sabato 19 gennaio 2013

Le mille vite del cappello al cinema . . . . . . da maschera ad arma di seduzione!

MARIA




Ad una persona come me, amante del cinema, non possono sfuggire i particolari, soprattutto quelli che in alcuni film divengono elementi identificativi, restando nella memoria collettiva. Ed è stato proprio un elemento versatile come pochi che ha attratto la mia curiosità, anche perché sono venuta a conoscenza di una serie di iniziative correlate ad una mostra di cui si è vista una interessante anteprima a Milano nel 2011, ripresa e ampliata come prima tappa di una tournée nazionale ed europea. E’ stato il cappello il protagonista alla Triennale di Milano del 2011 di  -Il cinema con il cappello: Borsalino e altre storie-  e ad Alessandria, al Museo del Cappello Borsalino, una serie di eventi intitolata  -Tanto di cappello– da novembre 2012 a ottobre 2013.

                                                                                                                                                                               Ogni iniziativa del genere si fonda su una forte motivazione : perché una mostra proprio sul cappello al cinema, e non sugli occhiali, le scarpe o le cravatte? Nessun altro indumento ha tante storie da raccontare: lo usano uomini e donne. Il cappello maschera, identifica, è uno status symbol e una componente mitologica: John Wayne senza cappello è inconcepibile, così come i Blues Brothers, ma anche una diva come Audrey Hepburn amava i cappelli, fino agli eccessi di “My Fair Lady”. Ma il cappello è anche l'indumento da cui ci si separa più facilmente: un colpo di vento lo fa volare, lo si lancia in alto per la gioia, lo si calpesta per la rabbia! 

                                                   
La mostra -Il cinema con il cappello- a Milano aveva accolto i visitatori con un montaggio di personaggi cinematografici che si tolgono il copricapo per salutare, culminando con un'installazione di decine di cappelli che penzolano dal soffitto come in un quadro di Magritte, mentre sullo schermo volavano i cappelli minacciosi dei gangster di “Crocevia della morte” dei fratelli Coen e quelli gioiosi delle mondine di “Riso amaro”.

                                                                                               
Un lungo lavoro ha portato alla messa in opera di questo interessante progetto : sono state visionate 800 pellicole per poterne estrarre i frammenti più significativi (circa 400!) : ne è venuta fuori una particolare storia del cinema e dell'immaginario.                                                                               La mostra di Alessandria, narra non solo la storia del classico cappello maschile in feltro, che ancora oggi porta il nome del fondatore Giuseppe Borsalino, ma anche tutte le evoluzioni di cui il copricapo è stato ed è protagonista, nella vita come nel cinema.                                                                                                 E’ stato Arturo Brachetti, simbolo della fantasia e dello stile italiano nel mondo, ad inaugurare il ricco calendario di eventi ispirati allo storico rapporto tra la città di Alessandria e Borsalino, fabbrica, ma anche icona, mito cinematografico e di costume : Alessandria e Borsalino, una storia d’amore, un percorso tra immagini, teatro e gioco per esplorare il ruolo del cappello nel cinema e nell’arte.

                                                                                                                                               Con questo incontro inaugurale Arturo Brachetti, partendo dal suo rapporto con il cappello, ha mostrato come una semplice “tesa” nera, vuota nel centro, possa con fantasia e creatività prendere la forma di infiniti copricapi e personaggi, insieme semplici e straordinari.

                                                                                                                                                         Il percorso espositivo si suddivide in vari settori. Si comincia con “L’identità” ovvero Il cinema con il cappello, dove si viene accolti da un grande cilindro multimediale dove scorrono alcune sequenze storiche di più film, fra cui il dialogo di Peter Falk ne “Il Cielo Sopra Berlino”


