venerdì 11 ottobre 2013

NON PROFIT 3.313 ONLUS FANTASMA



Frequentatori eldyani, consolatevi...
Eldy non è l'unica Onlus ad essere stata denunciata per la mancata trasparenza. Lorenzo, sai bene che seguo i tuoi post in quel sito e leggendo uno dei tuoi ultimi commenti mi dai  spunto di intervenire con questo mio articolo:  contano si le parole , le buone intenzioni ,ma ad esse devono seguire i fatti! 

Ecco parte di un tuo commento:

Tutti noi, istituzioni,organizzazioni, 
individui, abbiamo prima di tutto il dovere di dire la verità. Quanto all’asutorevolezza, ce la dobbiamo riconquistare perché tutti l’abbiamo perduta. Forza con le intenzioni di “recupero” dunque.

Sei un associato, dunque ,anche tu "forza con le intenzioni di recupero e metti in atto i tuoi propositi. Oppure pensi di stare fuori dalle "beghe?"  Per inciso,  le beghe sono iniziate dopo, fra l'utenza. Ma nessuno di Voi ha avuto l'iniziativa di chiedere chiarimenti  alla direzione,  del perchè questa nascondeva e nasconde a tutta l'utenza la presenza di un soggetto stipendiato  per un ruolo sconosciuto a tutti (illegale) Quando mi son permessa di farlo ho ricevuto prima silenzi e poi  offese e minacce , con l'invito  di allontanarmi da eldy e dagli eldyani ...e IL LORO SILENZIO CONTINUA A TUTT'OGGI NONOSTANTE LE VOSTRE LAMENTELE PUBBLICHE, dovreste essere piu' determinati. 
-Ai volontari spettano solo rimborsi, oppure, retribuzioni  per prestazioni occasionali. I soci dell'associazione non possono essere assunti,  ma devono prestare gratuitamente la loro opera.

- I finanziamenti sono finalizzati  al progetto per cui sono stati erogati e non per produttività diverse e private.

Inizia da qui...riflettici, Lorenzo e non defilarti con la scusante delle "beghe"(che poi, anche le beghe vanno affrontate, non basta solo accusare, criticare e lamentarsi)
PS son d'accordo con qualcuno che in quel sito  ha scritto che la "verità" è  che alla Direzione  non importa nulla di Eldy, è una fabbrica di soldi e basta. 
Annamaria 




Dall'assistenza agli anziani alla lotta contro la fame: attività inesistenti o molto dubbie. L'azione di controllo dell'Agenzia per il Terzo settore ,che il governo ha chiuso nel febbraio del 2012.


da "Famiglia Cristiana"
La lista è lunga: sono infatti 3.313 le associazioni che non hanno rispettato i criteri per l’iscrizione all’anagrafe unica delle Onlus e che a fronte di questo giudizio sono state costrette a chiudere o a cambiare statuto, salvo finire segnalate alla Procura della Repubblica per truffa.
Dal 2007 al 2012, l’Agenzia del Terzo settore ha contribuito a far chiarezza, dando parere positivo per la cancellazione all’Agenzia delle entrate. Chiusa una preziosa attività ispettiva  ,l'Agenzia del Terzo settore,  con il relativo passaggio di competenze alla Direzione per il volontariato e l’associazionismo del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali. 

Il picco più alto di Onlus sospette si è registrato nel 2009 quando i pareri positivi per la chiusura sono stati 1.053. Lo scorso anno, invece, le associazioni che non rispettavano i criteri sono state 253, mentre nei primi mesi del 2012 (i dati sono aggiornati al 21 febbraio) le Onlus fantasma risultavano essere già 18. «La nostra è un’indagine documentale e riguarda la coerenza degli statuti e delle regole. Si guarda poi alle attività che dalle associazioni vengono svolte», sottolinea il direttore dell’Agenzia del Terzo settore, Gabrio Quattropani. «Oltre tremila pareri postivi (su 3.657 pareri richiesti, ndr.) è un numero importante se si considera che nei registri delle Onlus ci sono in tutto circa 16.000 associazioni, presenti in tutta Italia».

