martedì 20 ottobre 2009
L'ANGOLO DI ENZO (Racconto - INCONTRI RAVVICINATI )
Cari amici, per mercoledi ci aspetta un'altra pertubazione che porterà ancora marcato maltempo in tutta Italia,quindi mi raccomando fate attenzione !
Nell'augurarvi una buona giornata, propongo uno dei tanti racconti del nostro amico Enzo - poeta e scrittore del "Il mio blog" -...buona lettura!
ANNAMARIA....a dopo
INCONTRI RAVVICINATI
BARBIERE
1946
BARBER’S SHOP
Questa era l’insegna che ancora oggi sovrasta l’ingresso del suo salone. Perché quelle due parole inglesi? Don Achille, titolare unico del negozio, amava appassionatamente i film di ‘sparatoria’, meglio detti ‘westerns’. All’approssimarsi delle festività di fine anno, dopo la prestazione, i clienti venivano omaggiati, molti anni fa, con certi caratteristici calendarietti con donnine in abiti succinti, tenuti insieme da minuscole frange di fili di cotone quasi sempre di colore giallo. In quel negozio, si radevano barbe chiacchierate nel senso che ogni cliente di Don Achille si esibiva dicendo il proprio pensiero. Nella bottega di allora ogni argomento, purché pulito, era discusso, mormorato, borbottato, spesso straziato nelle regole sintattiche e grammaticali ma affrontato con serietà, in modo caloroso, pittoresco e umoristico…e con la gestualità caratteristica della gente del Sud: argomento principe non era solo lo sport, si discuteva di tutto in chiave a volte seria, altre volte umoristica: ma spesso l’umorismo e la serietà si alternavano prevalendo ora l’uno ora l’altra.
Ora siamo nel 2006.
Quel negozio di barbiere ha battuto ogni concorrenza. Don Achille ne va fiero. C’è ancora tutta la frequentazione di avventori fissi e affezionati e di clienti anche stranieri che torturano la nostra lingua e che si esprimono tra una varietà di strazi linguistici anche …in eulo, come la gran parte di cinesi. Gli anni passano con una malvagità inesorabile, i clienti cambiano. Tra i i clienti, Don Achille vanta il dottor Giuseppe Contento, solo per gli amici “Pino”: capelli grigi, lievemente ondulati, una timidezza discreta, un sorriso raro ma sincero, una voce con volume deciso e nello stesso tempo rispettosa; leggermente paffutello e ‘pienotto’ all’addome, il dottor Contento rasenta nell’aspetto un’insolita simpatia; nell’andatura, essendo basso di statura, decisamente crea, in chi lo guarda, un certo buon umore. E mai nessuno lo ha sentito sbraitare, o alzare la voce contro chicchessia: insomma, un vero e proprio galantuomo. Questo dottor Giuseppe Contento, da sempre chiamato ‘Don Pino’, da più di trent’anni è il cliente più affezionato di Don Achille.
A dir la verità, è l’appellativo con cui lo apostrofano i clienti di origine meridionale.
Il padre di Don Achille, barbiere pure lui, aveva sposato una bionda salernitana, donna gioviale e moglie di sani principi. Don Achille è, come si suol dire, un mezzosangue: mezzo polentone e mezzo terrone. Idiomaticamente è bilingue, ma se la cava simpaticamente con un italiano napoletanizzato, che a volte sfiora la comicità; si cimenta pure con il dialetto veneto inframezzato all’improvviso da espressioni di marca partenopea, per darsi aria di persona vissuta e informata. Il negozio, comunque, è frequentato per la maggior parte da gente del Sud, ma Don Achille può vantare anche una corposa clientela di vicentini, che gli danno del ‘lei’.
L’ingresso nel negozio è sempre segnalato con un “ring” di campanello.
Quel martedì mattina il dott. Contento, alias Don Pino, appare sulla porta, saluta, reggendo una busta di plastica trasparente da cui si intravede un libro.
“Buongiorno a tutti!
“Don Pino amabile, buongiorno… accomodatevi, finisco questo taglio al Sig. Raffaele, al nostro artista della pizza, e sono da voi. Sono anni che mi onorate come cliente e non vi ho mai visto senza un libro in mano. Non vi smentite mai.”
