martedì 9 febbraio 2010

ELUANA, UN ANNO DOPO - notizia segnalata da CATERINA



Eluana, il premier: «Dolore per non aver evitato la sua morte»

  Per papà Beppino, Eluana è con lui come un anno fa. A dodici mesi di distanza dalla morte di Eluana il ministro del Welfare Maurizio Sacconi va in visita alla clinica lecchese che ha tenuta in cura la la donna per 14 anni e porta un messaggio del premier: «Vorrei ricordarla e condividere il rammarico e il dolore per non aver potuto evitare la sua morte».

Il testo del messaggio del premier: «Carissime sorelle, è trascorso ormai un anno dalla scomparsa di Eluana Englaro. Vorrei ricordarla con voi e condividere il rammarico e il dolore per non aver potuto evitare la sua morte. Vorrei soprattutto ringraziare tutte
voi per la discreta e tenace testimonianza di bene e di amore che avete dato in questi anni, i gesti di cura che avete avuto per Eluana e per tutte le persone che assistete lontano dai riflettori e dal clamore in cui invece sono immerse le nostre giornate, sono un segno di carità, un esempio da seguire per me e per tutti noi che abbiamo la responsabilità di governare il nostro amato Paese». «Vi prego di pregare per l'Italia perchè ritrovi pace e serenità nella vita pubblica e in quella privata di ciascuno di noi, cordialmente Silvio Berlusconi».

Sacconi è in visita alla casa di cura di Lecco Beato Luigi Talamoni, dove Eluana è morta il 9 febbraio 2009 dopo essere rimasta in stato vegetativo per oltre 17 anni, e dove è rimasta ricoverata per più di un decennio. «Non è fuoriluogo essere qui oggi anzi c'è una rilevanza politica, quella dell'amore, questa dev'essere la giornata dell'amore», ha detto Sacconi. La casa di cura è gestita dalle suore Misericordine, la cui superiora Suor Aldina Corti ha ricevuto il ministro. Ad attenderlo anche l'assessore regionale Boscagli. All'istituto Beato Luigi Talamoni, Eluana venne a metà degli anni Novanta in stato vegetativo permanente, a causa delle lesioni riportate in un incidente stradale nel 1992. Da quel momento le suore Misericordine si occuparono di lei, fino a quando un anno fa, dopo una lunga battaglia, il padre Beppino Englaro ottenne che venisse interrotta l'alimentazione e l'idratazione artificiale. All'inizio di febbraio del 2009 Eluana venne portata in ambulanza nella clinica La Quiete di Udine, dove morì una settimana dopo, il 9 febbraio all'età di 37 anni.

Eluana un anno dopo «è come un anno fa, come diciotto anni fa: un simbolo pulito della libertà individuale». Lo scrive in una lettera a Repubblica il padre della ragazza, Beppino Englaro che continua la sua battaglia convinto che «il miglior modo per tutelare la vita in tutte le situazioni sia affidarne le decisioni a chi la vive». Mentre Eluana moriva, ricorda, «c'era un giudicato» della Corte di Cassazione e «una corsa» della politica «che voleva sovvertirlo». Ma dopo un anno, sottolinea «la legge non c'è». Dov'è finita, si chiede Englaro «quella forza d'urto lanciata contro una ragazza che moriva?». La legge «così come viene formulata - secondo Englaro - non tiene e non terrà». Anche perchè i cittadini «vogliono essere messi in grado di prendersi le loro responsabilità, non essere trattati come se non fossero responsabili delle loro scelte di coscienza».

Del Monte: la mia vita è cambiata. Sul quotidiano parla anche l'anestesista che ha assistito Eluana nella casa di cura La Quiete, Amato De Monte, che racconta come gli sia «cambiata la vita». Due mesi «sotto scorta», con quell'indagine e «quell'accusa» (di omicidio, poi archiviata, ndr) che proprio non gli è «andata giù per aver fatto una cosa che era passata in Cassazione». Nonostante tutto però, conclude, «ero e resto convinto, come medico, che in quella stanza ho assistito a un processo di morte naturale».

