domenica 22 gennaio 2012

COME VIVONO E LAVORANO I MARITTIMI

Quello che vi propongo è un articolo scritto ed elaborato da Salvatore -ex direttore di macchina- che mi ha inviato nel 2010 in occasione dell'anno del marittimo dove ci spiega ,senza spettacolarizzazione, la vita dei marittimi.Approfitto per dichiarare la mia riluttanza a tutte le esposizioni mediatiche cui è stato vittima il Comandante della nave Costa Concordia "Francesco Schettino,", nonostante la sua negligenza abbia causato un danno enorme sia di vite umane che ambientale.




martedì 28 dicembre 2010

2010 ANNO DEL MARITTIMO - di Salvatore -






Dedicato a tutti i marittimi, in particolare a Salvatore, Antonio , Tiziana -direttrice di crociera-  figlia della mia amica Giada e mio cugino Ing. Marco Merluzzi


L’anno che sta per concludersi ,il 2010 , è stato dichiarato dall’IMO (International Maritime Organitation) “anno del marittimo”.
Le varie organizzazioni operanti nel ramo marittimo, in tutto il mondo, hanno celebrato tale evento
Nei modi piu’svariati organizzando dibattiti,conferenze,tavole rotonde ecc. il cui principale intento  è stato quello di far conoscere,per quanto è possibile in tali occasioni, come vivono ed operano i marittimi nel mondo ,quali sono le loro condizioni di vita e quali prospettive hanno per il futuro in
un settore che è stato pesantemente colpito dalla crisi economica.
Una di queste celebrazioni si è tenuta il 4 di Dicembre a Pozzallo, un grosso paese marittimo
della sicilia, in provincia di Ragusa,organizzata dal locale Circolo ufficiali e dalla società marinara di mutuo soccorso.
Con molto piacere ospito il documento ,che è stato letto da alcuni alunni del locale Istituto Nautico, che ha fatto da filo conduttore alla manifestazione  e da introduzione ai video che hanno documentato i vari momenti della vita dei marittimi.

 


2010     Anno  del  marittimo

                       
L’IMO (Organizzazione Marittima Internazionale) ha dichiarato il 2010 anno del Marittimo.
Lo scopo dell’IMO è quello di rendere omaggio agli 1,5 milioni di marittimi nel mondo provenienti da molte nazioni del pianeta che con il loro lavoro danno un elevato contributo al benessere della società mondiale.
Riferendosi a questa iniziativa Mitropoulos,il segretario IMO , in un suo recente messaggio rivolto alla Gente di Mare afferma:“Lo faremo con viva gratitudine, in riconoscimento dello straordinario servizio da voi reso ogni giorno della vostra vita professionale, spesso in circostanze pericolose, per consegnare agli oltre 6,5 miliardi di persone del mondo il frumento da cui deriva il nostro pane quotidiano, il gas e il petrolio che riscalda le nostre case o muove i nostri veicoli e i doni che condividiamo e di cui godiamo con le nostre famiglie e amici nel corso di questo periodo di festività”.
Il segretario Generale termina il suo messaggio dicendo:
“Un milione e mezzo di marittimi che soddisfano le necessità quotidiane di oltre 6,5 miliardi di cittadini del mondo! È un fatto che passa inosservato o viene dato per scontato da molti, ma che dovrebbe essere annunciato ovunque forte e chiaro. I marittimi meritano il rispetto, la riconoscenza e la gratitudine di tutto il mondo e noi dell’IMO siamo intenzionati a far sì che nel corso del 2010 il mondo prenda atto del vostro ruolo e del vostro contributo eccezionale e del debito speciale che tutti noi dobbiamo a voi. Vi ringraziamo per questo!”.

Questa iniziativa è stata presa considerando che circa il 90% delle merci che circolano sul pianeta viaggia via mare e che i giovani hanno la tendenza ad abbandonare la professione marittima. Essa fa seguito ad una campagna iniziata, nel novembre 2008, dalla stessa IMO e denominata “Go to Sea” che dovrebbe servire ad invogliare i giovani a ritornare sul mare.
L’italia da sempre fornisce un importante contributo alla marineria mondiale, sia in termini di risorse umane di primaria professionalità, sia in termini di strutture
Marittime portuali sia come capacità qualitative dei suoi cantieri navali.

L’italia ,  con i suoi 8000 km di costa, è un paese con una naturale vocazione marittima ,non per niente è la patria dei santi e dei navigatori; sin dai tempi delle repubbliche marinare il lavoro marittimo ha dato un contributo primario allo sviluppo del nostro paese.