 di Wim Wenders in cui, attraverso la ricerca del cappello giusto, si racconta il cambio di identità sotteso a ogni cambio di copricapo: gangster, borghese, eccessivo, comico.
“Il cappello che emoziona”, gioca invece sulle diverse emozioni suscitate dal copricapo nelle sue diverse forme: riso, pianto, seduzione e paura . . . e così, attraverso diverse sale, g
uidato da suoni e rumori, il visitatore incontra il cappello che fa ridere, il cappello che fa piangere, il cappello che seduce, il cappello che fa paura.                                                                                                                     “Scappellamenti e gesti”: il saluto, la riverenza, la felicità, il ringraziamento ed il rispetto: tutti i significati dei gesti legati al cappello.
Si continua con “La giostra dei nomi”: dal Borsalino, nome proprio divenuto sinonimo di cappello classico maschile, al basco, all’elmo, al casco, alla coppola, al turbante, alla bombetta, al colbacco, berretto, feluca. Una lunga lista cui corrispondono infinite e curiose forme di cappelli, raccontate attraverso un’installazione multimediale.
Diventano protagonisti i Borsalino più noti nella storia del cinema : ecco quindi i famosi film Borsalino (1970) e Borsalino & co (1974), di Jacques Deray con Jean Paul Belmondo e Alain Delon, in cui
Borsalino è stata la prima marca che ha avuto l'onore di diventare titolo, senza altre parole. 

                                                                                                                                             Ma, più che ai simpatici gangster anni Trenta, il curatore della mostra, è legato al Borsalino che indossa il protagonista del “Matrimonio di Maria Braun” di Fassbinder: non se lo toglie nemmeno per fare l'amore per la prima volta con sua moglie, e per una fatalità del caso, lo indossa anche quando muore . . .

                                                                                                                          Il cappello non rappresenta un semplice accessorio, ma definisce i ruoli, le professioni, le classi, mettendo in evidenza la corrispondenza fra la gestualità rituale ed i personaggi dei film che nessun altro capo di abbigliamento permette: lo si tocca, lo si alza e lo si usa come antistress.              

 È l'immortale Humphrey Bogart a essere debitore del suo inseparabile Borsalino o è il cappello della leggendaria casa alessandrina a dovere tutto al mito di “Casablanca”?
In molti film il cappello viene usato dagli assassini per nascondere il proprio volto. 
Al cinema il cappello crea mode e tendenze: da James Dean che negli anni Cinquanta lancia il grande cappello con falda rialzata che campeggiava nella locandina de “Il Gigante”,  al colbacco che con “Il dottor Zivago” entra a far parte del vestiario occidentale, al berretto di lana de “Il cacciatore” a quello di “Rocky” quando, dismessi i guantoni, vaga per le strade di Philadelphia. Un articolo, quest'ultimo, che non a caso diventa il copricapo popolare degli anni Settanta.

                                                                                       
Senza dimenticare che grandi registi hanno depositato la propria icona in un'immagine col cappello: si può immaginare Fellini senza il suo cappello? e Sergio Leone. . . e  Orson Welles . . .                                                                                                                                                                  Una raccolta di foto, cimeli e materiale interattivo di vario genere che indaga il binomio centenario tra cinema e cappello, un tema dalle innumerevoli possibili declinazioni: cosa sarebbe Indiana Jones senza il suo cappello a larghe falde?



 O Charlot senza la sua bombetta?

                                                                                                                                                                                   Si scopre, per esempio, che l' “Elephant Man” di David Lynch, pure se ha tutto il volto coperto da un cappuccio, non si separa mai da un berretto, il suo unico e ultimo appiglio all'umanità.

                                                                                                                                                                         Il cappello è un dettaglio inquietante : quanti serial killer lo portano, da Peter Lorre, mostro di Düsseldorf all’inquietante Freddy Krueger, nella serie «Nightmare», ma anche uno strumento comico inesauribile con  Chaplin, Buster Keaton e i Fratelli Marx.                                                                 E che dire dei diversi modi in cui lo utilizza “Indiana Jones” : stili diversi per personaggi diversi. 

                                                                                                             
Diventa un'arma di seduzione e in questo senso, sono soprattutto le donne a usarlo: nel cinema il cappello racconta efficacemente e silenziosamente, genera riconoscimento e identità, sollecita trasformazioni: in “Sabrina” il cappello segna la trasformazione parigina di Audrey Hepburn in donna di classe, 


i cappelli di Greta Garbo in “Ninotchka” sono addirittura segni precursori della fine del comunismo. Marlene Dietrich nell'”Angelo azzurro”,



 Magali Noël alias Gradisca in “Amarcord”,




 Charlotte Rampling in versione nazi in “Portiere di notte”, 



Lena Olin in “L'insostenibile leggerezza dell'essere”, Maria Schneider in “Ultimo tango a Parigi”.                                                                                                                                       È la prova che, come evidenziatore del corpo nudo, il cappello turba più della banale 
giarrettiera!


Maria , l'ho trovata in archivio...versione : "mi riparo dal sole siculo"....


