domenica 3 gennaio 2010

AUTOSTOP..racconto scritto da Paolo (quarta e ultima parte)


Cari amici, con oggi concludiamo il delizioso racconto di Paolo. Chi di voi si fosse perso i capitoli precedenti  può trovarli in queste date  : 30/12-  27/12-   15/12-
Ringrazio Paolo per averci reso partecipi di questo viaggio e  lo invitiamo a mandarci altri suoi racconti ..
Buona lettura



 



TEMPO RIGURGIDATO


Mentre sono a preparare il caffè mattutino ricordo l'orologio. Lo rimetto in funzione,
sono le sei e cinquanta, la caffettiera borbotta, il caffè è pronto. Verso due tazzine
mentre il big ben suona le sette.
“Buon giorno Carla, caffè?”
“Grazie Pà, che carino che sei.”
Son otto anni che le porto il caffè a letto, tutti i giorni il suo sorriso senza coloranti, i
suoi occhi senza rimmell, il suo viso senza fondo tinta mi ringraziano e io la bacio in
fronte.
“E' stato bello stanotte, ti ho sentito più mio”
La guardo sorridendo ed ecco aggiunge: “stamattina c'è il mercato, quando esci con
Berry non passare tra le bancarelle.”
Come il mercato? Oggi è giovedì. Il mercato è il martedì.
Senza dire nulla vado nell'altra stanza ed accendo il televisore. Controllo il televideo
e in alto a destra leggo la data “Mar 28.07.2009”.
Mi strofino gli occhi, vado alla finestra e in strada vedo gli ambulanti che montano i
banchi.
Mi siedo cascando sulla poltrona che mi accoglie con un sbuff: penso a Saro e al suo
barbuto amico che mi ha venduto l'orologio ferma tempo, sembra tutto vero.
Torno a guardare giù e vedo Silvia che sistema il banco.
Vado a radermi e, dopo le abluzioni, porto fuori Berry.
Al cancello d'ingresso risento in testa le parole di Carla “stamattina c'è il mercato,
quando esci con Berry non passare tra le bancarelle.”
Istintivamente decido di girare a destra e di evitare il mercato.
Il passato sta cambiando o è il presente ad essere diverso?
Faccio un lungo giro con il cane contento di camminare nel fresco mattino.
Mi ritrovo a ritornare a casa tre quarti d'ora dopo. Volutamente non evito il mercato.
Berry si è già liberato del superfluo. Son quasi giunto all'ingresso di casa e vedo
Silvia andare verso il bar seguita da un tizio con un cagnetto bianco che indica con la
mano l'entrata, come a dire “prego, prima lei”.
Inghiotto saliva e fiato. Guardo la casa di Saro. Vorrei bussare alla sua porta per
capire di più. Non me la sento di disturbare. Le finestre, almeno su questo lato, sono
ancora chiuse.
Apro il cancelletto di casa e mi avvio a salire le scale pensando tra me e me se i due
giorni passati siano stati un sogno.
Mi gratto in testa per scacciare i pensieri districandoli come se ci fossero pidocchi ad
invaderli.
No, devo parlare con Saro. C'è armonia con Carla, Silvia mi brucia dentro e le mie
indecisioni mi trascinano all'indietro, a ripercorrere per altri sentieri le stesse valli
attraversate il giorno prima.
Torno ancora alla finestra e vedo Saro uscire a braccetto con Gina.
Non sto in me. “Carla scendo al mercato, devo prendere qualcosa?” “si ti faccio la
lista, aspetta.”
Ho fretta “fa niente, devo fare una cosa. Ho visto una persona a cui devo parlare.
Torno subito, la spesa la faccio dopo” ed esco di casa.
Saro e Gina non si vedono, vado per intuito e comincio il giro delle bancarelle
cercando tra i volti della gente.
Niente non li trovo.
Sto tornando a casa quando vedo Gina uscire da un portoncino seguita da Saro.
Con un sospiro li raggiungo.
“Buongiorno Gina, Buongiorno Saro. Già al mercato?” Butto lì come fosse un
bussare alla porta.
“Ciao Pà, hai bisogno di qualcosa?” Mi dice Saro,
“Si, avevo bisogno di... di chiederle un consiglio, ha due minuti?”
“No ora no, ci vediamo dopo pranzo. Questo giro al mercato con mia moglie è
importante, ricordiamo a noi e agli altri che ci siamo. Non è solo far la spesa, è
chiacchierare, salutarsi, dirsi grazie e augurarsi arrivederci. Sii paziente, ne parliamo
dopo. Intanto rifletti senza farti male.”
“A dopo allora, spero di non essere stato impertinente”.
“No, non hai disturbato affatto, ciao.”