Roccella: idratazione e alimentazione sono accudimento. «Personalmente ritengo che alimentazione e idratazione non devono essere considerate terapie perchè non curano patologie ed è quindi più corretto definirle cure e accudimenti». Lo ha detto il sottosegretario alla Salute, Eugenia Roccella. Il sottosegretario si è anche augurata che quanto accaduto porti tutti a una riflessione su questi temi e che la legge in questione venga approvata entro l'estate.

Idv: un anno dopo niente legge e ancora polemiche. «Ad un anno dalla morte di Eluana, rimane forte il nostro rammarico per il modo in cui l'intera vicenda è stata affrontata. Il nostro pensiero va al padre della ragazza, al suo dolore lungo anni, per il quale il mondo politico continua a non avere rispetto». Lo dice in una nota Fabio Evangelisti, vicepresidente dell'Italia dei Valori alla Camera. «È grave che tutt'ora non esista una legge, così come è grave che si debba continuare a fare polemica su argomenti di tale delicatezza. Italia dei Valori continuerà a battersi in Parlamento per una legge che rispetti i principi dell'articolo 32 della Costituzione».

Vaticano: custodire vita anche se c'è coma. «La vita è sacra dal concepimento al tramonto naturale» e «va custodita fino alla fine anche nei casi di coma lungo e profondo». Lo afferma monsignor Zygmunt Zimowski, presidente del pontificio consiglio per gli Operatori sanitari. «Dobbiamo forse fare anche uno studio su questa vicenda - osserva il ministro della Salute vaticano - perchè ci sono purtroppo tanti incidenti stradali e in conseguenza di questi, sono molti i giovani che vivono a lungo in questo coma profondo. Noi dobbiamo aiutare fino alla fine queste persone». Alla domanda se si stia affermando nella società italiana una cultura della morte, mons. Zimowski replica: «Io direi che dobbiamo sensibilizzare anche i medici nei confronti dei nostri fratelli e sorelle che sono nel dolore e nella sofferenza e dobbiamo imparare, soprattutto, che loro devono accettare la loro sofferenza»

Pignatiello (Pdci): affermazioni premier disgustose. «Disgustose. Le strumentali affermazioni che, a distanza di un anno dalla morte, il presidente del Consiglio fa su Eluana Englaro sono indecenti». È quanto afferma Alessandro Pignatiello, coordinatore della segreteria nazionale del PdCI - Federazione della sinistra sottolineando che «entrare così di prepotenza nel dolore della famiglia, e di quanti hanno vissuto quella tragica esperienza con discrezione e silenzio, è tipico di chi utilizza il ruolo che ricopre per tornaconti elettoralistici di bassissimo profilo».

 Anna Maria secondo me sarebbe bello se l'epilogo di questa storia dolorosa potesse essere che in Italia, domani, grazie alla battaglia pacifica di Beppino Englaro, ciascuno potesse decidere se, in caso di stato neurovegetativo, farsi tenere in vita per decenni dalle macchine o scegliere la propria fine senza emigrare. È questa l'Italia del diritto e dell'empatia , di cui si è già parlato,  che permette di rispettare e comprendere anche scelte diverse dalle proprie. Un'Italia in cui sarebbe bellissimo riconoscersi. Dobbiamo ringraziare Beppino Englaro che ha messo a disposizione la sua tragedia per difendere i diritti e la dignità non solo di sua figlia, ma di tutti noi".
Un caro abbraccio Caterina

ps.Dimenticavo! Il premier perché non è andato a trovarla prima?.. e perché non l'ha portata a casa sua, visto che lui è bravo a fare  miracoli ???



 di seguito il commento completo  di  Beppino Englaro , dove ribadisce che la figlia era costretta in una condizione che non esiste in natura.


