Ecco la terza parte del racconto scritto per noi da Paolo.Anche se un pò lungo sarete presi dalla narrazione; la lettura sarà scorrevole!!
La prima parte del racconto è stato pubblicato il 15/12.. e la seconda il 27/12..
(Nausica)
Non sai mai se una cosa funziona finchè non ne provi il funzionamento.
Una volta spostato il vaso di fiori in ceramica di Capodimonte, il Westminster ne
prende il posto. L'ho spostato delicatamente, dal tavolo alla credenza, dopo aver
fermato il meccanismo, e l'ho riavviato dopo il posizionamento.
Stamattina, dopo una notte di ticchettii e din-don-dan l'orologio funziona
perfettamente, sono le sette e un quarto di un martedì rinfrescato da un venticello
sottile e un cielo pieno di luce.
Non ci sono nubi e le previsioni meteo non indicano pioggia per tutta la settimana.
Ormai non piove da tre settimane, ovvero da quando siamo arrivati per le vacanze. A
volte mi chiedo da dove venga l'acqua che sgorga dai rubinetti. Invasi c'è ne sono sui
Nebrodi, ma non ci sono nevai. Possibile che il ciclo dell'acqua sia quello indicato
dagli studiosi? Evaporazione e pioggia non possono bastare a bagnare l'isola e a
soddisfare il fabbisogno della gente. Quanta è la parte che ci giunge filtrata dalla
capillarità del terreno?
Che pensieri mattutini. Ci metto su un caffè per chiudere la contorsione cerebrale.
Dabbasso sento gli ambulanti finire di montare le loro bancarelle.
Un bel momento questo del mattino. Speranze di vendita che agevolano le
operazioni.
Parole che passano da un commerciante all'altro “stasera se vinco al superenalotto
scappo via e faccio vacanza per il resto della vita”
“ma che vuoi vincere, con un superpremio così alto sicuramente il gioco è pilotato
per risanare il bilancio di qualche comune. Non ti ricordi di Catania?”
“Voci, parole al vento supposizioni popolari” “intanto l'Enel aveva tolto la corrente a
tutta l'illuminazione pubblica e la città era al buio. Poi dopo l'estrazione di sette mesi
fa, luce riaccesa e bilancio comunale risanato.”
“Voi comunisti le inventate tutte per non dare un merito al governo, la luce sarà stata
ripristinata per esigenze di ordine pubblico, e non per estrazione. E comunque se
vinco vado alle Maldive” “Auguri, mandami una cartolina.”
Allegramente i banchi si compongono. Sole e sudore cancelleranno presto l'allegria
mattutina.
Intanto è tornata al proprio banco la Nausica che apettavo. Da tre settimane porto a
spasso la folgore che ha scatenato nel mio petto.
Si piega in avanti a sistemare canottiere, mutande e reggiseni sulle assi poggiate ai
treppiedi. Il suo corpo si flette e i miei pensieri svaporano col fumo della mia pipa.
Devo trovare un modo per parlarle, per attaccar bottone. Ma vende solo capi intimi
femminili, che ci compro un collant? Posso fare un regalo a mia moglie. Figurarsi se
poi non mangia la foglia. Gelosa? No peggio, protettrice dei suoi possedimenti, e il
muro difensivo è la mia ridicolizzazione.
Sto ancora galleggiando tra i pensieri e il sogno, che sento “ti sei messo in ferie?”.
“Buongiorno, dormito bene?”
Tirando le braccia avanti e poi di lato dice “niente caffè stamattina? Non bastano le
campane della chiesa senza campanile che abbiamo a fianco, ci si mettono anche i
rintocchi del tuo coso. Già a lambiccarti gli occhi dietro alla mercivendola?”
Cominciamo bene, l'intuito femminilfelino graffia peggio della carta vetra.
Però questa chiesa qui a fianco, senza campanile e due megafoni che implorano a
ogni ora i fedeli affinché la finiscano di costruire, è proprio una tortura.
I primi tempi ch'ero qui continuavo a chiedermi dove fosse la chiesa che scampanava.
Facevo il giro del circondario senza trovarla. C'era e c'è anche un cartello turistico
colorato ad indicare la direzione da prendere per giungere alla chiesa della SS.
