Specie in pericolo: risoluzione shock, abbandonare panda e tigri:
il 60% dei conservazionisti gira loro le spalle, con un solo obiettivo: "Concentrarsi su specie meno famose"
Poveri panda, povere tigri bianche e di Sumatra !
Oltre il 60% dei conservazionisti, un tempo convinti del fatto che salvare queste ed altre specie a rischio dall’estinzione fosse una questione importantissima per la salvaguardia dell’intero ecosistema, hanno cambiato la propria posizione, girando letteralmente le spalle a quelle che ormai possono esser considerate “specie sacrificabili”. Evitare l’estinzione di molte specie, e tra queste compare anche quella del panda, sarebbe impossibile, vista la continua ed inarrestabile riduzione della biodiversità, o comunque troppo costosa. Secondo gli esperti, stando a quanto riportato dall’Independent, l’unica strada oggi percorribile è il “triage”: ci si dovrebbe cioè concentrare esclusivamente sulle specie meno famose, quelle che ancora possono avere delle chance. La sfida ora è quella di capire cosa si può ancora salvare e cosa no, quantificando quali possano essere i costi per la conservazione di una specie in particolare.
Alcuni esperti ritengono che sia “immorale” decidere a tavolino chi debba sopravvivere e chi invece possa serenamente finire nell’oblio. Bisogna soprattutto considerare che molte delle specie definite senza speranza sono fondamentali per la sopravvivenza di interi ecosistemi e non si può assolutamente prescindere dagli effetti a catena, tra l’altro non facilmente prevedibili, che si genererebbero a partire da decisioni di questo tipo. In campo ambientale, purtroppo o per fortuna, non si può ragionare a compartimenti stagni. Tutto è interconnesso: gli effetti generati dalla compromissione di una parte di questo insieme, potrebbero intaccare in maniera notevole anche i contesti in cui si ritiene valga la pena di investire. La scelta, tuttavia, sembra esser più orientata sul tagliare costi, evitare di spendere milioni di euro in iniziative di dubbia utilità. Caso simbolo, che non mancherà di far fare un balzo sulla sedia ai tanti sostenitori delle associazioni animaliste, è quello del panda, peraltro simbolo del Wwf. Al momento esistono al mondo soltanto 2.500 esemplari, localizzati principalmente nelle foreste della Cina.
I programmi di ripopolamento in cattività, nonostante gli sforzi e i milioni di euro investiti annualmente nella causa, hanno avuto successi solo parziali: per tanti possono esser considerati degli insuccessi. Per Fulco Pratesi, presidente onorario del Wwf, nonché uno dei fondatori della associazione del Panda in Italia, sacrificare il panda per salvaguardare altre specie sarebbe come accettare di far crollare Pompei o il Colosseo, per poi concentrarsi sul Duomo di Milano. "E' uno stupido modo di pensare alle gerarchie: bisogna salvare ogni cosa, anche se questo comporta spese. Ogni animale in meno sulla Terra è come levare a un romanzo le virgole o in una frase un punto interrogativo. E' l'unico scopo della sopravvivenza dell'uomo : distruggere le specie in estinzione significherebbe che l'uomo vuole diventare un monumento del deserto, deserto che egli stesso sta provocando".
Tra i tanti casi, uno mi è sembrato davvero paradossale . . .
Pur di riuscire a mantenere al sicuro e al salvo gli animali in via d’estinzione i gruppi di animalisti sarebbero disposti a qualsiasi mezzo. Cosi, recentemente, i membri della NOAA’s Fischeries Service, associazione per la tutela dei pesci a rischio estinzione, per mantenere in salvo i salmoni ha deciso di eliminare definitivamente un gruppo di leoni marini che popola un fiume insieme a salmoni in via d’estinzione.
I leoni marini hanno preso di mira la succulenta preda, seguendo quello che è l’istinto naturale, ma i diversi tentativi di dissuaderli ricorrendo a petardi e proiettili di gomma, non sono serviti a nulla, pertanto a mali estremi l’associazione animalista, insieme con l’amministrazione locale ha deciso di fare fuori dal fiume una volta per tutte gli animali cacciatori.
Nel corso degli ultimi 10 anni i membri dell’associazione animalista incaricati di salvaguardare il viaggio controcorrente dei salmoni lungo il fiume, hanno registrato un crescente numero di leoni marini che sempre più spesso frequentavano il fiume, per cacciare i pesci protetti. Dal 2008 le autorità sono a lavoro vicino alla base di Bonneville Dam, non molto distante dall’Oceano Pacifico, dove hanno ottenuto il permesso di trasferire i leoni marini, ma ora visto che il tentativo di trasferirli non è servito a gran che, si è deciso di adottare metodi più drastici.
Certamente decidere di uccidere un gruppo di animali per salvarne un altro non sarà stata la scelta migliore ma sicuramente ormai era inevitabile soprattutto visto che il gruppo di leoni marini incide molto sull’estinzione sempre più vicina dei poveri salmoni.
Cosi ogni anno saranno uccisi ben 85 esemplari di leoni marini, stando al nuovo piano emesso dai funzionari di Washington e Oregon che rispetto ai 5000 animali presenti, rappresentano solo una minima frazione.
Maria... a dopo
Di fronte a questi fatti chudo gli occhi per non vedere e le orecchie per non sentire. E mi deprimo.
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