lunedì 13 giugno 2011

le notizie segnalate da CATERINA



GUANTANAMO, ITALIA

Un centro d'accoglienza nato quasi clandestinamente sotto la pressione della diaspora tunisina a Palazzo San Gervasio (Potenza) e trasformato rapidamente in un Cie (Centro per l'identificazione e l'espulsione), una circolare (la 1305 dello scorso aprile) del ministro degli Interni, Roberto Maroni che limita l'ingresso ai Cie e, di fatto, la vieta all'informazione, la testardaggine di una giovane freee lance. Sono gli elementi da cui parte questa inchiesta. Nel centro di Palazzo San Gervasio sono di fatto reclusi circa sessanta migranti. Lo scenario ricorda Guantanamo: terra battuta, cemento, un muro tipo lager e reti metalliche a maglia stretta. Dentro, 18 tende sotto il sole abitate dai tunisini, servizi igienici scarsi, contatti con l'esterno (avvocati compresi) quasi inesistenti. Raffaella Cosentino è una dei tanti giornalisti che da due mesi chiede invano di poter entrare e visitare questo o altri centri. Le richieste vengono respinte. L'ultima, però, rivolta alla Prefettura di Potenza, trova inaspettata accoglienza. Cosentino può entrare, raccogliere testimonianze e anche alcuni minuti di video filmati con i telefonini che raccontano scene che fanno paura. Uomini chiuse nelle gabbie, uomini che tentano la fuga, cadono da metri di altezza e restano per terra, poliziotti in assetto di guerra che non sanno come intervenire, che, fortunatamente (almeno in queste scene) si limitano alle minacce verbali. Al racconto di Cosentino, al video e alle immagini, abbiamo unito un approfondimento di Alberto Custodero che spiega la situazione dei Cie in tutto il Paese. A Fabrizio Gatti, inviato dell'Espresso, autore (come finto clandestino) del famoso reportage da Lampedusa (2005), è stato chiesto di commentare questa storia. Lui ci ha restituito l'immagine efficacissima di uomini cui vengono sottratte le scarpe per impedirne la fuga, di persone cui la dignità viene sottratta in questo modo incredibile. L'inchiesta ha suscitato subito reazioni. La più importante viene dalla Regione Basilicata dove il governatore Vito De Filippo chiede un'indagine e rivela che la nascita del centro è stata quasi clandestina e che le autorità locali, allora, non vennero neppure informate.

http://inchieste.repubblica.it/images/2011/06/11/214915838-b368bbb1-95c7-4356-bac5-1854beecee0b.jpg

Da rivoluzionari a prigionieri
Nell'inferno dei centri d'accoglienza

 

Una giornalista è riuscita ad entrare nell'enorme "gabbia" di Palazzo San Gervasio. Dentro, una sessantina di tunisini in attesa del rimpatrio, vivono in condizioni da reclusi e nessuno, nemmeno i loro avvocati, può visitarli. Dal'interno del campo hanno girato immagini sconvolgenti

 

PALAZZO SAN GERVASIO (PZ) - Sembra un'enorme gabbia per uccelli con la rete alta cinque metri, ma dentro, in un ettaro di sterrato e cemento, ci sono 18 tende della protezione civile e 57 tunisini intrappolati in attesa del rimpatrio forzato. Vivono blindati da una recinzione di ferro a maglie molto fitte, in uno spazio ristretto con l'orizzonte che si chiude sul muro di cinta alto tre metri e un altro alle spalle ancora in costruzione che arriva a cinque. Un piccolo quadrato di cemento che nasconde alla vista una delle tante Guantanamo italiane. E' il Centro di identificazione e di espulsione temporaneo di Palazzo San Gervasio (Pz), nato il primo aprile come centro di accoglienza e trasformato in una struttura di reclusione fino al 31 dicembre 2011 con un'ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri del 21 aprile. Stessa sorte è toccata ad altre due tendopoli a Kinisia, su una pista dismessa dell'aeroporto di Trapani, e a Santa Maria Capua Vetere (Ce).

Isolati nelle campagne lucane al confine con la Puglia, i giovani della rivoluzione dei gelsomini vedono svanire in un incubo il sogno dell'Europa. "Ammar 404" era il nome dato alla censura del dittatore Ben Alì dagli internauti tunisini. 1305 è il numero della circolare interna del Viminale che instaura la censura sui centri per migranti in Italia a partire dal primo aprile, vietandone di fatto l'accesso ai giornalisti "fino a nuova disposizione". In questo momento è più facile entrare in un carcere di massima sicurezza che in una tendopoli. In base alla circolare firmata dal ministro Roberto Maroni anche alcuni parlamentari sono stati respinti senza poter esercitare la prerogativa costituzionale del sindacato ispettivo. E' successo nei due centri di contrada Imbriacola  e dell'ex base Loran a Lampedusa ai deputati democratici Andrea Sarubbi e Furio Colombo, presidente del Comitato Diritti Umani della Camera.

