| Carissima Annamaria,e amici del blog vorrei segnalare un               pezzo scritto da Antonio Pallucca, Redattore del               MeteoGiornale.it, quotidiano meteoclimatico con notizie               aggiornate in tempo reale. Ho letto queste parole               con grande intensità, rimanendo personalmente molto               colpita. E' questo il motivo che mi spinge a condividerle               con chi avrà voglia di soffermarsi a meditare. Non voglio cadere nella               retorica, ma non posso rimanere inerte e non lacerato               dalla "mostruosità" che la natura spesso               ci assegna Tutti noi contiamo le               nostre luminose candele accese che indicano la via ed il               percorso della speranza. Molto spesso ci rendiamo conto               che questa interminabile fila, che rappresenta il percorso               della nostra vita è fatta di luci accese che poi si               spengono via... via...che noi passiamo attraversando la               loro luminosità. Quello che è               successo nell'umanità e nel Creato ha qualcosa di               sconvolgente e che dovrebbe far riflettere circa quanto               sia effimera la luce di quelle "candele accese". La speranza sta in               quella "lontana luce" che qualcuno ha accesso               dedicandola all'"Uomo"; la fine è               rappresentata nel volgere le spalle a quelle               "candele" che si consumano con               "dolore" . L'indolenza del dolore               ha spesso "l'aroma" dello stoppino che perde               alimenti vitali e che piega l'uomo trascinandolo nel               nascosto ed intimo buio del dolore. L'Uomo attraversa questa               "penosa fila", ma spesso non si china per               raccogliere quella piccola candela che emana ancora luce.               Luce fioca. Cosa importa se quella               "bianca e pallida cera" si spegne su se stessa,               l'importante è che una, anche solo una, una sola,               rimanga luminosa e che rassereni lo sconfortante colore               del buio più nero. Basterebbe solo un               alito, un soffio, per piombare nel più doloroso               sconforto. Basterebbe anche solo una mano, umile mano, per               raccogliere quella calda "cera", floscia e               morente, e ridonargli luce e tenue vita. L'eutanasia della vita               non sta nel solo "disfatto dolore", ma               nell'indifferenza di coloro che non raccogliendo quel               "cero", dedicato "all'ultima gioia",               non vogliono rivedere ancora il suo sorriso e la sua               ultima luce. La speranza non               può dimenticarsi di essere "partorita" da               un'idea, ma deve trovare l'occasione per far sopravvivere,               oltre il buio, l'idea che noi stessi abbiamo della vita. Un infinito, doloroso,               incolmabile abbraccio a chi, verso chi, ha trovato nel suo               percorso tante candele "morenti" e ne ha salvate               almeno una. Dedicato all'enorme               dolore che sconvolge l' esistenza e a coloro che non hanno               calpestato questa morente "fila di candele penose".N.d.A: ispirato ad una poesia di C.         Kavafis E' vero Maria ,bisogna avere la forza di mantenere accese quelle candele. l'uomo senza fede, speranza, amore e speriamo la pace, non sopravviverebbe.. Conosco "la "storia delle quattro candele" che ho ritrovato in questo video...    | 
si ride, si piange
Annamaria... a dopo




 
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Splendido racconto e splendido video. Che non si spenga mai la candela della speranza.
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