Madonna del Tindari. Poi ho capito, della chiesa esiste solo il pianterreno, anzi il
seminterrato ricavato dallo sbancamento del terreno.
Ad una estremità affiora per tre metri, dall'altro lato è a livello zero.
Come buona parte delle case intorno, la costruzione è stata interrotta con il finire dei
soldi o ritenendo sufficiente la parte costruita.
Così son stati posti due megafoni su un paletto, per garantire il concerto campanario e
a ricordare ai fedeli che la chiesa è lì e va completata.
Ecco perchè i miracoli non arrivano, la gente affonda la testa nelle mani per coprire
gli occhi e la Vergine dall'alto non li riconosce e sbaglia nell'intercessione.
Mentre mi rado, mi cerco nello specchio. “E tu chi sei?” dico all'immagine riflessa e
a cui faccio una boccaccia che mi massaggia il viso.
Una volta vestito prendo il cane e mi avvio all'uscita di casa.
Il meticcio che ho adottato è una molla vivente e mettergli il guinzaglio è un'impresa
di velocità evolutiva.
Usciamo in strada e approfitta subito per inumidire il marciapiedi. Devo passare tra le
bancarelle, all'angolo c'è quella di Nausica. Tengo il guinzaglio corto per evitare che
salti su qualche bancone.
Giunto davanti al banco dell'intimo Berry fa due giri su se stesso e, costruito
un'invisibile paravento, si libera di quanto lo ingombrava.
Che figura di m... “Ma proprio qui dovevi farla?”
“Non si preoccupi, porta fortuna”. E' Nausica che parla venendomi incontro mentre
sto tirando fuori il sacchetto di plastica che userò a mo di guanto per raccogliere il
“porta fortuna”.
“Lasci pure a me” mi dice prendendo il guinzaglio “bado io al cane. Che simpatico
che sei” dice rivolto a Berry.
“Grazie” dico, “torno subito. Spero non dia altro fastidio”
“Va pure, penso io al piccoletto”.
Tornato in casa, butto il sacchetto nella pattumiera, lavo le mani igienicamente, e
rispondo “niente, niente torno giù” al “già di ritorno?” di mia moglie.
Ecco li Berry che gioca con Nausica seduta sul ciglio dell'alto marciapiedi dietro il
banco.
“Grazie, mi è stata di grande aiuto e mi scusi ancora”
Il sorriso che mi volge le disegna due fossette ai lati della bocca “E' stato un piacere,
è un cagnetto simpatico il tuo...Come si chiama?” “Berry”.
“Mi ricorda Fidelix, ma non ti offendere. tu non sembri Obelix”.
Sorrido alla battuta, il mercato sta scomparendo, tutt'intorno ci sono solo palme e
musica awahiana e noci di cocco con la cannuccia.
Vincendo ogni atavica timidezza dico “devo farmi perdonare da Lei, venga le offro
qualcosa al bar”.
“Si accetto l'invito” e tende la mano destra per essere aiutata a sollevarsi in piedi.
Mai avrei sperato in tanta benevolenza dal fato. Tenendo ancora la sua mano nella
mia dico “non mi sono presentato, mi chiamo Pasquale, per gli amici Pax”, “allora
per me sei Pax, mi chiamo Silvia” e subito, mentre sto ancora inghiottendo
l'emozione, dice rivolta a una vicina “Giulia dammi un occhio alla merce, torno
subito, vado al bar”.
(Al Bar)
Una granita caffè con panna e una calda brioche sono un rito. Essere a un tavolino
con Silvia e Berry legato alla sedia è un'eccezionalità.
“Sei qui in vacanza? Da dove vieni e che fai?”. Ormai ho un repertorio da narrare e
ripeto quanto detto a Saro giorni fa.
“Silvia, come mai hai scelto quest'attività?”
“Ho trentaquattro anni, questo lavoro lo faccio da sei. Prima lavoravo in un
supermercato, sono ragioniera, ma facevo la commessa. Poi l'idea di stare sempre
all'aria aperta, di girovagare cambiando tutti i giorni posto, il rapporto con la gente
con un lavoro mio, mi ha fatto prendere la decisione. Sono stata aiutata dagli eventi,
una zia anziana che andava in pensione, il supermercato che cessava l'attività ed
eccomi qui a fare il mercato a S.Maso e sedere al tavolino di un bar con uno
sconosciuto e il suo cane” e ride.
