lunedì 19 dicembre 2011

NATALE IN PUGLIA



Sono stata alcuni anni in Puglia, e soprattutto ho tanti amici pugliesi. Questo mi ha consentito di venire a conoscenza di alcune tradizioni natalizie, caratteristiche di alcune zone. Tra ciò che mi consta personalmente, quello che viene tramandato in scritti e le testimonianze di chi conosce la tradizione, ho cercato di coinvolgervi nelle avvolgenti atmosfere del . . .
Natale in Puglia: tra passato e presente

Le tradizioni popolari non sono nate per caso, ma come ogni cosa che si tramanda, si ricollegano a tempi remoti, e non si cambiano, se non per grandi eventi. Soprattutto nei paesini arroccati sui monti del Gargano o dispersi nelle vaste pianure, durante il Natale la gente si prepara a vivere in pieno le tradizioni che gli sono state tramandate.
Negli ultimi anni, la Puglia non è stata risparmiata dalla “commercializzazione” del Natale; l’auspicio è che non cancelli del tutto il patrimonio di tradizioni che col trascorrere dei secoli si è accumulato. C’è quindi spazio per i cultori dei coloratissimi mercatini, per i golosi alla ricerca di sagre e leccornie da gustare, per gli estimatori dei presepi viventi.

 Il Mercato Della Vigilia Chi ha detto che i mercatini di Natale si trovano solo al Nord?  Dall’8 al 18 dicembre prende il via Magie di Natale, il mercato natalizio diTerlizzi, comune a un passo da Bari, un’iniziativa davvero giovane, il più importante mercatino natalizio della Puglia, ospitato in piazza Cavour, ch e non ha nulla di meno dei più celebri e blasonati mercatini del nord.

A Monte Sant’Angelo, nei giorni precedenti la festa, le strade sono più animate del solito, le botteghe offrono insolite leccornie: ciambelle, fichi secchi, pere, mele, nocciole. Nella vigilia di Natale, in diversi punti della città, si mettono fuori le bancarelle sull e quali fanno bella mostra molte sporte, di varie dimensioni, in cui le anguille sottili, agili e vive serpeggiano, si aggrovigliano, scivolano sul lastricato ed i superbi capitoni, che si pescano nei laghi di Lesina e di Varano, si muovono pesantemente; in altre ceste più eleganti si osservano i cefali, ‘lu pesce bianche’ dalle squame d'argento e dagli occhi vitrei, le triglie semidorate, i merluzzi ce nerini e le alici argentee, messi in vendita da una ventina di pescivendoli, ciascuno dei quali a squarciagola vanta la propria merce.

