mercoledì 8 ottobre 2014

DA KOBANE A RAGUSA, DONNE CONTRO LA SUPREMAZIA DELL'ANIMALE MASCHIO




Commento in maniera sintetica questo articolo di A. Saletti preso da il  FQ  : assimilare tutto il genere maschile a certi mostri è un insulto, non solo a tutti gli uomini ma anche a noi donne.



A Kobane le donne difendono la città. Armate, combattono, preparano cibo per chi combatte, proteggono i bambini, li portano via dalla guerra. Svarie le fasce di età , sono l'esercito delle donne dei peshmerga curdi, pronte a morire piuttosto che cadere nelle mani dei jihadisti dell'Is. All'Unità di Difesa del Popolo (Ypg) apparteneva anche la ragazza kamikaze, Arin Mirkan, che si è fatta saltare in aria vicino a una postazione dell'Is. E la 19enne Ceylan Ozalp, che il 3 ottobre si è uccisa sparandosi alla testa con l'ultimo colpo per non essere catturata. Kobane è sotto assedio dello Stato islamico da giorni, questi sono i volti di gente comune, foto trovate su Twitter sotto diversi hashtag postate dall'Osservatorio dei diritti umani, da giornalisti e testimoni, dall'Ypg.




Di Achille Saletti
(Criminologo e presidente di Saman)

La questione di Kobane va ben oltre uno scontro tra un assolutismo (religioso ) e il relativismo delle democrazie occidentali, tra controllo petrolifero e questioni economiche.ù Non si limita esclusivamente all’eterno combattimento tra un fondamentalista e un moderato.

In questa questione sono rinvenibili le punte estreme di una cultura, diffusissima in oriente ma presente, in dose massiccia, anche da noi, che mi auguro possa declinare fino a scomparire definitivamente. La cultura dell’animale maschio che enuncia la supremazia su tutto ciò che si differenzia da lui.

Isis si scontra non solo con religioni: si scontra con migliaia di donne in armi, evolute politicamente e culturalmente, che non accettano di recedere di un solo millimetro da ciò che hanno raggiunto. Parliamo delle donne di quella entità comunista libertaria che è Kobane. Donne organizzate in milizie, con gradi e stellette guadagnate sul campo, che frappongono i loro corpi tra il futuro ed il passato. Decise ad immolarsi perché non sarebbe più esistenza ragionevole e meritevole di essere vissuta, tornare indietro.


A migliaia di km da quella enclave abbandonata dall’occidente esiste una provincia siciliana (Ragusa) dove la questione passato futuro non si pone minimamente. Donne rumene di una sperduta comunità rurale della Romania ingaggiate come braccianti agricole sono schiavizzate dai loro datori di lavoro anche in termini di pretese e richieste sessuali. Non in nome della fede ma in nome di quella religione laica che prevede il maschio dominante su natura, economia, genere ed identità.


Ristabilite la legalità e catturate tutti (italiani e non) coloro che non rispettano le leggi... vedrete poi che gli onesti (contadini e imprenditori) potranno lavorare tranquillamente e pian piano si combatterà il mercato nero e della prostituzione.

Senza controlli non ci potrà mai essere un minimo di miglioramentoIn una omertà che, se possibile, è ancora peggio di quella mafiosa, le pratiche estorsive di questi uomini siciliani spaziavano da ricatto di rimandarle in patria a quello, ancora più grave, in questa galleria degli orrori, di separarle dai loro figli. In cambio baccanali notturni e sesso gratuito.

Le donne di Kobane e le sorelle romene rappresentano le due facce della stessa medaglia. Lontani i periodi in cui Virginia Woolf ragionava di guerra e donne. Vicini i periodi in cui la guerra, talvolta dichiarata e talvolta solo combattuta, presuppone una scelta vera, decisa, senza ambiguità. E non basterà il selfie del risveglio, pratica neo oligarchica della noia che si fa impegno. Ci vogliono cannoni ma soprattutto l’umiltà di comprendere come la libertà delle donne (e il reale riconoscimento) è il miglior viatico verso una società laica che rifiuta teocrazie e assolutismi. Religiosi e di genere.

A me sembra un’ottima causa.



"Esiste una provincia siciliana (Ragusa) dove la questione passato futuro non si pone minimamente. Donne rumene di una sperduta comunità rurale della Romania ingaggiate come braccianti agricole sono schiavizzate dai loro datori di lavoro anche in termini di pretese e richieste sessuali. Non in nome della fede ma in nome di quella religione laica che prevede il maschio dominante su natura, economia, genere ed identità."

Mi sembra che questo passo sia violento nei confronti degli abitanti della provincia di Ragusa e degli uomini in generale. È un razzismo e un sessismo di segno opposto. Chi violenta le donne è da condannare... ma non è solo questo che si dovrebbe fare a Vittoria... Ci sono migliaia di extracomunitari irregolari, spacciatori, ladri professionisti, violentatori, ricattatori... ubriachi ogni sera e girovaganti con coltelli o armi... dove sono i controlli nelle campagne?

Annamaria... a dopo





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