“Quanti mercati fai a settimana? Dove vivi?”
“La settimana è piena lunedì Patti, mercoledì Barcellona... che vuoi farti tutti i
mercati per seguirmi?” dice ridendo.
“Sai mi sto chiedendo come mai non ti ho vista gli anni scorsi. Il martedì hai fatto
sempre mercato a S.Maso, se ho capito bene.”
Intanto penso “avrà capito che son cotto?” Certo i suoi occhi verdi posson vedere
oltre il normale, o davvero siamo una reincarnazione di noi stessi e finiamo a volte
per entrare in contatto con chi ha condiviso una nostra vita precedente casualmente,
scoprendo simpatie e antipatie innate?
Il pensiero è un lampo e la mia bocca dice “sai che non sarebbe male venire a tutti i
mercati? Non ti serve magari una mano?”
“Lascia perdere Pax, hai un lavoro serio, le ferie pagate, una moglie e vorresti correr
dietro a me?”
“Forse per il lavoro hai ragione, tieni conto però che sono in cassa integrazione, e
chissà che magari non ti chieda di farmi fare il commesso. Penso però che la casualità
del nostro incontro sia il segno o il disegno di qualcosa. Non credere che porti a
spasso il cane nei mercati per abbordare, sento interesse per te. C'è qualcosa in te che
vorrei conoscere. Il pensiero di te mi vibra dentro.”
“Non stai correndo troppo? Mi conosci appena, mi fai una dichiarazione d'amore,
senza sapere se ho già una vita di coppia. Tu che intruso saresti? Ho solo accettato
una granita al bar per ripagarmi del danno del cane.”
“Che però porterà fortuna”
“A te o a me?”
“Il banco è tuo quindi a te” e senza mollar la presa dico “stasera che fai?”
“Stasera vado a letto presto, domani la sveglia suona alle cinque, il mercato a
Barcellona è impegnativo e da Gerosa dove vivo, sono 65 chilometri di cui solo 35
autostradali”.
“Ti va di cenare insieme una di queste sere?”
“Se proprio insisti. Sento che di te mi devo fidare, è strano, dicono che sono
scontrosa e irraggiungibile. Rifuggo gli uomini da quando uno mi mollato con una
bambina che ora ha nove anni.”
Capisco che mi sta dicendo che non ha una vita sentimentale in corso d'opera.
“Dimmi, domani sera va bene?”
“No facciamo venerdì, dammi il tuo recapito telefonico, che poi ti chiamo io. Ora
scusami i clienti al banco non possono far da soli. Grazie è stato piacevole questo
quarto d'ora. Ciao”
“Aspetta, ti accompagno”
Voltandosi appena indietro aggiunge “So la strada, ci vediamo.”
Vedo la sua figura scomparire tra la folla, il cane vorrebbe correrle dietro, ed io con
lui.
Ho lasciato libero Berry stamattina, ero troppo contento per non lasciarlo correre un
po.
In questa contrada i terreni sono tutti recintati e non si ha un posto dove lasciarlo
sgranchire.
Un tratto di filo spinato rotto però consente di passare dentro un agrumeto. Non sento
persone vicine e quindi lo lascio libero per una corsa.
Dopo un po' torniamo a casa assetati dal caldo. Dal balcone vedo Silvia che mostra
della merce a un'anziana donna con i capelli annodati a cipolla.
Come se sentisse il mio sguardo alza gli occhi e con la mano mi saluta. Rispondo al
saluto e rientro in casa richiamato dal telefono che trilla.
E' l'ufficio postale che mi avvisa che il bonifico effettuato tre giorni fa ha qualcosa
che non va. Non è andato a buon fine, devo passare all'ufficio postale per rifare
l'operazione.
Controllo i numeri dell'iban sulla ricevuta e quellli del conto su cui dovevo effettuare
il bonifico, manca un sette.