Se il presidente avesse accettato l'invito e fosse venuto a vedere Eluana, forse non avrebbe scritto quel messaggio . Cosi dice Beppino Englaro, che, durante la registrazione della puntata di questa sera di 'Otto e mezzo' su La7 dedicata al suo caso, ricorda di "aver invitato il presidente Berlusconi a venire a rendersi conto della situazione e di cosa significa stato vegetativo permanente". "Non avrebbe scritto quella lettera alle suore misericordine e si sarebbe reso conto di ciò che la medicina può creare, una condizione che non esiste in natura e che è solo lo sbocco senza uscita di una serie di terapie".

Beppino Englaro si è detto tutt'oggi sicuro e convinto che di fronte allo stato vegetativo che le è toccato di vivere per 17 anni "Eluana avrebbe detto no grazie, rifiutando tutta l'offerta terapeutica, sempre di prima qualità, che le è stata data". "Mia figlia era un purosangue della libertà - ha ribadito papà Englaro - aveva molto chiaro ciò che voleva e un anno prima dell'incidente aveva visitato un amico in queste condizioni  ed era terrorizzata dal finire in quel modo".

"Mai pentito". Englaro ha sottolineato di "non essere pentito di niente nella maniera più assoluta" e di aver sempre tutelato la volontà "più volte espressa" dalla figlia. "In casa abbiamo approfondito decine di volte i temi della vita, della morte e della libertà - ha aggiunto -, noi abbiamo scontato in tutti questi anni la mancanza di  un approfondimento nella società". A chi poi gli chiedeva perché non avesse mai voluto diffondere le foto di Eluana pochi mesi prima della morte, Englaro ha spiegato che "anche su questo ho rispettato assolutamente le indicazioni di Eluana che era rimasta turbata dalla vista di persone in quelle condizioni e che non avrebbe mai voluto essere vista così"
"Però fare le foto era comunque necessario, ha ripreso Beppino, "come una forma di cautela perché in quel momento, visto che il presidente Berlusconi si rifiutava di venire a vedere le condizioni di Eluana, volevamo avere anche questa arma se la legge ad hoc per il suo caso fosse stata approvata".

Sui recenti studi dello scanning celebrale. Il padre di Eluana commenta anche le recenti scoperte di medici inglesi secondo cui tramite lo scanning celebrale sarebbe possibile avviare una sorta di comunicazione con i pazienti in stato vegetativo: ''Tutti i sofisticati esami in materia di stato vegetativo sono ancora empirici e tutti da verificare''. ''La medicina va avanti - continua - e si arriva a sapere qualcosa di più, ma è una cosa minima, perché in realtà lo stato dell'arte della medicina è ancora di poco superiore allo zero''.

Il padre di Eluana invita quindi a ''evitare che siano  solo clamori ad effetto''. ''Se si approfondisce e si parla con questi professori - afferma- sono loro i primi a dire che questi studi non hanno niente a che vedere con la vicenda di Eluana, per la quale non è stato lasciato niente al caso''.  E conclude: ''il professore che suo malgrado ha portato Eluana in queste condizioni  di stato vegetativo già sapeva nel gennaio del 1994 che la situazione era irreversibile e l'ha sempre detto''.

