Visualizzazione post con etichetta cronaca. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta cronaca. Mostra tutti i post

sabato 5 novembre 2011

ALLUVIONE LIGURIA : FATALITA' O (IR)RESPONSABILITA'?

Il giorno dopo il nubifragio ,nel quale sono morte sei persone tra le quali due bambine, Genova si è risvegliata sotto un cielo grigio. Deserte le strade, dove circolano soltanto mezzi di soccorso e delle forze dell'ordine, taxi e autobus. Nel quartiere Marassi il più colpito dal torrente Fereggiano, hanno lavorato per tutta la notte i vigili del fuoco. Contestato il sindaco con lanci di uova e urla dei cittadini. La pioggia si è spostata sullo Spezzino e sulle zone colpite dall'alluvione di una settimana fa. Ed è il basso Alessandrino, al confine con la Liguria, la parte del Piemonte finora più colpita dal maltempo.





sindaco Genova Marta Vincenzi
 Professor Renzo Russo


Il sindaco di Genova da la "colpa" al cambiamento climatico

La Stampa intervista Marta Vincenzi sulla drammatica alluvione che ha colpito Genova.
“Sindaco, è una tragedia che si poteva evitare? I morti di Cinque Terre e Lunigiana, gli allarmi di questi giorni, le previsioni dei meteorologi non sono bastate a scongiurare una nuova terribile sciagura?”.
«Siamo in lutto, piangiamo i nostri morti. La città intera piange i suoi morti. Abbiamo passato tutto il pomeriggio a interrogarci, gonfi d’angoscia, per capire se tutto questo si poteva evitare. E la risposta purtroppo è no».

Come, dopo il disastro di una settimana fa a Levante non era possibile prevedere ed evitare altri disastri, altri lutti?
«No, non quando il livello di un torrente dove a mezzogiorno scorre meno di un metro d’acqua, in 17 minuti si alza di tre metri e sfonda gli argini dilagando sulla strada come una furia. No, quando in un punto circoscritto della città cadono in un’ora 100 millimetri di pioggia, 356 millimetri nell’arco di poche ore».

Sono emergenze che si dovrebbero poter fronteggiare. Perché a Genova non è stato fatto?
«Perché siamo davanti a una modificazione del clima che non si era mai vista in precedenza, né nel ‘70, nel ‘90 o nel ‘92, paragonabile a uno tsunami. Precipitazioni di tipo monsonico sconosciute nelle nostre zone, che ci devono far ripensare a tutto quello che sappiamo anche a livello di prevenzione. Comincio a credere che gli stessi piani di bacino siano da rivedere: dovremo ripensare a tutto, a cosa fare in caso di allerta, a come valutare le portate dei fiumi e le conseguenze di precipitazioni di una violenza impensabile fino a pochi anni fa: bombe d’acqua che si sviluppano senza preavviso, nel giro di poche decine di minuti, anche su un territorio non particolarmente esteso. Come è successo oggi nel Rio Fereggiano».

Ma non si poteva evitare almeno che le persone fossero lì quando il torrente è esondato? Evitare sei morti? E le scuole? Decidere di non chiuderle non è stato un azzardo?
«Le scuole aperte, intanto: se avessimo avuto quarantamila ragazzi e bambini a spasso per la città, con i genitori in auto a portarli da nonni e parenti perché a casa da soli non potevano stare, sarebbe stato meglio? Quando c’è un allarme, gli edifici pubblici devono essere aperti e funzionare da presidio. Quanto agli allarmi, da tempo avevamo contattato, tramite le loro associazioni, tutti gli amministratori di condomini delle molte zone esondabili di Genova, lungo il Bisagno, il Fereggiano, altri rii minori. A tutti abbiamo notificato le procedure di emergenza in caso di allerta due. Poi, negli ultimi due giorni, abbiamo ricontattato tutti via mail. Gli avvisi, insomma, ci sono stati ed erano capillari. Ma quello che è successo ieri non era prevedibile. D’ora in poi dovremo cambiare la nostra valutazione degli allerta. Evacuando ogni volta strade e primi piani dei palazzi, deviando il traffico. Ripeto, ieri a mezzogiorno in quel torrente c’era un metro d’acqua scarso».

Il Fereggiano però è da sempre un corso d’acqua a rischio, si poteva intervenire di più a livello idrogeologico per evitare che straripasse? Insomma, servivano più soldi, i tagli ai bilanci degli enti locali hanno anche questo sulla coscienza?
«No, anche se sarebbe comodo dare la colpa a qualcun altro. Non abbiamo ancora potuto realizzare lo scolmatore del Bisagno (una galleria di 6 chilometri fino al mare per intercettare le acque in caso di piena, ndr), questo è vero, perché costa 300 milioni di euro e questa somma oggi non ce l’ha nessuno nonostante nel 2001 l’allora ministro Nesi definì il bacino del Bisagno la terza emergenza idrogeologica d’Italia. Però in questi anni, in questi mesi, di soldi ne sono stati spesi tanti e gli interventi realizzati anche con i soldi della Protezione civile sono stati molti. Solo per il Fereggiano abbiamo inaugurato a giugno la messa in sicurezza di un primo tratto del torrente che ha comportato, per dire, la demolizione di quattro edifici che sorgevano sugli argini. Interventi che hanno evitato di aggiungere tragedia a tragedia».

E la pulizia dei corsi d’acqua? Ci sono polemiche ricorrenti, segnalazioni di cittadini che ancora di recente hanno visto vegetazione fitta nei torrenti…
«La verifica è stata fatta ancora in questi giorni e aveva dato esiti rassicuranti. Non è la vegetazione delle sponde, che anzi rallenta la corsa delle acque, a provocare disastri come quello di oggi. Non accetto questa critica, è stato fatto tutto quello che si poteva e doveva fare. Ma è e resta una tragedia infinita».


RENZO RUSSO ,DOCENTE DI IDROLOGIA AL POLITECNICO DI MILANO

«Bisagno a rischio da sempre. Lo scolmatore previsto non è stato fatto»
«Servivano 150 milioni di euro per mettere in sicurezza l'intero bacino ed evitare
nuove vittime.


 - «Il Bisagno è un fiume a rischio da sempre. Ha una lunga storia di esondazioni, eppure oggi siamo qui a piangere ancora dei morti a Genova». È costernato Renzo Rosso, docente di idrologia al Politecnico di Milano, a sentire le notizie del disastro nel capoluogo ligure. «Sono a Firenze per un convegno sull'alluvione del 1966, avvenuta proprio il 4 novembre, e non avrei mai pensato di rivivere la stessa situazione del 1970, la peggiore alluvione a Genova».