Il nuovo orologio batte i rintocchi delle undici. Gli altoparlanti del campanile
invisibile si adeguano.
Prendo le chiavi della macchina e dico “Carla esco, devo tornare in posta. Aspetta a
buttar giù la pasta”.
(Barcellona)
Mercoledì mattina ci dirigiamo dal notaio a Barcellona. Il giorno prima ho sistemato
il bonifico alla posta. Ho con me la ricevuta così se ci son problemi, attraverso il
CRO sarà possibile verificare l'esecuzione dell'operazione.
Dobbiamo sistemare una compravendita per una casa rurale ereditata in parte, e in
parte saldata ai cugini coeredi.
Poco più di mezz'ora, una serie di firme, un assegno al magnifico e via.
Forza della telematica: i cugini venditori non ci sono, ma gli atti sono regolari, non
occorre che ci si sposti per mezza Italia per una firma.
Usciti in strada non ci avviamo subito per tornare indietro. Carla ha voglia di città,
tradotto vuol dire shopping.
Al lungomare giungiamo passando prima in un'ampia via costellata di negozi. Tutte
le vetrine sono tappezzate di cartelli annuncianti i saldi. L'economia da mesi è ferma,
la gente compra poco, forse ha perso l'abitudine del superfluo, fatto sta che le
ripercussioni si vedono.
Qui non ci sono le migliaia di cassintegrati del nord. Qui è venuto meno il secondo
lavoro, quello che consentiva di poter andare in vacanza o al ristorante tenendo la
moglie a casa.
Per il resto i dipendenti pubblici (tranne qualche caso) continuano fare quel che
facevano prima, e i pensionati continuano a percepire quel che gli spetta.
Chi soffre sono ristoratori e commercianti vari. Il mercato che si apre sul lungomare,
con il formicaio di gente, in cerca di buoni affari tra le bancarelle, testimonia la
penuria di pecunia.
Silvia la vedo dietro al suo banco indaffarata a servire la clientela. C'è una bambina
con lei, stessi capelli rossicci e lineamenti. Penso proprio sia la figlia. Vorrei tornare
indietro. Che figura ci faccio lì con Carla.
“Ho dimenticato una cosa dal notaio. Possiamo tornare indietro?”
“ E cos'hai dimenticato di così importante da non poterlo ritirare dopo?”
“Vorrei una copia del rogito, anche provvisoria, in attesa della registrazione”
“E a che ti serve? Tanto la copia autenticata ce la spedisce appena pronta. Vieni che
facciamo un giro per il mercato. Ho voglia di comprare qualcosa.”
“Senti facciamo così, io torno indietro ora, tu va a avanti e tra mezz'ora, se non ci si
ritrova prima ci si vede a quel bar dalla parte opposta a dove siamo ora. Quello laggiù
con la scritta color blu marino.”
“Verde mare vorrai dire.”
“Si quello, lo sai che non son bravo nel definire i colori.”
Un bacio sulla guancia destra ed eccomi risalire la strada per tornare all'ufficio
notarile.
L'impiegata è gentile, capisco da come reagisce alla mia richiesta, che due clienti su
tre fanno come me, infatti dà un imput dalla tastiera e stampa l'atto provvisorio, su
cui appone un timbro in prima pagina, come per certificarne la provenienza.
Ringraziamento, sorriso di rito, saluto convenzionale ed esco.
Per far prima giro intorno all'isolato per scendere al lungomare da un altro punto e
giungere al bar dell'appuntamento con Carla, senza passare davanti alla bancarella di
Silvia.
Ma che male c'è? - mi dico - ora Carla non è con me, posso tranquillamente andare a
trovar Silvia, anzi così il mio interesse è più palese e magari le fa anche piacere.
Giro nella prima via sulla destra e poi giù a sinistra a passi svelti verso il lungomare.
Vedo a distanza il banco dell'intimo. Silvia non c'è e neanche la bambina.
Vincendo ogni remora chiedo alla donna dietro l'esposizione “la signora Silvia non
c'è?” “Torna subito, deve cambiare qualcosa?” “No niente, volevo solo salutarla.
Magari ripasso”.
La donna, piegando le spalle avanti, quasi a toccare la mascella, mi congeda.