CHIARIMENTI

Tornato a casa ho ritirato la lista preparata da Carla e quindi torno ad uscire per la
spesa portandomi appresso la borsa con le ruote.
Passo davanti al banco di Silvia che non mi degna di uno sguardo. Mi conosce solo in
un futuro che appartiene ormai ad un passato cancellato e solo mio. In ogni caso mi
fermo e guardandola negli occhi chiedo di darmi una misura media del capo che ieri,
o meglio domani, avrebbe acquistato mia moglie a Barcellona.
La misura non c'è, proprio questo pomeriggio andrà dal grossista, per la settimana
prossima troverò senz'altro la taglia.
Far convivere il futuro con il presente qualche problema di equilibrio lo da, io so che
domani Carla comprerà il corpetto da lei. O no? Non essendoci alcun pericolo
all'orizzonte dell'unione non indosserà biancheria superflua.
Acquistata frutta e verdura salgo le scale con il carrellino in braccio. Suono il
campanello di casa con il gomito, bacio le labbra di Carla, appoggio a terra la sacca
rotata avviandomi alla cucina mentre Carla chiude la porta.
“Che profumo, spezzatino di agnello?”
“Si, è tanto che non lo preparavo”
“Hai messo il prezzemolo dall'inizio della cottura?”
“Si, come faceva la tua mamma”.
Quante piccole condivisioni uniscono due persone in una coppia. Sento che
rappresento qualcosa per Carla anche in queste cose piccine.
“Dal balcone ho visto che ti fermavi dalla merciaia, le hai detto che ti piace?”
“Ma no Carla che pensi. Volevo farti un regalo.”
“Tu un regalo intimo, di biancheria intima? Stai invecchiando Pà.”
Sorrido tra me e me, le possibilità che domani acquisti il capo sono alte. Invece dico
una verità “volevo regalarti un corpetto, uno di quelli che uniscono reggiseno a slip.”
“Roba sexy insomma, vuoi sesseggiare? Dai dimmi di si?”
Che prende a Carla? Anche nell'altro presente ad un certo punto lasciava spazio
all'eros.
“Che ci trovi di strano? Sei la moglie più bella che ho.”
“E tu visto che sono la più bella del tuo harem mi vuoi far dono di un corpetto sexy?”
dice venendomi incontro e cingendomi le spalle con le sue braccia. Cingendole i
fianchi la bacio con passione. Il resto è storia come il giorno prima.
Dopo il pranzo e il caffè guardo fuori e vedo Saro in giardino. Ha un giornale in
mano e sta leggendo qualcosa.
“Carla, esco un attimo, vado da Saro”
“Va bene, portati le chiavi di casa, tra poco vado dalla parrucchiera.”
Saro mi vede e apre il cancelletto d'ingresso per farmi entrare.
“Vieni siedi qui al fresco e dimmi quel che volevi stamattina.”
“Saro ieri sera ho fermato l'orologio, ho ascoltato il suo consiglio di ieri sera”
“Pà ieri sera non ci siamo visti. Che giorno era ieri?”
“Ieri era giovedì”
“Capisco, hai fermato l'orologio e il tuo vissuto di due giorni è solo un tuo ricordo,
oggi è martedì. E' come se tu avessi fatto un lungo sogno, ricordi tutto ma gli altri han
fatto sogni diversi. Come ogni sogno è solo tuo. Ci son passato anch'io prima di te,
ricordalo, quindi non girarci troppo intorno con i 'se', quando fermi l'orologio non sai
mai la piega che possono prendere gli eventi nel nuovo corso, solo tu hai la
sensazione di vivere due volte una data.”
“Eppure certe cose sembra che ripercorrano binari prestabiliti. Nel martedì
precedente a oggi, Berry faceva i suoi bisogni davanti alla bancarella della merciaia.
Io oggi ho fatto un giro diverso, ma al ritorno ho visto la merciaia precedere un tizio
con un cagnolino mentre entrava insieme a lui nel bar dove io ero stato a consumare
con lei qualcosa con la scusa di far dimenticare l'accaduto, in realtà per attaccar
bottone.”
Saro mi guarda e dice: “la nostra contemporaneità non è solo una contemporaneità
fisica, è una contemporaneità di fatti, a volte piccoli a volte talmente grandi da
essere storici. E' come se ci fossero binari di scambio paralleli che in certi punti si
uniscono pur restando separati.”
“Saro quante volte ha fermato l'orologio in passato?”
“Che importanza può avere il saperlo. Forse vuoi chiedermi se ho fatto molti sogni?
Si ho fatto molti sogni. A volte ritornano come deja vu. Li lascio passare e poi li
dimentico. Ora vai pure a casa tua. Mantieni sempre la carica all'orologio, un giorno
in tutti i casi, non può essere vissuto due volte uguale.”









