Il premio Nobel 2011 assegnato a 3 donne : la presidente liberiana Ellen Johnson Sirleaf,
alla sua compatriota Leymah Gbowee
e alla yemenita attivista per i diritti civili Tawakkul Karman.
Il premio rappresenta, secondo le intenzioni del comitato per il Nobel, un riconoscimento del rafforzamento del ruolo delle donne, in particolare nei paesi in via di sviluppo. La Sirleaf è la prima presidente donna di uno stato africano, la Gbowee è un'attivista pacifista, la Karman si occupa di diritti delle donne e democrazia nello Yemen, paese negli ultimi mesi in preda a gravi conflitti sociali e politici.
Le premiate oggi a Oslo con il Nobel per la pace 2011, sono l'ultimo gruppo di un drappello di 15 donne cui è andato il prestigioso riconoscimento. La Karman è inoltre la prima donna araba ad essere premiata. Eccone l'elenco: 2011: Ellen Johnson Sirleaf et Leymah Gbowee (Liberia), e Tawakkol Karman (Yemen) 2004: Wangari Maatha‹ (Kenya) 2003: Shirin Ebadi (Iran) 1997: Jody Williams (Usa) 1992: Rigoberta Menchu Tum (Guatemala) 1991: Aung San Suu Kyi (Birmania) 1982: Alva Myrdal (Svezia) 1979: Madre Teresa (Indoa) 1976: Mairead Corrigan et Betty Williams (Gran Bretagna) 1946: Emily Greene Balch (Usa) 1931: Jane Addams (Usa) 1905: Bertha von Suttner (Austria)
CHI E' ELLEN JOHNSON SIRLEAF «Giuro che non tradirò le vostre speranze». È la promessa solenne fatta al popolo liberiano da Ellen Johnson-Sirleaf, soprannominata la «Thatcher di Monrovia», il 16 gennaio del 2006, quando diventò la prima donna Capo di Stato in un paese africano. Da subito l'Occidente, con gli Stati Uniti in prima linea, vide in questa economista formatasi ad Harvard - riuscita a battere al ballottaggio un personaggio inossidabile per la storia nazionale come la star del calcio George Weah - la carta vincente per il futuro della Liberia. Ed anche un motivo di speranza in ricordo degli oltre centomila morti di una guerra civile lunga 14 anni. Competente e molto determinata a fronteggiare qualsiasi attentato al processo di pace liberiano e la corruzione che imperversa nel Paese, la 'Dama di ferrò d'Africa - da oggi Nobel per la pace - ha da subito fatto del binomio «pace e sicurezza» il cavallo di battaglia della sua presidenza. Parole magiche in un paese in gran parte distrutto, senza strade, senza elettricità, telefoni nè una rete idrica adeguata. Un paese dove resta drammatico il problema del reinserimento nella vita civile dei combattenti delle milizie contrapposte e dei tanti bambini rapiti dai signori della guerra e trasformati in feroci guerriglieri. Esperta di economia, paladina dei diritti umani del suo popolo (ha collaborato anche alle campagne internazionali di Emma Bonino) e con un passato all'Onu e e la Banca Mondiale, ha raccolto il «grido di dolore» del suo popolo che le ha dato fiducia pronunciando un voto per il cambiamento. Già ministro delle Finanze dei presidenti William Tubman e William Tolbert negli anni '60 e '80, fin dalla sua investitura ha avviato una campagna di sforzi presso le istituzioni finanziarie internazionali per attirare investimenti per la ricostruzione della Liberia. Settantadue anni, Ellen Jonhnson Sirleaf ha quattro figli e otto nipoti.
CHI E' LEYMAH GBOWEE Leymah Gbowee, una delle tre donne premiate oggi con il Nobel per la pace, è una militante liberiana leader del movimento pacifista Women of Liberia Mass Action for Peace e di altre organizzazioni di donne. Gbowee ha contribuito a mettere fine alla guerra civile in Liberia nel 2003, aprendo la strada all'elezioni della prima donna presidente di un Paese africano, Ellen Johnson Sirleaf, che oggi ha ricevuto lo stesso prestigioso riconoscimento. Nel 2002 cominciò la sua lotta non violenta alla guerra invitando le donne a pregare e a cantare per la pace, vestite di bianco. Il suo movimento diventò sempre più ampio, fino a costringere l'ex presidente Charles Taylor (anche grazie allo «sciopero del sesso» delle donne liberiane) ad includerlo nei negoziati di pace in Ghana, dove Gbowee guidò la sua delegazione. Operatore sociale e madre di sei figli, Gbowee ha sempre lavorato per il recupero degli ex bambini soldato dell'esercito di Taylor. «Niente dovrebbe spingere la gente a fare quello che hanno fatto ai bambini della Liberia», drogati e fatti diventare macchine da guerra, ha spiegato lei stessa in un documentario 'Pray the devil back to hell' del 2008. Gbowee ha preso parte nella Commissione verità e riconciliazione della Liberia.
