Iva, con aumento stangata da 135 euro a
famiglia
Il calcolo di Confcommercio e l'allarme:
26mila imprese
del settore potrebbero scomparire entro fine
anno
(Corriere
della Sera del 20 maggio 2013)
Il previsto aumento dell'Iva dal 21% al 22% dal prossimo 1
luglio comporterà, per una famiglia di 3 persone, una «stangata» di 135 euro in
media l'anno. Lo calcola l'ufficio studi di Confcommercio. Insomma, gli aggravi
di imposta sui portafogli saranno pesantissimi: 2,1 miliardi di euro nel 2013,
ben 4,2 miliardi nel 2014. L'aliquota standard Iva riguarda circa il 70% dei
consumi totali. E 26mila imprese del settore potrebbero scomparire entro fine
anno.
Ora vi spiego il
significato di questo aumento dell’1 per cento dell’IVA. Però prima devo
spiegarvi che cos’è l’IVA.
E’ un acronimo cioè
una sigla e sta per Imposta sul Valore Aggiunto: è un’imposta applicata in ogni
fase della Produzione, Scambio di beni e servizi, in vigore dall’1 gennaio
1973, cioè da 40 anni, 4 mesi e 19 giorni.
Capite bene questi
punti:
a- NON è un’imposta
che grava sulle aziende venditrici. L’azienda-venditrice fattura l’IVA all’Azienda che acquista, la incassa e poi la versa all’Erario Stato, in
parole povere CHI VENDE agisce da
Cassiere dello Stato, incassa quindi soldi non suoi e quindi li deve
riversare o girare allo Stato;
b- L’Azienda che
acquista paga l’IVA all’Azienda venditrice del bene o del servizio, MA poi ne
chiederà il rimborso all’Erario, Stato- alias AGENZIA DELLE ENTRATE
territorialmente competente: quindi:
- l’AZIENDA CHE
VENDE VERSA ALLO STATO L’IVA CHE HA FATTURATO ALL’AZIENDA CHE HA
ACQUISTATO;
- l’AZIENDA CHE HA
ACQUISTATO E PAGATA L’IVA ALL’AZIENDA-VENDITRICE HA UN CREDITO VERSO LO STATO E
NE CHIEDERA’ IL RIMBORSO;
quindi l’Iva non è
né un costo aziendale per chi vende e
non è un credito aziendale per chi compra, anche se l’aliquota Iva
aumenta o diminuisce, ma questo vale solo se lo scambio di beni o servizi
avviene tra operatori economici (Aziende o Professionisti).
Ma quando
l’acquirente e’ un cittadino-utente-consumatore finale, egli dovrà pagare l’IVA
all’Azienda Venditrice, che la verserà allo Stato, MA non potrà chiederne il
rimborso allo Stato (Agenzia Entrate).
Quindi, il
consumatore finale, (famiglia, cittadino, contribuente) dovrà effettivamente
pagare l’imposta, come contribuente-percosso e inciso.
Un’altra
riflessione? Eccola, quell’1% in più peserà in modo diverso in base al reddito
dei cittadini: più basso è il reddito più pesante è il sacrificio, più alto è
il reddito meno “fastidioso” sarà quell’ 1% di aumento dell’aliquota. E la
fregatura se la dovrà sorbire il cittadino “meno abbiente”, a basso reddito
cioè “’o povero omme”.
Il punto di Enzo
Grazie, Enzo. Tutti gli interventi governativi si basano su un semplice concetto: quello dell'equilibrio dei conti. Poiché siamo in disequilibrio, dobbiamo accrescere le entrate e/o diminuire le spese. Tutto il resto è previsione. Quella sull'aumento dell'entrata IVA legata all'aumento dell'aliquota è da dimostrare. Ma è certo che l'aumento dell'aliquota deprime il mercato. Secondo me questi che hanno le mani in pasta non sono dei veri tecnici. Ma la verità vera è che sono servi dell'Europa e non sanno come compiacere meglio il padrone.
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