  fruttivendoli ornano le ceste delle frutta con nastri, fiori e carte veline di vario colore; altri piantano, innanzi alle loro abitazioni, l'albero del Natale carico di arance e limoni, e attorno al tronco ammucchiano la verdura.
Le atmosfere natalizie, anticamente erano molto più suggestive di quelle di oggi. Le prime note del Natale, in alcune città della Puglia, si avvertivano fin dal 6 dicembre: era la festa di S. Nicola e nelle varie chiese l'organo suonava per la prima volta “la pastorella” o la “ ninna nanna”. A Ruvo, ed in altri paesi in provincia di Bari, nella cattedrale venivano accese dodici lampade: dal giorno di S. Lucia se ne spegneva una al giorno; l'ultima nel momento in cui nasceva Gesù Bambino. Verso i primi giorni di dicembre, nella città dell’Arcangelo Michele, come nei più piccoli e sperduti centri del Gargano, l’avvenimento più importante, quasi straordinario, era costituito dall’arrivo dei pifferai con la zampogna e la ciaramella. Giungevano dall’Abruzzo e dalla Basilicata, in piccoli gruppi di due o tre persone, avvolti nei loro tipici e inseparabili mantelli a ruota (ferraioli). Robusti zampognari dal viso abbronzato: cappelli a cono con le fettucce attorcigliate, corpetto di vello di capra, robone bruno (un’ampia veste di drappo pesante aperta dinanzi), camicia aperta sul collo “taurino”, calzoni di velluto marrone o verde abbottonati sotto il ginocchio, calze di lana grossa, lavorate a mano, e cioce che salgono attorno ai polpacci, il tutto avvolto da un ampio mantellone pesante di lana blu, con due o tre pellegrine (corte mantelline) una sopra l'altra. I due “mistici” pastori, uno anziano, l'altro molto più giovane, attorniati e seguiti da gruppi di ragazzini festanti, suonavano le loro “allegre novene” innanzi a ogni porta della città; si fermavano dappertutto: davanti alle botteghe, agli angoli delle vie, sulla soglia delle case, dove le famiglie erano raccolte attorno al focolare. Il più vecchio, dai capelli bianchi e dalla barba incolta, suonava la classica zampogna di legno di olivo a tre pive, stringendo l'ampio otre gonfiato fra il braccio destro ed il corpo; il ragazzo imbottava il piffero esile e snello fatto di olivo per metà e di ceraso per l'altra metà con la pivetta di canna marina. Entrambi accordavano le caratteristiche nenie in onore della Madonna e di Gesù. Dopo la suonata di ringraziamento, gli zampognari facevano una “scappellata” salutando il capofamiglia con un “addio, sor padrò”, con l’intesa di rivedersi l’anno successivo.  La notte di Natale gli zampognari si recavano nella Grotta dell'Arcangelo. Si toglievano per innato senso di devozione il cappello, se lo mettevano sotto il braccio, e suonavano la pastorella, sulle note della bellissima pastorale di Bach. Questa semplice melodia commuoveva profondamente vecchi e giovani. Toccava soprattutto la sensibilità, e ‘ogni fibra’ delle popolane ‘brune e fiorenti’.  Una cara tradizione, quella degli zampognari, ormai trapassata, che si rimpiange maggiormente col passar degli anni: ora i bambini non hanno più la gioia di correre presso i ciaramellari e di circondarli di simpatia e di festa».
Per fortuna, è ancora viva un’antica tradizione: dieci giorni prima di Natale: piccole brigate di suonatori, con chitarre e mandolini, insieme a due o tre cantori, rappresentano, di casa in casa, la lunga filastrocca della ‘Santa allegrezza’ che narra la vita e la passione di Gesù.
Nell'aria gelida, stemperata dal calore degli ampi e neri camini, si sente che rinascono la fede e la speranza: il popolo garganico ha un vero culto per il focolare domestico. Esso rappresenta un'idea di riposo, di pace dopo il lavoro, ed è simbolo della comunione di vita e di affetti tra le persone che si amano. Anticamente ogni notte si soleva serbare acceso un tizzone sotto la cenere, per accendere il fuoco la mattina seguente: nella notte di Natale, però, nelle ampie e patriarcali cucine garganiche, la fiamma del ceppo non deve ardere soltanto sotto la cenere, ma deve brillare sempre gaia e scoppiettante. Ecco perché, per questa occasione, vengono riservati i tronchi d'albero più grossi e pesanti, in grado di illuminare la casa per tutta la notte. Questo rito ha un significato: il ceppo simboleggia l'albero , causa del peccato originale di Adamo ed Eva; solo consumandosi la notte di Natale avrebbe annullato la colpa, in quanto proprio in quella notte Gesù scende in mezzo agli uomini, per la nostra salvezza.
Doveva ardere lentamente per tutta la notte e restare acceso fino al giorno del battesimo di Gesù, cioè sino all'Epifania, allontanando ogni disgrazia dalla famiglia. La cenere prodotta dal ceppo veniva sparsa nei campi, per propiziare un raccolto abbondante.
I Presepi
  Come in tante regioni italiane, anche la tradizione natalizia pugliese è legata ai Presepi; la diffusione a livello popolare del presepe si realizza pienamente nel ‘800 quando ogni famiglia in occasione del Natale costruisce un Presepe in casa riproducendo la Natività secondo i canoni tradizionali con materiali - statuine in gesso o terracotta, carta pesta e altro - forniti da un fiorente artigianato. In questo secolo, si caratterizza l’arte presepiale della Puglia, specialmente a Lecce, per l’uso innovativo della cartapesta, policroma o trattata a fuoco, drappeggiata su uno scheletro di fil di ferro e stoppa. Ad Oria (Brindisi), il Presepe tutti gli anni, il 25 dicembre alle 18, anima le strade dell’antica cittadina medievale e risale al periodo di San Francesco.