Le affermazioni delle suore. Englaro interviene anche le dichiarazioni rilasciate da suor Albina Corti oggi sul quotidiano Avvenire, secondo la quale Eluana aveva una reazione impercettibile quando veniva chiamata per nome. "Chi ha assistito Eluana è suor Rosangela non suora Albina, e lei ha sempre detto che questo non si è mai verificato. Gliel'ho chiesto più volte - ha ribadito il padre Beppino - e Rosangela si era già espressa su questo punto". E conclude: "Nella gerarchia ecclesiastica quello che dice il superiore è quello che vale.
Sulla legge in commissione alla Camera. "L'impostazione della legge sul fine vita in commissione alla Camera va del tutto rivista" afferma Beppino commentando le dichiarazioni di stamani del ministro del Welfare Maurizio Sacconi. "Nell'imporre idratazione e alimentazione forzata, si è di fronte ad un autoritarismo da Stato etico, perchè non si rispettano i diritti fondamentali sanciti dalla Corte di Cassazione"."E adesso parlo per me, non per Eluana - incalza -: che non si sognino di tenermi in vita così".
Beppino Englaro dice poi di non temere che la legge venga approvata: "Non hanno i numeri per farlo, e devono fare i conti con un'opinione pubblica informata, che è la vera Corte suprema".
La canzone di Povia a Sanremo. "Riguardo la canzone di Povia, quando l'ho incontrato non sapevo le parole" ha raccontato Beppino. "Povia è un ragazzo simpatico e gli ho detto che non avevo nulla in contrario. Ho capito che la sua vena artistica andava nella direzione giusta". "Gli ho consentito di essere libero nella sua vena artistica e se avrà successo mi farà piacere".


La storia di Eluana

17 anni fa, un mattino di gennaio .Eluana viene ricoverata a Lecco in coma profondo per un gravissimo trauma cranico riportato nell'incidente. Come se non bastasse, la frattura della seconda vertebra cervicale la condanna quasi sicuramente alla paralisi totale. Ma sul momento la cosa più urgente, per i medici, è strappare la ragazza dalla morte. Per questo motivo viene intubata e le vengono somministrati i primi farmaci. I due rianimatori fanno capire chiaramente ai genitori che in questi casi non resta che attendere il decorso delle successive 48 ore, per vedere come reagisce Eluana.