Fino al 2003 un’associazione si poteva iscrivere al registro delle Onlus senza problemi, i controlli di effettiva corrispondenza con quanto dichiarato venivano effettuati ex post dalla Agenzia delle entrate che si avvale appunto del parere non vincolante dell’Agenzia del terzo settore. Poi un decreto ministeriale (n.266/2003) ha introdotto il controllo preventivo sullo statuto, che ha carattere puramente formale e spesso non basta a chiarire se l’associazione svolge o svolgerà le attività che ha effettivamente dichiarato. Per questo sono necessari anche i controlli successivi. 

C'è un'associazione formata da cinque enti (tutti costituiti dallo stesso titolare) che si occupa di assistenza domiciliare ai non vedenti, malati tumorali e cardiopatici, ma che non ha mai erogato nessun servizio. C'è un’altra che per fini umanitari raccoglieva fondi fino a un milione di euro l’anno, ma i cui proventi non si sa dove siano andati a finire. E ancora: ecco un’associazione la cui attività principale era la raccolta fondi e che nel 2008 aveva incassato ben oltre un milione di euro. Di questa somma però ai soggetti svantaggiati arriva ben poco, sotto forma di "aiuti in natura" (contenitori di cibo e materiale medico) erogati con un sistema di scatole cinesi. Sono questi solo alcuni casi di “Onlus fantasma”, che negli ultimi anni (dal 2007 al 2012) l’Agenzia del Terzo settore ha contribuito a far chiudere, dando parere positivo per la cancellazione all’Agenzia delle entrate. 

Tra i casi più eclatanti, tra i 3.313 a cui l’Agenzia per il terzo settore ha dato parere positivo per la cancellazione , spicca un’associazione della Lombardia. Da statuto la Onlus, poi risultata fasulla, doveva occuparsi di assistenza sociale e socio-sanitaria, lo scopo dichiarato era “assistere bambini poveri, malati e sofferenti e le loro famiglie in tutto il mondo, indipendentemente dalla loro razza, religione, nazionalità o etnia, in particolare fornendo cibo, vestiario, alloggio, medicine e altri generi di conforto; e promuovere altri scopi di solidarietà sociale individuati di volta in volta dalla associazione”. 

Ma a far parte della struttura associativa dal fine ambizioso erano solo due soci fondatori e un terzo soggetto (rappresentante l’associazione anche nel corso delle verifiche fiscali) che, dopo aver assunto la qualifica di socio nel 2008 pochi mesi dopo aveva dato le dimissioni restando, tuttavia un dipendente e il vicepresidente europeo. Alla richiesta di chiarimenti in merito all’esiguità del numero di soci i tre rispondevano che “non erano mai pervenute richieste”.  Ma, insolita non era solo la struttura organizzativa. A insospettire, prima la finanza e poi l’Agenzia del terzo settore, è stato anche lo strano modo di fare beneficenza. A fronte di circa un milione di euro raccolti nel 2008 ne venivano utilizzati circa duecentomila per la raccolta e la spedizione di “aiuti in natura” (non verificabili) e ventimila per “aiuti in denaro”. L’attività di fund raising era gestita da una società esterna che ha avuto come corrispettivo 832.632 euro nel 2008, 1.631.020 euro nel 2009 ed 628.331 euro nel 2010. E ad amministrarla era il vicepresidente europeo ( il terzo socio che si era dimesso a distanza di pochi mesi) che percepiva compensi pari al compenso percepito dalla stessa società.

Insomma un vero e proprio “gioco delle tre carte”, dove i fondi percepiti attraverso le raccolte fondi, venivano utilizzati per la maggior parte per il pagamento delle spese di raccolta verso società di cui erano parte gli stessi soggetti che costituivano la Onlus. Anche perché i controlli hanno verificato che l’associazione non sosteneva alcun costo per il reperimento dei beni in natura da destinare ai soggetti svantaggiati, ma riconosceva un corrispettivo per il servizio reso da altri soggetti (comprensivo delle spese di spedizione) svolgendo, dunque, un mero ruolo di intermediazione. 

