venerdì 25 novembre 2011

NO ALLA VIOLENZA SULLE DONNE

Mimma ,che io considero una poetessa a tutti gli effetti, dopo aver letto l'articolo mi ha mandato questa poesia che dedica a tutte le donne

   PER LE DONNE COME ME

Sei entrato nel mio cuore,
con violenza dandomi il tuo amore,
ti chiamo vita,
ma sei la mia morte,
in te vedevo il sole,
non mi accorgevo che era buio,
le tue carezze erano schiaffi,
i tuoi baci erano morsi,
le tue parole erano bestemmie,
cercavo gioie, ma erano dolori,
quando ho capito cosa ero per te
ormai era troppo tardi,
ero un burattino, una bambola
che tu prendevi tra le tue mani
solo per farmi soffrire,
ed io stupida tacevo,
non capivo quanta violenza
c'era in te,
sono cieca perche' ti amo.
   MIMMA


Il 2011 segna il 12° anniversario della proclamazione da parte delle Nazioni Unite del 25 novembre come Giornata Mondiale per l'Eliminazione della Violenza contro le Donne, il 22° anniversario della Convenzione sui diritti del fanciullo (CRC) e il 32° anniversario della Convenzione per l'Eliminazione di Tutte le Forme di Discriminazione contro le Donne (CEDAW), del trattato internazionale sui diritti umani per le donne adottato nel 1979.

La violenza contro le donne  un “Appello agli uomini” del settembre 2006 l’Associazione Maschile Plurale , oggi presente in varie città italiane, scriveva: 

