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venerdì 25 ottobre 2019
ECCO COME FACCIO LA SPESA...
Alcune persone hanno fatto da "cavia" nel supermercato-laboratorio che studia i clienti
Sembra in tutto e per tutto un supermercato, ma in realtà è un laboratorio che studia cosa guarda un cliente mentre fa la spesa. Ecco come fanno gli scienziati che ci lavorano e qual è il loro obiettivo.
Il pavimento è lo stesso di un vero supermercato, la disposizione dei prodotti negli scaffali è uguale e persino il sonoro è quello che possiamo ascoltare quando andiamo a fare davvero la spesa (ma in questo caso è riprodotto artificialmente). In realtà quello che abbiamo visitato non è un vero supermercato, ma un "market-lab", un laboratorio messo a punto da scienziati del marketing per studiare il comportamento dei clienti.
In particolare, con uno speciale dispositivo, viene analizzato il movimento dello sguardo per capire dove si focalizza la nostra attenzione mentre ci spostiamo col carrello tra gli scaffali. Lo scopo è capire se un prodotto ha un aspetto "attraente", se è stato posizionato in modo efficace nello scaffale o se, al contrario, viene ignorato dai clienti che fanno la spesa.
By Focus
Annamaria
mercoledì 23 gennaio 2019
LO PSICOLOGO: PER ESSERE FELICI CAMBIATE PARTNER OGNI 5 ANNI
La società sarebbe piu' felice se le persone cambiassero partner ogni 5 anni (anno più, anno meno). Ad affermarlo è lo psicologo spagnolo, Rafael Santandreu, autore del libro “Las gafas de la felicidad”.
A dar retta all'autore del libro, consapevole che le sue dichiarazioni potrebbero apparire scomode, scomparendo (sempre in futuro, eh!?) le coppie fisse, dovrebbero scomparire anche gelosie e dipendenze.
Spiega, inoltre, che l'essere umano non è monogamo e dunque pensare a una coppia fissa per sempre non ha senso.
Anche la psicologia è concorde: la relazione perfetta è quella in cui i partner possono dire "ti amo ma non ho bisogno di te".
L'autore afferma che finora ha funzionato perché l'uomo era in possesso della donna dando la definizione (addirittura) "schiava e padrone."
In futuro vedremo una famiglia molto diversa da come attualmente la conosciamo. Avremo società matriarcali, dove madri e sorelle terranno insieme la famiglia, che perderà la classica conformazione marito-moglie”.
Questo nuovo modello di vita non solo aiuterà a ridurre il numero di suicidi (d'amore) nel mondo, ma ridurrà il livello di infelicità generale prodotto da sentimenti non corrisposti e dalle gelosie.
Secondo Santandreu, il 50% delle coppie attuali, infatti, “non potrà reggere per più di dieci anni” e stima che “solo un terzo delle coppie sono veramente soddisfatte della loro relazione”.
A me risulta impossibile pensare, in futuro, a relazioni sentimentali come qualcosa che cambia in continuazione.
Ma se finisce l'amore ben venga lasciarsi.
Ricordate ElizabethTaylor?
Famosa come attrice ma anche per i suoi numerosi matrimoni: ben otto. Ma l’attrice rispetto alla 68enne Linda Wolfe era una dilettante: si è sposata ben 23 volte nel corso della sua vita.
Due dei suoi ex-mariti ha scoperto che in realtà erano gay, qualcuno degli altri la tradiva. Un altro, aveva un comportamento possessivo tanto che aveva messo il lucchetto al frigo. Due dei suoi mariti erano senzatetto, mentre un altro era un carcerato con un occhio solo. L’ultimo matrimonio, una quindicina d’anni fa, era un certo Glynn Wolfe, sposato come trovata pubblicitaria dato che lui era l’uomo che si era sposato più volte: 29 con il matrimonio con Linda.
Annamaria
lunedì 8 ottobre 2018
QUALCHE CONSIGLIO ZEN PER FARE ORDINE E STARE MEGLIO
Ti ho cercato tanto ieri sera
...ho provato ovunque ma niente
...Non c'era traccia di te!