(Linda)
Entro nel bar affollato e guardo in giro per vedere se c'è già Carla. Non la vedo, ma a
un tavolo c'è Silvia, che sorseggia un caffè, e la figlia, che mangia una brioshe ripiena
di gelato.
Vista una sedia libera la prendo e come fosse un ariete, anzi un cavallo a dondolo, la
porto davanti a me avvicinandomi al tavolino dove sono loro.
“Permettete che mi sieda qui?”
“Ciao Pax, che sorpresa. Come mai da queste parti? Scusa, questa è Linda, mia
figlia.”
“Piacere signorina, somigli molto alla mamma.”
“Grazie signore, me lo dicono tutti. Tu chi sei un amico della mamma?”
“Si, siamo amici, da ieri siamo amici.”
“Fammi una cortesia Pax, resta qui con la bambina e poi l'accompagni al banco, io
vado, non posso assentarmi troppo a lungo” e si allontana spostando con la mano una
ciocca di capelli dietro l'orecchio.
Mi lascia senza parole la sua fiducia. Affidare una bimba ad uno sconosciuto non è un
fatto comune in questi tempi.
Forse non sono proprio uno conosciuto. Magari mi conosce da prima che la
conoscessi io.
Già che sono cinque anni che vengo in questo posto. La mia faccia non le è di sicuro
nuova, chissà quante volte mi avrà visto passare. Com'è che io non l'ho vista prima?
Forse non avevo gli occhi disposti bene. Chissà che non sia come per le malattie in
cui ti ammali solo se sei predisposto.
Approfitto per sapere qualcosa in più di Silvia interrogando la figlia.
“Tu vai a scuola, farai la quinta il prossimo anno, giusto?”
“Si, e da grande farò il medico.”
“Ti chiamerò Dottoressa Linda allora. E perché vuoi fare il medico?”
“Per guarire le persone. Papà non c'è più, se ci fosse stato un bravo dottore forse io
l'avrei conosciuto”.
Che idee che si fanno i bambini della vita, quando non conoscono il complesso
intrigo dei sentimenti.
“A Gerosa hai nonni, zii e cugini?”
“Si ci sono i nonni, dopo la scuola vado sempre a casa loro. Ogni tanto vedo i miei zii
che abitano a Giglio e i miei cugini, che però sono tutti più grandi di me.”
“E i nonni che fanno, lavorano ancora?”
“Il nonno ha il trattore e lavora i campi e fa pure il guardiano dell'acqua”
“E che lavoro è quello del guardiano dell'acqua?”
“Apre e chiude i canaletti che portano l'acqua ai campi, è importante sai? A volte lo
sento parlare a voce alta con qualcuno, ma lui è forte ed ha sempre ragione.”
Sento una mano sulla spalla destra con le dita che sfiorano la nuca. E' Carla, lo
sguardo di Linda si sposta dal mio viso al suo.
“Posso unirmi alla compagnia o disturbo?”
“Ah, Linda ti presento Carla”
“Sei sua moglie?”
“Si Linda, sono sua moglie, e tu cosa fai qui, aspetti la mamma?”
Mi intrometto “E' la figlia di una mia ex compagna di scuola che ho incontrato dopo
tanto tempo, lavora al mercato e dovendo tornare al banco mi ha incaricato di
prendermi cura della figlia che, stavo per accompagnare da lei. Siedi, siedi pure”, c'è
la sedia lasciata libera da Silvia, “io torno subito. Intanto ordina qualcosa, ancora non
ho ordinato niente nell'attesa che tu arrivassi. Per me fai portare un'aranciata.”
Linda intanto si è già alzata, la seguo verso l'ingresso volgendo uno sguardo,
accompagnato da un gesto della mano, a Carla “un minuto e torno”. Lei con un gesto
della testa ricambia assentendo.
Al banco Silvia è indaffarata con due clienti. Mi vede, guarda la figlia e mi dice
“Ciao, grazie, ci sentiamo”.
Resto fermo un attimo, rispondo al saluto e torno al bar dove trovo Carla leggermente
china mentre da una cannuccia beve un liquido verdastro da un bicchiere che tiene in
mano, acqua e menta. Sul tavolo c'è l'aranciata con del ghiaccio e una cannuccia
sporgente.