“Assistiamo a un ritorno quotidiano della violenza esercitata da uomini sulle donne, con dati allarmanti anche nei paesi ‘evoluti’ dell’Occidente democratico. Violenze che vanno dalle forme più barbare dell’omicidio e dello stupro, delle percosse, alla costrizione e alla negazione della libertà negli ambiti famigliari, sia alle manifestazioni di disprezzo per il corpo femminile. Una ricerca del Consiglio d’Europa afferma che l’aggressività maschile è la prima causa di morte violenta e di invalidità permanente per le donne tra i 16 e i 44 anni in tutto il mondo e tale violenza si consuma soprattutto tra le pareti domestiche. Oggi attraversiamo una fase contraddittoria, in cui sembra manifestarsi una larga e violenta ‘reazione’ contraria al mutamento prodotto dalla rivoluzione femminile. La violenza fisica contro le donne può essere interpretata in termini di continuità, osservando il permanere di una antica attitudine maschile che forse per la prima volta viene sottoposta a una critica sociale così alta, ma anche in termini di novità, come una ‘risposta’ nel quotidiano alle mutate relazioni tra i sessi”.
 E , a conclusione:
 “Proponiamo e speriamo che finalmente inizi e si diffonda in tutta Italia una riflessione pubblica tra gli uomini, nelle famiglie, nelle scuole, nelle università, nei luoghi della politica e dell’informazione, nel mondo del lavoro, una riflessione comune capace di determinare una svolta evidente nei comportamenti quotidiani e nella vita di ciascuno di noi”
Oggi è  la ricorrenza del 25 novembre, la Giornata Mondiale contro la violenza sulle donneAssemblea Generale delle Nazioni Unite il 17 febbraio 1999 per invitare governi, organismi internazionali e ONG, a organizzare attività ed eventi per accrescere la consapevolezza dell’opinione pubblica su questo tema. Come negli anni precedenti, verranno forniti da stampa e Tv dati statistici, Rapporti, testimonianze, e prove che il fenomeno è tutt’altro che in declino.
Come si può leggere in un numero speciale della rivista della Società Italiana delle Storiche, “Genesis” (a.IX, n.2, 2010) (),
“nell’ultimo quinquennio i casi di feminicidio sono passati da 84 nel 2005 a 127 nel 2010, con una crescita annuale costante, riconfermata dai dati degli ultimi anni.”
Se la violenza domestica non rientrasse ormai nella categoria di tutto ciò che è percepito come scontato e immodificabile, alla stregua dei fenomeni naturali, potrebbero bastare le cronache quasi quotidiane a farne una questione di estrema gravità.
Ma non è di “vittime” che voglio parlare in questo post. Mi interessa invece mettere in evidenza -visto che Luisa Pronzato ha scritto recentemente sul tema “Muri”, quella breccia che si è aperta nella cultura maschile come presa di parola pubblica di alcuni uomini capaci di dire “quella violenza ci riguarda”, riguarda tutti gli uomini, per il modello di maschilità che essi stessi hanno subìto. E quindi non solo il folle, il criminale o lo straniero retrogrado. “La violenza domestica non ha passaporto” è stato lo slogan ricorrente nelle ultime manifestazioni del 25 novembre.
La presa di coscienza maschile è un fatto nuovo, che merita attenzione, benché i gruppi che l’hanno avviata siano ancora pochi e rare le pubblicazioni che ne danno conto.
Da quello che si può leggere e ascoltare, sono soprattutto due i punti su cui verte la riflessione.
Al primo posto viene la domanda che cosa abbia significato finora “essere virili”, da dove nasce l’aggressività maschile che investe sia la sfera privata che pubblica, e quali costi comporta per l’uomo costruirsi quella maschera di forza, sicurezza e dominio, che gli ha valso da sempre il riconoscimento e la stima da parte dei suoi simili.
Stefano Ciccone, biologo, coordinatore del Parco Scientifico e Tecnologico dell’Università di Roma Tor Vergata, autore del libro Essere maschi (Rosenberg & Sellier, Torino 2009), e uno dei firmatari dell’Appello, così risponde in una intervista che gli ho fatto alcuni anni fa: 
“Quando parlo della precarietà della virilità, intendo proprio questo: il fatto che venga detto che, rimanendo troppo attaccato alle gonne della madre, in un rapporto fusionale con lei, non divento mai un uomo, un maschio. Vuol dire che la virilità non è mai fondata sul tuo corpo e la corporeità in generale. Questo immiserisce l’esperienza che posso farne. Il corpo femminile non è solo corpo materno, luogo di cura e di accoglienza. Se quella che ho davanti è una persona con i propri desideri, anch’io sono costretto a guardarmi, a entrare in relazione con l’altro.”
 Il secondo interrogativo riguarda invece il doppio volto con cui si ripresenta oggi una violenza che ha una radice antica quanto la storia della specie umana, ma le cui motivazioni contingenti possono cambiare insieme con i tempi.
Marco Deriu, docente di Studi politici presso l’Università di Parma, fondatore assieme ad altri dell’associazione MP, a questo proposito scrive: 
“La novità che abbiamo di fronte agli occhi e che dobbiamo riconoscere è che, a fianco della violenza che colpisce donne in situazione di marginalità sociale, oggi registriamo una violenza che sembra nascere dall’incapacità soprattutto da parte degli uomini di accettare e accogliere una autonomia e una libertà già entrate nella vita di molte donne. La violenza oggi comincia a colpire la donna che non accetta più di costituire il supporto permanente dei bisogni dell’uomo dentro e fuori la coppia. La violenza maschile si rovescia sulla donna che -a torto o a ragione- apre conflitti e pone in questione l’uomo, la donna che decide di lasciare il proprio compagno, la donna che cerca di rifarsi una vita da sola o con qualcun altro. Questa violenza non implica alcun rifiuto dell’uguaglianza tra i sessi e tanto meno un pregiudizio di inferiorità verso la donna. Al contrario, si potrebbe dire, rileva un riconoscimento della compiuta autonomia femminile, e semmai senso di inadeguatezza e una certa difficoltà degli uomini ad accettare nel proprio quotidiano la differenza e la libertà nel rapporto con le donne.” (www.universitadelledonne.it)
 A portare alla coscienza un dominio che ha radici così lontane nel tempo e ricadute ancora drammaticamente presenti, non poteva che essere, dei due generi dell’umano, quello che ne ha portato il peso maggiore, come disuguaglianza di potere, sfruttamento, sottomissione, povertà, ignoranza e morte.
Ma oggi che le donne hanno riconosciuti, almeno formalmente, le libertà e i diritti della persona, forse è possibile trovare momenti in cui uomini e donne possono affrontarlo in tutte le sue contraddizioni, raccontando e riflettendo insieme sulle loro vite.
E’ quello che ho visto fare, e a cui ho partecipato con il più grande interesse, nei seminari che si svolgono da alcuni anni a Ravenna, per iniziativa di quella che è diventata da poco l’ Associazione Femminile Maschile Plurale  e che si possono leggere raccolti nel libro Partire dal corpo. Un laboratorio politico di uomini e donne, Edizioni Ediesse, Roma 2011).

Il video di apertura dal titolo “Dannato silenzio” è stato realizzato da Genova Palazzo Ducale Fondazione Cultura in collaborazione con Genova Città Digitale. Oltre agli abusi e alle violenze sessuali, esistono forme più subdole e “invisibili” di violenza domestica, fino al problema di come si parla, pubblicamente e privatamente, delle e alle donne.