Un caso grave, segnalato anche alla Procura della Repubblica, ma non unico. In Toscana, per esempio, è stata segnalata un’associazione nata ufficialmente con lo scopo di “raggruppare in campo nazionale ed extranazionale e di assistere socialmente i non vedenti e i singoli sofferenti di gravi disturbi alla vista – si legge nello statuto - per rappresentarli e tutelarli negli interessi materiali e morali, di sollecitare in tutte le forme possibili la integrale realizzazione dei principi sanciti nei loro confronti dalla Costituzione, dagli Statuti e dalle costituzioni degli altri Stati Europei ed extra-europei e relative direttive o deliberazioni e leggi nazionali o internazionali”.  

Il rappresentante legale dell’associazione, che ricopriva lo stesso ruolo in altre cinque onlus, tutte con la stessa sede legale, era stato in passato già coinvolto in un traffico illecito di abiti usati raccolti attraverso associazioni fittizie. La raccolta fondi avveniva contattando telefonicamente soggetti scelti a caso a cui veniva chiesto un contributo per l’assistenza domiciliare dei ciechi e ipovedenti. Secondo quanto dichiarato dal rappresentante legale l’attività svolta consisteva nel trasporto anche di persone invalide, ma non sono state mai rinvenute né presentate prove documentali o altro a testimonianza di un effettivo esercizio di tale attività. E non c’è traccia di persone disabili che ne abbiano effettivamente usufruito. Nelle note inviate dal presidente dell’associazione ad alcuni donatori si legge che i fondi raccolti sarebbero serviti anche per finanziare “la consegna di cani guida ovvero sperimentare la prima abitazione con comando vocale”. Ma anche di questo nessuna traccia. Le uniche uscite dell’associazione erano rappresentante dai rimborsi spesa ai volontari, senza però alcuna documentazione attestante le spese sostenute. Anche qui oltre la cancellazione dall’Anagrafe delle Onlus si è passati alle vie legali.

E ancora in Toscana un caso di associazione per fini umanitari costituita per contrastare “la lotta alla fame nel mondo e lo sviluppo delle strutture sanitarie con particolare riferimento a interventi favori dei bambini dell’Africa e dell’America centrale” che ha raccolto più di un milione di euro, che non si sa bene dove siano finiti. 
La Onlus risultava formalmente ineccepibile dal punto di vista formale, ma senza requisiti da punto di vista sostanziale. I soci avevano messo su, infatti, un sistema di scatole cinesi: l’associazione non si occupava direttamente dell’attività di erogazione di beni in natura ma si avvaleva di due associazioni con sede negli Stati Uniti, delle quali L’Agenzia del Terzo settore non è riuscita a stabilire l’esatta natura giuridica. 

Non solo, ma dal 2006 al 2010 la falsa onlus ha erogato direttamente a enti e istituzione estere in paesi in via di sviluppo risorse finanziare che corrispondono, in media, a un esiguo 5% dei fondi raccolti dall’ente. La lista delle Onlus sospette potrebbe continuare, sono infatti più di tremila quelle a cui l’Agenzia del Terzo settore ha dato parere positivo per la cancellazione dal 2007 al 2011. E già diciotto quelle individuate nei primi mesi del 2012.



E quando una cosa funziona , in Italia, viene cancellata.