Il vero guaio consiste nel fatto che il piano di bacino del Bisagno, che prevedeva la realizzazione di un canale scolmatore per portare l'acqua direttamente in mare, non è mai stato realizzato», spiega Rosso. «Insieme ad altri avevo proposto una soluzione già due-tre anni dopo l'alluvione del 1970, e poi ancora nel 2000 ma sono state fatte soltanto opere parziali, che non hanno messo in sicurezza il bacino», accusa il professore. Quanti soldi erano necessari? «Circa 150 milioni di euro, e avremmo evitato il nuovo disastro, che segue quello avvenuto appena un anno fa».

- «La verità è che l'intera superficie del bacino del Bisagno è fortemente antropizzata. Controllando le mappe napoleoniche di 200 anni fa, si nota che la superficie costruita del bacino era pari al 2% dell'area totale», spiega Rosso. E oggi? «Ora siamo al 16%. Il consumo di suolo è altissimo, ma è difficile impedirlo specie in momenti come questi di difficoltà economiche», ammette l'esperto. «Il problema di questo fiume - di cui il Fereggiano è l'affluente più pericoloso - non si trova a monte, ma a valle, con le costruzione di tutta la parte ai piedi delle zone più elevate».

 proteste legittime

La politica in Italia, purtroppo, è gestita in buona parte da persone incapaci e da persone che fanno politica per procacciare affari a sè, ad amici e parenti. Gli uffici tecnici, per la maggior parte, sono composti da professionisti che si sono barricati alla politica   per una sistemazione a vita e che non hanno  esperienze e capacità professionali per poter gestire eventi come quelli di Genova od altri. Si parla ogni volta al verificarsi degli eventi e poi tutto finisce: è una vera vergogna.
E' ovvio che esistono delle gravi responsabilità di Chi amministra il territorio e sarebbe ora, un volta per tutte, che ognuno di questi fannulloni politici pagasse con il proprio portafogli ed  è ora di finirla di parlare di perdono: chi ha colpe deve pagare

 Penso che l'Italia ,come l'italiano, debba cambiare il proprio modo di essere. Siamo un popolo che se ne frega delle regole,ma ci arrabbiamo quando queste inosservanze ci portano alle tragedie. Siamo pronti sempre a fregare il prossimo sia nelle piccole cose come nelle grandi. Per esempio pensate alle file alle poste o alle costruzioni abusive lungo argini di fiumi o zone sismiche (due esempi in ordine crescente). Questi sono i risultati. Tutti vogliamo cambiare l'italia, ma noi siamo disposti a cambiare in meglio?

Conclusione...il sindaco di Genova M. Vincenzi da la "colpa" al cambiamento climatico. Di contro ,R. Rosso ,docente di idrologia al politecnico di Milano , sostiene che aveva messo in guardia dei rischi a cui si andava incontro dopo le alluvioni precedenti ma, come lui stesso sostiene nell'intervista al Corriere , sono state fatte solo opere parziali che non hanno messo in sicurezza il bacino. E noi ancora una volta piangiamo vittime innocenti .

Annamaria
  

venerdì 10 giugno 2011

Donna taglia il pene a un violentatore e lo porta alla polizia

Donna taglia il pene a un violentatore e lo porta alla polizia

 

L'episodio in Bangladesh, aggredita in casa ha reagito con un coltello poi ha denunciato l'uomo che la molestava da sei mesi



 (TMNews) - In Bangladesh una donna di 40 anni ha tagliato il pene di un uomo che voleva violentarla e lo ha portato come prova alla polizia. Lo ha reso noto - riporta il quotidiano svizzero Le Matin - un responsabile delle forze dell'ordine di una regione del Paese asiatico.
La donna, sposata e madre di tre bambini, è stata aggredita sabato sera mentre dormiva nella sua modesta casa del quartiere di Jhalakathi, circa 200 chilometri a Sud di Dacca, secondo la polizia. "Mentre cercava di violentarla, la donna gli ha tagliato il pene con un coltello. Ha successivamente avvolto il membro in un sacchetto di plastica e lo ha portato al commissariato di Jhalakathi come prova del reato", ha indicato il capo della polizia locale, Abul Khaer.
La vittima ha sporto denuncia per tentata violenza sessuale nei confronti dell'uomo, anche lui quarantenne, sposato e padre di cinque bambini, precisando che la molestava da sei mesi. Il pene reciso è stato conservato dalla polizia e l'uomo è stato ricoverato in ospedale per ricevere cure.

giovedì 9 giugno 2011

Orologi impazziti nel Catanese: avanti di 20 minuti al giorno



Da oltre una settimana gli orologi elettrici di Catania, ma anche di altre città della Sicilia, sembrano letteralmente impazziti. Improvvisamente cominciano a correre riuscendo ad andare avanti anche di 15/20 minuti al giorno. Un fenomeno inspiegabile che ha acceso la curiosità di due periti informatici della St Microelectronics, la multinazionale dei semiconduttori con sede a Catania. Francesco Nicosia e Andrea De Luca sono per certi versi anche degli addetti ai lavori. Parlando tra loro hanno scoperto di avere un problema in comune. Nella Sicilia sono ormai centinaia gli orologi digitali che vanno più in fretta del dovuto. Cosa sta succedendo a Catania e nel resto della Sicilia? Qualcosa di simile a quel che avveniva tempo fa a Caronia dove televisori, frigoriferi, radioline improvvisamente prendevano fuoco? In quel caso si arrivò persino a temere la presenze di alieni che bazzicavano tra le Eolie e la fascia tirrenica. Il giallo di Caronia non è stato mai del tutto risolto, anche se di ipotesi ne sono state fatte: dall’effetto di campi elettromagnetici agli improvvisi sbalzi nell’erogazione di corrente. Più o meno le stesse che vengono fatte per spiegare “il mistero degli orologi impazziti”. Una risposta convincente la danno i ricercatori del dipartimento di ingegneria elettrica dell’università di Catania. “Tutto potrebbe nascere – ha spiegato a una tv locale il professore Emanuele Dilettoso – dal fatto che in rete ormai sono presenti dei generatori di energia, tipo gli impianti fotovoltaici, che spesso non sono autoregolati e quindi eventuali piccole variazioni di frequenza non vengono adeguatamente compensate”. E c’è pure chi fa notare che da alcuni giorni sono in corso lavori al cavo elettrico sottomarino che arriva in Sicilia. La causa andrebbe dunque ricercata negli sbalzi di erogazione della corrente elettrica? “Ci avevo pensato anch’io – replica Francesco Nicosia – ma ho fatto verificare la linea elettrica di casa mia (230 Volt, con una frequenza di 49.89 Hz) e tutto sembra regolare. E poi se fosse così i guasti dovrebbero riguardare tutti gli elettrodomestici”.
  