LA TENTAZIONE


La piega che stavano prendendo gli eventi nel sogno non era poi tanto male.
Avevo fatto la conoscenza di Silvia diventando amici, a sua figlia ero simpatico, con
Carla non so come si sarebbero messe le cose e forse mai lo saprò.
Se fermassi ancora l'orologio che giorno sarebbe domani? Che piega prenderebbe il
tempo? Uscendo dal portone passerei ancora davanti alla bancarella di Silvia con il
cane?
Mi basta un gesto per decidere, fermare l'orologio o dargli una nuova carica che
resetterebbe il passato?
Puoi vivere una vita conoscendo il futuro che potrebbe essere e che puoi cambiare
anche se non sai di quanto ne come?
Mentre penso, la mia mano destra apre il portellino per fermare il piccolo pendolo.
No, non devo farlo. Non posso cambiare binario ogni giorno, devo lasciare andare
avanti il treno per la sua strada.
Richiudo il portellino e sdraiandomi sulla poltrona apro il libro che stavo leggendo,
riprendendolo dal punto dove l'avevo lasciato la sera prima, in realtà dopodomani.
Un lampo, ecco qualcosa che pur non essendo fisico rimane del sogno: il ricordo.
Quel che ho letto in questi due giorni è rimasto nella mia testa come il sogno.
Potrei leggere una marea di libri, ascoltare un sacco di musica e vedere tanti film in
più, basta fermare l'orologio ogni due tre giorni, tra il 60 e il 70% l'incremento di
conoscenza.
Così facendo però rimanderei all'infinito la pubblicazione delle novità, e il presente
rivissuto mi verrebbe a noia.
Considerando il lungo periodo di inattività lavorativa che mi attende con la CIG,
potrei plagiare oggi quello che verrà pubblicato domani e magari denunciare io il
plagio, diventando da plagiatore plagiato.
Anticipare brani musicali di due tre giorni, ricerche di mercato e quant'altro il cielo
solo lo sa.
Dopo potrei ancora guardarmi allo specchio con onestà? E i possibili plagi come li
selezionerei? Quali autori prediligerei? In fondo in ogni opera non c'è sempre un
pizzico dell'autore. E a questo punto non sarebbe un furto? E chi potrebbe mai
provare una cosa simile?
Grovigli di pensieri che mi danno il batticuore, potrei giocare in borsa o alle varie
lotterie, e dopo?
Devo parlare con Saro anche di questo? Si, senz'altro lui ha già affrontato la cosa.
E' quasi sera, con la scusa di Berry che deve fare il solito giretto esco di casa
percorrendo del strade del paese. La cucina si Saro è illuminata così come l'avevo
vista uscendo di casa. Stanno cenando lui e Gina? Non mi resta che suonare il
campanello ed esporgli le mie domande.
Non mi fa entrare, mi tiene sulla porta di casa e poi mi riporta alla strada dicendo:
“son contento dei tuoi dubbi, significa che non ci siamo sbagliati. Pensa se
quell'orologio cadesse in mani criminali cosa accadrebbe.”
Mi sento depositario di qualcosa di molto importante che non so gestire. Ho bisogno
di consigli, lo dico chiaramente a Saro.
“Vuoi fare una grossa vincita? Fai la prova, cerca di rammentare i numeri della
prossima estrazione del superenalotto e poi ferma l'orologio e giocali.”
Ci ragiono su. Oggi è ancora martedì. Stasera alle 20,00 c'è stata l'estrazione. I
numeri estratti sono sul televideo. Li annoto mentalmente per giocarli l'indomani.
Fermato l'orologio raggiungo Carla in cucina.
“Cos'hai ti vedo stranito. Stai bene?”
“Si niente di preoccupante, sto bene.”
“Non ho preparato nulla per cena. Ti va di andare a mangiare una pizza fuori?
Andiamo in quel localino sul mare, che è sempre pieno di gente e prima di servirti
passano due ore, ma la pizza è buona.”
Sorridendo al ricordo dell'ultima volta in cui ci siamo stati, in cui ho chiesto al
proprietario del locale se serviva una mano in cucina o in sala, e questi mi rispondeva
“si, manodopera italiana però, sono più i piatti che tornano indietro che quelli
preparati, a causa degli errori nelle ordinazioni e preparazioni”, rispondo di si a Carla
e ci prepariamo ad uscire.