...Alla fine sono andata a letto senza di te
...mi sentivo nuda e il vento passava sopra di me
...pigiama dove ca...spiterina ....sei finito???

Ogni tanto mi succede e non solo con il pigiama.
Ecco allora come organizzare in modo semplice ed efficiente lo spazio tra le quattro mura e dire addio all’ ansia da disordine.
«La vita comincia davvero solo dopo aver messo ordine in casa».
Così scrive Marie Kondo, guru mondiale del riordino, che con i suoi libri insegna il metodo giapponese per sistemare la propria vita, partendo proprio dalla casa.
Fare ordine eliminando quello che non serve più permette, innanzitutto, di guadagnare tempo prezioso: basti pensare ai momenti persi mentre si cerca quell’ adorabile pigiama che nell’attesa di essere indossato è stato risucchiato dalla confusione del proprio armadio.
Oppure quando si vorrebbero indossare i propri jeans preferiti, mentre nell’ affannosa ricerca si fa scorrere tutto quello che si trova appeso alla rinfusa sulle grucce. Senza contare l’ansia che questa cosa genera se si è in ritardo (e se non lo si è, si finisce per esserlo).
Vente-privee, leader delle vendite-evento online, ha coinvolto le sue clienti italiane in una singolare indagine a tal proposito, finendo per scoprire quanto un argomento apparentemente così banale possa, invece, influire sulla routine di tutti i giorni.
Il 46% delle intervistate ammette di essere troppo impulsiva durante lo shopping e di possedere nel proprio armadio (chissà dove) almeno un capo con ancora il cartellino. Un discreto 38% invece ammette di non riuscire a separarsi dai propri abiti nemmeno quando la taglia è sbagliata: “tanto lunedì inizio la dieta”. Solo un ridotto ma fiero 16% dichiara di non provare alcuna pietà davanti all’ armadio, e di riuscire con estremo rigore a mantenere l’ordine.
Il risultato, comunque, è che per il 72% delle intervistate il cambio di stagione rappresenta una delle principali attività domestiche fonte di stress, da rimandare a oltranza fino addirittura, per alcune, a optare per uno strabordante guardaroba 4 stagioni (33%).
Organizzare meglio gli spazi di casa – non solo l’armadio – può essere terapeutico e significa ottimizzare tempi e risorse: le giornate e il proprio tempo si liberano da stress e ansia inutili, consentendo con un minimo sforzo, di vivere meglio in maniera organizzata.
La pensa così anche l’Associazione Professional Organizers Italia – APOI, che insieme a vente-privee ha stilato alcuni furbi consigli per semplificare la vita tra le mura di casa, ispirandosi anche a Marie Kondo e alla sua filosofia zen.
1. Conservare soltanto ciò che si utilizza veramente
È più semplice focalizzarsi su cosa si voglia davvero tenere piuttosto che su cosa buttare. Il consiglio è quindi conservare solo ciò che piace e/o serve veramente. E se proprio non si riesce a fare pulizia, la soluzione migliore è organizzare un divertente swap party con le amiche per scambiarsi quello che non si usa più. Richiamando la filosofia della Kondo, sbarazzarsi degli oggetti inutilizzati è il primo passo per fare ordine anche dentro se stessi.
2. A portata di mano… Ma soprattutto con il giusto spazio
È utile riservare la parte dello spazio – che sia l’armadio, la credenza o il mobiletto del bagno – più facilmente accessibile a ciò che si usa più spesso. Nel riporre l’abbigliamento, inoltre, è indispensabile fare in modo che ci sia sufficiente spazio tra un capo e l’altro per poterli raggiungere senza troppi sforzi, soprattutto quando si è di fretta.