 Lo allestivano ricchi e poveri, ognuno secondo le proprie possibilità: poteva occupare una stanza intera, oppure una panchetta in un angolo della casa: il Presepe era contornato dalla frutta più squisita, in attesa di essere gustata dal Bambinello. In molte case, per ricordare la santa grotta e la nascita di Gesù, si fa il Presepe con monti, valli, burroni, strade di carta cenerina o giallognola ben piegata e schizzata di colori e ornata di erbette e di muschi; con alte fra sche verdi, fra le quali occhieggiano i corbezzoli rossi e risaltano gli aranci d'oro; con grosse zolle di terra, e con angeli sospesi sull'arco della grotta e osannanti Gloria a Dio nei cieli e pace sulla terra agli uomini di buona volontà. Non mancano castelli, casupole di pastori, capanne solitarie a cui menano viuzze e sentieri. Il Presepe con le candele accese è benedetto dal padre di famiglia.
Singolare è un’usanza di Modugno (Bari): nelle case dove c’era il Presepe, la sera familiari e vicini, dopo la novena, recitavano tre Ave Maria per le camicie del bambino, tre per le cuffie, e tre per le fasce: per ricordare che Gesù nacque in una povera stalla, senza corredino usuale.
A Peschici, per tutto il tempo di Natale, le case erano allietate da canzoni sul tema, intonate a varie riprese da tutti i componenti della famiglia, e in particolare dai bambini. Una nenia, in particolare, riguarda proprio la preparazione del corredino di Gesù, non prima, ma dopo la sua nascita: ‘Ninna nanna /o Bammnell'/ che Maria vò fatjà/ gli vò fa la camicina/ ninna nanna Gesù bambin' ’. Alla camicina seguivano le scarpette di lana (i' scarpitell'), la cuffietta (a' cuffiett'), il vestitino (u' vestitin'): la Madonna li confezionava a mano, approfittando dei momenti in cui il suo bambino dormiva.     L'Albero Di Natale Nelle case dei signori troneggiavano anche i primi alberi di Natale. Erano ornati di arance e mandarini, abbelliti da stelle d'argento, fili d'oro, nastri di seta o piccoli pezzi di ovatta, per dare l'idea della neve. Sui rami, giocattoli, doni, chicche, cioccolatini. Dopo la benedizione del capofamiglia, venivano distribuiti ai bambini. Poi si cantava, si suonava, si ballava, ed i padroni offrivano vari dolci e rosoli ai convenuti     Preparativi ... Il Pane Della Festa
In ogni famiglia, nel periodo natalizio, si dedicava molto tempo e attenzione alla cucina; si preparavano dolci e pasti degni dell’evento. Due o tre giorni prima di Natale, quasi tutte le famiglie facevano il pane bianco le ppene suttile (mentre usualmente si mangiava il pane bruno): erano grossissimi pani circolari, convessi, detti uceddete: pesavano fino a otto, nove chili. Uno degli uceddete si conservava, per devozione, fino al giorno di Sant’Antonio Abate, che ricorre il 17 gennaio, per farne pancotto.
A Conversano, vari giorni prima di Natale, dopo la mezzanotte i garzoni dei fornai andavano in giro per la città, battendo tegami di rame o di stagno, e gridando: ‘Alzàteve, femmenèlle,/ Mettite la calddarèlle, / Facite lu pane bel1e,/ Le dolce e le ciambèlle’...
In altri paesi facevano baccano a più non posso con marmitte, cam pane di bovi, tamburelli e fischietti, gridando per le strade: «Alzàteve megghjere de cafune/ E ‘Tembrate pèttele e calzune/ Alzàteve, megghjere d'artiste,/ E tembrate u pane a Criste:/ Alzàteve donne belle / E mettite la calddarèlle’. Invitavano le massaie a servirsi del loro forno per infornare pane, dolci e ciambelle: avrebbero avuto un buon trattamento, e a un prezzo conveniente: anche allora esisteva la concorrenza.    ... Dolci E Frittelle


 Tra le tradizioni tramandate occupano un posto di rilievo quelle culinarie. Esiste nella memoria di ognuno un “calendario della cucina”, uno scadenzario, quasi un’agenda, sulla quale sono idealmente segnati piatti tipici a seconda della ricorrenza, pietanze che costituisce il “distinguo”, l’identità, il codice genetico di ognuna di esse. Così, pensando al Natale vengono immediatamente in mente “lu fucazieddu”, “li carteddate” e le “sannacchiutele”.Ma non solo.


