martedì 13 luglio 2010

LASCIATE FARE A ME - di CIPRIANO -


Eccoci con le consuete riflessioni del nostro amico Cipriano


   Mo vech’io!   …Me la vedo io!

L’ultima volta che una persona si rivolse a
me proponendomi, seppur amichevolmente,
un aiuto personale avverso un compito da
assolvere, mi stavo trovando in un mare di guai.
Accadde quando dovevo effettuare con alcuni
colleghi un giro di controllo serale di importanti
depositi, un vispo collega anziano della stessa
squadra si rivolse a me ed agli altri componenti
con tono scanzonato ed amichevole ma perentorio,
forte del suo molto presunto carisma, riguardo
al giro di controllo, in simpatico dialetto : “Guagliò,
mo vec’hio ! “, in milanese “Ghe pensi mi”,
in italiano “Ci penso io”.

Nessuno di noi si fidava granchè dell’arzillo
collega ma non ci opponemmo affinché ci
sostituisse nel controllo.
Naturalmente per un caso fortuito, ma soprattutto
per il fatto che non nutrivamo eccessiva fiducia
nell’elemento in questione, riuscii a scoprire che
i depositi non erano stati chiusi e ponemmo rimedio
prima che potesse accadere qualche spiacevole
ed irreparabile imprevisto.
Da quella sera ho cercato scrupolosamente di
rifuggire dalle persone che mi propongono a
scatola chiusa un loro aiuto, anche credendoli
in buona fede nel farmi un piacere.
Il “ci penso io” è sostanzialmente una azione
personale messa in atto da persona in possesso
(presumibilmente) di grande determinazione ed
indubbio coraggio, il tutto messo a disposizione del
prossimo con proprio esclusivo rischio e senza
benefici personali.
Ma attenzione, a mio modesto parere, questa
azione o proposta di aiuto, sempre che non sia
un atto di megalomania o vanagloria, deve essere
rivolta ad una singola persona (al limite un piccolo
gruppo) in evidente difficoltà, essendo sicuri di poter
concludere al meglio la propria azione di aiuto e
soprattutto avendo avuto dalla persona in difficoltà
l’autorizzazione all’intervento.
Il “ci penso io” è quindi una azione ad esclusivo
vantaggio della persona che si vuol sostenere,
priva di favori personali.
Quando invece il “ci penso io” viene proposto
ad una molteplicità di individui, ad un intero popolo,
per esempio da uno dei poteri dello Stato in regime
di democrazia parlamentare, non è più una azione
rivolta ad un individuo in difficoltà ma una presa
di possesso, un avocare a se seppur sotto la personale
responsabilità, di tutta una serie di azioni che altrimenti
spetterebbero collegialmente o singolarmente a figure
istituzionali già scelte o preposte per tali compiti.
Tutto ciò parrebbe gli occhi dei più una palese mancanza
di fiducia nei propri stretti collaboratori, sacrificati
sull’altare del decisionismo, a fronte di una presunta
paralisi istituzionale e naturalmente per il bene della
collettività.
Gli “ultras” di questa concezione obietteranno che il vero
“leader” ci mette la faccia e la credibilità in questa azione;
infatti poi la storia d’Italia è piena di Politici, Direttori
Generali, Amministratori centrali e periferici che, fallita
la loro azione, hanno immediatamente rassegnato le
dimissioni dagli incarichi e ritornati alla vita agreste,
come i vecchi e saggi politici dell’antichità.
Ma “Accà nisciuno è fess’ …” dicono a Napoli,  a
Milano non so come si dice.
So solo che il grande Totò direbbe in proposito : ”Ma mi
faccia il piacere …”

CIPRIANO

Per chi non è di Milano, è una frase tipicamente bauscia che vuole in pratica dire 'lascia stare vah, non sei capace di fare niente, ci penso io a risolvere tutto'.


Annamaria...a dopo

3 commenti:

  1. Cipriano, divertente ma esagerato. Per me era una semplice battuta. Comunque, è sempre gradevole leggerti.

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  2. Cipriano, a Milano si direbbe......mi sun no un p...a (qui non si puo' dire ma tu hai capito).Io sono per il "ci penso io" rivolto al singolo individuo, e lo adotto spesso.
    Interessante e simpatico lo scritto, ciao.
    Francesca

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  3. Apprezzo nell'ordine: 1- lo stile, sebbene in qualche punto "zoppicante"; 2- il fatterello:
    3- la cura e la semplicità descrittiva del testo. Mi aspettavo una punta di umorismo. Il finale meritava più acume. Da te mi aspetto: acume, ironia ed umorismo.
    ENZO

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