Mi fermo qui e vado a cercarmi  . . . un cappello, magari alla Marlene Dietrich e . . . Hut . . .o se volete, chapeau . . . tanto di cappello !!





Maria... a dopo

giovedì 17 gennaio 2013

COPPIA: SE LUI LA INSULTA O LA PICCHIA NON E' AMORE




Quante di noi si riconoscono in questa lettera?

“Il mio compagno è nervoso e irascibile, in più è estremamente geloso e diffidente. Quando litighiamo ha la brutta abitudine di offendermi con parole ingiuriose e turpiloqui; a volte mi ha strattonato e trattenuto per i capelli. Sebbene abbia riconosciuto la vergogna di tali gesti e mi abbia promesso di non ripeterli, mi ha anche accusato di essere stata io ad esasperarlo fino a tal punto. Anche se dentro di me so che per questi gesti non esiste giustificazione, finisco col dargli ragione e tendo ad attribuire a me stessa la “colpa”, entrando in un conflitto interiore senza fine che mi logora e strazia. Da un lato non riesco a sopportare tali comportamenti, per natura e per educazione; dall’altro, per il troppo amore che provo, soccombo, mi faccio calpestare e mi ripeto che forse sono stata io ad esasperarlo... Ma è davvero così?”.
Maria Rosaria S. (Bari)



Ecco cosa ne pensa la Prof.ssa Alessandra Graziottin-
Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano

“Per il troppo amore che provo”: sta in queste parole, gentile Maria Rosaria, la chiave per capire perché lei si faccia non solo maltrattare e abusare ripetutamente, ma anche accusare di essere la vera responsabile di queste aggressioni. E’ davvero amore? Non credo. Purtroppo molte donne, come lei, chiamano amore un attaccamento affettivo e una dipendenza senza riserve che si radicano su sentimenti ben diversi dall’amore: la paura di essere abbandonate e di restare sole per cui si accetta qualsiasi abuso; il panico da angoscia di separazione, che rende difficile, se non impossibile, pensarsi in altro modo, con una vita diversa e più dignitosa, senza un uomo che la maltratti; un certo masochismo, emotivo se non fisico, per cui una relazione violenta viene percepita come segno comunque di attaccamento (da parte di lui); scarsa autostima, per cui non si è capaci di analizzare adeguatamente la situazione e di mettere in atto strategie per tentare di modificarla, prima di romperla se i comportamenti d’abuso persistono; scarsa fiducia in sé, per cui una donna non sente di meritare di essere amata davvero e non è capace, in parallelo, di lasciare l’uomo che abusa di lei per stare sola, piuttosto che con lui, e saper poi riconoscere un partner emotivamente sano e affettivamente adeguato. Come vede, gentile amica, comprendere le molte ragioni del suo attaccamento a quest’uomo è il primo passo per capire che cosa la leghi al suo partner e le faccia accettare l’alibi che lui usa per giustificare i suoi attacchi di collera e le sue violenze verbali, fisiche ed emotive.


Molti uomini dicono che è la donna che li provoca a insultarla o picchiarla...

Quando dico alibi metto subito in chiaro che tali violenze sono inaccettabili, quand’anche ci fosse una corresponsabilità nell’iniziare una discussione su qualsivoglia problema. L’avere divergenze di vedute – cosa normale e sana in qualsiasi coppia – non può e non deve tradursi in insulti, turpiloqui o violenze, che sono anche perseguibili legalmente. Queste degenerazioni non solo impediscono che la divergenza arrivi a una mediazione costruttiva, ma cristallizzano anzi il copione dell’abuso che diventa fine a se stesso, per scaricare collera e aggressività, mantenendo al contempo una relazione patologica e distruttiva, come è stato così ben descritto nel lucido “Ricorda con rabbia” (Look back in anger), opera teatrale di John Osborne, uscita con grande successo nel 1956.


Quali dinamiche possono esasperare i conflitti di coppia?
Sono molti i “copioni comunicativi”, come si dice in psicologia, che possono cristallizzare i conflitti di coppia, esasperandoli e rendendoli immutabili nel tempo. Il termine “copione” indica bene la rigidità di questi dialoghi e della comunicazione, che si ripetono con desolante automatismo. Riconoscere la sequenza di battute, e il crescendo di aggressività che la caratterizza, è un altro passo per cercare di modificarla, se si vuole ancora cercare di evitare la rottura.