Attualmente il settore marittimo impegna , in Italia, circa 60.000 persone come personale navigante; di queste persone raramente se ne parla, non fanno notizia.

C’è un detto che ricorre tra il personale delle navi ed è questo:

 “L’umanità si divide in 3 categorie , i vivi, i morti e i naviganti;

dei vivi tutti parlano e si preoccupano

dei morti pochi parlano e nessuno si preoccupa

dei naviganti nessuno parla e tantomeno si preoccupa”

Colmiamo questa lacuna sottolineando quegli aspetti poco conosciuti o volutamente
ignorati della vita del marittimo.

                          
Oggi il mondo è un villaggio globale, non esistono piu’ le distanze culturali
e quelle geografiche, viaggiare per turismo o per lavoro è cosa abbastanza usuale,  siamo nell’era della globalizzazione e questo vale per tutto, comunicazione e merci; nei mercati e nei negozi di qualsiasi nazione è abbastanza facile trovare merce prodotta in tutto il mondo.
Questo è possibile in larga misura grazie anche al trasporto marittimo e quindi
ai marittimi stessi.

Ma chi sono e come vivono i  marittimi oggi?

Il termine "marittimo" si riferisce a ogni persona impiegata, in qualsiasi mansione, a bordo di una nave d'altura, di proprietà pubblica o privata, escluse le navi da guerra (Convenzione ILO 163).

 Lavorano in media 84 ore la settimana, 7 giorni su 7 con contratti che vanno  dai 3 agli 11 mesi all'anno. Vivono sul posto di lavoro, lontano migliaia di chilometri dai loro paesi d'origine e movimentano il 90% delle merci di cui ci serviamo quotidianamente.
Il transito è la loro condizione esistenziale, a volte per scelta, il più delle volte per necessità, e la nave viene percepita come un'istituzione totalizzante, che spesso impedisce i collegamenti con il resto della società.

Quello dei "nomadi del mare" è un mondo tutto particolare, dotato di leggi e norme proprie, in cui l'intreccio tra il diritto marittimo internazionale, le regole della bandiera a cui la nave è registrata, e i rapporti contrattuali dettati dall'armatore rendono difficile definire quali siano i diritti universalmente riconosciuti e come farli valere.
Il lavoro in nave è caratterizzato da rapporti molto gerarchici, da turni di lavoro molto faticosi, dalla convivenza forzata in spazi molto ristretti di persone di nazionalità e culture differenti. Tutti questi elementi uniti ad un lungo periodo di lontananza da casa aggiungono alla fatica fisica una notevole sofferenza emotiva e psicologica.
Dagli anni '60, si è assistito ad un continuo declino del numero di marittimi europei, soppiantati da una forza lavoro proveniente dai paesi meno industrializzati.
Ad oggi si stima che la popolazione marittima mondiale sia di circa 1.300.000 (ILO 2000) e si caratterizza per una forte presenza di lavoratori filippini, indonesiani, indiani,cinesi e dell’est europa.

                       
Gli equipaggi sono composti in media da 16 a 25 persone per nave con un'età media di 35 anni.
Un mondo sconosciuto... Lontano dagli occhi...

Il lavoro del marittimo è un'occupazione speciale che comporta obblighi pesanti: anzitutto devi rimanere lontano da casa per lunghi periodi, lontano dai familiari e dagli amici. Nessuna professione al mondo ti espone come questa ai rischi dell'isolamento, delle crisi di nostalgia. Ogni imbarco dura mediamente diversi mesi, e se a casa i tuoi cari hanno bisogno di un aiuto, di una presenza, non puoi farci niente.
La vita a brodo è piuttosto monotona e pesante: vedi sempre le stesse persone, ti ritrovi a parlare delle stesse cose. Unici diversivi sono un film video-registrato o una partita a carte. Tutto il resto ti è precluso, anche una semplice passeggiata, o la possibilità di fare shopping. Ma il desiderio maggiore è quello di telefonare a casa, di
Sentire la voce della moglie e dei figli.
   