Niente, la ragazza continua a vegetare. Dimessa dalla rianimazione nell'aprile 1992, viene portata in un altro reparto dell'ospedale di Lecco, dove è sottoposta a una serie di stimoli, nella speranza di un sempre più improbabile "risveglio". Intanto il padre, consigliato dal primario del reparto di rianimazione Riccardo Massei, chiede un consulto a vari specialisti. Ma il verdetto è sempre lo stesso: bisogna aspettare. Il lavoro che stanno facendo all'ospedale di Sondrio - dove Eluana viene trasferita nel giugno 1992 - è ineccepibile. Poi la solita frase: "La speranza è l'ultima a morire".
In realtà la speranza si riduce ben presto a zero. Infatti dopo dodici mesi è possibile fare una diagnosi definitiva e sicura di stato vegetativo permanente, ossia irreversibile. La regione superiore del cervello (corteccia), compromessa come nel caso di Eluana da un trauma oppure da un'emorragia, va incontro a una degenerazione definitiva. E con essa tutte le funzioni di cui è responsabile: dall'intelletto agli affetti, e più in generale alla coscienza.
Il limite dei dodici mesi è dato per assodato a livello internazionale. Tanto che, passato quel periodo, la British Medical Association e la American Academy of Neurology sostengono la legittimità di sospendere nutrizione e idratazione artificiale. Ma non in Italia, dove la maggior parte dei medici non si azzarda ancora a dire chiaramente che tenere in vita più a lungo questi pazienti possa essere definito accanimento terapeutico.
Ed ecco come viveva Eluana: i suoi occhi si aprivano e si chiudevono seguendo il ritmo del giorno e della notte, ma non ti vedono. Le labbra  scosse da un tremore continuo, gli arti tesi in uno spasimo e i piedi in posizione equina. Una cannula dal naso le porta il nutrimento allo stomaco. Ogni mattina gli infermieri le lavano il viso e il corpo con spugnature. Un clistere le libera l'intestino. Ogni due ore la girano nel letto. Una volta al giorno la mettono su una sedia con schienale ribaltabile, stando attenti che non cada in avanti. Poi di nuovo a letto.
Commenta Carlo Alberto Defanti, primario del reparto di neurologia dell'ospedale Niguarda di Milano, che ha visitato Eluana alcuni anni fa: "Malgrado non soffra direttamente per il suo stato, dovrebbe essere chiaro a tutti che la sua condizione è priva di dignità. Di lei rimane un corpo privo della capacità di provare qualsiasi esperienza, totalmente nelle mani del personale che la assiste. La sua condizione è penosa per coloro che la assistono e che hanno ormai perduto da tempo la speranza di un risveglio e per i suoi genitori, che hanno perso una figlia ma non possono elaborarne compiutamente il lutto".
La macchina legale si mette in moto tra il '96 e il '97. Defanti, su richiesta del padre, stila una prognosi definitiva: "In considerazione del lunghissimo intervallo trascorso dall'evento traumatico, si può formulare una prognosi negativa quanto a un recupero della vita cognitiva". La corteccia cerebrale di Eluana è sconnessa dal resto del cervello. Per sempre.
Il consulto del neurologo compare, insieme ad altri documenti, nel procedimento di interdizione di Eluana da parte del padre, che nel 1997 ne diventa tutore. E' Maria Cristina Morelli, un brillante avvocato milanese, a utilizzare la figura del tutore dell'interdetto (che di solito si occupa solo di quattrini) per consentire a una persona incapace di esprimere la propria volontà attraverso un rappresentante.
E la sentenza della Corte d'Appello di Milano del dicembre 1999, anche se drammaticamente rigetta la richiesta di rifiuto delle cure con motivazioni da molti giudicate deboli, non solleva obiezioni su questo punto. "E' un passo importante della giurisprudenza" commenta la Morelli "perché si ammette che anche persone nello stato di Eluana possano esercitare il diritto di dare o negare il consenso informato alle cure attraverso un rappresentante. Con tutte le garanzie e i controlli che la legge prevede rispetto alla figura del tutore dell'interdetto. Mi sembra un buon inizio per colmare la disuguaglianza tra chi, maggiorenne e nel pieno delle facoltà mentali, può esercitare la sua libertà di scelta fino al punto di rifiutare cure che gli salverebbero la vita, e chi invece non può perché in condizioni d'inconscienza".
Per rendere meno labile questo diritto degli "incapaci" è allo studio del Parlamento anche una proposta di legge, ispirata dalla Consulta di bioetica di Milano, sulle Direttive anticipate. "Se la legge passasse" spiega il giudice Amedeo Santosuosso, tra i magistrati più competenti in materia bioetica, "basterebbe avere nel portafoglio, o depositato presso il proprio medico, un foglio in cui si possono esprimere le proprie preferenze su come si desidera essere trattati dai medici in caso di perdita di coscienza. A dire il vero, anche se in Italia questa sorta di "testamento di vita" (Living Will) non è ancora un documento espressamente previsto per legge, una volontà documentata può essere riconosciuta valida in un procedimento giudiziario. E non è detto che il dissenso a essere sottoposti a un trattamento debba essere messo per iscritto. Certo un documento scritto rende tutto più evidente, ma per la legge la volontà può essere anche verbale. A questo punto un tutore, sia esso il padre o un'altra persona, ne può curare l'esecuzione".
Sconfitta nelle aule giudiziarie, la lunga battaglia del padre di Eluana non è quindi stata inutile. Certo, questa bella ragazza di 30 anni, beffata da un incidente stradale, è condannata per chissà quanto tempo ancora a sopravvivere a se stessa. Ma Beppino Englaro si è sempre rifiutato di risolvere la faccenda all'italiana. In tutti questi anni c'è stato infatti chi gli ha suggerito di portarsi la figlia a casa e di accelerare la fine "dimenticandosi" di darle le vitamine e la soluzione nutritiva che la tiene in vita. "Il risultato di questa intransigenza è che ora si comincia a parlare di soluzioni di legge per rispettare i diritti e le volontà di queste persone" conclude la Morelli. "



"FACCIAMO SILENZIO E RISPETTIAMO ELUANA", ecco un nuovo caso!