Gli uomini sono così aggressivi per colpa del testosterone?

In realtà il testosterone, presente negli uomini in quantità dieci volte superiore alle donne, è l’ormone dell’energia vitale e del gusto di vivere, dell’assertività e della competitività, del desiderio e della passione. Usate bene, queste qualità rendono l’uomo eccellente, nella vita e nell’amore. L’aggressività distruttiva è il volto oscuro di queste qualità, in cui gli abusi verbali, fisici o emotivi sono l’espressione di un’impulsività, attivata sì dal testosterone, che non è però stata modulata dall’educazione all’autocontrollo, al rispetto dell’altro/a, alla riflessione, alla ponderazione. Educazione che dovrebbe iniziare fin dalla più tenera età, attraverso il buon esempio e regole di comportamento fatte rispettare con affettuosa fermezza. Spesso, invece, gli adulti violenti hanno avuto genitori aggressivi e sono stati a loro volta vittime di violenze o abusi: ripetono allora da grandi, con desolante costanza, i copioni negativi che hanno appreso da piccoli. Ma questo vale anche per le donne violente... Non ultimo, l’aggressività distruttiva è la faccia rumorosa di una depressione, spesso associata a un disturbo di personalità, che va curata.
Gentile Maria Rosaria, non si faccia intrappolare da quelle accuse: si faccia invece aiutare da una buona psicoterapia per migliorare la situazione; oppure andarsene, e gustare una vita più serena.


Prevenire e curare – Siete innamorate di un uomo violento: come uscirne?
Moltissime donne sono intrappolate in relazioni di abuso, che continuano “per amore”: che fare?
- cercare di capire quali reali sentimenti siano interpretati come amore;
- comprendere quali bisogni e quali paure mantengano un legame d’abuso;
- riconoscere e modificare il tipo di copione comunicativo usato;
- valutare se lui, lei o entrambi siano depressi o abbia/no comunque bisogno di un aiuto medico e/o psicoterapeutico specialistico;
- leggere, come utile spunto, “Donne che amano troppo”, di Robin Norwood (Feltrinelli);

- rivolgersi ai centri (gratuiti) di assistenza e aiuto, anche legale, alle donne abusate.


Nel prossimo articolo, come promesso ad una mia amica, parleremo delle donne violente!!

Annamaria... a dopo

mercoledì 16 gennaio 2013

VEDREMO UN FILM...



“Il desiderio è desiderio ovunque, 
il sole non lo scolorirà né la marea se lo porterà via”.
 The Beach - Leonardo Di Caprio -
  


Lunedì 13 gennaio 2013, al Beverly Hilton Hotel di Beverly Hills, California, ha avuto luogo la cerimonia di premiazione della 70ª edizione dei Golden Globe. I critici hanno premiato il meglio del cinema e della tv.


                                                                                                                                      
Per quanto riguarda la tv, Girls si è portato a casa il premio per Miglior Serie Comedy e Musical e per Miglior Attrice Comedy e Musical, il massimo riconoscimento è andato a Lena Dunham.                                                                                         
Un motivo in più per aspettare con trepidante attesa l'arrivo della seconda stagione di Girls su MTV a febbraio, a pochissimo dalla programmazione USA dove la serie ha debuttato con i nuovi episodi proprio questo weekend.                                                                                                                                                                                   
Oltre a Girls, tra i premiati in ambito televisivo da segnalare sicuramente 'Homeland' che si è aggiudicato tre statuette                                                                                                                                                                                   
Per quanto riguarda invece il cinema, 'Argo' di Ben Affleck e 'Les Miserables' sono stati i trionfatori, rispettivamente con due e tre premi.  Grandissima sorpresa : "Argo" batte "Lincoln, sarebbe a dire che Ben Affleck batte Steven Spielberg!