L'ESTRAZIONE

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Mercoledì mattina come al solito ero già in piedi all'alba. Ho rimesso in funzione
l'orologio dopo l'indispensabile passaggio in bagno. Messo su il caffè ho dato
un'occhiata alla strada in basso che cominciava a popolarsi di furgoni e tende: il
mercato prende vita come ogni martedi.
All'incirca tutto avviene come le altre due volte. Con il cane sarei tentato di passare
davanti alla bancarella di Silvia, tanto stasera sera sarò milionario e i soldi possono
far convivere mogli e amanti.
Avvicinandomi con Berry al banco di Silvia d'un tratto il guinzaglio mi si strappa
dalle mani e il cane corre contro un tizio che sopraggiunge con un cagnolino bianco.
La zuffa avviene tra latrati e strilli proprio davanti a Silvia che, armata di un'asta per
le appendere la merce ai fili, battendola per terra, mi da il tempo di riprendere Berry,
di rimettergli il guizaglio e chiedere scusa dell'accaduto.
“Il martedì fate un giro diverso con i vostri animali, io debbo lavorare” dice Silvia a
me e allo sconosciuto.
Rinnovo le scuse e vado via.
Tornato in casa, dico a Carla di darmi la lista della spesa e, ripassando davanti al
banco dell'intimo sorrido a Silvia accompagnando il gesto con le parole “ha un
minuto? Intendo farmi perdonare per prima, le posso offrire la colazione?”.
Sorride, si guarda le mani impolverate, con un gomito sposta una ciocca di capelli
scesa sul viso e vedo il lampo verde dei suoi occhi farsi sottile insieme alla bocca e
dire “si, hai da farti perdonare, aspettami al bar che arrivo”,
Sto cominciando a capire che l'orologio ferma solo lo scorrer dei giorni, le situazioni
si ripresentano in modi differenti.
Così come puoi potare un albero tutti gli anni, e questo metterà fuori nuovi polloni,
magari di pari numero, ma foglie e polloni non saranno mai nello stesso punto. Allo
stesso modo puoi fermare il tempo ma persone e cose anche se uguali non avranno lo
stesso comportamento.
Son seduto a un tavolino vicino all'ingresso. Silvia arriva poco dopo. “Grazie per
avere accettato”.
“Come sei cerimonioso. Io mi chiamo Silvia e tu?”
“Pasquale, per gli amici Pax”.
“Un po da tomba Pax, non sei un tipo allegro.”
“Silvia mi sconcerti, Pax è un nomignolo ironico”
Poi chiede notizie sulla mia vita e io sulla sua.
Evito di proporle una cena per venerdì, voglio aspettare che Carla parta, prima di
rincontrarla e Carla parte tra una settimana.
Ci scambiamo i numeri di telefono. Qualcosa si muove per un verso che mi piace