Una volta i marittimi vivevano alla giornata, andavano per mare senza grandi motivazioni, arrivati in un porto cercavano il modo più semplice per sfogare il senso di solitudine ed isolamento, spendevano il poco che guadagnavano senza attenzione. Oggi chi si imbarca ha delle ambizioni, degli obiettivi a lungo termine. In particolare la casa: pagarsi la propria abitazione con i soldi guadagnati lavorando sulle navi. Il marittimo oggi ha più cultura ed è più consapevole, ma la vita a bordo è più dura e stressante. Bisogna essere sempre più veloci per ottimizzare i tempi: fermarsi sempre meno nei porti, ripartire il più velocemente possibile verso un'altra destinazione e poi sostare il minor tempo possibile e ripartire e così via. Ultimamente la situazione è peggiorata ancora a causa delle nuove disposizioni antiterrorismo. Come se noi fossimo dei terroristi: ma noi stiamo lavorando! E' difficile descrivere lo stato d'animo del marittimo che naviga per giorni, arriva in vista della terra, di un porto, di una città, ma non può scendere, deve stare a bordo, in rada. E si va avanti così, magari per piu’ di un mese….alternando periodi di calma piatta con periodi di mare molto
gitato, se non addirittura uragani o tifoni, senza poter dormire o riposare….


Tu immagina di farti una navigazione di trenta giorni senza mia toccare un porto: la vita è scandita con quei ritmi che sono gli stessi che hanno i carcerati.
Poi ti rifugi dentro la cabina. Diventa il tuo mondo. Un mondo che ti estranea
 dalla nave, perché in cabina tieni ti tuoi ricordi. Quando hai chiuso la porta, diventa il posto dove puoi essere te stesso indipendentemente dal grado, dalle responsabilità. Qui dentro puoi abbandonarti allo sconforto, puoi abbandonarti a tutto quello che ti può capitare sulla testa, perché sono momenti che uno dà quasi i numeri. Sì, uno può trovarsi anche a piangere qualche volta, perché la nostalgia è troppo forte, le preoccupazioni lo sovrastano, o perché non si hanno notizie dal mondo da troppo tempo.
In cabina c'è la fotografia dei tuoi, hai i tuoi segreti, le tue cose, è una sfera privata in cui vivi. Tutto il resto è lavoro; là è la vita.
In quei quattro metri quadri cosa può esserci di vita? Solamente ricordi.
Il marittimo è un lavoratore atipico, che vive e lavora sul posto di lavoro,
anch’esso abbastanza particolare in quanto sempre in movimento.

                             

La vita del marittimo si divide in due tempi fondamentali: la vita passata a bordo della nave ed il tempo dello sbarco trascorso in famiglia.

Vorrei sottolineare come, proprio questo altalenarsi di diversi periodi con  diverse gestioni, non consenta alla gente di mare di acquisire una gestione veramente autonoma del tempo “non lavorativo”.

A bordo della nave non esistono sabati, domeniche, feste, ferie o altro. Se un marittimo si ammala per un periodo superiore ai tre/cinque giorni deve sbarcare per curarsi in quanto occupa un posto vitale che, non essendo operativo, non gli compete.
Il lavoro scandisce le giornate. Gli ufficiali fanno, in coperta e in macchina (a bordo delle navi passeggeri anche i commissari di bordo), i turni di guardia, di giorno e di notte. Le altre mansioni e cariche seguono invece il loro ritmo facendo sì che la manutenzione ordinaria e straordinaria della nave sia assicurata insieme ai pasti e alla pulizia degli ambienti domestici.

Durante la navigazione il ritmo lavorativo è sicuramente molto stressante, ma consente di impostare, insieme alla fatica, anche una certa ordinarietà di tempi e di gesti che permette al marittimo di organizzarsi la giornata ed i periodi di riposo. Anche se molte leggi internazionali non consentono di lavorare oltre le 11 ore, la media lavorativa supera abbondantemente questo limite legislativo.

Il problema è anche di carattere psicologico. Oltre a mangiare dormire e lavorare, normalmente almeno sulle navi da carico che sono la stragrande maggioranza, non vengono offerti altri stimoli né intellettuali né per l’attività fisica. Non rimane dunque che lavorare per non annoiarsi.

Quando, poi, la nave attracca nei porti la quotidianità del lavoro, delle abitudini di tutto l’equipaggio e, soprattutto, quella personale devono adattarsi alle esigenze degli operatori portuali. Su una sosta media di 8/10 ore il tempo per la libera uscita, ma impossibile per tutti, non è mai più di due o tre ore. Le nuove norme antiterrorismo hanno complicato sia burocraticamente che logisticamente la possibilità di uscire dalla nave, e raggiungere la città o una Chiesa o un supermercato o un centro sportivo.