Molto accurati erano i preparativi per il cenone; anche nelle famiglie povere si preparavano i manicaretti di rito: ogni paese aveva la sua specialità. I dolci hanno un significato simbolico: nella fantasia popolare le “cartellate” rappresentano le lenzuola di Gesù Bambino; i “calzoncicchi” i guanciali su cui Egli posò il capo; i “calzoni di S. Leonardo” simulano la culla; “il latte di mandorle” è evidentemente il latte della Vergine, e i “mostacciuoli” sono i dolci del battesimo.
A Peschici le donne fanno le “pettole” lunghe mezzo braccio: ancora oggi, la specialità peschiciana sono proprio le "pettole". Le massaie sono abilissime nello stendere la massa lievitata di questo dolce in lunghezze considerevoli, nel rispetto di un rito: ‘I pett'le che nun cj fanne à Natale/ nun ce fanne manch' à Cap'danne» (Le “pettole” che non si fanno a Natale, non si faranno per tutto il resto dell'anno).
In alcuni paesi delle Murgie, accorgimenti al limite della superstizione caratterizzano il rito della frittura delle ‘pettole’ : le donne debbono impastarle solo dalla mezzanotte all'alba della Vigilia: chi per trascuratezza lo fa in altro momento, deve aspettarsi delle disgrazie. Le contadine, secondo la tradizione, consigliano di non bere mentre si friggono le frittelle, le cartellate, le pettole, altrimenti assorbiranno troppo olio, che rischia di non bastare. Dall'ultima pasta da friggersi, tolgono un pezzo, e dopo aver recitato una preghiera, lo buttano nel fuoco del camino in segno di augurio. La donna intenta a friggere non dovrà assolutamente lodare la frittura senza dire: “Dio la benedica”, pena la cattiva riuscita dei dolci. Nel passare la frittura da un piatto all'altro, dovrà lasciare almeno un dolce, altrimenti gli altri andranno a male. Il Cenone Della Vigilia