venerdì 27 maggio 2011

ALTRI DUE CASI DI BIMBI ABBANDONATI IN MACCHINA


Perugia, morto un bimbo di 11 mesi dimenticato nell'auto dei genitori

Dopo il caso di qualche giorno fa della bimba di 22 mesi morta a Teramo, un'altro episodio scioccante. A Perugia un bimbo di 11 mesi morto perchè "dimenticato" nell'auto dei genitori
Il piccolo è stato soccorso alle 12.20 dopo essere rimasto non si sa per quanto tempo nell'auto dei genitori. Inutili i soccorsi prestati sul posto dal personale del 118. sono quindi intervenuti i carabinieri della compagnia di Città della Pieve per gli accertamenti.
- L'auto nella quale si trovava il bambino, una Opel Corsa verde, era ferma all'interno del parcheggio del club velico di Passignano. La vettura è già stata portata via. Sul posto stanno arrivando alla spicciolata amici e parenti della famiglia, visibilmente provati.

E a Lodi un bambino di due mesi appena è stato abbandonato in una vettura nel parcheggio del centro commerciale Media World di Cornegliano Laudese, con i finestrini chiusi, sotto il sole. Poco prima delle 14 di ieri i passanti hanno dato l’ allarme ai carabinieri. Sistemato nel seggiolino per gli infanti, il bimbo piangeva. All’ esterno dell’ auto il termometro segnava 32 gradi, all’ interno, probabilmente si superavano i 40. Le persone che hanno notato il piccolo non hanno perso tempo. Hanno rotto il vetro dell’ auto, badando che i frammenti non finissero addosso al piccolo. Lo hanno preso in braccio, portato all’ ombra e accudito finché i carabinieri non lo hanno fatto visitare dal 118. Il piccolo non ha riportato conseguenze. I carabinieri hanno rintracciato i suoi genitori, una coppia egiziana del Pavese, regolare e con un lavoro stabile. La mamma ha 27 anni e il padre 35, hanno un altro figlio un po’ più grande. Quando i carabinieri li hanno scortati in caserma per farsi spiegare cosa fosse accaduto hanno minimizzato la cosa comportandosi, secondo i militari, in modo «colpevolmente superficiale». Anche per questo per entrambi è scattata una denuncia per abbandono di minore.

Non ci sono parole per commentare queste tragiche notizie e lungi da me ogni giudizio. Provo solo un dolore immenso e pena infinita per queste sfortunate creature. Butto qua un piccolo suggerimento: siamo sommersi da strumenti ( iPhone, iPad )e ogni altra sorta di diavoleria tecnologica, quanto dovremo ancora aspettare per un piccolo sensore incorporato nel seggiolino che faccia un bel bip-bip quando togliamo le chiavi dal quadro con ancora il bimbo a bordo?

Annamaria a dopo...

martedì 24 maggio 2011

MELANIA REA

E' per questa sera  la fiaccolata per chiedere giustizia e verità sull’efferato assassinio di Melania Rea.

Somma chiede giustizia per Melania Rea, il cui giovane corpo, straziato da numerose coltellate, fu trovato lo scorso 20 aprile in un bosco del Teramano. Da allora e ad una settimana dai funerali, la famiglia e l’intera comunità di Somma Vesuviana, sempre più sgomenta, attende risposte e verità. Martedì 24 aprile nella chiesa di Santa Maria del Pozzo, in quella stessa chiesa dove Melania entrò tre anni fa nel suo abito da sposa e da dove ne è uscita lunedì scorso in una bara, sarà celebrata una messa e subito dopo ci sarà la fiaccolata. Anima dell’organizzazione è Vincenzo Secondulfo, presidente della Protezione Civile Cobra2 nonché cugino di Melania,che sta predisponendo in collaborazione con la famiglia Rea e le istituzioni il percorso da fare in preghiera per Melania.

Intanto, ad Ascoli le indagini, ruotano intorno al marito di Melania, Salvatore Parolisi, e al mondo militare. Dopo la perquisizione in casa Parolisi a Folignano, gli inquirenti hanno ascoltato altre soldatesse e dalle ultime indiscrezioni sarebbe saltato fuori il nome di un’altra soldatessa che avrebbe avuto una storia con il caporalmaggiore Parolisi. Cosa che non ha sorpreso più di tanto la famiglia Rea , alla quale ormai è ben chiara la vera identità del genero e della sua doppia vita. Chi ha ucciso Melania? E’ questa l’unica domanda a cui cercano risposta i Rea. Tutto il resto, almeno per il momento, non conta.

Nel frattempo gli inquirenti ascolani aggiungono altri inquietanti dettagli alla dinamica del delitto: “Melania Rea è stata aggredita nel bosco delle Casermette mentre era accucciata, forse a fare pipi”? "Noi non lo sappiamo", di sicuro, "é stata colpita anche alle spalle". E’ questa la risposta del dottor Adriano Tagliabracci, l'anatomopatologo che ha condotto anche l'autopsia sul cadavere della giovane mamma. Già il 14 maggio scorso, il perito aveva confermato ai cronisti che la giovane mamma è stata ammazzata con varie coltellate nel bosco di Ripe di Civitella (Teramo), dopo una colluttazione rapida, breve, fra le 14 e le 17 del 18 aprile, il giorno stesso della scomparsa denunciata dal marito della vittima, che invece continua a sostenere che Melania è scomparsa sul pianoro di Colle San Marco, ad Ascoli Piceno, dove lui e la moglie erano andati a fare una passeggiata.

“Se Salvatore sa, parli”. E’ questo il doloroso appello che da giorni sta lanciando Gennaro Rea, padre di Melania.Ma Salvatore non parla e se lo fa continua a non essere convincente.

Ci auguriamo che anche questo delitto non resti irrisolto come quello di Garlasco

giovedì 24 febbraio 2011

VIGILE VOLONTARIO MUORE PER SALVARE BIMBO

Maurizia ci segnala la notizia di un fatto di cronaca avvenuto a pochi km dalla sua abitazione.

