...Vai  a quel  paese!...
Una delle manifestazioni interpersonali più 
antiche tra gli esseri umani, insieme ad una
serie lunga e ben delineata di espressioni 
( bacio, carezza, moina, discussione, dialogo
e colloquio etc.) è quella, perdonate la 
franchezza, di prendersi a pesci in faccia 
a male parole o se volete con modi più educati, 
ad offendere verbalmente più o meno 
pesantemente un proprio simile.
E’ una manifestazione orale che si perde nella 
notte dei tempi, ti fa scaricare psicologicamente
e rende partecipe l’altra persona a quello che
realmente tu pensi di lui; sempre che poi dopo 
non finisca tutto a … botte da orbi. 
Fin qui tutto normale, direte voi: prendersi a 
male parole (tralasciando gli eccessi estremi)
tutto sommato che ci piaccia o meno, fa parte 
di uno sfogo quotidiano dell’essere umano,
anche se indubbiamente molto poco edificante.
Ma ecco che il diavolo fa le pentole ma non 
i coperchi, e la legge ci ha messo il naso ed 
una toppa intervenendo a seguito di una 
querela sporta presso il Tribunale di Civitavecchia
da un tale contro altro tale, che dopo una lite 
aveva liquidato con un “vaffa …”. 
Già condannato per ingiurie l’anno prima, 
il tizio aveva fatto ricorso in Cassazione 
sostenendo che il vocabolo, pur restando
un’espressione maleducata, non ha rilievo penale 
perché è “ormai di uso comune ed ha perso la 
sua efficacia offensiva”.
Ma la sezione penale della Cassazione ha 
bocciato la linea difensiva e stabilisce regole di 
buona educazione e convivenza civile.
La gente, a quanto pare, si insulta in abbondanza, 
ma diavolo questo non significa che ci siano 
sempre gli estremi per finire in tribunale. Ed a 
furia di distinguo, la Suprema Corte è arrivata 
a stilare addirittura un vero e proprio 
“ingiuriometro” per misurare di volta in volta se 
la parolaccia è lecita o meno.
Adesso immaginate il focoso ed impetuoso di 
turno, in preda all’ira o collera, prima di riempire 
di improperi il malcapitato, sfogliare rapidamente 
il libretto delle istruzioni per vedere quale 
parolaccia é consentita e quale meno… - “Lei è 
un gran figlio di …, no mi scusi non è consentito. 
Diciamo che la sua gentile madre è una grandissima 
benefattrice di uomini di valore, vogliosi di coccole 
e gesti affettuosi, che essa dispensa diffusamente 
senza accusar fatica alcuna, in cambio di piccolo 
contributo in denaro per le sole spese.” -  e l’altro   
- “La ringrazio per il pensiero amabile nonché 
cortese, che ricambio affettuosamente alla sua 
adorata sorella, splendido esempio di virtù e qualità 
umane, universalmente riconosciute dai camionisti 
in transito presso il noto falò dove, la sua splendida 
e coraggiosa sorella, si riscalda nelle rigide serate 
invernali.” -   
E via di questo passo.
Basta con  - “Sei un grandissimo str…”-   bensì  
- “Carissimo, hai una lontana ma sicura somiglianza 
a quel prezioso prodotto, spesso di forma cilindrica,
tenuto gelosamente custodito nelle nostre viscere,
e che quotidianamente doniamo in quel prezioso 
vaso che tanta affinità ha con il viso di tutta la tua 
nobile stirpe.”-  E finalmente basta con quel continuo 
“vaff …” sostituito con  - “indaghi cortesemente
all’interno del suo buio antro, ultimamente molto 
frequentato”. -  Basta una volta per tutte con i 
continui turpiloqui, atti ad attaccare e offendere 
l’onore ed il decoro del nostro malcapitato prossimo.
Affidiamo le nostre rimostranze o controversie ad 
Improvvisate sfide a pari o dispari o con le biglie 
colorate con la preghiera, in caso di sconfitta, di 
non degenerare in volgarità o linguaggi  scurrili. 
 …Funzionerà?
  Cipriano


 
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Cipriano, c'è da scompisciarsi (se si può dire), leggendo il tuo pezzo.
RispondiEliminaUn abbraccio.
Ciprià, spero di non dover mai litigare con te...Rischieremmo di andare in apnea dalle risate! Mi consenti? Ma vaffartiunsaccodicomplimentidapartemia. ☺ maria.sa
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