A Palazzo San Gervasio è rimasto fuori il capogruppo dell'Italia dei Valori al Senato, Felice Belisario. Mentre le porte si sono aperte per l'arcivescovo di Acerenza Giovanni Ricchiuti. Dopo questi episodi, le prefetture hanno concesso di entrare anche a individui singoli come Parlamentari e consiglieri regionali. Ma non ai giornalisti. Soltanto la prefettura di Potenza ci ha autorizzati a vedere il Cie di Palazzo San Gervasio, dove siamo riusciti a parlare con i reclusi. Nonostante la recinzione di mezzo, siamo riusciti ad avere l'unico video disponibile su questi centri, girato dagli stessi detenuti. Nelle immagini si vedono una rivolta e un tentativo di fuga di massa con persone ferite e agenti in tenuta antisommossa. E' una prova inequivocabile che la tensione è alle stelle e rischiano di scoppiare nuovi disordini.

Come quelli che l'8 giugno hanno portato alla chiusura e al sequestro del Cie casertano nell'ex caserma Andolfato, devastato da un incendio negli scontri fra polizia e migranti. Scioperi della fame, persone che ingoiano pezzi di vetro o si tagliano le vene: le proteste estreme dei reclusi nei Cie lanciano l'allarme su abusi al limite della tortura psicologica. Il gruppo arrivato il 14 maggio con un volo aereo direttamente da Lampedusa a Napoli e poi in autobus fino a Palazzo San Gervasio, era composto di 90 persone. Quelli che mancano all'appello sono riusciti a fuggire. Gli agenti hanno sequestrato le scarpe da tennis ai rimanenti, per impedirgli di arrampicarsi sulla recinzione e lanciarsi nel vuoto alla ricerca della libertà. Adesso i detenuti hanno ai piedi le ciabatte.

La polizia e i gestori di Connecting People ci assicurano che è tutto tranquillo, a parte le lamentele degli 'ospiti' per la mancanza di peperoncino nelle pietanze. I video testimoniano l'esatto contrario. Centri creati sull'onda dell'emergenza in luoghi isolati non consentono la tutela dei più elementari diritti umani e sospendono la Costituzione. Non solo l'articolo 21 sulla libertà di stampa, ma anche l'articolo 24 sul diritto alla difesa. Per un mese i prigionieri di Palazzo San Gervasio hanno chiesto inutilmente di  incontrare un avvocato. Anche i difensori devono essere 'autorizzati' per entrare. "Le pratiche di chi ha fatto richiesta sono ferme in prefettura" dice Maria Giovanna Fanelli, responsabile del campo per Connecting people, il noto consorzio che gestisce molti altri centri e ha avuto l'appalto per questo campo senza bando. I reclusi nei Cie hanno diritto a una scheda telefonica a settimana, ma non ci sono le cabine.

"Siamo in attesa dell'ok della questura" si giustifica Fanelli. E' saltato anche il diritto di avere un foglio nella propria lingua sulla procedura per chiedere asilo politico."Abbiamo firmato la convenzione pochi giorni fa  -  spiega la responsabile - non abbiamo avuto tempo di stampare l'informativa, lo diciamo a voce". In passato, il Cie di Palazzo San Gervasio, un'ex fabbrica di laterizi confiscata a un boss, accoglieva i braccianti stranieri della raccolta del pomodoro che ora alloggeranno nei casolari abbandonati. Meno di un anno fa, il comune l'aveva chiuso perché violava le norme igieniche e di sicurezza. Ora per trasferire le persone, adattare la struttura e gestirla spendiamo almeno due milioni di euro. Le cifre sono ufficiose. Quelle ufficiali, in questa ennesima emergenza gestita dalla Protezione civile, non è dato saperle.



 da Repubblica.it-inchieste

2 commenti:

  1. AD UN PASSO
    Occhi arrossati per visioni
    Occhi arrossati per lacrime
    Occhi arrossati per la penombre silenziose
    Occhi arrossati per solitudine
    Occhi arrossati per gioia vissute accanto al fiume
    Occhi arrossati per il cuore che d'improvviso muore
    Occhi asciutti per lacrime esauste
    Ma
    il cuore, come un viandante famelico, elemosina palpiti d'amore.
    ENZO

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