“Così anche questo è un caso: veniamo qui e chi incontri? una ex compagna di
scuola. Certo che secondo un calcolo delle possibilità tante coincidenze danno da
pensare. Perché non giochi al lotto? Sembra il tuo periodo fortunato.”
“Senti Carla non crederai che sia venuto qui premeditatamente. Ti assicuro che è una
casualità. C'è chi va a sbattere contro un palo, io invece ho incontrato una persona
che non vedevo da tempo”
“e che è sparita prima che io arrivassi, lasciandoti in compagnia della figlia”
“non capisco, cosa vuoi dirmi che non dici?”
“bello, quella bambina somiglia alla merciaia del mercato del martedì, cosa mi
racconti ora? Che è un caso? La conosci dai tempi della scuola?”
“e va bene, è la figlia della merciaia, sai quello che ha fatto ieri Berry, sai che ho
consumato qualcosa al bar con lei per farmi perdonare l'incidente. L'ho ritrovata qui,
ho commesso un delitto?”
“stai pensando ad una ruota di scorta per quando parto?”
“ma va Carla, ormai la ruota di scorta non si usa più, un ruotino al massimo”
“mi vuoi sostituire con un ruotino? Guarda che io non ti lascio addosso altro che i
vestiti che indossi.”
Non credevo che fosse così gelosa, o forse sta avvertendo un pericolo per la nostra
unione?
Poggiando il bicchiere sul tavolino si alza aggraziatamente e va verso l'uscita. Occhi
furtivi guardano il nostro spettacolo senza pagare il biglietto. Io vado alla cassa e
pago le consumazioni.
Uscendo per tornare alla macchina non so se passare davanti alla bancarella di Silvia
o fare l'altra strada, più breve.
Scelgo la via più breve, ma all'angolo mi giro per vedere il banco della merceria.
Carla è li, sta acquistando qualcosa.
Si comporta proprio come fece tanti anni fa con una di cui mi ero invaghito, vuol
conoscere il nemico in faccia per sapere le armi da usare.
(Il rientro a casa)
Arrivo alla macchina prima di Carla. Sapevo già che avrei fatto prima di lei e con
pazienza aspetto dall'altro lato della strada, dove un po' d'ombra attenua il disagio.
Visto che non arriva torno alla macchina e accendendola avvio il climatizzatore,
sopportando con stoicismo, i sessanta gradi dell'abitacolo per i brevi attimi di avvio.
Poi torno all'ombra dirimpetto e trascorso qualche minuto prima di tornare all'auto
per verificare se la temperatura si sia fatta sopportabile.
Accomodandomi al posto di guida guardo lo specchietto per vedere se Carla arriva.
Non si vede ancora, allora tiro fuori il libretto d'istruzione dell'auto alla ricerca di
qualcosa che magari devo ancora scoprire.
L'attenzione è attratta dal pulsante di rallentamento automatico durante una discesa
ripida: innestata la seconda e pigiato l'interruttore la velocità si stabilizza con un
effetto simile all'ABS. Devo fare una prova alla prima occasione per evitare di averne
necessità e non sapere come usarlo quando serve davvero.
Sto ancora pensando al dove fare la prova che la portiera si apre e Carla mi si siede
accanto. Notando la busta tra le sue mani accenno “fatto compere?”
“Si ho comprato alcuni capi intimi dalla tua ex compagna di scuola”
“senti finiamola, non era una mia ex compagna di scuola. La mia è stata una scusa
sventata. Ti assicuro comunque della casualità dell'evento, scusami se ho fatto casino.
Non so mentire e tu sei troppo attenta ai punti e virgola. Cos'hai acquistato di bello?”
Siamo ancora fermi, l'abitacolo è ormai abbastanza fresco e Carla tira fuori dal
sacchetto una scatola piatta raffigurante un corpetto merlettato.
“Huwau biancheria sexy”
“Certo che credevi che dalla tua amica comprassi un velo monacale? In questo modo
le ho comunicato, qualora sappia chi sono, che sono sessualmente attiva e so farmi
bella per il mio uomo.”
