrattamento psicologico, probabilmente da parte di una persona  che si stima, comporta un enorme carico di ansia che non è facile metabolizzare. È difficile accettare che qualcuno che dovrebbe amarti ti usi violenza. E dal momento che la vittima non ne capisce i motivi, diventa insicura, irritabile, aggressiva e persino violenta. È come il gatto che si morde la coda, perché attribuisce la colpa dell’ansia che prova non al maltrattatore, ma alla propria sensibilità o eccessiva suscettibilità. E il maltrattatore in questione alimenta questo dubbio scrollandosi di dosso le proprie responsabilità e accusando la vittima di essere pazza, isterica, depressa o paranoica....



Questi maltrattatori negano l’aggressione, condiscono le loro frasi di humor, di ironia, di commenti apparentemente innocenti che vanno dritti ai punti deboli del maltrattato. Se la vittima si lamenta, si sente dire una cosa che l’abbatte ancora di più: “Scherzavo tesoro, non devi prendertela tanto”, frasi che insinuano il sospetto che lei sia un’instabile pronta ad offendersi al minimo pretesto o una sciocca completamente priva di ironia. L’aggressore nega l’aggressione; il problema, dunque, viene scaricato tutto sulla vittima. La psichiatra definisce questa violenza come “perversa”, una vera e propria distruzione, molto insidiosa perché indiretta. La persona viene fatta a pezzi, in maniera costante e ripetuta, attraverso gesti e parole di disprezzo, umiliazione e discredito,. L’aggressore scarica sugli altri le proprie frustrazioni, evitando così ogni responsabilità e conflitto interiore. E umilia chi ha vicino. L’obiettivo, dunque, è l’occultamento della propria incompetenza e debolezza. L’aggressore non perde mai le staffe e non alza mai la voce; parla sempre con lo stesso tono piatto, manifesta una fredda ostilità che è pronto a negare quando si allude ad essa. La causa del problema non è evidente, l’aggressore si rifiuta di parlare di ciò che non funziona; questo rifiuto paralizza la vittima e le impedisce di trovare una soluzione. Tutto quello che quest’ultima può dire viene sistematicamente deformato per poterla trovare sempre in fallo: viene disprezzata e umiliata. Lui la prende in giro, ma in modo sottile, così che i possibili testimoni avvertano solo un vago sentore d’ironia.




L’abuso psicologico si realizza attraverso affermazioni terse a svilire, minacce velate, critiche e derisioni indirizzate all’aspetto fisico della vittima, alle sue iniziative e alla sua personalità, accuse e via dicendo, il tutto nascosto sotto atteggiamenti affettuosi volti a disorientare la vittima perché, evidentemente, è difficile diffidare di qualcuno che ti da del grassone per tutto il tempo ma poi sostiene di non poter vivere senza di te e che quando ti prende di mira lo fa solo per scherzare e che sei tu che te la prendi sempre a male. L’aggressore è solo un essere mediocre, consapevole del proprio grigiore, con un’assoluta mancanza di rigore morale e un disturbo serio dell’identità. E dunque per compensare il senso d’inferiorità, l’insoddisfazione occulta ma profonda, cerca di guadagnare potere sulla vittima.