Muore per salvare bimbo da auto 

Vigile volontario a Vicenza ha salvato la vita all'uscita da scuola a un bambino ,pagando con la sua
 Era un "nonno vigile"

Un vigile urbano in pensione, Antonio Mercanzin di 73 anni di Alte Montecchio
 è morto per salvare la vita a un bambino che stava attraversando la strada.
La vittima come ogni giorno aiutava gli scolari all'uscita di scuola.
Questa volta però un'auto a folle velocità non si è fermata allo stop. Mercanzin si è
gettato davanti al piccolo salvandogli la vita. Il conducente, un 31enne, è stato
rintracciato in ospedale dove si era recato ferito.
 


Come ogni giorno, all'ora di pranzo Mercanzin era davanti alla scuola "Zanella" di Alte
Ceccato, frazione di Montecchio, per fare assistenza ai bambini e per consentire a loro e ai genitori di attraversare la strada in sicurezza. Quando ha visto arrivare l'auto il "nonno vigile" non ha esitato: ha spostato dalla strada il bambino ma subito dopo è stato centrato dal veicolo. L'anziano ha fatto un volo di una ventina di metri, ed è deceduto nonostante il pronto intervento dei medici del Suem 118.

L'investitore ha proseguito nella sua corsa e non ha prestato soccorso. L'uomo, un 31enne incensurato, è stato tuttavia rintracciato al Pronto Soccorso dove si era recato per farsi curare le ferite dell'incidente. L'uomo è stato sottoposto ai test tossicologici. Secondo le testimonianze dei presenti, riferite dal sindaco di Montecchio Maggiore, Milena Cecchetto, l'automobilista appariva in evidente stato di alterazione.

Antonio Mercanzin era da anni attivo nel volontariato. Ex carabiniere ed ex vigile urbano, aveva fondato una decina d'anni fa il Gec (Gruppo di Educazione Civica) che guidava come presidente.

Maurizia, come te, siamo sconvolti per questa disgrazia.
Vogliamo ricordare Antonio attraverso il nostro blog e con lui tutti i "nonni vigili volontari" che con la loro generosità mettono a rischio la loro vita.
 

Annamaria... a dopo

martedì 25 gennaio 2011

Le notizie segnalate da CATERINA


http://www.blenblen.eu/news.gif

L'Aquila, il governo tradisce
anche gli studenti: tagli all'ateneo



Delle tante promesse fatte all'Aquila dal governo Berlusconi all'indomani del sisma del 6 aprile del 2009, una riguarda il cuore pulsante dell'economia cittadina e della vita del centro abruzzese: l'università. Mentre il centro storico muore e la ricostruzione tarda ad arrivare, si taglia silenziosamente all'ateneo aquilano. E dire che il Ministero dell'Università e l'Università dell'Aquila avevano firmato un accordo di programma a maggio 2009 volto a garantire supporto all'ateneo per fronteggiare la situazione post-sisma.

In particolare l'accordo di programma prevedeva che all'università dell'Aquila sarebbero stati assegnati per il triennio 2008-2011 stanziamenti pari all'FFO (Fondo di finanziamento ordinario) del 2008, ovvero 68,5 milioni di euro. A ridosso di Natale, però, la sorpresa del Ministro Gelmini che firma il decreto di riparto del FFO prevedendo un taglio del 3.72% per l'ateneo abruzzese, ovvero 2 milioni e 500 mila euro in meno. L'Unione degli Universitari (Udu) dell'Aquila denuncia la situazione e interpella la Gelmini «che fa rispondere al suo Direttore generale che non c'è stato nessun taglio perché la cifra si sarebbe raggiunta con i soldi degli scatti stipendiali, soldi che sarebbero comunque spettati all'Università dell'Aquila accordo di programma prevedeva dunque un mimino garantito di fondi, ma non si trattava di un tetto massimo e dunque l'ateneo può ricevere ulteriori risorse derivate da ulteriori fondi», spiega Tino Colacillo, membro dell'esecutivo nazionale dell'Udu.

«Il taglio c'è stato ma il ministro nega invece di darci spiegazioni , denuncia Chiara, 24 anni, studentessa di Psicologia e coordinatrice dell'Udu dell'Aquila  siamo una città dove è fondamentale che ci siano stanziamenti per l'ateneo perché L'Aquila era e deve rimanere una città universitaria. Già facciamo fatica a riprenderci, le borse di studio e le mense sono molto penalizzate, questo taglio ci mette ancora di più in difficoltà perché come al solito ricadrà sui servizi agli studenti». Gli studenti chiedono dunque che il Ministro Gelmini elimini il taglio e che anche l'Università aquilana si esprima ufficialmente sulla questione. «Il contesto è già drammatico di suo - insiste Colacillo - perché per gli universitari non hanno qui nessuna forma di sostegno, questo taglio è un invito a non iscriversi e ad andarsene dall'Aquila mentre l'università è l'unica chance che ha la città per riprendersi, gli studenti erano il motore economico della città».
http://www.blenblen.eu/news.gif





Trafugata dal cimitero di Arona la salma di Mike Bongiorno




 


La salma di Mike Bongiorno è stata trafugata la scorsa notte dal cimitero di Arona, nella frazione Dagnente della località vicino Novara. Ignoti hanno rotto la lapide della tomba e portato via la bara. Il furto è stato denunciato ai carabinieri dal custode del cimitero, avvisato da un anziano visitatore.
I carabinieri del Ris di Parma sono volati in elicottero ad Arona. Non ci sono state effrazioni all'ingresso del cimitero e non sono state rilevate tracce. I carabinieri, dopo aver interrogato il custode, stanno facendo controlli nella zona.
« Ci siamo raccolti in famiglia davvero sgomenti e increduli davanti all'accaduto - ha detto all'Ansa Michele Bongiorno junior, il primogenito di Mike Bongiorno - Non ci sono parole per commentare l'accaduto, . Adesso ci sono le forze dell'ordine che se ne stanno occupando, noi non abbiamo davvero parole».

Il popolare conduttore televisivo è morto l'8 settembre 2009, all'età di 85 anni. Aveva una villa ad Arona dove trascorreva parecchio tempo: dopo la sua morte la moglie aveva voluto che il marito fosse seppellito nel piccolo camposanto.

Nella stessa zona fu trafugata la salma di Enrico Cuccia. Nel marzo 2001, a Meina, un paese poco distante nel cui cimitero era sepolto Enrico Cuccia, il banchiere di Mediobanca, morto l'anno prima, fu scoperchiata la tomba e trafugata la bara. Venne chiesto un ingente riscatto alla famiglia ma pochi giorni dopo il telefonista della banda era stato intercettato: la bara venne ritrovata in un fienile della Val Susa.