3. Scegliere un criterio
È importante dividere capi e accessori per categorie, ad esempio radunando tutte le cinture, le camicie, le magliette a maniche lunghe separate da quelle a maniche corte, i pantaloni… E decidere quale sia la sistemazione ideale per ciascun gruppo (appeso, piegato, nel cassetto o sullo scaffale). Scatole e scatoloni, magari in cartone colorato o in tessuto lavabile, agevolano il mantenimento dell’ordine all’ interno dell’armadio e danno un tocco di colore e allegria, senza creare confusione.
E se mentre fate ordine vi capita di trovare un capo che non indossate mai e avete la tentazione di declassarlo nella categorie degli “abiti da portare in casa”, non fatelo. Il cardigan (ma anche la maglietta) sformato, sostiene Marie Kondo, danneggia il vostro aspetto e, di conseguenza, l’autostima.
4. Sfruttare lo spazio in verticale
Per sfruttare al meglio lo spazio verticale all’interno di armadi e mobili, l’utilizzo di comodi porta tutto, come gli hanging organizers, ha diversi vantaggi, tra cui quello di creare maggiori ripiani per riporre le cose e avere tutto ad altezza occhi. Per i vestiti particolare importanza ha anche l’uso delle grucce: è bene acquistarle di buona qualità e sufficientemente larghe per permettere a ai capi di non sgualcirsi o deformarsi.
5. Organizzare al meglio l’interno dei cassetti
Per mantenere ordine all’interno dei cassetti ci si può avvalere di alcuni utili contenitori divisori che permettono di distribuire in maniera ordinata e facilmente gestibile gli accessori (calze, cravatte, intimo). In questo modo si vedrà meglio il contenuto del cassetto, evitando di smarrire i capi nella confusione.
Ottimi consigli di VFaire e nel frattempo torno a cercare il mio pigiama...
Annamaria
giovedì 2 agosto 2018
IL SILENZIO (NON SEMPRE ) E' D'ORO.
Chi usa il silenzio sta attuando un’aggressione e una manipolazione velata ma vediamo i vari aspetti che ci portano ad attuare il silenzio
Nelle interazioni umane è impossibile non comunicare.
“Perchè non mi hai chiamato per dirmi che facevi tardi?”
“Dove ho sbagliato?”
“Perchè mi hai mentito?”
Di domande se ne possono fare tante. E’ giusto discutere, confrontarsi, chiarire il proprio pensiero per trovare un punto di incontro… Il problema sorge quando la risposta che otteniamo è “silenzio assoluto”.
Cosa avviene quando il silenzio è l’unico messaggio che ci arriva dalle persone a noi più care?
L’uso del silenzio ostinato, nelle interazioni interpersonali, può innescare uno stato di pesante incertezza emotiva, come se ci arrivasse il messaggio “tu non esisti”.
Diceva Elias Canetti ” Ci sono alcuni che nel silenzio raggiungono la loro massima cattiveria”. Un silenzio determinato e severo, a volte, può risultare più umiliante e devastante rispetto un giudizio verbalizzato.
“L’uso del silenzio è senza dubbio una delle forme più subdole di abuso emotivo, un’arma invisibile per evitare il confronto diretto e gestire così la relazione in modo manipolatorio”
Nelle relazioni sentimentali e familiari c’è chi usa il silenzio come punizione, per manipolare o addirittura svilire l’altro… In questi casi il silenzio diviene una vera e propria arma, un’arma che chi la usa sa destreggiare bene, la si usa, infatti, con molto mestiere. C’è chi, dopo un diverbio o uno screzio, o anche senza causa apparente, riesce a “tenere il muso” e alla classica domanda che gli viene fatta: “Cosa c’è che non va?” si ottiene una risposta fredda e disarmante, “Niente!”. E poi, ancora silenzio.
Per quanto banale possa sembrare il fatto di “tenere il muso”, in realtà stare in una relazione affettiva con una persona che usa sistematicamente il silenzio può rivelarsi un’esperienza molto pesante.