VIOLENZA PSICOLOGICA IN FAMIGLIA: Recente giurisprudenza di merito e di legittimità ha aperto il varco alla tutela penale degli abusi psicologici quando essi, sulla base di un rapporto personale continuativo tra autore del reato e vittima, connotato da sistematiche e abituali sopraffazione psicologiche per lo più verificatesi nell’ambito delle mura domestiche, sono tali da rendere abitualmente dolorose le relazioni familiari e da determinare uno stato di avvilimento morale vuoi con atti, vuoi con parole che offendono il decoro e la dignità della persona, nonché con violenze (psicologiche appunto) capaci di produrre sensazioni dolorose pur senza lasciare traccia visibile. 
Ci sono parole, azioni, comportamenti, interazioni che nessuna legge punisce (o riesce a punire, almeno fino ad oggi), ma che possono risultare ancor più invalidanti di una ecchimosi o di uno sfregio, perché feriscono, tagliano e segnano in modo indelebile la coscienza. Si tratta di una violenza che riguarda situazioni diverse sia di tipo carenziale-omissivo che di tipo attivamente lesivo, che colpiscono il benessere emotivo e psicologico della vittima.
La provocazione continua, persistente, quasi uno stile di vita, l’offesa, la denigrazione, il disprezzare, l’umiliare, l’ossessionare, la svalutazione, il privare della privacy, la coercizione, il ricatto, il silenzio, la privazione della libertà, il subissare di responsabilità, la menzogna, l’assenza di un adeguato supporto  economico e il tradimento della fiducia riposta, la noncuranza, la trascuratezza fisica e affettiva, l’esclusione dalle decisioni importanti della famiglia, la manipolazione dei sensi di colpa, sono solo alcune forme in cui si manifesta la violenza psicologica. Quando una o più donna picchiata queste condotte diventano pervasive al punto da caratterizzare e stravolgere le interazioni e da far sorgere disfunzionamenti e/o mutamenti delle condizioni emotive e di vita della vittima, allora si può parlare di vero e proprio “abuso psicologico“. Una tipologia di violenza subdola, spesso perversamente legata ai disturbi del o dei soggetti di quel particolare contesto socio-ambientale, in grado di provocare gravissime sofferenze in chi la patisce, sofferenze molto difficilmente dimostrabili in un’ottica giudiziaria, ma non per questo meno reali, meno autentiche e meno pericolose.
Tali aggressioni, non agiscono direttamente sul piano fisico come uno schiaffo, una spinta, un calcio, ma giorno dopo giorno, creano un clima invivibile ad attuano un processo di distruzione psicologica, dove le parole e gli atteggiamenti possono ferire profondamente come pugni, possono essere usate per umiliare e pian piano distruggere una persona.
La cosa che più colpisce è che tale fenomeno inizia non appena chiuso l’uscio di casa, laddove “si dice”, ognuno dovrebbe godere di maggiore sicurezza, cioè in famiglia. Violenze subdole consumate nell’intimo delle mura domestiche, che non lasciano segni sul corpo ma che feriscono profondamente l’anima, la personalità e la dignità rendendo la vita impossibile.



ESPERIENZA DI VITA (Anonima)
“Tutto questo l’ho vissuto sulla mia pelle. Per mesi ho cercato un confronto con una persona che negava ci fossero problemi e a posteriori ha sostenuto invece di avermeli fatti presenti; una persona che si rifiutava di parlare a quattr’occhi con me, di spiegarmi….e poi sosteneva che ero io quella incapace di un confronto diretto. Una persona che negava sistematicamente la realtà, che negava fossero state dette parole che avevo sentito con le mie stesse orecchie e che avevano significati inequivocabili, che sosteneva sempre che io capivo male, io mi inventavo violenza. Le cose, io, le deformavo…una persona che in mille modi sottili ed impliciti mi dava della pazza e dell’ isterica….una persona che mi ha distrutto psicologicamente, perchè ero arrivata a un punto che non mi fidavo più del mio giudizio, che per avere conferme di quello che capivo dovevo parlarne con gli altri, perchè non bastava quello che sentivo io, quello di cui io da persona intelligente mi rendevo perfettamente conto…avevo bisogno che qualcuno mi dicesse “hai ragione” per non sentirmi esaurita! E mi ci sentivo lo stesso! Una persona che mi ha tolto sicurezze persino sulla mia bellezza, una delle poche cose di cui in vita mia non avevo mai dubitato, per via dei chiletti che avevo messo su e che in mille modi mi faceva notare….sulla mia intelligenza, sui miei valori, sul mio modo di essere non troppo estroversa nè desiderosa di piacere a tutti ad ogni costo. Mi sentivo brutta, stupida, incapace, insicura….e si rifletteva in tutta la mia vita…mi diceva che ero depressiva e asociale….e io ci credevo….dio mio, io credevo a tutto!! Anche Mobbing perchè alla fine ero diventata davvero così, talmente stavo male!! Con un’altra persona ,senza i miei problemi familiari e psicologici alle spalle , probabilmente non ci sarebbe mai riuscito….l’avrebbe mandato al diavolo non appena se ne fosse accorta. Ora mi spiego il mio sentirmi sempre svuotata, mi spiego anche le mie reazioni violente e incontrollabili…quando gli ho graffiato il braccio, quando ho fatto quella scenata con urla allucinanti….io stavo impazzendo, stavo scoppiando, mi sentivo impotente e disperata, avevo perso ogni certezza, ogni stima per me stessa…avevo solo paura, paura e paura….Io ero e sono troppo fragile, con un passato difficile e tanta sofferenza dentro…ma ho capito moltissime cose e sono grata alla vita per questo. Sbagliare serve, serve di brutto!! Per crescere, per andare avanti, servono mille volte di più gli errori e le sofferenze che non la perfezione e la serenità. Ora so che devo lavorare su me stessa, capire e accettare quanto valgo come persona…non sarà facile, sono appena all’inizio, ma ce la sto mettendo tutta…! 

