Il peso economico della malattia: tra cure e assenze dal lavoro oltre 4 miliardi di euro
TORINO
A conti fatti l’influenza del 2009 potrebbe costare all’Italia più o meno come il ponte sullo Stretto di Messina: 4,5 miliardi tra viste mediche, assenze dal lavoro, medicinali e ricoveri ospedalieri contro i 4,7 necessari per stendere un nastro d’asfalto tra Scilla e Cariddi. Con la differenza che nel primo caso non si possono dividere le spese in lotti successivi, né pianificarle o dilazionarle.
All’influenza sono sufficienti due o tre mesi, e il Paese è costretto a pagare subito e in contanti. Fabrizio Pregliasco, virologo della Statale di Milano, ha stimato all’inizio di agosto che quest’anno il contagio colpirà 6 milioni di italiani nella migliore delle ipotesi, 15 nella peggiore (ed è questo il caso in cui il costo arriverebbe a 4,5 miliardi). Sotto questo punto di vista non è importante se si tratti di influenza A o di un altro ceppo, i costi restano grosso modo gli stessi. Ma la caratteristica di questa epidemia sta nei numeri da record: la media degli anni normali - le influenze americane, cinesi e le loro colleghe - si ferma a 3 milioni di malati e il costo per la collettività, di conseguenza, supera di poco il miliardo.
Lo stesso Pregliasco, commentando le sue previsioni, ha sottolineato che al record di malati corrisponde un record di spesa per il servizio sanitario nazionale: «La terapia ha un costo variabile tra i 15 e i 200 euro», a seconda dell’età del paziente e delle complicazioni che possono seguire l’influenza vera e propria, la media nazionale si aggira intorno ai 42. Ma quando si rende necessario un ricovero, e nel caso della A questi eventi si moltiplicheranno, la cifra si impenna: secondo l’Inail ogni giornata in ospedale può arrivare a costare 600 euro al giorno, come la stanza d’hotel di uno sceicco in minore. Fin qui si arriva valutando solo i costi diretti dell’epidemia: visite mediche e medicinali.
Perché chi si ammala sta a casa (sempre in media) cinque giorni, durante i quali non produce nulla. Sono i costi indiretti, ben più pesanti per il sistema produttivo del Paese, e superano i 310 euro a malato. Con un’ulteriore complicazione: le assenze si concentrano tutte nello stesso periodo, mandando in tilt le aziende più piccole soprattutto in un mondo del lavoro come quello italiano, poco attrezzato per colmare le carenze temporanee di personale. Nel 2006, l’ultimo anno per cui si dispone di una ricerca completa sugli effetti di un’influenza stagionale in Italia, 4 milioni e 800 mila lavoratori si assentarono dal lavoro, con una perdita complessiva di 32 milioni e rotti di giornate di lavoro.
Il costo complessivo di quell’influenza per famiglie, Inps, datori di lavoro e servizio sanitario fu di circa 2,8 miliardi. E durante la stagione influenzale (novembre-gennaio), a Roma e dintorni, furono occupati quotidianamente tra i 525 e i 770 posti letto: come dire che un grande ospedale lavorò esclusivamente a combattere l’influenza per tre mesi abbondanti. Per il sistema Italia, tra l’altro, i costi indiretti crescono anche perché in caso di malattia si sta a casa più a lungo. In Italia le giornate di assenza dal lavoro causa influenza sono in media 5, dicono i medici di base. Poco sopra la Francia (4) e la Svizzera (4,3), molto sopra i paesi anglosassoni. Nel Regno Unito lo stop dura solo 2,8 giorni, negli Stati Uniti 3,3.
Le cifre rendono chiaro il senso della corsa alla vaccinazione: il costo medio del vaccino - compresi siringa, cotone, cerotto e infermiere che provvede all’iniezione - in Europa è stimato intorno ai 13,8 euro. Il piano d’emergenza del governo italiano prevede la vaccinazione di 24 milioni di persone, il 40% della popolazione. Sono sufficienti 331,2 milioni, con un risparmio netto di 4 miliardi e rotti rispetto allo scenario peggiore previsto dai virologi. Solo se il virus non muta, però. Perché in quel caso i vaccini già pronti sarebbero da buttare. David Nabarro, coordinatore delle Nazioni Unite per la pandemia 2009, ha affrontato l’argomento a Istanbul meno di un mese fa: in quel caso i costi «cresceranno a colpi di miliardi di dollari».
fonte "La Stampa"
A conti fatti l’influenza del 2009 potrebbe costare all’Italia più o meno come il ponte sullo Stretto di Messina: 4,5 miliardi tra viste mediche, assenze dal lavoro, medicinali e ricoveri ospedalieri contro i 4,7 necessari per stendere un nastro d’asfalto tra Scilla e Cariddi. Con la differenza che nel primo caso non si possono dividere le spese in lotti successivi, né pianificarle o dilazionarle.