“Il silenzio in risposta a una domanda o a una richiesta di contatto produce un vuoto che, non potendo essere riempito da risposte oggettive, viene inevitabilmente saturato dai dubbi di chi ti ha posto la domanda”
La mancanza di dialogo può impedirci di comprendere per che cosa veniamo effettivamente “puniti” (e cioè dove abbiamo sbagliato, se pure abbiamo sbagliato) e comunque ci nega la possibilità di spiegare le nostre ragioni, di difenderci dalle accuse, di rimediare in qualche modo al danno. Il silenzio infatti interrompe il ponte tra noi e l’altro e ci consegna a una condanna senza motivazione e senza appello, togliendoci l’unico appiglio possibile: il contatto.
L’uso del silenzio nasconde tante verità
Certo, tutti abbiamo il diritto di non rispondere a una domanda ma non nell’ambito di una relazione, di un’amicizia o di semplice frequentazione, quando la richiesta rappresenta qualcosa di importante. E non si parla di gente con problemi di memoria che dimentica la tua domanda ma gente che sceglie di non rispondere, ne con le parole, ne con i fatti. E non per un periodo definito: non ti risponde e basta. Perché alcune persone reagiscono ai conflitti con il silenzio?
In primo luogo, è bene non confondere il silenzio che nasce dalla volontà di non discutere: si è compreso che il conflitto ha raggiunto una fase di stallo e non si vuole aggiungere benzina sul fuoco. In questo caso il silenzio non viene utilizzato come arma per punire o castigare l’altro. La persona che invece ricorre al silenzio come punizione di solito lo fa perché non ha altre risorse psicologiche per affrontare la situazione.
Il silenzio è la sua risposta per diversi motivi:
Pensa che il suo interlocutore non lo ascolti, che non sia aperto al suo punto di vista e quindi usa il silenzio per “costringere” l’altro ad ascoltarlo.
Pensa che il suo interlocutore dovrebbe scusarsi per il suo atteggiamento o le sue parole, e usa il silenzio come avvertimento
Pensa che sia inutile parlare dell’argomento perché non riuscirà a raggiungere un accordo, così utilizza il silenzio per fare in modo che l’altro ceda
Si sente profondamente offeso, ma non vuole riconoscerlo e usa il silenzio in modo che l’altro si ravveda
Non vuole affrontare una questione sensibile, quindi accusa l’altro e lo punisce con il silenzio, per fare in modo che cambi argomento.
Qualunque sia la ragione, l’uso del silenzio ha come fine quello di piegare l’altro, è una sorta di punizione attraverso la quale si incolpa l’altra persona e si mette la responsabilità della relazione nelle sue mani. È come dire “non dirò nient’altro, vedi tu cosa vuoi fare, la responsabilità ultima è la tua“.
Cosa significa? Che non si è interessati a risolvere il conflitto attraverso il dialogo, ma si vuole semplicemente che l’altra persona accetti il proprio punto di vista.
L’atteggiamento manipolatore e aggressivo attraverso il silenzio
Utilizzare il silenzio come punizione è un atteggiamento infantile che non risolve nulla, perché anche se prevede un gratificazione egoistica per chi lo applica, lascia un sapore amaro in bocca a chi lo subisce, lasciando anche dei segni nel rapporto.
Non c’è dubbio che il silenzio può avere più significati, ma usarlo come punizione comporta un atteggiamento passivo-aggressivo. Cioè, smettere di parlare ad una persona è un’aggressione velata. Infatti, in alcuni casi questo tipo di silenzio può lasciare cicatrici più profonde dell’aggressione verbale diretta, perché il silenzio è un vuoto suscettibile di qualsiasi tipo d’interpretazione.
Se è vero che in alcuni casi il silenzio può funzionare e l’altra persona si scusa e cede, in ultima analisi, questa tattica può solo generare risentimento e problemi, dal momento che il conflitto in realtà non è stato risolto, ma solo coperto.
Come si sente la persona che soffre la strategia del “silenzio”?
L’uso del silenzio come punizione è uno dei fattori che portano al divorzio, non solo perché queste persone si sentono meno soddisfatte del rapporto, ma anche perché percepiscono il loro partner come emotivamente più distante.