“Che occhio. Don Achì, non vi sfugge proprio nulla, ” esclama il dottor Pino.
“Non per sapere i fatti vostri, leggere per voi è una grande passione.” Detto ciò Don Achille dà un paio di colpetti di forbici al pettine e aggiunge:
“Di che tratta, Don Pì, se mi è consentito.”
E Don Pino pronto: “Filosofia, Don Achì, filosofia…quella cosa ‘con la quale o senza la quale si rimane tale e quale’.” declama un po’ divertito mentre il suo viso accenna un sorriso.
Don Achille insiste: “Don Pì, non ci tenete sulle spine… che tratta il libro?”
” E’ il quinto libro della Storia della filosofia di Luciano De Crescenzo.”
Il pizzaiolo Don Raffaele, esce dal silenzio e contorcendosi un po’ sulla poltrona, si unisce al barbiere: “Diteci qualcosa, voi che siete una persona istruita. Anch’io sono curioso e poi, per la verità, mi fa sempre piacere sentirvi dire cose interessanti.
E Il dottor Contento, spiega che il libro l’aveva quasi letto tutto e che si era appena alzato da una tranquilla lettura ai giardini pubblici; così apre il libro a caso e legge : Christian Wolff (1679 – 1754):Lo scopo della filosofia, secondo Wolff, è la felicità di due persone, ovvero quella nostra e quella di un altro signore che sta dentro di noi e che ci condiziona nelle scelte.”
“Scusate, Don Pì, come avete detto che si chiama questo…signore…? domandò il pizzaiolo guardando il dottor Contento nello specchio.
“Wolff, Christian Wolff, e non è un signore qualsiasi, è un filosofo.”
“Però che nome, sembra Rex!” dice il pizzaiolo.
A quel punto Don Achille lancia un’occhiata al dottor Pino e poi a Don Raffaele: “E chi sarebbe questo Rex?”
E’ il cane del Commissario, quello del film alla TV: quando abbaia fa così… ‘WUOFF’, insomma proprio come avete detto voi.” Detto questo, sbotta in una risata che soffoca quasi subito. “Scusate, Don Pì, è meglio ridere ogni tanto…!”
E il barbiere: “ Però non quando si parla di cose serie!...Don Pì, prego, continuate”
Il dottor Contento riprende: “Questo Wolff dice che la felicità consiste nell’essere felice in due…”
Il barbiere interrompe: “E’ chiaro, significa che se sono felice solo io e mia moglie no, non è una vera e propria felicità. Deve essere contenta anche lei. E’ così?”
“Allora neanche io sono felice,” interviene Don Raffaele “ perché se c’è una persona sempre nervosa e scontenta, quella è mia moglie.” Scusate, qua si sta parlando di una felicità un po’ strana.. E’ facile parlare di felicità, ma se non ci sono i soldi è inutile discutere, facciamo solo chiacchiere.” Don Achille riprende a dire che Don Raffaele ha ragione sul fatto che non si può parlare di felicità se ci mancano i mezzi. Per me una vera felicità non esiste.
Don Pino interviene: “Un momento, per favore, non saltate subito alle conclusioni. Cerchiamo di ragionare.” Poi chiede al pizzaiolo:
Don Raffaè, e voi con la vostra pizzeria siete felice?” E Don Raffaele, l’artista si sfoga:
“Se non fosse per Carmela, che rompe sempre di pìù, io con la pizzeria potrei quasi dire di essere felice. E’ chiaro: se il Padreterno mi conserva in salute. Mia moglie ha superato la sessantina, ma già da un paio d’anni non la capisco più: oggi sta bene, l’indomani ha i nervi, dopodomani per farle dire una parola ‘ce vo a mane e Ddio’. Dottò, non la capisco più.”
E il barbiere lo rincuora: “Chi le ha capite mai le donne.” E poi scusandosi col dottor Contento: “ Scusate, Don Pì, io penso che le donne c’ entrano nell’argomento. Non vi pare?”