 Queste limitazioni obbligano gli equipaggi ad una sosta forzata a bordo di quella nave che è stata la loro casa per lunghi mesi pur avendo del tempo libero da impiegare. Queste condizioni incidono pesantemente creando un senso di maggiore frustrazione e diversità da parte del “popolo di terra”.

Il marittimo vive perennemente la dicotomia che lo tiene sospeso tra la vita di bordo e quella a terra. Quando sta sulla nave pensa costantemente alla sua famiglia e non vede l’ora di sbarcare per rinfrancarsi, riposarsi e godere finalmente degli affetti dei suoi cari. Quando, però, si ritrova finalmente in famiglia non riesce a riprendere i ritmi della quotidianità dei suoi familiari e ripensa con nostalgia alla vita lavorativa, si sente inutile e passa il tempo che gli rimane senza saperlo impiegare perché qualunque impegno volesse affrontare non avrebbe mai la possibilità di portarlo a termine. Ogni due mesi il marittimo italiano si imbarca per altri cinque mesi al massimo, mentre quello straniero per altri dodici.

Nessuno ha mai pensato di strutturare un impegno “a misura di marittimo”.

La vita a terra è una vita scandita dai ritmi delle stagioni, dagli impegni scolastici e dalle festività civili e religiose. Tutte cose che il marittimo si perde
Durante i periodi di imbarco, così come tutti gli eventi familiari (compleanni ecc.)

La posizione del marittimo di fronte al tempo libero è dunque quella di chi sta sulla difesa, di chi non sa se programmare una qualsiasi attività  perché non sa fino a quando avrà del tempo libero in quanto potrebbe essere richiamato anche prima della scadenza della sua licenza.

                                            

Anche per queste ragioni intraprendere la carriera marittima presuppone una grande
passione ed altrettanto spirito di sacrificio nonché un alto senso di responsabilità,oltre
le indubbie capacità personali, per il tipo di lavoro che si è chiamati a svolgere.



La vita in mare è un'esistenza unica. Anche se gli equipaggi oggi sonoformati da più etnie diverse, tutti quanti, durante la loro permanenza a bordo, condividono la stessa esperienza.

La nave rappresenta per ciascun lavoratore ,per il periodo del suo  imbarco, sia
il  posto di lavoro, dove presta il suo servizio durante  i suoi turni, sia la
“casa” dove trascorre il resto del suo tempo; dal momento che  la nave
è un concentrato di impiantistica e di tecnologia sempre in funzione,le
Probabilità di infortuni sul lavoro sono molto piu’ alte che in qualsiasi altro
posto di lavoro.
E’ per questa ragione che l’aspetto della sicurezza a bordo è fondamentale;
tutti sono chiamati a contribuire a mantenere alto il livello di sicurezza, sia     durante il lavoro come durante il riposo.
La negligenza o la superficialità di uno può mettere in pericolo la vita di tutti.

Ogni membro dell'equipaggio a bordo ha un suo ruolo che è importante: a bordo tutti lavorano per assicurare la salvaguardia dei passeggeri, delle merci, della nave, dell'ambiente e dello stesso equipaggio.
Tutti  i componenti l’equipaggio, ufficiali, sott’ufficiali,marinai,personale di macchina ,
di camera e di cucina compongono una squadra di soli “titolari”,senza riserve, in cui ciascuno è il campione , per il proprio ruolo e competenze.
Essi garantiscono la sicurezza della nave e dell'ambiente di lavoro e proteggono l'ambiente marino.

La carriera marittima mercantile è una occupazione civile.

La gente lontana,anche geograficamente, dal mondo marittimo la confonde con carriera militare.

E ’Un lavoro interessante, stimolante e ben remunerato
         .
L'ambiente a bordo è un ambiente di lavoro unico perché unisce casa e lavoro e questo consente di creare delle relazioni sociali uniche.
Consente di vivere una vita lavorativa stimolante che difficilmente chi lavora a terra può conoscere: l'ambiente a bordo è cosmopolita, con lavoratori di tutte le nazionalità, così si hanno molte opportunità di conoscere gente nuova sia bordo che durante gli scali nei porti.