Una storia (una delle tante) dove molte donne si riconoscono.

Annamaria... a dopo

martedì 4 novembre 2014

ECONOMIA DELLA MODA E SFRUTTAMENTO



E' notizia di oggi



Moncler crolla in Borsa. Le azioni della società dei piumini hanno chiuso la seduta in calo del 4,88% dopo che sul web si è diffusa una campagna di protesta contro lo spiumaggio violento delle oche denunciato dal programma di Rai3. La replica: "I nostri fornitori garantiscono il rispetto degli animali"




C'era da aspettarselo
  



Moncler crolla in Borsa, a seguito dell’inchiesta di Report andata in onda domenica 2 novembre. Quella, firmata da Sabrina Giannini, sullo spiumaggio delle oche e sui maltrattamenti che questi animali subiscono durante il processo per la creazione dei piumini. Una trafila violenta, quella mostrata dal programma di Milena Gabanelli che ha puntato il dito anche contro Moncler che non dà lavoro in Italia, non usa prodotti di qualità e vende piumini che valgono un decimo di quello che costano. Unanime il verdetto del web: lunedì è nato sui social network l’hashtag #boicottaMoncler.




Oltre che delle oche qui si parla dell'abuso dei lavoratori, lasciati a casa (in italia) per sostituirli con altri pagati una miseria, in uno stato finto che fa del malaffare la sua ragion d'essere (transnistria), tutto a beneficio di un "imprenditore" che presenta il suo prodotto come made in Italy per far fico e vendere. 

Non male  la nota emanata dalla Moncler, secondo la quale “tutte le piume utilizzate in azienda provengono da fornitori altamente qualificati che aderiscono ai principi dell’ente europeo Edfa (European Down and Feather Association) e che sono obbligati contrattualmente a garantire il rispetto dei principi a tutela degli animali”.
Chiedono educatamente alle oche se per favore possono, ogni tanto, tirarsi via qualche piuma che tanto ne hanno tante...?

Penso che chi compra Moncler non si informa. Persone di quel tipo non fanno caso a maltrattamenti, delocalizzazioni, sfruttamento di manodopera ecc.
Ma la trasmissione dovrebbe  concentrarsi non sul singolo brand ma  su tutto il settore di mercato dell'abbigliamento di alta gamma.


In un paese civile, dopo l'inchiesta di Report, Moncler e Prada ma anche Benetton e altri ,non venderebbero più un capo finché non la smettono con lo sfruttamento. Ma dipende anche da noi: boiacottarli si puo', basta non comprare.