seguire.
Nello stesso bar gioco la scheda con i numeri che usciranno in serata.
Silvia mi chiede se sono uno che crede alla fortuna e se punta tanto al gioco.
Gioco quasi mai, e la fortuna … vorrei rispondere che non ci credo, ma visti gli
ultimi eventi comincio ad avere qualche dubbio.
“Visto che non ci credi facciamo una cosa dai a me la matrice della giocata, venerdì
faccio il mercato a S.Vincenzo a Mare, se i numeri saranno usciti festeggeremo
insieme.”
Ecco che il venerdì ritorna, anche in questo presente è segnato che il venerdì ci si
debba rivedere.
Rispondo “va bene. Ci vediamo venerdì mattina.”
“Sei sicuro della vincita?”
“No, sono sicuro di rivederti.”
“E se fuggo con la matrice milionaria?”
“Non importa, dovrai fare comunque a metà con me, posso rigiocarla uguale.”
“Ah sei uno che si fida molto a quanto vedo. Ti lascio la scheda della giocata.”
“No aspetta, sono uno stupido a dir certe cose. Tienila tu, non la rigioco.”
Ci salutiamo con una stretta di mano come tra contraenti, io l'attiro a me per un bacio
sulla guancia come tra vecchi amici.
Per il resto il mercoledì e giovedì trascorrono lenti e quasi uguali ai paralleli.
Carla a Barcellona ha acquistato il corpetto sexy. Cucina e camera da letto han chiuso
gli occhi per non essere testimoni indiscreti.
Il libro l'ho finito di leggere. Trecentocinquanta pagine in due giorni. O in sei?
Ne ho preso un altro in biblioteca.
Alla sera del giovedì i numeri estratti sono del tutto diversi da quelli del giovedì
precedente e parallelo. Considero che non è il caso di giocare in borsa.




SILVIA 

San Vincenzo a Mare è delizioso nel suo susseguirsi di case di pescatori sul
lungomare.
Pescatori ormai non c'è ne sono più, almeno di mestiere. Le case han mantenuto i
colori per trasformarsi in agriturismi ittici.
Puoi affittare una stanza, una casa e insieme una barca, dal cozzo al piccolo
peschereccio con equipaggio, ed inventare una giornata, o una notte, di pesca d'altura.
Dove il lungomare finisce aprendosi nell'anfiteatro di una piazza a conchiglia, o
meglio, a ventaglio, si tiene il mercato.
Carla è rimasta a casa, le ultime cose da fare, per lasciare tutto in un ordine che dovrò
mantenere sino al suo prossimo arrivo, ovvero la prossima estate.
“Mi raccomando stacca la presa dell'antenna della TV, scongela il frigo, stacca la luce
e chiudi il gas prima di partire” mi dirà tra tre giorni, voltandosi indietro dopo il
controllo passeggeri all'aeroporto.