Lettera aperta di un padre che si appella alle istituzioni per veder riconosciuto il diritto al testamento biologico

AL PRESIDENTE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI
AL PRESIDENTE DEL SENATO
AL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE SANITA’ DEL SENATO
Gent.mo Presidente
sono Luciano Di Natale, padre di Sara, una ragazza ragusana di 25 anni in stato vegetativo. Da più di due anni. Io e mia moglie assistiamo a casa Sara, 24 ore su 24, e facciamo il lavoro di sei infermieri. A volte dobbiamo prendere decisioni urgentissime sulle cure da somministrare a nostra figlia, anche se non abbiamo le competenze sanitarie adeguate.
Le voglio manifestare la mia profonda amarezza per le carenze di strutture per postcomatosi nella mia città e in Sicilia (*) ed è per questo che nel 2006, per farla riabilitare, ho dovuto ricoverare per 6 mesi mia figlia in un centro d’eccellenza di Ferrara senza peraltro potere usufruire, per il trasferimento con l’aereo opportunamente attrezzato, del sostegno economico del servizio Nazionale Sanitario (ad altri elargito per ricoveri all’estero, vedi Bernardo Provenzano).
Nell’occasione La invito ad una immersione profonda (per pochi minuti) in una realtà parallela incredibilmente dolorosa che sto vivendo con la mia famiglia e, per questo, La prego di leggere la seguente lettera che per le sofferte riflessioni esposte in merito a problemi di etica ad essa connessi (concreti e non teorici) può costituire un prezioso utensile per legiferare.
Scusate l’amara ironia, ma Lei potrebbe chiedere al Governatore della Sicilia Lombardo di utilizzare, per risolvere il problema dei gravi in provincia di Ragusa, una parte dei 44 milioni di euro che la Clinica Oncologica S. Teresa di Bagheria sta facendo “risparmiare” alla Regione Siciliana (da 50 milioni annui si è passati a 6 milioni di euro l’anno) dopo l’arresto del "titolare" della stessa clinica.
Tale “tesoretto” potrebbe essere un equo indennizzo ai ragusani per i mancati fondi che la sanità ragusana ha ricevuto, potrebbe essere utilizzato per il potenziamento del servizio ADI alle famiglie, per creare 20 posti per postcomatosi (già promessi dall’ex ass. alla sanità siciliana e dirottati verso altri lidi) e per rimodulare qualche struttura esistente in provincia.
Nell’attesa dell’intervento del Governatore per risolvere questi problemi, alcuni genitori, specialmente i più anziani o malandati di salute, che cercano di curare come meglio possono i loro malati, potrebbero non farcela più. Fra questi potremmo esserci anche io e mia moglie.
Per un momento fermiamoci, riflettiamo e:
- Immaginiamo che gravissimi danni cerebrali, riportati a seguito di un forte trauma cranico, ci costringano a stare giorno e notte a letto oppure in una sedie a rotelle, senza avere la possibilità di vedere e di sentire le voci dei nostri cari e di cacciare via una mosca dal viso perché incapaci di muovere anche un dito,
- Immaginiamo di non riuscire a trattenere l’urina e le feci e di sentirci voltare e rivoltare da mani esperte sul letto ogni tre ore per il cambio del pannolone come quando eravamo bambini , di non poter mangiare nulla perché non riusciamo a deglutire , di non riuscire a bere perché l’acqua andando in trachea ci farebbe soffocare, di sentire i liquidi invadere lo stomaco tramite un foro fatto nella pancia.
- Immaginiamo di avere un tubo inserito nella gola che ci consente di respirare ma che ci provochi, quando tossiamo o starnutiamo, dolorose lacerazioni alla trachea.
- Immaginiamo di avere passato tre mesi in una sala di rianimazione con forti crisi epilettiche e di esserne usciti con gli arti deformati per la lunga immobilità e poi di avere fatto degli inutili viaggi della speranza (con i nostri cari) in Italia o all’estero.
- Immaginiamo di essere stati sottoposti a tre interventi chirurgici ai polmoni a causa di forti difficoltà respiratorie.
- Immaginiamo di essere assistiti intere nottate in casa, trasformata in corsia ospedaliera, dai nostri cari che cercano di evitare che ci possiamo mordere le labbra o la lingua, che ci favoriscono la respirazione utilizzando ventilatori, apparecchi per l’aerosol e aspiratori che, continuamente, tirano fuori, attraverso lunghi tubi, le secrezioni che ostruiscono i bronchi e le vie respiratorie .
Immaginiamo poi, come aggravante, di abitare in una regione d’Italia, la Sicilia, dove le strutture di riabilitazione per postcomatosi sono del tutto insufficienti e dove le famiglie sono costrette a salti mortali per la riabilitazione dei loro malati e dove devono lottare, continuamente, per ottenere i diritti che invece hanno i cittadini di regioni più virtuose.
- Immaginiamo di non avere speranze di guarigione o di una vita umanamente accettabile.
Accetteremmo di vivere una vita così oppure, se potessimo farlo, rifiutaremmo le “buone” intenzioni dei medici che ci vogliono dare per "elemosina" una vita di stenti e dire: No grazie io non voglio la vostra elemosina, non voglio che sia violata la mia dignità!