Infatti, uno dei problemi è che chi subisce il silenzio si sente sempre più frustrato per la mancanza di una risposta e del coinvolgimento dell’altro, così il rapporto diventerà sempre più teso e ci saranno più conflitti.
La persona che è vittima del silenzio si sentirà confusa, frustrata e persino colpevole. È anche probabile che si senta sola e fraintesa. Ovviamente, questi sentimenti non contribuiscono a migliorare le relazioni e risolvere i conflitti, al contrario, creano un divario sempre più ampio.
Il trattamento del silenzio è abuso perchè:
È un comportamento passivo-aggressivo che vuole far male l’altra persona
Esso mostra una mancanza di cura, mancanza di rispetto e mancanza di valore
E’ un comportamento attuato molto spesso dai narcisisti allo scopo di manipolare e punire
Può contribuire alla depressione, all’ansia e alla bassa autostima, instabilità psicologica
A riguardo, nel libro “Amare tradire“, lo psicoanalista Aldo Carotenuto scrive: “Il silenzio nella coppia uccide, annulla l’altro, lo nega finanche nella sua presenza e lo spinge lentamente verso la dimensione del non essere, del non esistere più. Subendo questo silenzio incominciamo a dubitare delle nostre percezioni : esistiamo ancora? Lanciamo dei messaggi, avanziamo delle richieste, e sia gli uni che le altre ci ritornano indietro immodificati nel silenzio.
Generalmente le vittime di questa interazione patologica sono le donne perché in esse la spinta verso il rapporto è comunque dominante rispetto alla prevaricazione. Tuttavia sarebbe improprio generalizzare questo fenomeno: anche molti uomini sono vittime del silenzio femminile, sadico e colpevolizzante. La parola rappresenta uno strumento fondamentale della comunicazione umana e qualunque alterazione patologica di questa potenzialità inchioda gli interlocutori a un penoso vuoto di contatto.”
Gli usi positivi del silenzio
A volte è meglio tacere, come ad esempio:
Quando siamo troppo arrabbiati e ci rendiamo conto che potremmo dire cose di cui ci pentiremmo più tardi.
Quando il nostro interlocutore è troppo esaltato e la discussione sta degenerando.
Quando il sielnzio viene utilizzato come una pausa nella discussione perché l’altro rifletta sulle sue parole.
RICORDA…. il silenzio può acquisire molteplici significati, quindi se qualcuno è davvero importante per TE è meglio dire in modo assertivo ciò che pensi e senti. Così non ci sarà più spazio per gli equivoci. Nessuno merita di sentirsi indegno di attenzione o immeritevole di amore e di fedeltà. NESSUNO!
By - psicoadvisor
Annamaria
lunedì 11 settembre 2017
GASLIGHTING , OVVERO: VIOLENTO IO? NO, SEI TU CHE SEI PAZZA
LA CRUDELE TATTICA MANIPOLATORIA DEL GASLIGHTING.
"Hai lasciato il GAS APERTO
(intenzionalmente?) !!! Volevi far
esplodere la casa? Perchè non vai fuori dai coglioni?"
Fortunatamente la vittima di quanto scritto sopra, per mano di un GASLIGHTING, non era sola in casa ma con un'amica che ha potuto testimoniare, in maniera assoluta, che la vittima abbia compiuto una simile azione.
Vittime di questi individui,vogliatevi bene,state attente ai piccoli segnali e se qualcosa va male FATEVI AIUTARE...ecco alcuni segnali
-“Me l’hai detto tu poco tempo fa, non ti ricordi? Davvero non ti ricordi?”
-“Ne abbiamo parlato un sacco di volte e non lo sai più?”
-“Hai frainteso!”
-“Sei sicura? Tu non hai memoria!”
-“Sei grassa! (magra, brutta, ignorante, incapace, ecc..)”
-“ Non sai fare niente! Non ne fai una giusta!”