«È una roba veramente incredibile, mi spiace molto per la famiglia, non c'è più rispetto per nulla - dice don Mauro Pozzi, parroco di Dagnente - Di notte il cimitero è chiuso con un cancello elettrico, ma non ci sono nè telecamere nè altro. Ho un dubbio che possa esserci qualche collegamento con il caso Cuccia, ma non so».

Caterina

sabato 4 dicembre 2010

LA SCOMPARSA DI YARA -



Stasera saranno quattro le veglie di preghiera che si svolgeranno  per Yara. La prima e' quella delle 20,30 nella chiesa parrocchiale di Brembate Sopra, sara' tenuta dal parroco don Corinno Scotti ma partecipera' anche il vicario della Diocesi di Bergamo, monsignor Davide Pelucchi. Durante la veglia sara' letta una lettera di ringraziamento scritta dai genitori della ragazza scomparsa, che pero' non saranno presenti. L'ingresso sara' vietato alle telecamere. Le altre veglie si terranno nelle chiese di di Prezzate di Mapello, di Barzana e delle Cascine di Almenno San Bartolomeo.
 
LA LETTERA di Silvano Donadoni, presidente della Comunità dell'Isola Bergamasca (una libera associazione tra i Comuni della zona),  inviata  ai familiari di Yara, al sindaco di Brembate e ai sindaci dei paesi della zona. Nella chiusa, un appello agli eventuali rapitori: «Mi rivolgo a chi detiene ingiustamente Yara, proprio vorrei parlare al loro cuore e lanciare loro un accorato straziante appello, perché restituiscano Yara all'affetto, all'amore e al calore della sua famiglia, al suo pieno diritto a vivere la sua vita». «Quanto stiamo vivendo in questi giorni, qui, nei nostri paesi e nelle nostre case, ci prende tutti nel profondo, ci turba, ci angoscia», aggiunge Donadoni. «In cuor nostro, abbiamo sempre pensato, anzi, ci siamo imposti di credere e di sperare, che queste vicende non ci appartenessero, non potessero accadere dalle nostre parti, nei nostri paesi». «Riteniamo - prosegue - che il nostro tessuto di comunità potesse in qualche modo metterci al riparo da simili, devastanti esperienze, anche se già in passato la nostra Provincia ha pur vissuto momenti e situazioni orrende. Ora, con Yara, scopriamo e avvertiamo drammaticamente tutta la nostra accresciuta fragilità, sentiamo sulla nostra pelle, dentro le nostre case, una vulnerabilità che ci può di colpo riguardare e ferire»


La scomparsa  della piccola adolescente Yara ,ci porta inevitabilmente al ricordo  di Sarah,uccisa nello scorso mese di agosto.
Ecco l'intervista, fatta al Corriere,  da mamma  Concetta Scazzi  dove fa il paragone con la scomparsa di Yara


«Per mia figlia non sono venuti i cani dalla Svizzera»

«Per Sarah le ricerche sono state lente
a Bergamo c'è uno spiegamento di forze»




Concetta Serrano
Concetta Serrano

Per mia figlia non è stato così, per Sarah non sono venuti i cani dalla Svizzera e nessuno ha fatto quello che noi chiedevamo per le ricerche». Per Concetta Serrano Spagnolo, madre della quindicenne uccisa dai parenti il 26 agosto ad Avetrana, diventa inevitabile il paragone con quanto sta accedendo in provincia di Bergamo dove da otto giorni non si hanno più notizie della tredicenne Yara Gambisario. Due episodi straordinaria - mente simili, stessi laceranti sofferenze per le famiglie, assonante anche il nome delle ragazzine protagoniste della tragedia, Yara e Sarah. «Ma con una differenza sostanziale: gli sforzi nelle ricerche», insiste mamma Concetta che ha qualcosa da dire anche sul comportamento «troppo chiuso» della famiglia Gambisario: «Loro vivono protetti al caldo mentre noi abbiamo subito l’assalto dei giornalisti». La donna, la cui esistenza è cambiata da quel triste pomeriggio di fine agosto, non può resistere al risentimento e ai ricordi dei primi giorni delle ricerche dell a figlia. « Si doveva fare di più», sussurra oggi.
Signora Concetta, cosa nota di diverso tra il suo caso e quello che sta vivendo la famiglia di Yara? «Trovo di diverso le ricerche. Per mia figlia hanno utilizzato solo sei o sette cani che non erano nemmeno addestrati per cercare le persone, mentre lì stanno impiegando decine di unità cinofile e persino un cane specializzato che viene dalla Svizzera. Io sin dall’inizio ho chiesto l’intervento di questi cani organizzando anche una raccolta di firme per potenziare le ricerche».
Sarah Scazzi
Sarah Scazzi
Nota altre differenze tra Avetrana e Brembate Sopra?

«Lì le indagini sono state indirizzate subito verso il sequestro di persona, mentre per mia figlia si è perso troppo tempo dietro le più svariate piste: internet, facebook, della fuga d’amore o dell’allontanamento volontario. Quando si sono resi conto che la pista era un'altra, era già troppo tardi. Inoltre ho sentito che lì ci sono 500 volontari che girano per Yara ( prego con tutto il cuore che la ritrovino presto) mentre per mia figlia i volontari della protezione civile erano una decina».

E della famiglia Gambisario cosa pensa?
«Rispetto il loro dolore ma non mi piace come si stanno comportando verso l’esterno. Questa loro eccessiva riservatezza denota la volontà di snobbare tutti. Loro vivono il loro dolore al calduccio protetti dalle telecamere mentre noi abbiamo dovuto subire l’assalto delle televisioni come se tutto questo ci facesse piacere. Questo mi rode tanto. In quel paese i familiari non parlano, nessuno ha visto niente, sono tutti chiusi. Se lo avessimo fatto noi che siamo del Meridione ci avrebbero definiti omertosi».
Rispettando la sua opinione, c’è da dire purtroppo che sua figlia era già stata uccisa il giorno della scomparsa e purtroppo nessun cane addestrato o ricerche sofisticate avrebbero potuto cambiare le cose.
«Certo, però se avessero trovato prima il corpo forse i responsabili della sua morte non avrebbero avuto tanto tempo per nascondere le prove e inventarsi così tante bugie e ci avrebbero risparmiato tante sceneggiate televisive»
Pur condividendo la rabbia e il dolore, della Signora Concetta , non mi pare di ricordare pistole puntate alla tempia tutte le volte che i componenti della famiglia, Sabrina in testa, apparivano nei vari "Verissimo" Concedo solo l'esposizione mediatica della mamma per tenere alto l'interesse nelle ricerche.
 Uniamoci alla veglia di preghiera per la tredicenne Yara, lasciando da parte le polemiche