Facciamo SILENZIO e RISPETTIAMO Eluana.
RISPETTIAMO il dolore di un padre che con grande dignità ha lottato e lotta per il bene di Eluana.
Smettetela con le televisive crociate delle bottiglie d’acqua al Duomo di Milano perché le indulgenze non sono più garantite ed è improbabile che il promotore di tali pellegrinaggi sia dichiarato “santo subito” (magari come grande santo protettore dei giornalisti).
Chi scrive è il padre di una ragazza di 25 anni in stato vegetativo persistente da due anni e mezzo, a causa di uno shock anafilattico dovuto all’ingestione di una polpetta di carne trattata con sostanze nocive, che una mano incosciente aveva aggiunto per guadagnare qualche miserabile euro in più.
Mia figlia ed Eluana sono doppiamente sfortunate perché oltre ad avere le loro giovani vite spezzate, non hanno potuto rifiutare l’uso della “tecnologia avanzata” delle sale di rianimazione per chiedere di morire secondo natura.
I medici delle rianimazioni, avendo a disposizione apparecchiature tecnologicamente avanzate, sono in grado di strappare alla morte molti pazienti sottoponendoli a tutte le cure possibili, anche se consapevoli della loro inutilità e delle conseguenti sofferenze.
Spesso l’esito di un coma degenera in uno stato vegetativo di esso dice la letteratura scientifica: "E’ il più controverso disturbo della coscienza; è un fenomeno moderno, prima sconosciuto, prodotto delle rianimazioni e delle terapie intensive. Chi è in questo stato reagisce agli stimoli dolorosi e non è in grado di attivare la masticazione, la deglutizione ed è del tutto incontinente".
Io dico che lo stato vegetativo che non è vita ma non è nemmeno morte è mostruoso(un frutto della medicina del 2000). E’ un ibrido di vita e, simultaneamente, di morte. Non è accettabile umanamente questa degenerazione della medicina.
Penso che se si facesse un referendum in Italia, dopo una vera informazione, il 95 % degli italiani (il resto sarebbero fondamentalisti religiosi, o masochisti, o disinformati) voterebbe per il testamento biologico.
Per quanto ho detto, ecco perché il padre di Eluana, costretto a difendersi dagli attacchi virulenti che arrivano anche dai vescovi in trasferta oltreoceano, parla di ”natura violentata “.
E la stessa cosa avrà pensato Papa G. Paolo II, quando rifiutò il sondino per l’alimentazione, chiedendo di “lasciarlo andare alla casa del Padre” (come ha scritto in un libro il suo segretario). Se i medici rianimatori (di altissimo livello) non avessero rispettato la sua volontà, con i loro strumenti di “tecnica avanzata” avrebbero mantenuto in vita il Pontefice chissà per quanto tempo e, probabilmente, potrebbe essere ancora vivo.
Il Papa, persona intelligente, lo sapeva che il “rifiuto” delle terapie medico-chirurgiche, anche quando conduce alla morte, non può essere scambiato per eutanasia. Il malato ha il diritto di scegliere che la malattia segua il suo corso naturale.
E facciano religioso silenzio quei preti con i loro sagrestani che contestano la giusta sentenza dei Giudici di Milano che hanno dimostrato equilibrio e grande umanità. Probabilmente tali Giudici hanno pensato alla “vita dell’individuo”,a cui compete la capacità di discernimento e libero arbitrio. Nella sentenza c’è il rispetto per l’uomo. Il rispetto per Eluana.
Ho l’impressione che invece una parte del clero ami di più la dottrina consolidata piuttosto che l’uomo.
Questo è un problema interno alla chiesa cattolica e spero che sia dibattuto in modo approfondito in quanto essa ha una grande influenza su molte fasce della società e della politica italiana.
Anche Eluana non avrebbe mai accettato quella innaturale condizione in cui si trova. Noi, persone libere, non abbiamo motivo di dubitarne come invece, maliziosamente e faziosamente, fa qualche nostro concittadino alle vette della politica.
Ed ha ragione il Presidente della Consulta di Bioetica (Maurizio Mori) quando dice: "Eluana ha scelto che non avrebbe voluto vivere da vegetativo permanente, ed e' giusto rispettare la sua volontà. Si può dissentire, ma è bene moderare i toni nel rispetto delle diverse convinzioni e degli opposti valori.
E facciano silenzio tutti, soprattutto quei politici che con l’uso quotidiano dei mass-media si ergono ad arbitri e custodi della vita.
Penso che, da loro, Eluana è trattata come un mezzo per difendere la loro morale che vorrebbero imporre a tutti e tremo all’idea che possano discutere e legiferare su di una materia tanto delicata come il testamento biologico o altri problemi di etica. 