CHI E' TAWAKKUL KARMAN Milita in un partito conservatore, sebbene all'opposizione, è una giornalista obiettiva, ha sfidato il potere togliendosi il velo ma conserva la veste nera delle donne islamiche: Tawakol Karman, 32 anni e tre figlie, è da oggi premio Nobel per la pace per la sua lotta contro i pregiudizi di casta maschile dello Yemen. Tawakol Karman ha infranto il proprio tabù nel 2004, mentre partecipava a un meeting per i diritti umani: si è tolta il velo e non lo ha mai più rimesso, chiedendo alle sue compagne di fare altrettanto. Da allora la coraggiosa reporter ha fatto molta strada: ha fondato l'associazione 'Giornaliste senza catenè, ha iniziato una periodica collaborazione con il 'Washington Post' e con Facebook, ha schivato con l'aiuto di guardie del corpo parte dei tentativi di arresto fatti dal potente presidente Ali Abdallah Saleh. Non sono comunque mancate minacce di morte, confische di volantini, qualche giorno di prigione. Ma l'ostinata Tawakol Karman ha resistito a tutto. «È un premio per me, ma soprattutto per tutte le donne dello Yemen», ha detto oggi alla consegna del Nobel. La sua lotta per i diritti femminili è d'altro canto molto difficile in uno Yemen rimasto nel più antico passato islamico. Uomini di una certa età possono ottenere in spose delle bambine a scapito della legge yemenita, ma se per i primi viene imposto - raramente - il divorzio, per le giovani viene spesso introdotta la lapidazione.
leggo.it
Le premiate oggi a Oslo con il Nobel per la pace 2011, sono l'ultimo gruppo di un drappello di 15 donne cui è andato il prestigioso riconoscimento. La Karman è inoltre la prima donna araba ad essere premiata. Eccone l'elenco: 2011: Ellen Johnson Sirleaf et Leymah Gbowee (Liberia), e Tawakkol Karman (Yemen) 2004: Wangari Maatha‹ (Kenya) 2003: Shirin Ebadi (Iran) 1997: Jody Williams (Usa) 1992: Rigoberta Menchu Tum (Guatemala) 1991: Aung San Suu Kyi (Birmania) 1982: Alva Myrdal (Svezia) 1979: Madre Teresa (Indoa) 1976: Mairead Corrigan et Betty Williams (Gran Bretagna) 1946: Emily Greene Balch (Usa) 1931: Jane Addams (Usa) 1905: Bertha von Suttner (Austria)
CHI E' ELLEN JOHNSON SIRLEAF «Giuro che non tradirò le vostre speranze». È la promessa solenne fatta al popolo liberiano da Ellen Johnson-Sirleaf, soprannominata la «Thatcher di Monrovia», il 16 gennaio del 2006, quando diventò la prima donna Capo di Stato in un paese africano. Da subito l'Occidente, con gli Stati Uniti in prima linea, vide in questa economista formatasi ad Harvard - riuscita a battere al ballottaggio un personaggio inossidabile per la storia nazionale come la star del calcio George Weah - la carta vincente per il futuro della Liberia. Ed anche un motivo di speranza in ricordo degli oltre centomila morti di una guerra civile lunga 14 anni. Competente e molto determinata a fronteggiare qualsiasi attentato al processo di pace liberiano e la corruzione che imperversa nel Paese, la 'Dama di ferrò d'Africa - da oggi Nobel per la pace - ha da subito fatto del binomio «pace e sicurezza» il cavallo di battaglia della sua presidenza. Parole magiche in un paese in gran parte distrutto, senza strade, senza elettricità, telefoni nè una rete idrica adeguata. Un paese dove resta drammatico il problema del reinserimento nella vita civile dei combattenti delle milizie contrapposte e dei tanti bambini rapiti dai signori della guerra e trasformati in feroci guerriglieri. Esperta di economia, paladina dei diritti umani del suo popolo (ha collaborato anche alle campagne internazionali di Emma Bonino) e con un passato all'Onu e e la Banca Mondiale, ha raccolto il «grido di dolore» del suo popolo che le ha dato fiducia pronunciando un voto per il cambiamento. Già ministro delle Finanze dei presidenti William Tubman e William Tolbert negli anni '60 e '80, fin dalla sua investitura ha avviato una campagna di sforzi presso le istituzioni finanziarie internazionali per attirare investimenti per la ricostruzione della Liberia. Settantadue anni, Ellen Jonhnson Sirleaf ha quattro figli e otto nipoti.