Annamaria... a dopo

venerdì 12 novembre 2010

Morte sul lavoro …Ciao Renato - di CIPRIANO

Cipriano attraverso il blog vuole ricordare un suo caro amico, vittima delle troppe
“Fra tutti i giorni in cui potevi morire,
perché hai pensato proprio al lunedì?”
Così dice una canzone di Carmen Consoli;
ma Renato Uccella, lunedì scorso non
aveva pensato affatto di morire, anzi lui
era uno di quelli che amava la vita, la vita,
proprio quella che gli è stata tolta da un
tragico destino.
Era da poco passato mezzogiorno
dell’ultimo lunedì di Ottobre scorso,
Renato Uccella, 58 anni originario di Napoli
ma residente a Capodrise ormai da anni
e l’ ing. Salvatore Tranchese ( la sua vita è
appesa ad un filo) 33 anni di Scafati, erano
saliti sul tetto della B D di Marcianise,
per effettuare un sopralluogo in vista
dell’ installazione di pannelli solari.
Ma il lucernario in plexiglass su cui stavano
camminando ha ceduto provocando la
caduta dei due per circa 15 metri.
Renato (lo chiamo per nome perché siamo
amici da 26 anni) nel cadere ha urtato
violentemente la testa, e nonostante il pronto
intervento dei soccorritori è morto appena
giunto all’ospedale civile di Caserta.
Alla tragedia di una morte bianca è seguito
lo scandalo di un’assunzione post mortem.
Un particolare inquietante e che va a
profanare una morte avvenuta già in
circostanze tragiche.
Renato, lavoratore irregolare a 58 anni, è
stato assunto sei ore dopo la caduta, e cioè,
quando il suo corpo era ormai privo di vita.
Accade anche questo in quella che viene
definita Terra di lavoro.
Morire di lavoro è qualcosa di inaccettabile
è qualcosa che non si può tollerare, ma poi,
quando alla tragedia si aggiunge una
vergogna del genere; allora il dolore e la
rabbia sono ancora più forti.
Ma chi era Renato Uccella?
Un napoletano di Secondigliano di 58 anni.
Diplomato come perito elettrotecnico.
Nei primi anni 80 entra a far parte di una
Importante azienda elettromeccanica,
la “Elettromar” di San Giorgio a Cremano,
diventata poi “Costelmar” la sede di lavoro
è San Marco Evangelista.
Da qui la decisione di trasferirsi con la famiglia
in provincia di Caserta.
Aveva sempre un sorriso per tutti perché
diceva: “Un sorriso non costa nulla e rende
molto, arricchisce chi lo riceve …Etc. …Etc.
Una persona perbene, educata, solare,
trasparente; che amava la vita, la musica ma
soprattutto amava le tre donne della sua
vita: Anna, la moglie (scomparsa prematuramente
tre anni fa) Paola e Simona le figlie per le quali
stravedeva.
Adesso il tuo sorriso lo donerai agli angeli!
Ciao RENATO.

Cipriano

Incidenti lavoro: altra esplosione  nel milanese, un ferito

  |
Un operaio è rimasto ferito in maniera non grave a causa di un'esplosione all'interno della Ghibeca, una ditta di smaltimento rifiuti a San Giuliano Milanese, durante le operazione di compattamento delle immondizie. A causare lo scoppio sarebbe stato il liquido diserbante rimasto in alcune taniche. Lo scorso 4 novembre a Paderno Dugnano un'esplosione in un'altra ditta di smaltimento rifiuti. Io mi trovavo a poca distanza dal posto dove è avvenuto lo scoppio, la Eureco Holding. Lo scoppio  aveva provocato il ferimento di dieci operai.di cui 2 gravi: un albanese di 28 anni ,ancora grave ma stazionario, e un italiano (che  conosco personalmente e che proprio 2 giorni fà ha subito un delicato intervento di ricostruzione della pelle per le troppe ustioni riportate.  Le sue condizioni restano disperate )   Ed è di poco fà la notizia che a Corsico (Mi) si è verificato un altro incidente sul lavoro . L'operaio rimasto vittima  è un italiano di 38 anni, ed è stato trasportato in ospedale in condizioni non gravi. (per fortuna ) riportando lo schiacciamento di una mano sotto un rullo.

 Annamaria... a dopo

sabato 6 novembre 2010

FRECCIAROSSA : ODISSEA PER ALCUNI VIAGGIATORI

le notizie che ci fanno" ciapà el nervus"...

Frecciarossa : il macchinista sbaglia
Passeggeri "prigionieri " ,compresa una donna incinta,  fino a Milano

Nessuna assistenza nel capoluogo lombardo




Una donna incinta è rimasta bloccata su un treno ad alta velocità, a causa di un errore del macchinista, e invece di scendere alla sua destinazione - Bologna - è costretta, assieme ad altri passeggeri, ad arrivare fino a Milano. A rendere nota la vicenda è l'avvocato Angelo Pisani, presidente di Noiconsumatori.it, che annuncia una richiesta di risarcimento danni per conto della passeggera. L'episodio, spiega Pisani, si è verificato mercoledì sul Frecciarossa 9534 Napoli-Milano delle ore 17.50 con arrivo previsto a Bologna per le 21.37.
L'ODISSEA - «Il treno giunge a Bologna alle 22.17, con 40 minuti di ritardo, e imprigiona i passeggeri della carrozza 1, prima classe in coda al treno poiché il conducente ferma il treno non in prossimità del marciapiede come avrebbe dovuto, ma in corrispondenza dei binari e le porte del treno non si aprono. Dopo lo stop per permettere la salita sulle altre carrozze dei passeggeri diretti a Milano il treno riparte tenendo "imprigionati" vari passeggeri che sarebbero dovuti scendere a Bologna tra cui una donna incinta e con un bambino al seguito di 2 anni». Alla donna viene detto in un primo momento che le sarebbe stata fornita una camera di albergo a Milano, successivamente le viene comunicato che gli alberghi sono tutti esauriti a causa dell'incontro di calcio Milan-Real Madrid. «A Milano la donna con il bambino viene lasciata completamente senza assistenza. Dopo una visita medica a causa di una crisi di nervi riesce, tramite un agente di Napoli, a trovare un alloggio per la notte a Milano. Il mattino seguente si presenta al desk assistenza di Trenitalia dove le fanno pagare anche la tratta per il ritorno a Bologna», conclude Pisani. (Fonte Ansa)