Altre inchieste da ABITI PULITI ORG.
La Campagna Abiti Puliti  opera per il miglioramento delle condizioni di lavoro e il rafforzamento dei lavoratori nell’industria tessile globale. Pone al centro della sua attività la sensibilizzazione e la mobilitazione dei consumatori, la pressione verso le imprese e i governi. Offre solidarietà e sostegno diretto ai lavoratori che lottano per i loro diritti e chiedono migliori condizioni di vita e di lavoro. Si basa su una rete di più di 250 partner nei paesi di produzione che identificano problemi e obiettivi e aiutano a sviluppare strategie e campagne efficaci  

http://www.abitipuliti.org/blog/2014/10/25/rana-plaza-18-mesi-dopo/

SETEM, l’associazione referente per Campagna Abiti Puliti in Spagna, ha presentato la ricerca “La moda española en Tánger: trabajo y superviviencia de las obreras de la confección”, che analizza le condizioni precarie di vita e di lavoro che subiscono le lavoratrici nei laboratori tessili di Tangeri fornitori delle grandi marche internazionali. La ricerca è stata realizzata con la collaborazione della Asociación Attawassol sulla base dell’esperienza di 118 operaie.


Il rapporto rileva le dure condizioni di lavoro delle operaie marocchine del tessile: eccesso di ore lavorative, bassi salari, abusi verbali e fisici, arbitrarietà nelle assunzioni e nei licenziamenti, misure disciplinari sproporzionate e ostacoli all’azione sindacale. Gli straordinari sono obbligatori e generalmente non retribuiti. La giornata lavorativa supera le 12 ore, sei giorni a settimana per salari che non vanno oltre i 200 euro mensili e che, a volte, stanno anche al di sotto dei 100 euro mensili. Le operaie più giovani, spesso minori di 16 anni, sono considerate apprendiste e vengono fatte lavorare senza contratto le stesse ore delle altre, con una paga però di 0,36 centesimi di euro all’ora, tre volte meno delle colleghe.
In Marocco c’è una forte presenza di laboratori fornitori di Inditex (Zara, Bershka, Pull&Bear, Stradivarius, Oysho, Massimo Dutti). La maggior parte delle operaie intervistate che lavorano assemblando i vestiti di queste marche denuncia il mancato rispetto del limite orario (arrivando a lavorare 65 ore settimanali) e, sebbene in generale lo stipendio arrivi alla soglia del Salario Mínimo Interprofesional Garantizado (SMIG) del Marocco, appena 178,72 euro mensili, condizioni di vita di estrema povertà.
Molti dei laboratori fornitori di Inditex lavorano anche per Mango. 



Anche le operaie che lavorano in queste fabbriche rilevano che non si rispettano i limiti orari e che sono costrette a lavorare fino a 65 ore settimanali. Nel Rapporto Annuale 2010 relativo a Mango già si erano evidenziate situazioni non accettabili in alcuni fornitori di Tangeri ed era stato fissato un termine di  sei mesi per correggere questi problemi.
Inoltre sono state raccolte testimonianze di lavoratrici di laboratori fornitori di Mayoral, El Corte Ingles e Dolce&Gabbana con condizioni lavorative simili.

La dislocazione della produzione in paesi come il Marocco ha permesso di ampliare i profitti delle grandi marche del tessile. Secondo l’autore del rapporto, Albert Sales, “queste imprese hanno nelle proprie mani la capacità tanto di generare situazioni di sfruttamento, quanto di evitarle.” Molte hanno assunto codici di condotta e impegni, ma nonostante le misure di responsabilità sociale d’impresa, molte lavoratrici marocchine  continuano a vivere in condizioni di povertà a volte accompagnate da giornate lavorative estremamente lunghe.
I codici di condotta adottati dalle imprese della moda comprendono l’obbligato di effettuare controlli nei laboratori. Ma le metodologie con cui questi controlli vengono effettuati sono molto diverse tra loro e spesso non permettono di identificare i problemi reali. Questo accade perché quando ci sono i controlli, le fabbriche realizzano cambiamenti temporanei come aumentare la salubrità dello spazio di lavoro, rispettare gli orari di lavoro, far uscire i lavoratori senza contratto e nascondere le lavoratrici minorenni.
Una lavoratrice di una fabbrica fornitrice di una grande azienda tessile ha raccontato che “quando arrivavano gli ispettori senza preavviso, i supervisori nascondevano le lavoratrici minorenni sul tetto o in scatole di vestiti vuote”.