-“ Ma come non ti ricordi! Me l’hai detto proprio tu!”
-“ Questo non me l’hai mai detto! Te lo sarai immaginato!”
-“ Le tue amiche sono stupide come te!”
-“ Se ti lascio rimarrai sola per tutta la vita!”
-“ Tu non sei nessuno!”
-“Io non dico bugie, sei tu che immagini certe cose”
Se il tuo partner usa questo tipo di espressioni con te spesso, facendo sì che pian piano tu cominci a dubitare delle tue convinzioni e dei tuoi giudizi di realtà è molto probabile che lui/lei stia usando contro di te una crudele tecnica manipolatoria chiamata gaslighting.
E’ una delle armi invisibili preferite dei manipolatori e violenti psicologici. E’ la forma di violenza psicologica più subdola, non lascia ferite sul corpo bensì lividi nell’anima. Il gaslighter può essere un partner, un familiare, un collega, un capo o un amico.
Il gaslighter è colui che altera la tua percezione della realtà, ti porta a credere che una menzogna sia la verità, che un episodio che ricordi perfettamente sia soltanto frutto della tua immaginazione, ti farà credere di non ricordare una cosa che in realtà non è mai successa, fino a farti credere di essere diventata pazza, tutto con l’unico vile obiettivo di distruggere la tua capacità di giudizio, sviluppare un’insicurezza di fondo e fare in modo che tu dipenda da lui; questa crudelissima strategia manipolatoria può causare conseguenze psicologiche anche gravi nella vittima.
Le diverse tecniche di gaslighting, che un partner potrebbe usare intenzionalmente o senza rendersene conto se si tratta di abitudini apprese e internalizzate in contesti familiari disfunzionali, sono le seguenti:
Negazione: quando il gaslighter, ll partner abusante, si rifiuta di ascoltare o fa finta di non capire ciò che dici.
“Me lo hai già detto 100 volte, non voglio ascoltare questo di nuovo”.
Contrapposizione: quando il gaslighter mette in dubbio i ricordi di situazioni ed eventi della vittima, anche quando la vittima ricorda ogni singolo dettaglio dell’accaduto.
“Non è così, non è vero! Tu non ricordi mai niente,stai perdendo colpi”
Blocco/Deviazione: quando il gaslighter devia i discorsi, spostando l’attenzione su un argomento ben lontano da quello su cui si stava discutendo; e/o quando il gaslighter mette in dubbio pensieri ed emozioni della vittima.
“Queste idee folli te le ha suggerite (un amico, familiare, collega, etc)?”
“Te lo sarai immaginato!”
Banalizzazione: il gaslighter sminuisce le emozioni della vittima e banalizza i suoi bisogni
“ Tu sei iper sensibile”
“Non ti arrabbierai di nuovo per cose di poco conto?”
Dimenticanza/Rifiuto: il gaslighter fa finta di aver dimenticato fatti accaduti e/o nega di aver fatto determinate promesse alla vittima.
“Questo l’hai inventato tu!”
“Io non so di cosa tu stia parlando”
Il gaslighting si manifesta gradualmente nelle relazioni, infatti è molto difficile riconoscere queste forme di manipolazione all’inizio della relazione. Con il tempo però queste dinamiche disfunzionali diventano una spirale fino a far sentire la vittima confusa e depressa. Se all’inizio della relazione il suo sarcasmo e le sue critiche erano rare e “innocenti” con il passare del tempo le critiche e svalutazioni diventano più crudeli e insistenti. Così non fidandosi più delle sue percezioni della realtà e della sua memoria, la vittima farà sempre più affidamento sul suo partner rafforzando così una spirale da cui non sarà facile uscirne.
COSA POSSIAMO FARE?
Il primo step per affrontare e superare questo tipo di violenza psicologica è accorgersi che qualcuno usa queste tattiche crudeli contro di te.
Riconoscere i campanelli d’allarme
Rileggi le frasi ed espressioni tipiche sopra elencate usate dai gasligheter e memorizzale.