Il dottor Pino sente la necessità di intervenire e ricomincia a spiegare: “ Direi proprio di sì… ma per raggiungere la felicità, dice questo filosofo, occorre che queste due persone,
come lui le chiama, devono dialogare e andare d’accordo. Quella persona che sta dentro deve andare d’accordo con quella che sta fuori.”
Don Raffaele vuole capire e chiede: “L’altra persona è la moglie, se ho capito bene?”
E il dottor Contento si avvicina alla sinistra del seggiolone e lentamente osserva: “ No, Don Rafè, non è né la moglie, né l’amante – insomma ‘a cummare – né la fidanzata, né la compagna come si dice oggi, ma è ‘quel malessere che uno sente dentro di sé quando commette un’azione eticamente riprovevole.”
Il pizzaiolo alza la mano: “Un attimo, Dottò, le ultime due parole…non le ho afferrate, abbiate pazienza.”
“Avete ragione, scusate voi, eticamente significa dal punto di vista morale, riprovevole sta per azione ingiusta, cattiva, vergognosa, disonesta. E se uno la commette…”
E Don Achille pronto: “… sono dolori di coscienza cioè…i rimorsi, i sensi di colpa. Giusto?”.
E il Dottor Contento prosegue ipotizzando : “ Giusto, Don Achì, ma se voi rubate…”
La replica di Don Achille è fulminea: “ E’ un esempio… se permettete!?”
“E’ un esempio, si capisce!” chiarisce sorridendo Don Pino, che riprende tranquillo “ Don Achì, se non pagate le tasse oppure, che so, tradite vostra moglie, è sempre un esempio, succederà una specie di litigio tra ‘voi’ e la persona che avete ‘dentro’. E’ chiaro, Don Achì!?”
I due amici artigiani si guardano e il pizzaiolo è il primo a pronunciarsi: “E’ chiaro, anzi chiarissimo. Quella persona che dite voi, cioè quello che dice questo filosofo, è a’ cuscienza, eh sì, è proprio la coscienza.” è come se fossimo in due tutti quanti. Don Pì, se ho capito bene, è come se ognuno di noi fosse doppio, io sono io, fisicamente, e dentro di me c’è una specie di cosa invisibile. E quando io faccio lo stro…scusate Don Pì, quando commetto un’azione disonesta, questa cosa che dite voi…”
Il Dottor Pino corregge: “Non io, Wolff!”
Il pizzaiolo si corregge: “…che dice questo Wuoff, mi punge, è come se mi tormentasse dentro.”
Don Achille rimane stupefatto della rapidità di interpretazione del pizzaiolo e lanciando lo sguardo di stupore al Dottor Contento, mormora: “Oh Gesù, dovete riconoscere, Don Raffaele è stato veloce e chiaro; se facesse così le pizze, raddoppierebbe la clientela.”
Il dottor Pino condivide: “Però, si è espresso a modo suo e anche bene. Devo riconoscere, un ‘bravo’ se lo merita.”
A questo punto il barbiere, per non essere da meno, si rivolge al pizzaiolo, cercando di conquistare terreno nella conversazione:
“Don Rafè, mi avete tolto la parola di bocca, e’ proprio quello che stavo per dire: la coscienza. Molta gente, però, non la sente questa persona che giudica, se ne frega, se ne fotte da’ cuscienza.”
“Purtroppo, molta gente è sorda, non ascolta ‘la persona dentro’ ammette Il dottor Contento, “le malvagità abbondano, le persone ignobili – cioè e’ fetiente – li troviamo dappertutto.”
Il dottor Contento si ricorda che, in un certo senso, si erano allontanati dall’argomento felicità e ci ritorna: “ Signori, per cortesia, non ci dimentichiamo che stiamo discutendo della Felicità.
I due artigiani fecero una breve pausa. E Don Pino ne approfitta per riprendere la parola: “Insomma questo Wolff dice in sintesi che bisogna stare in pace con se stesso, è una forma di felicità un po’ particolare. Lui dice che se abbiamo la coscienza a posto, dovremmo stare più tranquilli.”