Annamaria... a dopo

giovedì 21 ottobre 2010

SI PUO' PICCHIARE LA MOGLIE, BASTA NON LASCIARE SEGNI













Il marito era stato inizialmente sanzionato con una multa, ma poi l’Alta 
corte islamica di Abu Dhabi ha fatto “giustizia”… a spese della vittima

“Un uomo ha il diritto di disciplinare la moglie ed i figli a condizione che  non lasci segni fisici su loro”, questo è quanto a deciso l’Alta Corte islamica di Abu Dhabi negli Emirati Arabi Uniti. L’uomo, nell’equivalente del nostro primo grado di giudizio era stato invece inizialmente multato dell’corrispondente di 136 dollari, per aver colpito e ferito la moglie ed una figlia. Una notizia, questa, che la dice lunga su quanto sia impervio ed arduo il lungo cammino che poi bisogna intraprendere dalle nostre parti per creare quelle condizioni minime d’ integrazioni dei cittadini immigrati, abituati a certi “sistemi giuridici” da noi semplicemente inconcepibili.

“MAZZE E PANELLE FANNO E FIGLI BELLI” – Il titolo di questo paragrafo non è casuale. E’ un antico detto popolare, molto in voga fino a qualche decennio fa, al di sotto del Garigliano. Tradotto, usando una spiegazione piuttosto edulcorata, significa più o meno che “per insegnare l’educazione ai figli, le percosse sono un’arma lecita”. Un “sistema educativo” che oggi farebbe orrore ad ogni pedagogista e, ovviamente, al comune buon senso. Purtroppo però, quello che da noi oramai è storia – di quella di cui andare meno fieri – altrove è ancora la drammatica realtà. Una tangibile prova di quanto sia difficile concepire culture e mondi diversi, che qualcuno vuole persino agli antipodi. Negli Emirati Arabi infatti, per un padre non solo è lecito “castigare” a suoni di schiaffi – se non peggio – la sua prole, ma persino la sua moglie, se questa gli “manca di rispetto”.

DURA LEX SED LEX - Nel caso discusso dalla Corte suprema federale, la figlia presentava un livido sulla mano e al ginocchio, mentre alla moglie mostrava un taglio al labbro e la perdita di alcuni dei denti. Secondo il giudice di primo grado, le lesioni provocate dall’uomo erano andate “oltre il lecito” persino rispetto alla ferrea (per le donne) legge della Sharia, o legge islamica. emirati arabi Picchiare la moglie si può, basta non lasciare segniPer questo gli era stata comminata inizialmente una multa di 500 dirham (la moneta degli EAU) equivalenti a circa 136 dollari. Multa, si legge dalle motivazioni della sentenza, assegnata essenzialmente perché la figlia non era minore e quindi già “adulta per subire provvedimenti disciplinari dal genitore”. Della malcapitata moglie, invece, secondo quanto riporta il giornale on-line in lingua inglese di Abu Dhabi, The National non viene fatto alcuno accenno. Il padre manesco, tuttavia, non ha accettato il provvedimento ed è ricorso in Cassazione, pardon all’Alta Corte federale che equivale, all’incirca, alla nostra Corte di ultimo grado di giudizio.

OCCHIO PER OCCHIO (PESTO), DENTE PER DENTE (CAVATO) – I dotti giudici di diritto islamico della Corte federale degli Emirati Arabi Uniti (EAU), hanno quindi addirittura ribaltato il primo verdetto ed hanno – come si è soliti dire in queste circostanze – deciso di fare pure “giurisprudenza” su questo tipo di casi. Nelle motivazione addotte dalla “Cassazione” islamica di Abu Dhabi, si legge: “Secondo la legge della Sharia, un uomo può picchiare la moglie ei figli fintanto che non abbia ottenuto da questi la necessaria disciplina”. Un atto che da noi non si farebbe nemmeno ad un animale domestico, ma tant’è. Tra le “giuste cause” sottolinea la Corte, oltre all’indisciplina bisogna considerare anche “l’astensione dai rapporti sessuali”. Insomma, se la moglie si rifiuta di far sesso col marito a poco servirà la solita scusa del “mal di testa”, poiché non solo potrebbe ricevere una sonora punizione a base di schiaffi e pugni dal suo “amato” consorte (e quindi, dopo, altro che cefalea) ma anche una successiva condanna dal tribunale per mancata osservanza “degli obblighi famigliari”. I “giudici”, secondo quanto riporta il quotidiano arabo, non hanno preso la decisione all’unanimità. Che ci sia un giudice ad Abu Dabhi? Non è detto. Infatti, qualcuno di loro avrebbe voluto solo meglio specificare la definizione di “picchiare” , mentre altri avrebbero voluto precisare che la punizione, comunque, non dovrebbe essere troppo severa. Vivaddio, anzi Viva Allah! Forse, azzardiamo, sarà necessaria un’ulteriore interpretazione della Legge. Eh sì, mettete che il dente cavato alla povera moglie dovesse infatti risultare, da una successiva perizia cariato? E’ evidente che a questo punto  al marito bisognerebbe assegnargli pure un risarcimento economico!


P. Salvato



Annamaria... a dopo

giovedì 7 ottobre 2010

SARAH SCAZZI : LO ZIO HA CONFESSATO.

  I mostri sono ovunque...  più vicino di quanto si pensi.

Le dichiarazioni di Michele Misseri sono agghiaccianti : dopo un lungo interrogatorio questa notte ha confessato di aver ucciso nel garage di casa sua la nipote Sarah Scazzi. "L'ho strangolata con una cordicella mentre era di spalle, poi ho fatto l'amore con lei quando già era morta". Alla fine non ce l'ha fatta più ed è crollato davanti agli investigatori che lo incalzavano con domande sulla fine della nipote. Successivamente, sempre secondo quanto riferito dall'uomo, cognato della madre di Sarah, Misseri ha denudato completamente la ragazza prima di bruciarne i vestiti ed occultare il cadavere in fondo a una cisterna in un terreno di sua proprietà. Intanto fonti investigative hanno fatto sapere di esser ormai in procinto di recuperare il corpo di Sarah, nudo e in posizione fetale all'interno di un pozzetto per il recupero di acqua piovana situato a pochi chilometri dal paese. L'apertura sul piano di calpestio era un buco di un diametro di poche decine di centimetri: per consentire dunque l'accesso per il recupero del cadavere è stato necessario lo sbancamento di terreno tutt'attorno, terreno in gran parte roccioso. Più facile era stato per lo zio introdurre invece il cadavere - se verrà confermata la ricostruzione fatta sinora - data l'esilità del corpo della piccola Sarah.
 
