mercoledì 8 settembre 2010

Le notizie segnalate da CATERINA










"MA QUANTO MI COSTA QUESTA VITA IMMOBILE"



 Le due vite di Daniele: la prima brillante e sempre al limite, la seconda rallentata, quasi soffusa.
Daniele Furlan, imprenditore di successo (settore impiantistica), ha girato pagina sulla tangenziale di Mestre, quando un Tir non l`ha visto e ha continuato la sua corsa. Un botto. E una parte di sé che si addormenta. Resta un cervello vigile e i sentimenti, i sogni che non si spezzano. Resta un mento, l`unica parte "mobile", che gli consente il contatto con la vita. Daniele è tetraplegico e, con orgoglio, da 8 anni sta vivendo la sua seconda vita, che ha anche raccontato in un libro ("Il mio Podere", Mursia). Perché un libro? «Due sono i motivi, perché da quando mi sono trovato in carrozzina la gente vede in me la persona disabile; e volevo mettere per scritto la mia prima vita di successo e d’eccessi. Vita tipica di un piccolo imprenditore del Nordest. Secondo motivo volevo raccontare la mia seconda vita». Cosa le manca di più della prima vita? «Stranamente non è camminare, mi manca la privacy. Ho raggiunto una buon’autonomia, ma ho bisogno di qualcuno per ogni operazione, anche le più intime». Vivere o sopravvivere? Spesso il confine è molto labile. «Vivere, senza dubbio. Abito in una zona a metà tra la campagna e il paese e il mio sogno era quello di fare del vino nostro, di avere una cantina. Progetto vecchio che ho realizzato ora». Quanto fa la differenza avere dei soldi per chi si trova nella sua situazione? «Avere una sicurezza è fondamentale. L`assistenza costa, o si sacrifica tutta la famiglia o si deve ricorrere ad assistenze esterne». La struttura pubblica aiuta? «Esiste un progetto a livello regionale che si chiama "Progetto vita indipendente", che ha come scopo di mantenere il disabile a casa e non di trasferirlo in strutture. Prevede l`erogazione di un contributo mensile che non supera mille euro a persona. Bastano per la badante, ma io ho dovuto rivoluzionare la casa». La domestica aiuta le persone come lei, però costa «Tutto l`impianto che ho, l`ho avuto perché c`è stato un "incidente sul lavoro". In questo caso interviene l`Inail e il centro di Budrio che è un’eccellenza, ci sono ingegneri e tecnici bravissimi. Riesco ad aprire porte, accendere luci, televisioni, stereo, riesco a lavorare al computer». Cambia la vita, mutano gli affetti? «Avere un figlio sulla quale si riflette la propria vita è un motivo in più per non sopravvivere, ma vivere. Gli amici veri restano, quelli meno veri se ne vanno. C`è anche qualcuno che non ha il coraggio di affrontare la situazione. E` una trasformazione che avviene in un secondo e non tutti sono preparati». E l`amore? «Sembra strano, se abbiamo una relazione in corso, la relazione quasi sempre s`interrompe e siamo noi stessi a farlo. Può capitare di innamorarsi un`altra volta e può essere più intenso, l`attrazione fisica va in secondo piano». Riesce ancora a mantenere un ruolo di governo? «Sul lavoro no, il lavoro ti rigetta o sei efficiente o il discorso cade. Gestivo un`azienda e i dipendenti da un giorno all’altro si sono trovati senza guida. Ma all`interno della famiglia il ruolo mi è rimasto». Lei si è costruito una casa su misura e si paga l`assistenza. Cosa manca alle persone come lei che non hanno disponibilità economica? «Partirei da un esempio. C`è una clinica in Svizzera, un`unità spinale, che segue persone che subiscono una lesione come la mia. É molto famosa, molto efficiente, ma chi ci vuole andare deve lasciare minimo una caparra di minimo 80 mila euro e la degenza costa 30 mila euro al mese. In Svizzera, ogni cittadino versa 100 franchi l`anno ad un’assicurazione e nel caso ha l`acceso gratuito a questa clinica. Bisognerebbe che ognuno fosse economicamente coperto per poter avere tutto ciò di cui ha bisogno». La riabilitazione costa? «È un problema di costi e d’accessi. Tutta l`attrezzatura che ho io me la sono pagata: decine di migliaia d’euro. L`Usl giudica questi casi in un modo un pò strano: se c`è guarigione c`è terapia, se c`è cronicità tanto vale non fare nulla. L`Asl mi passa una seduta al mese di tre quarti d`ora. Io ho le badanti, ho gli strumenti e alla fine faccio tutti ì giorni terapia». Una domanda difficile, mai pensato a staccare la spina? «Quando ero in rianimazione, intubato e immobilizzato e vedevo solo il soffitto, interrogavo il medico con gli occhi. Lui mi diceva sempre: "ti prometto che ti metterò seduto di fronte ad un computer". E in quel momento pensavo: se questo è il mio futuro non lo voglio. Oggi non penso più così. Il corpo ha una capacità di adattamento veloce, la mente arriva più tardi. Vivere imprigionato dentro il proprio corpo è la peggiore delle galere, ma se si riesce a dialogare con la vita, la prospettiva cambia. C`è un sito (http://www.lesionispinali.org/) che aiuta in senso concreto».





IL LIBRO

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Daniele Furlan è nato a Schaffausen (Svizzera) il 18 novembre del 1963 e a pochi anni dalla sua nascita la sua famiglia si è trasferita a Ponte di Piave, provincia di Treviso, dove egli risiede tuttora. È diplomato ragioniere.
Il mio podere è il suo primo romanzo.

Annamaria... a dopo

1 commento:

  1. Sei un Grande Uomo, Daniele, come è una grande donna la mia amica Gina, tetraplegica come te, un botto improvviso in macchina come Te. Dio continui a darvi sempre una grande forza.

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