                                                                                                                                                        
A titolo di sintesi, riporto la lista con tutti i vincitori dei Golden Globes 2013:                                                                                     

PER IL CINEMA                                                                                                                                                                                                                
Miglior film (drammatico): Argo                                                                                                                                                                        
Miglior film (commedia o musical): Les Miserables                                                                                                                                                    
Miglior interpretazione maschile (dramm.): Daniel Day-Lewis - "Lincoln"                                                                                                                                        
Miglior interpretazione femminile (dramm.): Jessica Chastain - "Zero Dark Thirty"                                                                                                                                                                  
Miglior interpretazione maschile (commedia o musical): Hugh Jackman - "Les Miserables"                                                                                                  
Miglior interpretazione femminile (commedia o musical): Jennifer Lawrence - "Il Lato Positivo - Silver Linings Playbook"                                                                                                                                                                         
Miglior attore non protagonista: Christoph Waltz - "Django Unchained"                                                                                                
Miglior attrice non protagonista: Anne Hathaway - "Les Miserables"                                                                                                      
Miglior regista: Ben Affleck - "Argo"                                                                                                                               
Miglior sceneggiatura: Quentin Tarantino - "Django Unchained"                                                                                                               
Miglior canzone originale: Adele con "Skyfall" - "Skyfall"                                                                                                                                            
Miglior colonna sonora: Vita di Pi                                                                                                                                                                 
Miglior film d'animazione:  "Ribelle - The Brave"                                                                                                                                           
Miglior film straniero: "Amour" 
                                                                                                                                                                 
PER LA TV  
                                                                                                                                                                                    
Miglior serie tv (dramm.) - "Homeland"                                                                                                                              
Miglior serie tv (commedia o musical) - "Girls"                                                                                                                                                 
Miglior mini serie o film tv - "Game Change"                                                                                                                           
Miglior interpretazione maschile (dramm.) - Damien Lewis - "Homeland"                                                                                                  
Miglior interpretazione femminile (dramm.): Claire Danes - "Homeland"                                                                                          
Miglior interpretazione maschile (commedia o musical): Don Cheadle - "House of Lies"
                                                
Miglior interpretazione femminile (commedia o musical): Lena Dunham - "Girls"                                                                                                
Miglior attore in una mini serie o film tv: Kevin Costner - "Hatfields & McCoys"
                                                           
Miglior attrice in una mini serie o film tv: Julianne Moore - "Game Change"                                                                               
Miglior attore non protagonista di una serie, mini serie o film tv: Ed Harris - "Game Change"
                                           
Miglior attrice non protagonista di una serie, mini serie o film tv: Maggie Smith - "Downton Abbey"


Jodie Foster

Ma questa edizione verrà ricordata per il Golden Globe alla carriera a Jodie Foster: 50 anni, due Premi Oscar, una carriera infinita, ed un coming out in diretta tv che ha fatto sciogliere i presenti; a dir poco spiazzante nella notte, tra un premio e l'altro, la sua implicita dichiarazione di essere lesbica.                                                                                                                                       
Da sempre molto legata alla propria privacy, Jodie ha avuto due figli in questi ultimi 15 anni: Charles Foster e Kit Foster, dei quali nessuno ha mai conosciuto il padre biologico, tanto dall'alimentare le voci sull'omosessualità dell'attrice.                                                                          
Reali, dal momento che per quasi 15 anni Jodie è stata legata alla produttrice Cydney Bernard, conosciuta sul set di Sommersby, tanto da ringraziarla ufficialmente, nella notte, sbalordendo i presenti, ma raccogliendone l’entusiasmo per la coraggiosa semplicità.

Veniamo alle pellicole che troveremo nelle sale da giovedì 17 gennaio . . .


Frankenweenie
       
                                                                                                            
Una storia in stop motion ispirata a Frankenstein                                                                   
Regia di Tim Burton. Con Winona Ryder, Martin Landau, Martin Short, Catherine O'Hara, Atticus Shaffer.                                                                                                                                                   
Genere Animazione - USA 2012 - Durata 87 minuti circa. Da giovedì 17 gennaio 2013 al cinema.
Un rifacimento della storia di Frankenstein in stop motion. Il film, in bianco e nero, racconta le vicende di un bambino che decide di "resuscitare", con l'aiuto della scienza, il suo cane morto in un incidente automobilistico, con effetti mostruosi.