Conclusione.
nonostante tutti i disagi
e i sacrifici che comporta la vita in mare essa,se vissuta con la passione e la giusta determinazione necessaria per superare gli inevitabili momenti di sconforto, può
essere dispensatrice di grandi soddisfazioni professionali ed umane nonché di benessere personale e familiare che sicuramente attenuerà un po’ il dolore e la malinconia dei momenti di lontananza.
Sicuramente il raggiungimento degli obbiettivi personali di ciascuno (carriera,benessere,sete di conoscenza del mondo fuori dai confini cittadini,
incontro con altre persone di paesi e culture diverse) deve essere sostenuto
dalla passione per questo lavoro e questa vita.
Se questo lavoro è un ripiego perché non si trova di meglio e quindi viene affrontato giorno per giorno come un grosso peso da spingere o una montagna impossibile da scalare,accumulando frustrazioni e delusioni che inevitabilmente avvelenano la vita sia
a bordo che in famiglia, allora meglio non cominciare neppure tale avventura.

Corre l’obbligo di fare un accenno ad una questione che meriterebbe di essere affrontata con vigore ed a livello nazionale ,al pari di tutte le questioni riguardanti il mondo del lavoro:
la crisi occupazionale che ha investito la nostra marineria da quando anche sulle navi battenti bandiera italiana è stato permesso l’impiego di manodopera straniera, a basso costo, con grave rischio per la sicurezza di tutti, e di fatto rendendo
difficile il collocamento di tanti marittimi italiani, con grave danno sia per la nostra economia che per la marineria stessa che viene a perdere in qualità.


Un pensiero commosso a tutti quei marittimi che
hanno perso la vita nel compiere il proprio lavoro e che con il loro sacrificio 
hanno permesso di migliorare sempre di piu’  le condizioni di lavoro sulle navi.

3 commenti:

  1. Non potevo sottrarmi dal far conoscere una mia riflessione al bellissimo post di Salvatore. Ho navigato per 37 anni, iniziando dalla Marina Militare a 17 anni e finendo con la Mercantile.Praticamente ho coperto tutto il periodo in auge della marineria Italiana, oggi con gli equipaggi misti, ha perso moltissimo e il post lo ha ben evidenziato.Però devo far presente una cosa: Salvatore ha navigato (e non so se naviga ancora ) come ufficiale di macchina, con tutti i privilegi e le opportunità che a lui spettano, il vero marittimo secondo me, dovrebbe essere rappresentato dalla bassa forza, che è poi quella a cui viene dato il maggior carico di lavoro.È verissimo quando dice: se non si ha la passione... meglio neppure iniziarlo questo lavoro, perchè è una vita particolare che solo persone particolari possono sopportare.Per il profano l'essere marittimo significa aver la fortuna di girare il mondo e vedere posti nuovi,guadagnando tanti soldi, subito l'idea va nella parte sbagliata, mica pensano poveracci tanto tempo fuori dagli affetti famigliari e dai loro cari.Ogni anno che passa dovrebbe essere l'anno del marittimo secondo me. Anche se sono in pensione, il mio pensiero quando vedo servizi di navi o di mare(nel bene e nel male)corre all'equipaggio,che è sempre quello che non viene quasi mai menzionato. Io ne vado fiero di essere stato uno di loro, e di aver fatto grande la Marineria Italiana.

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  2. Bellissimo il post e bellissimo il commento di Antonio. Ero bambino quando avvenne il naufragio dell'Andrea Doria e accogliemmo come un eroe il marinaio che si salvò, residente come me nel popolare quartiere della Civita, a Catania. C'erano anche tanti altri marittimi nel mio quartiere. Di una famiglia eravamo particolarmente amici, e mi ricordo la festa quando il marittimo della famiglia tornava per qualche ragione a casa(potevano essere esigenze di manutenzione, o altro). Totto ciò detto, guai a chi mi tocca i marittimi, persone brave, coraggiose, sensibili. E tantissimi auguri a loro, meravigliosa gente di mare.

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  3. Ringrazio Antonio e Lorenzo per gli apprezzamenti fatti al mio articolo. Dico ad Antonio che ha ragione in minima parte riguardo ai privilegi dei quali ho beneficiato . Io ho navigato per circa 10 anni priincipalmente su navi cisterna e carboniere nonché navi frigorifere per il trasporto di genere alimentare e su queste navi il turno di lavoro è ugualmente duro sia per gli ufficiali che per la cosidetta “bassa forza”. Le mani ce le sporcavamo tutti quanti quando c’era da intervenire. Diverso ovviamente è il discorso per le navi da crociera.Sono da poco in pensione e pur avendo lavorato, in seguito, sulla terra ferma posso dire di essere rimasto un marittimo. E tutto ciò che riguarda il mondo dei marittimi mi coinvolge emotivamente.
    Grazie ancora e alla prossima.
    Salvatore.

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