“Grazie Carla” e mi avvicino per un bacio che rifiuta girando la testa dall'altra parte.
“Non ho detto che è per te.”
Ecco siamo al pan per focaccia.
Comincio a fare il gatto o scendo dall'auto sbattendo la portiera? La cintura di
sicurezza mi lega al sedile. Scelgo di fare il gatto.
“Scusami, non volevo farti nessun torto. Sei mia moglie, siamo entrambi giovani, io
sento di amarti ancora...”
M'interrompe “... le altre mi piacciono ma quella con cui mi piace vivere sei tu. No
caro mio, sento che stavolta è diverso.”
Si è vero, è diverso. C'è qualcosa che va oltre quell'attrazione istintiva legata al sesso.
C'è un innamoramento che anziché spegnersi con la frequentazione, si placa e si
sviluppa in ardore pacato, è amore.
Come dirglielo? E' diverso dagli innamoramenti giocati da Eros, è una forma di
amore che può conciliarsi con la mia vita familiare, senza spargimenti di lacrime e
senza incrinare rapporti esistenti. Forse mi illudo e Carla ha intuito già il pericolo.
Provo a dirglielo mentre percorro il raccordo autostradale che ci riporta a casa.
Piange. “Io la settimana prossima parto, tu sei in CIG e resti qui con quella che ti gira
intorno”.
“Vuoi che parta con te? Che si parta insieme?”
“No, resta pure, so che se tu partissi con me rischieresti un esaurimento nervoso
depressivo. Ti voglio bene, resta pure. Meglio sentirti contento lontano, che sentirti
morto dentro, accanto a me.”
Chi è Carla?
Otto anni di matrimonio, dieci che si fa coppia ed ora questa che non è una sbandata.
Non mi dice “ti amo” da un pezzo. A volte è fredda, manca quella passione che
faceva di ogni momento un attimo indimenticabile. Che mi sia sfuggito qualcosa
nella sua vita? Certo l'impossibilità di avere figli gioca un ruolo. Sappiamo che non è
a causa di nessuno dei due. Entrambi siamo in grado di averne, ma insieme non c'è la
combinazione giusta, come se ci fosse un inceppamento nel meccanismo procreativo.
I medici seri a cui abbiamo sottoposto la nostra esaminazione sono di questo parere.
Qualcuno ha suggerito cure farmacologiche: non gli abbiamo prestato ascolto. E' in
gioco la psiche, forse un giorno ci ritroveremo con un figlio che saremo in età da
nonni.
Percorro l'autostrada con questi pensieri in testa. Cerco risposte a domande che che
sono io a pormi, e le risposte sono io a darmele. Coerentemente incoerente.
X (Tempus fugit)
Perché non ci siamo fermati a pranzare da qualche parte lungo la strada?
Le lacrime di Carla e i miei pensieri non sono stati un buon aperitivo. Lei è già scesa
dalla macchina che io sto parcheggiando, con cura, lentamente.
Quando scendo vedo Saro in giardino.
“Buongiorno Saro”
“Ciao, che faccia scura hai. Qualcosa che non va?”
“No, sarà il caldo.”
“Vieni a sederti qui due minuti, bevi qualcosa? Gina ci porti un latte di mandorla per
favore?” Dice alla moglie indaffarata in casa, senza neanche aspettare che io risponda
“si va bene”, non mi rimane che varcare il cancello e sedermi.
“Raccontami Pà, che ti succede?”
Racconto del notaio, della gelosia di mia moglie e della sua partenza imminente.
Saro però appartiene al mondo nella stessa misura in cui il mondo appartiene a lui.
Non ha bisogno di percorrere mille miglia per vedere una cosa, la intuisce: è stato
contadino con le scarpe grosse.
“Ci dev'essere dell'altro che non mi stai dicendo, ma non importa, qualunque cosa sia
tu vorresti che le cose andassero diversamente?”
“In che senso?”
“Nel senso che per la piega che han preso gli eventi non riesci a gestirli”.
Mi decido a raccontargli tutto, anche di Silvia. della gelosia di Carla,
dell'impossibilità di procreare.