Se sospetti che qualcuno stia cercando di manipolarti, annota le frasi pronunciate da questa persona che sminuiscono e/ ridicolizzano le tue emozioni e ti feriscono, rileggile, presta attenzione sulla frequenza con cui ti vengono dette quelle cose e analizzale.
Il gaslighting è uno schema comportamentale manipolatorio, nel momento in cui individui il modo in cui questi schemi si presentano e ripetano, sarà più facile riconoscere i campanelli di allarme e disarmare i manipolatori.
Riacquistare la fiducia in te stessa
Non è di certo facile ma è possibile. Il gaslighter ha cercato in tutti i modi di distruggere la tua autostima e annullare ogni tua capacità valutativa.
Ora che sei cosciente del fatto che si tratta di una strategia di manipolazione e che il problema non sei tu, le tue emozioni e la tua memoria, ogni volta che sei bersaglio di un attacco del gaslighter ricorda che è solo una tattica di abuso mentale.
Ricorda che le tue emozioni e i tuoi sentimenti sono validi e veri, che certe espressioni vengono usate dal gaslighter solo per ferirti, fidati della tua memoria, tu sei capace di ricordare ciò che è successo, ciò che hai visto e sentito perfettamente.
Secondo la psicanalista Robirn Stern, PHD, i sintomi nelle vittime di gaslighting sono i seguenti:
-Metti in dubbio te stessa costantemente
-Chiedi a te stessa: “Forse sono io ad essere troppo sensibile?”più volte al giorno
-Ti senti spesso confusa e pazza
-Ti scusi sempre con il tuo partner
-Non riesci a capire perché non riesci ad essere felice
-Cerchi spesso delle scuse per giustificare i comportamenti del -tuo partner ad amici e familiari
-Senti che qualcosa sia sbagliato, che c’è qualcosa che non va ma non sai bene di cosa si tratta
-Cominci a mentire per evitare di essere svalutata e sminuita
-Hai problemi nel prendere piccole decisioni
-Senti che in passato eri una persona diversa- più sicura di te stessa, più felice, più risolutiva
-Ti senti persa e infelice
-Ti senti come se non riuscisse a fare niente di buono
-Ti chiedi se sei una “buona” partner
Non dimenticare mai che tu sei forte. I tuoi sentimenti sono veri e validi. La tua memoria è ottima. Se ti senti ferita è perché sei stata ferita. Se ti senti arrabbiata è perchè qualcuno ti ha fatto sentire arrabbiata.
Fonte( happinessbeyondsilence)
mercoledì 9 agosto 2017
VIAGGIO NEL PIANETA DEMENZA
A mia madre anche se non ha l'alzheimer ma una demenza vascolare da ictus. (Esistono numerosi tipi di demenza: le quattro più comuni sono il morbo di Alzheimer, la demenza vascolare, la demenza con corpi di Lewy e la demenza frontotemporale.)
I sintomi del deterioramento sono simili presentando disfunzioni della sfera cognitiva, affettiva, psichica e comportamentale.
"Mamma, sono tua figlia, tua madre , tua sorella ...tua ...per sempre tua anche quando mi chiedi "ma tu chi sei?"
-e alla fine s’impara anche a scriverlo correttamente: alzheimer
s’impara che non è il medico tedesco delle barzellette.
s’impara ad incassare quel pugno nello stomaco ad ogni battuta inconsapevole riferita ad una persona un po’ sbadata: “se vai avanti così ti viene l’alzheimer”
s’impara la rabbia, la disperazione, l’impotenza.
non si impara ad accettarlo, forse s’impara a conviverci.
s’impara, inermi, a vedere andare in frantumi la Sua dignità.
s’impara a sentirsi chiamare mamma da chi mamma chiamavi e chiami ancora.
s’impara a sentirsi dire: “scusi, ma lei chi è?”.
s’impara a sentirsi domandare, da chi cucinava per te, come si mettono i bicchieri sulla tavola.