All’influenza sono sufficienti due o tre mesi, e il Paese è costretto a pagare subito e in contanti. Fabrizio Pregliasco, virologo della Statale di Milano, ha stimato all’inizio di agosto che quest’anno il contagio colpirà 6 milioni di italiani nella migliore delle ipotesi, 15 nella peggiore (ed è questo il caso in cui il costo arriverebbe a 4,5 miliardi). Sotto questo punto di vista non è importante se si tratti di influenza A o di un altro ceppo, i costi restano grosso modo gli stessi. Ma la caratteristica di questa epidemia sta nei numeri da record: la media degli anni normali - le influenze americane, cinesi e le loro colleghe - si ferma a 3 milioni di malati e il costo per la collettività, di conseguenza, supera di poco il miliardo.
Lo stesso Pregliasco, commentando le sue previsioni, ha sottolineato che al record di malati corrisponde un record di spesa per il servizio sanitario nazionale: «La terapia ha un costo variabile tra i 15 e i 200 euro», a seconda dell’età del paziente e delle complicazioni che possono seguire l’influenza vera e propria, la media nazionale si aggira intorno ai 42. Ma quando si rende necessario un ricovero, e nel caso della A questi eventi si moltiplicheranno, la cifra si impenna: secondo l’Inail ogni giornata in ospedale può arrivare a costare 600 euro al giorno, come la stanza d’hotel di uno sceicco in minore. Fin qui si arriva valutando solo i costi diretti dell’epidemia: visite mediche e medicinali.
Perché chi si ammala sta a casa (sempre in media) cinque giorni, durante i quali non produce nulla. Sono i costi indiretti, ben più pesanti per il sistema produttivo del Paese, e superano i 310 euro a malato. Con un’ulteriore complicazione: le assenze si concentrano tutte nello stesso periodo, mandando in tilt le aziende più piccole soprattutto in un mondo del lavoro come quello italiano, poco attrezzato per colmare le carenze temporanee di personale. Nel 2006, l’ultimo anno per cui si dispone di una ricerca completa sugli effetti di un’influenza stagionale in Italia, 4 milioni e 800 mila lavoratori si assentarono dal lavoro, con una perdita complessiva di 32 milioni e rotti di giornate di lavoro.
Il costo complessivo di quell’influenza per famiglie, Inps, datori di lavoro e servizio sanitario fu di circa 2,8 miliardi. E durante la stagione influenzale (novembre-gennaio), a Roma e dintorni, furono occupati quotidianamente tra i 525 e i 770 posti letto: come dire che un grande ospedale lavorò esclusivamente a combattere l’influenza per tre mesi abbondanti. Per il sistema Italia, tra l’altro, i costi indiretti crescono anche perché in caso di malattia si sta a casa più a lungo. In Italia le giornate di assenza dal lavoro causa influenza sono in media 5, dicono i medici di base. Poco sopra la Francia (4) e la Svizzera (4,3), molto sopra i paesi anglosassoni. Nel Regno Unito lo stop dura solo 2,8 giorni, negli Stati Uniti 3,3.
Le cifre rendono chiaro il senso della corsa alla vaccinazione: il costo medio del vaccino - compresi siringa, cotone, cerotto e infermiere che provvede all’iniezione - in Europa è stimato intorno ai 13,8 euro. Il piano d’emergenza del governo italiano prevede la vaccinazione di 24 milioni di persone, il 40% della popolazione. Sono sufficienti 331,2 milioni, con un risparmio netto di 4 miliardi e rotti rispetto allo scenario peggiore previsto dai virologi. Solo se il virus non muta, però. Perché in quel caso i vaccini già pronti sarebbero da buttare. David Nabarro, coordinatore delle Nazioni Unite per la pandemia 2009, ha affrontato l’argomento a Istanbul meno di un mese fa: in quel caso i costi «cresceranno a colpi di miliardi di dollari».
fonte "La Stampa"
Servizio informativo interessante.
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