Al barbiere e al pizzaiolo l’argomento è sempre più interessante, ma è il primo a chiedere:
“ Secondo voi, questa benedetta felicità esiste o è solo fantasia? Ho i miei dubbi, dottò!”
E Don Raffaele ne approfitta per porre la stessa domanda a modo suo:
“Insomma, dottò, con tutti ‘sti guai’ c’è qualcuno che può essere felice?”
“Signori miei, la risposta può essere una sola o anche tante.”
Il pizzaiolo chiede:”Ditecene almeno una, o come la pensate voi in proposito.”
Il dottor Contento chiude il libro con un colpo secco e lo ripone nella busta di plastica. Con tono deciso, prima tossice, poi mugugna e riprende: “Domanda da miliardi di euro; ma credo di poter condividere la risposta o come la pensa Bertrand Russel, uno dei più grandi filosofi-matematici di tutti i tempi, morto circa 25 anni fa. Ho riflettuto da molti anni, direi da quando ero giovanotto, sul concetto della felicità di questo grande pensatore…se sapeste quante volte ho cercato di comprendere il concetto o lo stato di
una persona felice. E quella di Russell mi è sembrata una riflessione giusta o un’interpretazione più condivisibile, direi più esatta insomma.
Don Achille un po’ titubante interrompe: “Secondo me, è importante avere una famiglia, un po’ di soldi…ma poi come si fa a non avere…preoccupazioni per sé, la moglie, i figli…specialmente per il loro futuro. Secondo me, ci vorrebbero più soldi, più possibilità nella vita, se no, addio felicità.”
“Diciamo che con un bel po’ di soldi, una quantità tale da non avere tanti pensieri, voglio dire,” precisa il pizzaiolo ”starei bene, potrei dire di essere felice…o quasi , però dovrei stare bene anche in salute.”
Il dottor Contento aveva ascoltato attento e tranquillo le due interpretazioni:
“Mbè, avete rasentato entrambi il pensiero di questo Russell. Prima di tutto lui dice che non si può raggiungere la felicità…”
Don Raffaele, il pizzaiolo, comincia a lamentarsi: “Me lo immaginavo che sarebbe andata a finire così:…è tutta una fantasia, allora ce lo dica chiaramente.”
Don Pino va avanti con la spiegazione: “Calma, calma, Don Rafè. Secondo questo filosofo…la felicità, ripeto, non si può raggiungere, ma che ci si può andare vicino; in altre parole, anziché cercare di essere felice è necessario fare ogni tentativo ‘per non essere infelice’. E secondo lui, occorrono TRE cose: famiglia-amici, una stabile situazione economica e una buona salute. E mai nessuno di questi deve mancare.”
Per famiglie e amici si intendono i rapporti sociali: se vi mancano, pur possedendo le altre due, è una vera e propria desolazione: insomma, una persona sta bene sia economicamente, che in salute, ma è preda della solitudine.”
Il barbiere interrompe: “ una specie di egoista, un lupo solitario.”
“Eh già!” ammette Don Pino.
E Don Raffaele pure:” Anch’io sono d’accordo con voi, Don Achì!”
Di nuovo il dottor Contento:
“Immaginate ora di avere una famiglia e degli amici, e che la salute non vi manchi, cioè avete il primo e il terzo elemento, ma avete pochi mezzi per vivere: le banche non vi fanno prestiti perché non avete le garanzie; gli usurai, veri pirati moderni, ne approfittano come sciacalli, in conclusione: una vita di sacrifici e lacrime.”
I due artigiani ascoltano in silenzio poi Don Achille commenta: “Sarebbe una disgrazia, eh sì, una disgrazia… i soldi, i soldi servono… eccome.”
“Io, per la verità, non mi posso lamentare,” annuncia il pizzaiolo “ tengo una bella famiglia, moglie e due bravi ‘guagliune’, a’ femmena e o’ masculo’; la pizzeria va bene, e ringraziando Iddio anche la salute non ci manca.”