Lasciata l'auto parcheggiata sul lungomare, entro nella piazza e vedo Silvia e Linda
che cicaleggiano dietro al banco sedute sul pianale del furgone con il portellone
laterale aperto.
Non diresti che una ragazza minuta come Silvia possa governare un ducato di quelle
dimensioni. Le donne hanno dentro quella forza che fa smuovere le montagne,
figurarsi un furgone.
“Ehiii Pà, sei venuto a riscuotere la vincita?” mi dice vedendomi davanti
all'esposizione della biancheria.
Sorridendo a mia volta “buongiorno signore, è questo il banco dei sogni?”
Madre e figlia ridono ed io con loro. Giro intorno al banchetto e dico “teniamo per
noi il segreto della nostra fortuna, altrimenti qualcuno può tentare di portarcela via.”
L'ambulante a fianco ci guarda e dice “Silvia va a far colazione, vai ora che il
momento è tranquillo, tra mezz'ora qui sarà pieno di gente. Andate che do io un
occhio alla merce.”
Tende una mano affinché l'aiuti a tirarsi su, come nel martedì della cacca di cane, io
rispondo al gesto con quel tanto di forza in più che mi permette di sfiorale le labbra e
dirle “ciao, bentrovata”.
Linda ci guarda con occhi allegri, sta pensando a me, al suo papà senza volto o … ?
Silvia invece diventa seria “dai, andiamo al bar”.
Mentre Linda va in bagno, Silvia mi dice “Pax dobbiamo parlare noi due. Mi sei
simpatico, mi piaci, ma ho una figlia e tu una moglie che parte tra quattro giorni, che
permette che tu ti fermi qui in villeggiatura, per non vederti depresso mentre lei torna
al proprio lavoro.”
“Si Silvia, parliamone. Martedì sera andiamo fuori a cena, noi due. Ti và?”
“Lascia che mi organizzi coi nonni. Direi che va bene. Ti do conferma domani o
dopo. Ecco sta tornando Linda, non ingrigiamo la giornata, almeno a lei.”
Al cameriere che si è avvicinato al tavolo aiutando Linda a sistemar la sedia diamo le
nostre ordinazioni. Linda vorrebbe la granita con la panna. La mamma dice “no,
niente panna, stai ancora lenta di stomaco”, e Linda inghiottendo con l'amaro sapore
della rinuncia, tutto il dolce che lingua non assaporerà, chiede “la briosche almeno
posso prenderla?”
“Meglio che fai a metà con me”.
Quando il ragazzo del bar porta il vassoio, prendo la mia briosche a forma di tetta, ne
stacco il capezzolo e rivolto a Silvia chiedo “posso dare a Linda questa parte?”
“si, ma non la viziare”.