Il 24 di dicembre si digiuna a mezzogiorno; un proverbio recita: ‘Chi non fasce u desciune de Natale, o è turche, o è cane’; alcune famiglie spezzano il digiuno con qualche “pettola” ripiena di alici o di ricotta forte. La sera si fa il cenone, con la famiglia al completo: ‘Natale e Pasque che le tue, Carnevale a do te trùve’.
A Monte Sant’Angelo, la sera di Natale, riuniti i parenti e gli amici più intimi si cena in lieta compagnia, soprattutto per la felicità dei bambini. La cena tradizionale, in tutte le case, viene preparata nell'ampio camino. Tradizione vuole che le famiglie dei contadini mangino ‘li laine pli cicere clu sughe dlu baccalà’, cioè fettuccine fatte in casa, con i ceci conditi col sugo di baccalà. Il menù dei ricchi prevede invece spaghetti con le alici, oppure col sugo di pesce e broccoli stufati. Altri piatti di rito sono il capitone arrostito oppure fritto, marinato e le anguille (1'ancidd): le più squisite sono le così dette mareteche, che crescono tra la foce del mare ed il lago.   La Notte Di Natale
A Monte Sant’Angelo la gente si riversava nelle strade, in un continuo via vai; numerose riunioni si formavano nei caffè; i fanciulli suonavano la puta puta, i giovanetti l'organetto, gli uomini la chitarra battente e la francese; i pecorai la c'iaramedd e la freschett; molti cantavano, altri ballavano, tutti gridavano, ridevano, gesticolano; si sparano piccole batterie, castagnole, razzi, bombe; si accendono bengali, mentre la gente come un fiume andava, spinta dal desiderio di divertirsi.
Con un certo anticipo sulla funzione sacra a Gesù Bambino, donne e ragazzi, con sedie e sedioline impagliate, che portavano sulla testa o sotto il braccio, si avviavano verso la Basilica di S. Michele, dove una folla immensa si pigiava, urtandosi lungo la scalinata di ottantotto gradini e dietro la Porta del Toro ancora chiusa. Questa veniva spalancata solo quando dal vetusto campanile angioino le grosse campane spandevano il loro armonioso suono. La millenaria Grotta in pochi minuti è gremita di gente, tutti insieme, accalcati nella Sacra Grotta: saltavano inevitabilmente gli austeri e puritani tabù di quel tempo, che impedivano ai giovani innamorati di stare a stretto contatto fisico. Naturalmente, nell’attesa della funzione, la Grotta dell’Angelo, come tutte le altre chiese, si trasformava in animata sala di conversazione; e si assisteva anche a curiosi scherzi: i giovani, in questa confusione, cucivano le vesti alle giovanette, alle donne anziane, le quali, all'uscita della chiesa, trovandosi legate, gridavano e inveivano contro i giovani maleducati !
Nel Salento, ad ora inoltrata, anche nelle case si compiva la cerimonia della nascita del Redentore: s'illuminava il presepe con piccole candele, e da una stanza vicina muovevano in corteo i bambini e le bambine presenti; il più piccolo portava il Bambinello di cera o di creta in una culla di coralli, gli altri con candele in mano l'accompagnavano in processione. Il padrone di casa recitava dei versetti, a cui rispondevano i presenti, delle preghiere, quindi deponeva il Bambinello nella grotta, fra Giuseppe, Maria, il bue e l’asinello. Terminata la cerimonia, si cantava la pastorella, si sparavano razzi e bombe carta, e si tornava a giocare. Arriva Il Giorno Tanto Atteso . . .
Si accorreva in chiesa a sentire le tre messe, in ore diverse, con un certo intervallo: la prima a mezzanotte, la seconda all'aurora, la terza a giorno inoltrato. Tutti vestiti a festa: ‘La notte de Natale/ Se mutene pure le ferrare»(La notte di Natale si cambiano anche i fabbri)’. Per le vie ognuno rivolge gli auguri alle persone che incontra; molte famiglie si scambiavano i doni, per le vie era un via vai di servette e di ragazzi che portano, avvolti in bianche salviette, piatti speciali a questa o a quella casa.     Credenze E Superstizioni
Si pensava che la notte della Vigilia Gesù, accompagnato da schiere di Angeli, scendesse nelle case: portava pace e felicità fra gli uomini. Secondo le donne, a mezzanotte la Madonna scende dal camino, e asciuga al calore del ceppo i pannolini che devono fasciare il Bambino».
Dopo la cena si lascia la tavola imbandita: si ritiene che debbano venire dall'altro mondo le anime dei parenti morti, i quali per gentile concessione divina potranno partecipare, solo per quella notte, alla felicità domestica.
A mezzanotte gli animali, per grazia speciale del Redentore, potranno parlare; ma è vietato osservarli, pena la morte istantanea.
Se si spegne il ceppo, è cattivo augurio: potrebbe morire il padrone di casa. Molte persone conservano i resti del ceppo per esporli in caso di burrasche o temporali. La cenere, posta sul collo dell’ammalato, guarirà il mal di gola; le donne la conservano in una tazza, esprimendo il desiderio di voler vivere un altro anno.
Allo scocco della mezzanotte, i vecchi insegnano ai giovani gli scongiuri per evitare le tempeste, o il “pater noster verde”: allontanerà i tifoni e distruggerà il malocchio.
Se una ragazza la notte del Natale si guarderà allo specchio con i capelli disciolti potrà vedere, invece della sua immagine, quella del suo futuro sposo.
Le donne che impastano la farina la notte della Vigilia, possono fare a meno del lievito: Gesù farà crescere lo stesso il pane.
Nei paesi del Foggiano si crede che chi nasca nel giorno destinato al Bambino, divenuto giovane, sia preso da una forma di pazzia, e diventi “lupo mannaro”: per guarire tale malattia occorrerà, con coraggio, pungere, con la punta di un coltello, l'ammalato, allo scocco della mezzanotte, per “fargli uscire il cattivo”. Auspici Per Un Buon Raccolto
Un grande attenzione è riservata alla campagna: contadini, terminate le pratiche religiose, vanno in campagna a trarre gli auspici per il nuovo raccolto. Il primo augurio è che il sole regni incontrastato nella volta azzurra; se a Natale il cielo è limpido e sereno, ed a Pasqua è oscurato da nubi, il raccolto delle biade sarà sicuro: ‘Natale sicche,/ massare ricche’. In tale giorno si osserva la pianta della fava; se è nata e si mostra ben avviata, è buon presagio per il raccolto delle olive e delle mandorle.
I caprai prevedono il tempo dal modo come in quel giorno le pecore brucano l’erba. Il giorno di Natale è giorno di buon auspicio; regolerà l’andamento dell'annata, allo stesso modo che il giorno natale d'un bambino determinerà tutta la sua vita.   