“Buon per voi!” esclama Don Pino, “ e siatene contento.” A questo punto si ferma e precisa prendendo di nuovo la parola: “Ora Immaginate di possedere, una normale famiglia e degli amici, cioè il primo elemento; immaginate di vantare una situazione economica, che vi permette di vivere piuttosto bene, cioè avete il secondo elemento, ma vi manca il terzo: il ‘patrimonio della salute’ perché colpiti per esempio da un’emiplegia, oppure, e facciamo le corna, avete avuto un infarto.
“Oddio, Don Pi, che razza di malattia ci nominate, che cos’è questa emipl…la prima che avete detto.”
“…e-mi-ple-gi-a…”prende a scandire il dottore “ una emiparesi Don Rafè, facendo gli scongiuri, significa che metà del vostro corpo non vi permetterebbe più di fare le pizze. Ed io non potrei reggere il libro con tutte e due le mani e…”
“E io dovrei cedere il negozio perché non potrei fare più né barbe né capelli. Don Pì, a questo punto è necessario che ognuno di noi si tocchi a modo suo, parlando con rispetto.” Don Achille si tocca nelle parti basse e Don Raffaele allunga indice e mignolo, Entrambi accompagnano gli scongiuri con un sorriso di soddisfazione.
Don Achille riconosce che è sempre un piacere conversare con Don Pino. E sottolinea: E’ come se mi toglieste un peso da dentro ogni volta. Proprio così, è come se mi sentissi più leggero, che so, più soddisfatto della vita.”
Il dottor Contento si rivolge al pizzaiolo: “E voi, Don Rafè, la moglie che rompe, i figli, la pizzeria…la salute…che mi dite?”
“Anche per me è sempre un piacere parlare con voi, è istruttivo, dite delle cose molto interessanti. Voi siete una persona di cultura, avete studiato. Anch’io dovevo studiare…però sapete, un po’ le ragazze, un po’ a’ capa fresca non ne avevo tanta voglia. La famiglia aveva bisogno…e mi misi a fare il pizzaiolo…dovevo contribuire. Riflettendo bene sulla chiacchierata, anzi io direi sulla lezione che ci avete dato, è come se mi aveste aperto tutte le finestre di casa mia e sentito una ventata di aria fresca e nuova. Forse mi lamento un po’ troppo e vi assicuro che la vita merita un apprezzamento diverso, almeno da parte mia.”
“Non esageriamo, merito anche vostro, non basta parlare e dire cose interessanti; occorre che ci sia chi ascolta e voi due siete degli ascoltatori eccezionali. E per quanto mi riguarda, mi fa molto piacere essere vostro cliente.”
E il barbiere, con una punta d’imbarazzo, dichiara: “ Per carità, Don Pì, il piacere è tutto nostro.”
E il pizzaiolo, Don Raffaele, si unisce all’elogio: “ Anche mio, Don Pì, anche mio!”
Dando un gran respiro, Il dottor Contento si siede e si tuffa nella lettura de “Il Corriere dello Sport” cercando notizie del suo NAPOLI. il barbiere, Don Achille, dà gli ultimi ritocchi al suo amico e cliente, Don Raffaele.
La lunga pausa di silenzio s’interrompe al ring del campanello. La porta di vetro si spalanca. La moglie di Don Raffaele, in evidente stato di agitazione, salutando e chiedendo scusa si rivolge al marito: “ Hai dato la macchina a Carlo. Vai subito vicino allo stadio, ha avuto un incidente…mi ha telefonato poco fa. Vai, vai…!”
“Don Raffaele, impressionato dalla notizia e liberatosi del panno bianco cerca di calmare la moglie:
“Non ti agitare, Carmè…hai detto che non si è fatto niente. Allora, stai calma.”
“Al cellulare mi ha detto che non correva…andava piano per i fatti suoi…un furgone non si è fermato allo stop e l’ha preso di fianco” continua a dire Donna Carmela.
E Don Raffaele riceve le ultime spazzolate dal barbiere, che lo esorta ad andare via subito:
“Don Rafè, se avete bisogno…disponete pure!”
Il pizzaiolo si avvia verso la porta, agguanta la maniglia e, rivolgendosi al dottor Contento gli obbietta visivamente sconvolto : Don Pì, Voglia Dio che mio figlio sta bene…e la salute che dite voi e questo filosofo Woff o come caspita si chiama, è sempre la stessa per mio figlio…però queste notizie improvvise… danno certe botte… a me… e a quella persona che sta dentro di me.”