E' come parlare con mio nonno. Un salto generazionale che non comporta
coinvolgimenti emotivi.
“Pà non vieni su a pranzare?” alzo gli occhi e vedo Carla al balcone.
“Si arrivo” e rivolto a Saro “vado a mandar giù un boccone, la trovo ancora tra
mezz'ora?”
“Si mi trovi qui, vai ci vediamo dopo.”
A tavola i pensieri affondano insieme agli occhi nel piatto. Non oso guardare in faccia
Carla. Il silenzio è rotto soltanto dai deboli rumori dei vicini, stridii di sedie, porte
che si chiudono, radio o tv accese.
Sento la mano di Carla sulla mia. Alzo gli occhi e il suo dito medio solca la mia
fronte, passa tra le sopracciglia, percorre il mio naso, taglia le mie labbra e carezza il
mento finendo per sollevarmi la testa e guardarla diritto nel profondo dei suoi occhi
scuri.
Si avvicina e quel bacio rifiutato in macchina ora sa di sugo fatto in fretta.
Dalla bocca l'abbraccio passa a tutto il corpo, la cucina diventa testimone di un
amplesso rabbioso e dolce al tempo stesso. La sedia meriterebbe un premio per aver
retto oltre ogni limite senza spezzarsi.
Ci sdraiamo a terra con un braccio a farci da cuscino e finalmente ridiamo.
E' passata un'ora da quando avevo lasciato Saro, lo trovo ancora in giardino quando
scendo.
“Si è aggiunto qualche problema?”
“No Saro, niente affatto” dico sedendomi.
“Ho pensato ai tuoi fatti mentre eri a pranzo. Fai una cosa ferma l'orologio. Fallo ora,
domattina sarà ancora martedì mattina.”
“Saro ma a questa cosa lei ci crede davvero? Perché non l'ha comprato lei al posto
mio?”
“E chi ti dice che non fosse mio in passato? Tu quando avrai ottant'anni avrai ancora
voglia di fermare il tempo?”
Gli argomenti di Saro sono sempre convincenti.
Rientrato in casa ho aperto il portellino posteriore fermando il pendolino.
A cena Carla mi fa notare che l'orologio è fermo. Facendo come nulla fosse dico
“dopo lo rimetto in funzione”.
“Ti va di uscire stasera insieme? In piazza Berlinguer c'è una cover band dei Queen,
magari sono anche bravi e ci si diverte.”
Con un si sincero accetto la proposta di Carla. Do una mano a sparecchiare e
indossati dei jeans e una maglietta gialla son pronto ad uscire. I suoi tempi, come
quelli di tutte le donne sono un po' più lunghi, ne approfitto per leggere le notizie sul
televideo.
Si parla sempre della crisi attuale. Obama dice, Merkell fa, Berlusconi nuota. Tra me
considero che dal Papa prima e dal G8 poi, è venuta fuori un'indicazione di ricerca
etica nell'economia. Nessuno che abbia detto una parola sul fatto che le banche
Arabe, che applicano la Shaharia sono quelle che hanno retto meglio a questa crisi,
loro un'etica almeno ce l'hanno, quella del Corano.
Mentre sono a metà tra i miei pensieri e le pagine a sfondo nero sento Carla “son
pronta. Andiamo?”
Si andiamo, facciamo quattro passi a piedi e lei mi cinge il collo da dietro con un
braccio come a farsi trainare. Erano anni che non camminavamo così.
In strada un sacco di gente. Il gruppo comincia a scaldar la piazza.
Divertenti questi Vipers. Radio Dada, We are the champions... fanno ballare anche i
sessantenni presenti che si affacciano furtivi. Saltellano anche i giovani a questa
musica dei padri e in qualche caso dei nonni.
E' mezzanotte passata quando rientriamo in casa. Carla è appena uscita dal bagno e
mi viene incontro. Mi prende entrambe le mani con le sue e mi tira appresso,
danzettando Radio Dada, sino alla camera da letto, riprendiamo da dove avevamo
lasciato il discorso in cucina, componendo un puzzle variopinto con i vestisti sparsi
sul pavimento della stanza e lei si mostra con il corpetto di merletti acquistato
stamattina....segue
Paolo