Rec 3 - La Genesi  
                                                                                                                                   L'orrore nel giorno più bello della vita di Koldo e Clara                                                                      
Regia di Paco Plaza. Con Leticia Dolera, Javier Botet, Diego Martín, Carla Nieto, Alex Monner.                               
Genere Horror - Spagna 2012 - Durata 80 minuti circa. 
Koldo e Clara sono fatti l'uno per l'altra. Si propongono di celebrare il loro matrimonio accompagnati da tutti i loro cari. Ma un'ombra scura incombe su di loro. Nel giorno più felice della loro vita, si scatenerà l'inferno. In questo terzo film appartenente ad una saga horror di successo, l'azione si svolge a miglia e miglia di distanza dalla location originale e ci sono scene girate anche alla luce del sole, dando al film una realtà del tutto nuova ma comunque inquietante. L'infezione ha quindi lasciato l'edificio. In un tocco intelligente che riunisce le trame dei primi due film, questa nuova parte della storia funziona anche come un rivelatore per scoprire informazioni nascoste nei primi due film e lascia la porta aperta per l'ultima parte, il preannunciato [REC ] 

4 Apocalypse.
Django Unchained 
                                                                                                      
Dopo Bastardi senza gloria Tarantino potrebbe riprovarci con la frontiera, reinventando il far west                                                                                                                                    
Regia di Quentin Tarantino. Con Jamie Foxx, James Remar, Kerry Washington, Don Johnson, James Russo.                                                                                                                               
Genere Western -  USA  2013. Durata 165 minuti circa. 
Ambientato nel Sud degli Stati Uniti, due anni prima dello scoppio della Guerra civile, il film vede protagonista il premio Oscar Jamie Foxx nel ruolo di Django, uno schiavo la cui storia brutale con l'ex padrone lo conduce faccia a faccia con il cacciatore di taglie di origine tedesca, il Dott. King Schultz. Quest'ultimo è sulle tracce degli assassini fratelli Brittle e solo l'aiuto di Django lo porterà a riscuotere la taglia che pende sulle loro teste. Il poco ortodosso Schultz assolda Django con la promessa di donargli la libertà una volta catturati i Brittle, vivi o morti. Il successo dell'operazione induce Schultz a liberare Django, sebbene i due uomini scelgano di non separarsi. Al contrario, Schultz parte alla ricerca dei criminali più ricercati del Sud con Django al suo fianco. Affinando vitali abilità di cacciatore, Django resta concentrato su un solo obiettivo: trovare e salvare Broomhilda, la moglie che aveva perso tempo prima, a causa della sua vendita come schiavo.

Cercasi amore per la fine del mondo 


                                                                                                                            
L'amore alla fine del mondo                                                                                                                              
Regia di Lorene Scafaria. Con Keira Knightley, Steve Carell, Melanie Lynskey, T.J. Miller, Adam Brody.                                                                                                                                              
Genere Drammatico - USA 2012. 
Quando un asteroide si avvicina alla Terra, un uomo si ritrova solo dopo che sua moglie lo lascia in preda al panico. Decide, così, di fare un viaggio per riunirsi con la sua fidanzata del liceo. Ad accompagnarlo è un vicino di casa che, inavvertitamente, sconvolge il suo piano.

Qualcosa nell’aria  
  
                                                                                                 
Il '68 visto da Assayas                                                                                                                        Regia di Olivier Assayas. Con Clement Metayer, Felix Armand, Lola Creton, Dolores Chaplin, Nathanjohn Carter.                                                                                                                            
Genere Drammatico - Francia 2012. Durata 122 minuti circa.  
Siamo a Parigi nei primi anni Settanta. La Francia è pervasa da un fervente attivismo politico e Gilles, giovane studente, vorrebbe dire la propria attraverso la pittura e la regia cinematografica. È in quel contesto che, tra le ambizioni artistiche e le prime relazioni d'amore, Gilles e i suoi amici sono spinti a prendere delle decisioni importanti per trovare il loro posto nella Francia degli anni che verranno.

Ghost Movie

                                                                                                                        
Parodia horror di Paranormal Acivity                                                                                                                                    
Regia di Michael Tiddes. Con Nick Swardson, Marlon Wayans, Cedric the Entertainer, David Koechner, Dave Sheridan.                                                                                                              
Genere Commedia - USA, 2013 
Dai creatori di Scary Movie arriva un'altra esilarante parodia horror, una caricatura della serie Paranormal Activity. Quando i neo sposi Malcolm (Marlon Wayans) e Kisha (Essence Atkins) si trasferiscono nella loro casa dei loro sogni, ben presto scoprono di non essere soli. La casa non è infestata, ma è la moglie che è posseduta dagli spiriti. Malcolm assume tutti, da un sacerdote, a un moderno acchiappafantasmi per liberarsi del demonio dentro di lei, determinato a non lasciare lo spirito maligno rovinare il suo matrimonio... e la sua vita sessuale.

Buona visione a tutti da . . . Maria !