domenica 15 novembre 2015

LA VERITA' DI UNA SIRIANA :" MOLTI PROFUGHI SONO JIHADISTI

Ho scritto su google "chi ha creato l'isis" e ho premuto invio.
Provate a farlo anche voi e scoprirete chi è il vero nemico...







Riguardo ai fatti tragici accaduti venerdi sera a Parigi  vi rimando un articolo, riportato da vari siti nel settembre scorso, che si commenta da solo e sul quale qualsiasi altro commento sarebbe superfluo per far capire l'incapacità dei paesi europei e dei nostri politicanti... buonisti del cavolo.




"Cari amici, sono qui oggi davanti a voi come un'orgogliosa cittadina siriana, per dirvi che prima di questa guerra (...) non sapevamo l'ingiustizia, il terrorismo o la criminalità.
(...) Ma la cosa più importante è che prima di questa guerra, non esistevano i profughi siriani".

Inizia così il discorso di una donna siriana durante la manifestazione organizzata domenica scorsa a Belgrado dal Movimento Nazionale serbo "Obraz". Nel video , si sente un discorso che mette al muro l'azione dei paesi occidentali in Siria, il loro traballante intervento militare e la decisione di accogliere chi scappa da quelle terre.




Un approccio che quella donna, che ha vissuto e vive da vicino il dramma, considera errato: per aiutare davvero i profughi bisogna vincere la guerra in Siria: "Se l'Occidente non vuole i rifugiati o non vuole che muoiano in mare, perché non ferma le sanzioni contro il popolo siriano? Perché non aiuta l'esercito siriano a sbarazzarsi del terrorismo e a rendere nuovamente la Siria un luogo sicuro? Perché non si muove a ricostruire le case distrutte con i soldi che spendono per i rifugiati?".
Restano in Siria le persone che possono ricostruire il paese e allora si vuole rompere la Siria e il popolo siriano. Da un lato, si vogliono rubare i medici siriani e i loro migliori studenti e questo causerà una fuga di cervelli. E d'altra parte, le multinazionali vogliono manodopera a basso costo per pagare salari più bassi.
Un discorso contro i leader europei pronti ad aprire le porte e incapaci di sconfiggere l'Isis. Che piange per i profughi morti in mare e non si preoccupa dei tanti che stanno dando la vita faccia a faccia con il terrore. "Abbiamo perso 100.000 soldati che combattono contro gli estremisti - continua il suo discorso la ragazza siriana - non sento piangere su di loro, su quelli che hanno dato l'anima per difendere una nazione lasciando sole le famiglie orgogliose.

 Loro meritano di essere aiutati".

E su migranti che in questi giorni stanno entrando in Europa: "Molti di loro sono jihadisti, e per di più sono pagati migliaia di euro per venire da noi. Lasciate che vi dica che il denaro che una famiglia di 5 persone paga per raggiungere l'Europa è sufficiente per comprare una casa in una zona sicura in Siria, iniziare un nuovo lavoro e vivere bene. Non sono rifugiati, ma migranti economici".
INSIEME AI CURDI CONTRO L'ISIS

E in un mondo dove il tornaconto è l'unico motore che muove tutto, sentire storie come questa è un toccasana.


MARCELLO FRANCESCHINI


Marcello Franceschi si è arruolato tra i curdi per combattere gli estremisti dell'Isis. La sua unità è attiva a Kobane, la città al confine tra Turchia e Siria, teatro di sanguinosi combattimenti
Da cooperante a soldato.


Da cooperante a soldato, Marcello Franceschi, 25 anni, di Senigallia , è arrivato inizialmente in Siria per portare aiuto ai curdi. Dopo aver visto gli orrori della guerra, però, decide di imbracciare il fucile e combattere a Kobane contro gli estremisti dell'Isis. "Ho visto gli occhi dei bambini che lottano - racconta a Vanity Fair - e ho scelto di aiutarli".





Di nascosto oltre il confine , dalla Turchia, entra in Siria da clandestino. Poi inizia l'addestramento. Quello che colpisce Marcello è la gentilezza dei curdi. Presto è mandato in prima linea. Con la sua unità, si trova a pochi metri dal nemico: il compito è controllare i movimenti degli estremisti. "Esplosioni, pallottole, cannonate sono continue. Devi stare sempre con gli occhi aperti", spiega. 
La sua scelta non ha entusiasmato la famiglia. "Il nostro progetto si chiamava Rojava calling. Mi sono staccato dai centri sociali e ho informato pochissime persone. A mia madre ho detto la verità. Non era d'accordo. Anche alla mia ragazza ho detto la verità. Mi ha fatto promettere che l'avrei fatto solo questa volta". 
La vita è al fronte è ovviamente dura: freddo, poco cibo e soprattutto mancanza di sonno. In conto bisogna anche mettere la perdita dei commilitoni colpiti a morte. Ma questo non spaventa il nostro connazionale: "Sono pronto a morire per quello in cui credo".
Ammirevole!Un ragazzo che crede nel valore della libertà e giustizia . Una giusta causa lontano da casa propria e con tutti i rischi che comporta.




Annamaria

Nessun commento:

Posta un commento