Distinti saluti Luciano Di Natale


ANNAMARIA...a dopo

3 commenti:

  1. Io sarei stato zitto per non fare della morte di Eluana una ricorrenza ed un inevitabile elemento di divisione.

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  2. Io non capisco come certe persone possa piacere vedere una persona soffrire, e non solo lei, ma anche chi le stà attorno, forse xchè non capita a loro.

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  3. Condivido con lei signor Di Natale

    La vostra storia è molto triste, come tante altre, mi fa rabbia leggere queste vicende senza che qualcuno vi dia una mano. Siamo abbandonati chi in un modo chi in altro, ci lasciano alle nostre vite.
    Perché loro non sanno che vuol dire la vera sofferenza, per chi la vive, e ancora più dura per chi ci sta vicino.

    Anch'io sono disabile dall'età due anni. Oggi ho 60 anni e ancora lotto per l'ingiustizia di chi fa le leggi.

    E capisco il vostro dolore e la vostra rabbia.

    Mi hanno colpito le ultime parole: il Pontefice quando disse lasciatemi andare alla casa del Signore lui aveva capito tutto non voleva più soffrire ,aveva già sofferto tanto nella sua vita.

    Il Papa, era una persona intelligente, resterà sempre nel mio cuore e lui che da la forza ad andare avanti.

    Vi auguro di cuore ogni bene, con l'augurio che il Santo padre possa prega per voi tutti in famiglia, che vi dia la forza di andare avanti con serenità.

    Un bacio forte a vostra figlia.

    Caterina

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