CHI E' LEYMAH GBOWEE Leymah Gbowee, una delle tre donne premiate oggi con il Nobel per la pace, è una militante liberiana leader del movimento pacifista Women of Liberia Mass Action for Peace e di altre organizzazioni di donne. Gbowee ha contribuito a mettere fine alla guerra civile in Liberia nel 2003, aprendo la strada all'elezioni della prima donna presidente di un Paese africano, Ellen Johnson Sirleaf, che oggi ha ricevuto lo stesso prestigioso riconoscimento. Nel 2002 cominciò la sua lotta non violenta alla guerra invitando le donne a pregare e a cantare per la pace, vestite di bianco. Il suo movimento diventò sempre più ampio, fino a costringere l'ex presidente Charles Taylor (anche grazie allo «sciopero del sesso» delle donne liberiane) ad includerlo nei negoziati di pace in Ghana, dove Gbowee guidò la sua delegazione. Operatore sociale e madre di sei figli, Gbowee ha sempre lavorato per il recupero degli ex bambini soldato dell'esercito di Taylor. «Niente dovrebbe spingere la gente a fare quello che hanno fatto ai bambini della Liberia», drogati e fatti diventare macchine da guerra, ha spiegato lei stessa in un documentario 'Pray the devil back to hell' del 2008. Gbowee ha preso parte nella Commissione verità e riconciliazione della Liberia.
CHI E' TAWAKKUL KARMAN Milita in un partito conservatore, sebbene all'opposizione, è una giornalista obiettiva, ha sfidato il potere togliendosi il velo ma conserva la veste nera delle donne islamiche: Tawakol Karman, 32 anni e tre figlie, è da oggi premio Nobel per la pace per la sua lotta contro i pregiudizi di casta maschile dello Yemen. Tawakol Karman ha infranto il proprio tabù nel 2004, mentre partecipava a un meeting per i diritti umani: si è tolta il velo e non lo ha mai più rimesso, chiedendo alle sue compagne di fare altrettanto. Da allora la coraggiosa reporter ha fatto molta strada: ha fondato l'associazione 'Giornaliste senza catenè, ha iniziato una periodica collaborazione con il 'Washington Post' e con Facebook, ha schivato con l'aiuto di guardie del corpo parte dei tentativi di arresto fatti dal potente presidente Ali Abdallah Saleh. Non sono comunque mancate minacce di morte, confische di volantini, qualche giorno di prigione. Ma l'ostinata Tawakol Karman ha resistito a tutto. «È un premio per me, ma soprattutto per tutte le donne dello Yemen», ha detto oggi alla consegna del Nobel. La sua lotta per i diritti femminili è d'altro canto molto difficile in uno Yemen rimasto nel più antico passato islamico. Uomini di una certa età possono ottenere in spose delle bambine a scapito della legge yemenita, ma se per i primi viene imposto - raramente - il divorzio, per le giovani viene spesso introdotta la lapidazione.
leggo.it
Grazie a Voi, adorabili Signore. Nessuno Vi ha regalato alcunché.
RispondiEliminaIn Kashmir c'è il movimento delle vedove, i cui mariti, a migliaia negli ultimi vent'anni, sono stati portati via da casa, di notte, dalla polizia, e sono spariti nel nulla. Loro non avranno mai alcun Nobel, ma continueranno a combattere pacificamente per conoscere la verità e fermare la barbarie
RispondiEliminaCipriano