fonte -Corriere.it



Il commento di un amico, oltre che  psichiatra
Ho doverosamente letto, oltre al bell’ articolo corroborato da splendide citazioni e trovo incredibile – non ho altro aggettivo – che al 25.11.2011 ancora tanti “colleghi” maschi non vogliano/riescano ad accettare la realtà della violenza sulle donne. Chi non crede alle statistiche, che banalizza, chi si sente infastidito, accusato, offeso, chi passa direttamente all’offensiva, per non dire all’insulto, ed alla (censurata) violenza verbale… Spero con il mio cuore che il campione maschile non sia rappresentativo ma un minimo di razionalità e l’esperienza del mio lavoro di psichiatra – quotidianamente a contatto tra l’altro con le vittime di tali violenze – mi dicono purtroppo il contrario. Che cioè oltre alla violenza sulle donne è , purtroppo a tutt’oggi, reale anche una cultura maschile/maschilista che ha paura di guardare al problema e di mettersi in tal modo in discussione. Provocando la logica reazione indignata delle donne. Il chè porta ai battibecchi ed alle contrapposizioni di questo ed altri blog . Per andare avanti però servono anche proposte, come appunto l’appello dell’ass. maschile plurale per partire dal corpo. Per conto mio si potrebbe partire anche da altri punti, da una nuova cultura del conflitto o da una diversa concezione della debolezza. Imparare fin dall’infanzia a risolvere i conflitti mettendosi su un piano di pari dignità ed accettando le differenza anche di genere senza volerle combattere o peggio eliminare; imparare a dare un nuovo significato ai propri punti deboli avendo il coraggio di ammetterli anzichè negarli e rimuoverli. Spesso, anche se non sempre, l’aggressività nasce dalla paura della propria insicurezza. Accettare ed integrare le “debolezze” rende noi maschi, così iper/sensibili ai temi della potenza/impotenza, oltre che più umani, interiormente più forti.

Amici lettori ,ciò  che vi farò leggere è una testimonianza ,mia personale e subita qualche giorno fa', di violenza verbale ad opera di un tizio di cui mantengo l'anonimato ,ma che leggendo si riconoscerà. E ,come dice l'amico psichiatra, denota l'aggressività di un uomo insicuro, molto insicuro e che dall'alto del mio equilibrio ed intelligenza ho perdonato.  Non conoscendolo personalmente, ma attraverso la chat di una nota Associazione che frequento, mi ha lasciata allibitia tanta ferocità.
Questi insulti sono iniziati al mio ingresso e solo alla visione del mio nome ( bar è il nome della chat-room). Sarà antipatia ? Ma non giustifica tanta bestialità.

(ecco una parte)
-ecco da dove arriva la puzza che sentivo al bar stamattina
-dorme con le capre.
-è arrivato il circo il città?
-c'è anche la donna cannone....e non solo cannone, anche zoccola
-una mongolfiera afflosciata
-povera bestia, quanta pena fa!
-è una psicopatica
-la fanno entrare per compassione
-se quella un giorno me la trovo davanti si becca un calcio nel culo che la sgonfia
-sei una vecchia baldracca
-è venuta al Bar salendo dalle fogne
-è irrecuperabile, è malata
-sei una povera frustrata che ha fallito anche come zoccola
-non vali lo sterco del tuo peso che è notevole
-tu fai proprio schifo come donna
-un pallone gonfiato praticamente
-mi procurerò uno spillo per vedere l'effetto che fa
-quando hai davanti un sacco di merda non puoi parlare di altro
-è più facile parlare con un cavallo che con una somara.

(Ciò che maggiormente mi ha sorpresa, disgustata e indignata, è stata la complicità di alcune "signore" nei confronti di questo loro "amico") 





Annamaria... a dopo




4 commenti:

  1. METTO IL MIO COMMENTO,QUELLA PERSONA DA QUELLO CHE HO CAPITO E' 1 UOMO,SAI COSA NE PENSO DI CERTE PERSONE? MAIALE, PERVERTITO,BESTIA,E 1 COSA CHE SE VA FATTA IN MARE GALLEGGIA, BASTARDO,POVERO MENTALE,SPICOLOGICAMENTE DEVIATO,SECONDO ME NN HA MAI AVUTO 1 DONNA VICINO MA SOLO ANIMALI COME LUI
    SCUSAMI ANNAMARIA MA SE LO MERITA..- CIAO. MIMMA

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  2. Sì, la violenza contro le donne riguarda gli uomini. Facciamoli vergognare ogni volta che è possibile e necessario. E rendiamo il creato armonioso finalmente, senza discriminazioni nei confronti delle donne. Inutile ricordare che Dio li fece maschio e femmina, maschio e femmina, con la stessa dignità. Vero, mascalzoni che non lo riconoscete?

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  3. Ciao, Mimma. Congratulazioni per la tua bella poesia, che denuncia e dà l'idea di quanto, a volte, sia subdolo e violento l'uomo.

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  4. E ti sorprendi ancora, Annamaria? Purtroppo succede spesso che, per misteriosi (?) motivi, alcune donne preferiscono interpretare le cortigiane, a priori, qualunque sia l'uomo che è dentro un paio di pantaloni, schierandosi contro un'altra donna. Maria.sa

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