L'omicida, Michele Misseri, 54 anni, contadino, ha confessato nella tarda serata di mercoledì dopo 11 ore di interrogatorio nella caserma dei carabinieri del comando provinciale di Taranto. Era stato convocato in mattinata con la moglie, Cosima Spagnolo, e la figlia maggiore, Valentina, sorella di Sabrina, la cugina con la quale Sarah aveva appuntamento il giorno della sua scomparsa per andare al mare. Ma alla fine madre e figlia sono state riaccompagnate a casa, mentre Misseri è crollato sotto le domande degli inquirenti.
Chiarito il movente del delitto: Misseri ha ucciso Sarah dopo aver ricevuto l'ennesimo rifiuto alle sue avance. Il giorno della scomparsa di Sarah l'aveva avvicinata ancora, ma stavolta per redarguirla, e costringerla a non rivelare a nessuno le sue attenzioni morbose. Invece l'incontro è degenerato fino all'assassinio. Secondo la sua confessione intorno alle 15 del 26 agosto, dopo avere ucciso la nipote nel garage di casa, Misseri ha trasportato il cadavere nel portabagagli della sua auto nel suo terreno alla periferia di Taranto, ai confini con la provincia di Lecce. Qui, l'uomo ha gettato il cadavere nella cisterna sotterranea. Lì, intorno alle due di questa notte, proprio su segnalazione dell'uomo, i carabinieri del Comando provinciale di Taranto hanno rinvenuto il corpo della ragazza.
Il cellulare della svolta - Era stato lui, il 29 settembre, a consegnare ai carabinieri il cellulare di Sarah, privo di batteria e di scheda sim, dicendo di averlo trovato vicino alle stoppie bruciate il giorno prima in un podere nel quale aveva lavorato per conto terzi. Voleva depistare gli investigatori, ma qualcosa è andato storto. E dopo 42 giorni è finita nel modo più tragico anche l'angoscia della famiglia Scazzi. Ieri sera la mamma di Sarah, Concetta Spagnolo, che era in collegamento diretto con la trasmissione di Rai3 Chi l'ha visto?, quando ha capito che la figlia era morta ha preferito abbandonare i riflettori. Ora c'è il dolore e l'incredulità di un intero paese.
Un mese e mezzo di ricerca, poi l'epilogo - Di Sarah Scazzi non si avevano più notizie dalle 14.30 del 26 agosto scorso quando la ragazzina quindicenne di Avetrana (Taranto) era scomparsa mentre si recava a prendere la cugina Sabrina per andare al mare. A quell'ora l'ultima telefonata, proprio con Sabrina. Dalle 14.42 il cellulare di Sara è rimasto definitivamente spento.
Attorno alle 11 si terrà a Taranto, nella sede del Comando provinciale dei carabinieri, la conferenza stampasull'epilogo tragico della vicenda di Sarah Scazzi. L'incontro con i giornalisti avverrà solo dopo che sarà stato recuperato il corpo della ragazza.
 
Annamaria... a dopo

giovedì 16 settembre 2010

IL CASO SAKYNEH

  Appello dei figli di Sakyneh , Sajjad e Sahided



Non abbandonateci! Non lasciateci qui soli. Vi supplichiamo».


«Aiutateci! Ci sentiamo soli e, tranne il nostro coraggioso avvocato Javid Hutan Kian, all'interno della Repubblica islamica siamo completamente abbandonati». È questo il disperato appello lanciato in una lettera aperta da Sajjad e Sahideh Ghaderzadeh, i due figli di Sakineh Mohammadi Ashtiani, la donna iraniana che rischia la lapidazione per adulterio. La lettera è stata inviata dall'avvocato della famiglia, Hutan Kian, all'Adnkronos.
 All'appello ha risposto il ministero degli Esteri italiano, il quale «continua a seguire con attenzione il caso di Sakineh. Abbiamo apprezzato la sospensione della sentenza decisa dalle autorità iraniane», hanno detto fonti della Farnesina. «Ci auguriamo che attraverso la diplomazia e la mobilitazione internazionale si possa giungere a un annullamento della condanna a morte».
 Nella lettera aperta i figli denunciano di aver subito delle minacce. «Gli agenti dell'intelligence, quando hanno fatto irruzione nell'ufficio del nostro legale - si legge - ci hanno minacciati, dicendoci chiaramente che, anche se un giorno dovessimo riuscire a salvare la vita di nostra madre, non avremmo comunque mai pace. Loro ci renderanno la vita insopportabile. Gli agenti hanno poi detto che l'opinione pubblica mondiale adesso è attenta alla vita di nostra madre, ma che, una volta calata l'attenzione, non ci sarà più interesse per questa vicenda e allora la nostra vita sarà rovinata».
 Sajjad e Sahideh Ghaderzadeh si rivolgono quindi alla madre: «Siamo stanchi e non riusciamo più a sopportare la tua lontananza, ci manchi. Vorremmo tanto riabbracciarti e sentire il tuo profumo. Soltanto così avremmo un po' di pace e tranquillità. Siamo stufi di sentire tutte queste menzogne e ingiuste accuse nei tuoi confronti. Tutto questo ci ha fatto soffrire troppo e abbiamo pianto pensando a te e al tuo destino. Sì madre! Abbiamo pianto così tanto che non abbiamo più lacrime da versare. Siamo distrutti per il tuo dolore. Non siamo più in grado di reggere questa situazione e abbiamo bisogno di te. Vogliamo piangere con te. Vogliamo riprendere a vivere con te».

Sajjad e Sahideh concludono la lettera lanciando un ulteriore appello alla comunità internazionale: «La nostra unica speranza, oltre al nostro avvocato, siete voi in tutto il mondo. Le vostre pressioni esercitate tramite i media internazionali e la vostra vicinanza sono molto preziose per noi e vi supplichiamo di continuare a sostenerci. Non abbandonateci! Non lasciateci qui soli. Vi supplichiamo». (fonte: Adnkronos)


Annamaria... a dopo