IL TEMPORALE


Dopo giorni in cui il sole è sorto e tramontato in un cielo terso, finalmente nuvole
scure sopra le nostre teste. Il vento comincia a soffiare sempre più forte. Grosse gocce
d'acqua cominciano a cadere. L'odore agrodolce della terra che si bagna, comincia a
salire sino al naso e il fresco accarezza la pelle.
“Pà chiudi le finestre in quella stanza che sta arrivando il diluvio universale”.
Si le chiudo ma esco in balcone. Vedo lampi in lontananza a nord verso il mare.
Tuoni rimbombano contro i monti e la pioggia rimbalza su tutto ciò che tocca.
Il vento soffia alle mie spalle, riparate dalle pareti della casa, che mi permettono di
vivere nel pieno lo spettacolare sforzo della natura.
Nel guardare i rigagnoli che si formano per terra, non posso non paragonarli al
vissuto di questi giorni.
Dalle gronde l'acqua fuoriesce a cascatelle e, dopo il rimbalzo dato dalla spinta della
pendenza dei tetti, casca giù in strada a colmare le rughe dell'asfalto e formare uno
strato che, se non sapessi ch'è acqua, sembrerebbe vetro.
La trasparenza fa si che l'asfalto rugoso si veda ancora, polvere, terra e insetti colti
alla sprovvista, galleggiano trasportati verso i punti di compluvio. I tombini
gorgogliano nell'inghiottire il tutto. Mezz'ora e un arcobaleno annuncia il ritorno del
sole.
Con le braccia intrecciate tocco le mie spalle con le mani. Noto il gesto inconscio che
ho compiuto.
Mi proteggo chiudendomi a riccio? Mi proteggo dal freddo dell'acqua che mulinando
per effetto del vento a tratti mi bagna? O mi chiudo in un impossibile bisogno di
sicurezza?
Carla si affaccia e dice “ma sei matto? Stare li con questo temporale?”
“Non aver timore, è passato, vedi l'arcobaleno laggiù?”
Devo sembrarle un pulcino inzuppato perchè quando attraversa la porta ha in mano
un asciugamani con cui mi avvolge la testa.
Butto lì una frase infausta “che fai mi asciughi per timore che bagni il pavimento
entrando?”
“Vai al diavolo” mi dice lasciandomi sul balcone con l'asciugamani in testa.
Rientrato in casa chiedo scusa. “Non capisci niente” aggiunge “non pensi che
prendermi cura di te manifesti il mio bisogno a che tu ti prenda maggior cura di me?”
A volte vorrei poter ignorare tutte le implicazioni che può avere una comunicazione
non verbale e il non banalizzarla con frasi ironiche che possono ferire.
Devo trovare il modo di ottenere una rapida riconciliazione. Tra tre giorni Carla parte,
e se va via con questo stupido ricordo di me...
A meno che non fermi l'orologio. No non posso Silvia in un presente parallelo potrei
non ritrovarla. Potrebbe verificarsi come quella seconda volta quando la vidi con il
tipo con il cagnolino bianco.
Lo squillo del telefono interrompe i miei pensieri sul come fare a riconciliare.
Ho tutto il tempo pe rispondere, Carla è in bagno.
“Pronto, si Silvia sono io. Si va bene allora martedì alle ventuno. Direttamente alla
Pergola. Si lo conosco, un bel locale sulla via che da S.Maso porta a Giglio. Si, ciao.”
Questa è fatta. Torniamo all'oggi.
“Chi era Pà?”, sento Carla che chiede.
“Era Giorgio, ti ricordi quel vecchio amico che ti ho presentato giorni fa?”
“Si e che voleva?”
“Voleva sapere se una di queste sere ci si vedeva con altri amici per una cena”
“e tu cos'hai risposto?”
“che si va bene, di farmi sapere il giorno, non ho impegni la settimana prossima”
“sei sicuro che fosse Giorgio? L'ho visto con la macchina carica di valigie, come uno
che parte, proprio ieri”
“a meno che non si tratti di uno scherzo o che tu lo abbia scambiato per un altro direi
che era lui. Cos'è non ti fidi?”
Venendomi incontro con l'accappatoio che l'asciuga e accarezza, mi si getta al collo
“non essere stupido, sai che questo mese ho un ritardo nel ciclo?”
Non è la prima volta che accade ma la scossa che sento mi dice che qualcosa sta
cambiando.
“Ho portato le urine ad analizzare ieri, puoi fare un salto in farmacia a ritirare l'esito?
Tra mezz'ora la farmacia riapre.”
Sono senza pensieri. “Si vado subito, non vedo l'ora di sapere.”

Ci vado a piedi, dal sorriso della farmacista nel consegnarmi l'esito, capisco la
positività dell'esito.
A passi svelti torno a casa dopo aver dato un'occhiata al test che conferma il
passaggio di Carla allo stato gestante, con turbine di pensieri che dalla testa
rimbalzano al petto.
I gradini li ho fatti di corsa, Carla aprendo la porta vede le mie braccia spalancate,
intuisce a sua volta e mi abbraccia.