Che possono fare le grandi marche?
Se desiderano veramente essere responsabili riguardo all’impatto sociale delle loro attività economiche devono adottare pratiche di massima trasparenza. Una delle più importanti è pubblicare la lista dei fornitori e condividerla con le ONG, i sindacati e i collettivi locali dei lavoratori, per poter controbattere alle denunce sorte da questa e altre inchieste e iniziare processi di miglioramento. In questo senso, la Campagna Abiti Puliti spagnola ricorda che Mango già condivide la sua lista di fornitori con alcuni attori sociali; ciò permetterà di analizzare insieme i risultati di questa inchiesta e intraprendere azioni per risolvere questi problemi insieme ai rappresentanti dei lavoratori.
Per quanto riguarda le lacune dei processi di controllo, Campagna Abiti Puliti invita i marchi a inserirsi in iniziative multistakeholder come la Far Wear Foundation che includono nei processi di miglioramento i punti di vista dei lavoratori e delle loro organizzazioni.

La Campagna Abiti Puliti ricorda che questa inchiesta riguarda il Marocco, ma che le situazioni che vengono descritte possono essere riscontrate in molti altri paesi.

Annamaria... a dopo





domenica 2 novembre 2014

SALVIAMO POMPEI DAL SILENZIO




Pompei si sta sbriciolando giorno dopo giorno, eppure il suo peggior nemico non è il tempo: è il silenzio. Quello che ha accolto finora la relazione trasmessa al Parlamento dal direttore generale del Progetto Grande Pompei, il generale dei Carabinieri Giovanni Nistri.


  

Inefficienze, rischi di malaffare e corruzione, incapacità di spendere le risorse disponibili, ma anche tutte le risposte giuste per reagire e salvare davvero Pompei. Puntando sulla trasparenza, la qualità e la legalità.    

Nella relazione del generale Nistri ci sono sia l'analisi puntuale dei problemi da risolvere sia le risposte possibili. Vengono denunciati gli intrecci societari che finiscono per avvantaggiare i "soliti noti" e i rischi d'infiltrazione della criminalità organizzata, ma si propone anche la piena trasparenza e la piena accessibilità dei cittadini a tutti i dati e le informazioni disponibili, attivando così un vero e proprio monitoraggio civico come già previsto dal progetto Open Pompei.  

Questa relazione non può cadere nel silenzio.  

Per questo chiediamo che le commissioni Cultura della Camera e del Senato convochino immediatamente in audizione, con la massima pubblicità possibile, il generale Nistri affinché si apra un'ampia discussione pubblica sui risultati del suo lavoro.

Noi vogliamo che le gare di appalto che possono restituire Pompei alla sua straordinaria bellezza diventino un modello di trasparenza e di rispetto delle regole.

E non possiamo permettere che un patrimonio inestimabile dell'umanità cada in rovina per inefficienze, malaffare e silenzi.  

Chiediamo dunque che Nistri venga audito in Parlamento e che possa esporre una relazione fondamentale per delineare la road map verso il salvataggio di Pompei.  

Road map sulla quale vigileremo. 


Commissione Cultura, Camera dei Deputati 
Commissione Istruzione e Beni Culturali, Senato della Repubblica 
Ilaria Capua, Vicepresidente Commissione Cultura alla Camera 
Flavia Piccoli Nardelli, Vicepresidente Commissione Cultura alla Camera 
Andrea Marcucci, Presidente Commissione Istruzione pubblica e beni culturali al Senato 
Cosimo Sibilia, Vicepresidente Commissione Istruzione pubblica e beni culturali al Senato 
Fabrizio Bocchino, Vicepresidente Commissione Istruzione pubblica e beni culturali al Senato 




Annamaria... a dopo