Mi è piaciuto scegliere tra le tante squisitezze, quelle che sembrano le più semplici, ma sicuramente tra le più rappresentative del Natale in terra di Puglia . . .
Le Pettole Le pittule, pettuli o pettole sono frittelle tonde di morbida pasta lievita e fritte nell’olio d’oliva; la tradizione salentina vuole che siano preparate il giorno dell’Immacolata e la vigilia di Natale, mentre nel tarantino si preparano anche in occasione della festa di Santa Cecilia che ricorre il 22 novembre. Le pittule ormai nel Salento si consumano regolarmente,in quasi tutti i luoghi di ristorazione; si preparano come antipasto se salate, farcite con olive nere, capperi, pomodoro e tonno, con baccalà lessato, con cavolfiore, senza alcuna farcitura, oppure col vincotto o con  il miele. 


Ricetta base
Ingredienti : 1Kg di farina - 1 cubetto di lievito di birra - acqua tiepida – olio extra vergine d’oliva - sale q.b.
Procedimento : Versate in un recipiente la farina, il lievito di birra sciolto nell’acqua tiepida e lavorate fino ad ottenere una pasta morbida ed omogenea che si stacchi dal fondo del recipiente. Coprite il recipiente con una tovaglia e lasciate lievitare per almeno 2-3 ore. Trascorso il tempo, riscaldate una padella profonda con l’olio extravergine d’oliva. Spezzate dalla pasta delle palline di pasta o in alternativa potete prendere la pasta con un cucchiaio e farla cadere nell’olio bollente. Volendo farcire, si aggiungono alla pasta gli ingredienti preferiti.
E proprio a questa versatile preparazione, una dedica ‘gastropoetica’ !

Le pittule

Le pittule ce suntu me sai dire?
Nu picca te farina a mienzu l'uegghiu
Ma lu Natale nu se po sentire
Se mancanu le pittule lu megghiu
E ma lu mugghi si ma lu megghiu
Se mancanu le pittule lu megghiu
Le pittule la sira te Natale
Le frisce mama, iou me le regettu
Su belle caute e nu me fannu male
Puru se quarche tuna brucia mpiettu
E brucia mpiettu si brucia mpiettu
Puru se quarche tuna brucia mpiettu
Le pittule a Natale su de casa
Pe li signuri e pe li pezzentusi
Le idi tutte ntaula intra la spasa
Le mangianu li ecchi e li carusi
Ma li carusi si li carusi
Le mangianu li ecchi e li carusi
La uei na pittulicchia Mamminieddhu
La uei na pittulicchia Mamminieddhu
Auru nu tegnu ma auru nu tegnu
Auru nu tegnu Santu Frusculieddhu
Ma Frusculieddhu ma Frusculieddhu
Auru nu tegnu Santu Frusculieddhu
Senza retorica, per Natale, sforziamoci di non essere distanti! Dimostriamo una nuova solidarietà, una solidarietà concreta, non fatta soltanto di vane parole. Anche un gesto piccolo è importante!






MARIA...  adopo

3 commenti:

  1. CIAO MARIA QUESTA MATTINA MI HAI SORPRESA E MI E' VENUTO IL MAGONE PENSANDO ALLA MIA BELLA PUGLIA E ALLA SUE TRADIZIONI GRAZIE DI CUORE FELICE NATALE PIENA DI PACE E SERENITA' TVB. MIMMA

    RispondiElimina
  2. Tanti affettuosi auguri agli amici pugliesi, ed in particolare a Mimma.

    RispondiElimina
  3. Mimma carissima, che piacere vedere che, nonostante il tuo "magone" hai gradito l'aria di Puglia che ho cercato di soffiare nel blog ☺ Sereno Natale a te e famiglia ♥ Maria.sa

    RispondiElimina