EPILOGO


SILSTREAT: Ciao, ben trovato, è un sacco che non ti si vedeva in chat
PAX: Si è vero, ma non mi sembrava così tanto
SILSTREAT: Sarà che con te si dialoga volentieri e il tempo sembra più lungo in tua
assenza
PAX: Si in effetti sono tre settimane da quando sono partito, ora ho un collegamento
finalmente, anche se di fatto diventa inutilizzabile, poi non si sa, tra qualche mese
potrebbe essermi ancora utile.
SILSTREAT: Spiegami, qualcosa sta cambiando?
PAX: Si ci sono delle novità
SILSTREAT: Dai racconta
PAX: Un mese fa sono partito con l'intenzione di stare qui in Sicilia almeno un paio
di mesi. Come saprai tra dieci giorni comincio il periodo di cassa integrazione viste le
cattive acque in cui naviga l'azienda dove lavoro. Volevo dedicarmi un po ai miei
interessi di pesca. Mia moglie non condivide questa passione e allora non c'era
periodo migliore per farlo.
SILSTREAT: Si questo me lo avevi detto, le novità quali sono?
PAX: Mia moglie è incinta.
SILSTREAT: Ma dico.... e lo dici così? E bellissimo....
PAX: Trovi?
SILSTREAT: Si è una gran bella notizia, questo figlio lo cercavate da tempo, o no?
PAX: Si è vero, te ne ho parlato mesi fa e tu mi hai dato dei consigli.
SILSTREAT: Ora dirai che è merito mio...
PAX: Si in parte anche....
SILSTREAT: Guarda che non sono una fattucchiera
PAX: Peò ci hai azzeccato nei suggerimenti che mi hai dato
SILSTREAT: Ti ho consigliato come una sorella farebbe con un fratello
PAX: Lo sai che l'idea di attaccare bottone con la merciaia è stata geniale?
SILSTREAT: Non mi dire? Ci sei riuscito?
PAX: Si, anzi la cosa si sta un po mettendo bene
SILSTREAT: Che vuoi dire? Che dal bottone stai passando al filo?
PAX: Si
SILSTREAT: Ecco, voi uomini alla fine come stimolo pensate solo a concludere in
un certo modo
PAX: Ma che dici? Sai che me ne sono innamorato?
SILSTREAT: Da come ne parli, anzi scrivi, in questo momento sembra quasi che tu
abbia conquistato un trofeo.
PAX: Bhe, è una gran bella donna, sicura di se e molto viva
SILSTREAT: Tu ne capisci molto di donne vero?
PAX: Hai dubbi?
SILSTREAT: Qualcuno si, lasciamelo dire
PAX: Che è? Siamo al primo diverbio dopo nove mesi che siamo in contatto?
SILSTREAT: Allora dimmi cosa sai di lei?
PAX: Che fa i mercati sei giorni alla settimana, guida un Ducato meglio di un uomo...
SILSTREAT: E' nobile allora? Non ha un compagno, un fidanzato, un amante?
PAX: No, credo di no.
SILSTREAT: E' una suora?
PAX: Ma dai che vai pensando
SILSTREAT: Allora è molto più racchia di come la descrivi tu
PAX: No è stupenda, e sprizza allegria.
SILSTREAT: E che è uno spumante?
PAX: No una bottiglia di chapagne.
SILSTREAT: Invecchita o da invecchiare?
PAX: Che fai prendi in giro?
SILSTREAT: Un po si, però sei un gran bravo ragazzo
PAX: Grazie
SILSTREAT: Come si chiama questa tua conquista?
PAX: Non ci crederesti mai, una strana coincidenza Silvia
SILSTREAT: Ma pensa un po'. E la rivedrai?
PAX: Ho un appuntamento con lei martedì sera a cena, dopo che sarà partita mia
moglie, ma in questo momento se potessi tornare indietro cambierei tutto.
SILSTREAT: Cioè?
PAX: Non me la sento di far mancare la mia presenza a mia moglie. Vorrei trovare un
modo per poter dire a Silvia che ….
SILSTREAT: Non preoccuparti, quando domani sera non ti vedrà capirà.
PAX: Ma mi sembro uno che scappa.
SILSTREAT: Non preoccuparti, stava bene con te, gli avrebbe fatto piacere
conoscerti meglio, stava tornando ad avere fiducia negli uomini, ma ce la farà a
superare anche questa. Ha una figlia a cui aggrapparsi...
PAX: Ma come fai a sapere della figlia? Non te ne ho parlato... almeno mi pare
SILSTREAT: Scusa devo scappare, Linda s'è svegliata nel sonno e mi chiama. Ciao,
ci sentiamo presto.
PAX: No aspetta, nenche tu mi avevi detto mai di avere una figlia.
SILSTREAT: non in linea.
PAX: …..........?

PAOLO




1 commento:

  1. Meno male, Paolo, che è finita. Non ti senti stanco? Un abbraccio.

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