da "Panorama" del 6-3-2010
Una cosa è certa: attorno agli enti no profit girano molti soldi. Soprattutto nel Lazio, dove l’importo medio per istituto sarebbe superiore al milione. In seconda posizione la Lombardia, a quota 600 mila euro. Così la truffa della falsa onlus è diventata un classico. Si va da quelli che provano a mettere le mani sui fondi per i terremotati dell’Aquila a coloro che si arricchiscono a spese degli orfanelli di Tahiti. Oppure c’è chi si spaccia per una no profit per beneficiare di agevolazioni fiscali di cui gode la categoria.
Perché allora cancellare l’agenzia che finora aveva fatto da argine al malcostume? Quel milione e mezzo di euro che l’Agenzia per il terzo settore è venuta a costare allo Stato nel 2011, per giunta inferiore ai 2,5 milioni di spesa degli anni precedenti, non basta a dare una risposta.
Semmai, il problema si anniderebbe nei lacci e lacciuoli con i quali l’istituto è stato imbrigliato fin dalla sua origine e che di fatto gli hanno impedito di  esercitare appieno la sua funzione di controllo. Aveva poteri di indirizzo, promozione, vigilanza e ispezione, ma nessun potere sanzionatorio. Così l’authority milanese si è ritrovata a essere per troppo tempo una ciambella senza buco,  dice chi adesso non ne piange la scomparsa.
Della fine dell’Agenzia non si capacita il presidente uscente Stefano Zamagni, docente di economia di caratura internazionale. Pur di salvarla le ha provate tutte: prima dicendosi disposto a un suo trasferimento nella Capitale, poi proponendo di ridurre (dimezzare, anzi) il numero dei consiglieri a disposizione dell’organo di controllo. Il tutto per provare a contenere il più possibile i costi. «Ma se il problema erano i soldi» dice a Panorama Economy «allora sarebbe stato sufficiente metterci nelle condizioni di multare i trasgressori.
Non solo ci avremmo guadagnato in autorevolezza, ma saremmo stati anche in grado di finanziarci per conto nostro». Tra le infrazioni più ricorrenti su cui l’ente soppresso aveva il compito di esprimersi, molte riguardavano il conseguimento o il mantenimento della qualifica di onlus, oppure erano dovute a comportamenti illeciti nella devoluzione del patrimonio a seguito dello scioglimento di un’organizzazione.
Da parte sua il governo ha assicurato in questi giorni che non è sua intenzione sottovalutare il terzo settore. Ma il trasferimento di competenze avallato dall’ultimo Consiglio dei ministri non convince innanzitutto per un motivo: «Che l’ente capitanato da Zamagni necessitasse di un’importante trasformazione era sotto gli occhi di tutti» spiega Maria Guidotti, presidente dell’Istituto italiano della donazione, che monitora il corretto utilizzo delle risorse finanziarie in mano a organizzazioni senza scopo di lucro.
«Non per questo andava cancellato. Il rimedio scovato dall’esecutivo comporta un grosso pericolo: per garantire il controllo del no profit è necessario disporre di un soggetto autonomo, capace d’interagire con settori diversi tra loro. Al contrario, affidare un simile compito a un ministero significa muoversi nella direzione opposta». E così è tramontata l’opportunità di dare vita a un’authority nuova di zecca, dotata di una struttura più snella e di maggiore indipendenza, delle cui spese di funzionamento (oltre che della dislocazione territoriale) si sarebbe fatta volentieri carico la Basilicata.

La sensazione è che questa volta il risparmiosissimo governo Monti abbia preso un abbaglio. Ne è convinta Paola Severini, consigliere dell’Agenzia per le onlus dal 2003 al 2008, che da anni fa da trait d’union tra politica, terzo settore e gerarchie cattoliche: «A molti di noi l’alternativa suggerita dalla Basilicata era parsa ideale tenuto conto che non avrebbe pesato sul bilancio nazionale». E non solo. «Privare un comparto così vitale per la quotidianità del Paese di un controllore al di sopra delle parti» aggiunge Severini «equivale a lasciare campo libero alle finte onlus o alla colonizzazione delle charity provenienti dall’estero. Vorrei poterlo spiegare al ministro Fornero e a Catricalà».



Per Michele Mangano presidente dell’Auser :siamo in presenza di una scelta autoritaria ed unilaterale che non tiene conto delle serie motivazioni che la stragrande maggioranza delle associazioni del Terzo settore avevano evidenziato contro una tale decisione”. Per l’organizzazione “con questa scelta burocratica si assesta un grave colpo al mondo del Terzo Settore che con la chiusura dell’Agenzia perde una interlocuzione competente e qualificata sulle tematiche che investono il complesso mondo dell’associazionismo”. E conclude: “Registriamo, ancora una volta, la indisponibilità al dialogo ed al confronto che non lascia intravedere un futuro costruttivo e sereno nelle relazioni tra governo e terzo Settore.

Annamaria... a dopo 

1 commento:

  1. ENZO
    AD ANNAMARIA
    NON POSSO CHE COMPLIMENTARMI CON TE PER IL LUNGO "PEZZO" - PIUTTOSTO SERVIZIO - SCOVATO E PUBBLICATO..
    COSI' SI DEVE PROSEGUIRE, ANCHE PER ALTRI PROBLEMI E ASPETTI: OCCORRE INFORMARSI E DOCUMENTARSI.

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