Don Raffaele, artista della pizza, e la moglie, visibilmente scossi, infilano la porta e scompaiono.
“Speriamo che il ragazzo non si sia fatto niente. Don Pì, vi potete accomodare!”
E il dottor Contento, alias Don Pino, si accomoda.
“Che cosa facciamo?”
“Prima la barba!”
“Bene!”
“Don Achì, a proposito di Calciopoli , domani ci saranno le sentenze della CAF. Io sono per le sanzioni esemplari, ve lo dico subito. Voi che ne dite? Qual è il vostro pensiero?
E Don Achille, barbiere di indiscussa esperienza, non se lo fa dire due volte, e col sorriso sulle labbra, comincia ragguagliare il dott. Contento, convinto e felice che il docente, da quel momeno, è lui.
“Velo dico chiaro chiaro: i giudici devono fare solo i giudici, chi ha sbagliato deve pagare, non si devono prendere in giro migliaia e migliaia di persone.”
“Ne convengo, lo Sport deve essere utile al corpo e insegnare onestà morale, e praticato con lealtà e correttezza professionale. Ma quando un omicida o un rapinatore o un pedofilo dopo qualche anno di carcere ottiene gli arresti domiciliari con molta disinvoltura quando è così difficile stabilire se si è redento o pentito, vuol dire che quel certo giudice non è giusto: e se non è politicizzato, resta solo un cattivo giudice.”
Don Achille non si perde una parola e chiede:” Politicizzato, in che senso?”
“Nel senso che certi giudici giudicano in base al loro credo politico, e non in base a giustizia.”
Il barbiere ferma l’insaponamento e interviene: “ Significa che se io commetto un reato , mi può capitare un giudice di Sinistra o di Destra!?” Purtroppo, Don Achì, è proprio così, può succedere.”
“Eh no, non è giusto, non è proprio giusto, anzi io dico che è grave!” lamenta amareggiato il barbiere.
“Quei giudici ingiusti non danno più retta ‘alla persona dentro’ ma al colore del pensiero politico chiarisce il dottor Contento.
“Come vi capisco, Don Pì, speriamo che alla CAF ci siano dei giudici giusti.”
E il dottor Contento aggiunge: “…e che non siano né di qua né di là.”
E Don Achille, soffocando un sorriso e inarcando un sopracciglio, ribatte:
“Dottò, pur avendo la mia idea politica, io la barba gliela faccio ‘sia di qua che di là’.”
“Comunque, non esistono barbe di sinistra o di destra: esistono le barbe fatte a regola d’arte, siete d’accordo?”
“D’accordissimo, Don Pì, io faccio, modestia a parte, solo barbe artistiche. Oggi, vi faccio ringiovanire di una diecina d’anni.”
E Don Pino obbietta subito: “Per carità, se mi ringiovanite troppo, mia moglie non mi riconosce ed è capace di chiudermi la porta in faccia.”
Sorridono entrambi poi Don Achille propone: “Don Pì, se non vi offendete, oggi mi pagate solo il taglio dei capelli, la barba è in omaggio.”
“Sul serio?”
“Perché è straordinaria la gioia che ci hanno dato i nostri Azzurri: Don Pì, l’Italia ha vinto i Mondiali di calcio ed io lo voglio festeggiare con voi.”
“Mbè, accetto la barba, ad una condizione.”
“Quale?”
“ Che mi permette di ordinare due caffè speciali.”
“Permesso accordato, Don Pì, accordatissmo!”
Enzo
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Enzo, il racconto è molto bello. Ma stavolta ho fatto l'errore di leggerlo dal vivo e non stamparlo prima, con il risultato che mi sono stancato. La prossima volta lo stampo prima così me lo potrò gustare meglio.
RispondiEliminaè un buon consiglio lorenzo. Lo stampo, xche' nn sono riuscita ad arrivare alla fine....lo rileggero' e ne fruiro' con calma....
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