s’impara, si deve imparare, a non arrabbiarsi quando dimentica le cose, fa pasticci e confonde gli oggetti.
s’impara a non contraddire.
s’impara a rispondere all’aggressività con una carezza.
s’impara a sorridere anche quando piangi dentro.
s'impara a sciacquare la bocca e i denti.
s'impara a lavare il Suo corpo. S’impara la naturalezza di ogni gesto.
s’impara a mettere pannolini.
s’impara ad armeggiare con ossido di zinco e rossori.
s’impara ad imboccare. s'impara il ritmo perfetto tra un cucchiaino di cibo e l’altro.
s’impara ad accettare che quel cibo ti toccherà frullarlo come un omogeneizzato.
s'impara a calibrare la giusta boccata d'acqua affinché non vada di traverso.
s’impara ad accettare che quell’acqua ti toccherà raddensarla come gelatina.
s'impara, si deve imparare, a non arrabbiarsi quando non mangia. mangerà domani. quel domani che non ci sarà quando la capacità di deglutire sarà compromessa.
s’impara… si cerca di imparare a capire se ha freddo, caldo, fame o sete.
s’impara a parlare di tutto e di niente.
s’impara a non avere risposte.
s’impara a rassicurarla anche quando di rassicurante c’è ben poco.
s’impara ad accettare il silenzio della sua bocca e del suo sguardo.
s’impara a parlarle, nonostante tutto.
s’impara a dare abbracci e baci che non possono essere ricambiati.
s’impara a dirle ti voglio bene. sempre e comunque.
s’impara a non scappare col terremoto perché Lei non la puoi muovere.
s'impara a fare punture, a maneggiare flebo, s'impara a farne tante.
s’impara il significato di “vivere alla giornata”.
s’impara a trafficare con manometri e bombole d’ossigeno.
s’impara a trattenere il respiro per l’esito del saturimetro e a gioire per un risicato 90%.
s’impara ad avere paura. paura di un colpo di tosse. paura che soffochi.
s’impara a dire che sarebbe giusto che chiudesse gli occhi. ormai.
s’impara a sentirsi in colpa per averlo pensato.
s’impara a fare i conti con il vuoto.
e si impara a dire “grazie” ad alcuni medici pieni di umanità.
non si impara ad averti a metà.
agli 800mila malati di alzheimer, ai loro famigliari, a mio padre.
Erika Corghi
Annamaria
giovedì 19 maggio 2016
IL SEGRETO DELL'EQUILIBRIO E DELLA REALIZZAZIONE
Leggo parecchi articoli di psicologia online. Questo che vi propongo è uno dei pochi che mi ha colpito per schiettezza e veridicità. Un copia e incolla che vale la pena leggere e rileggere! Molti di noi si riconoscono in queste belle parole ma è poi importante e fondamentale metterle in pratica.
L’infelicità trae origine dai nostri desideri insoddisfatti. Il nostro insaziabile ego, che è la nostra parte animale o istintuale, pretende questo e quello, del tutto incurante dei bisogni e dei desideri degli altri. L’io mette davanti a tutto la propria soddisfazione immediata, il proprio bene, i propri desideri e non si cura minimamente che anche gli altri desiderano il loro bene e hanno diritto ugualmente alla felicità.
L’io pensa solo a se stesso, il che significa che è assolutamente irresponsabile, e proprio perché è irresponsabile ci procura un mare di guai quando lo assecondiamo troppo. Il contrario dell’irresponsabilità è ovviamente la responsabilità, il che ci dice subito che il cambiamento avviene assumendosi le proprie responsabilità e rimboccandosi le maniche! Senza cambiamento non c’è riuscita personale!
Le più grandi soddisfazioni si hanno mettendo a tacere l’ego: quando si smette di volere questo e quello, quando si smette di pretendere che le cose vadano in un certo modo, quando non ci si aspetta nulla dagli altri, quando non si dipende dagli altri. L’io o ego è la causa di tutti i nostri problemi. Ciò non significa, però, che il nostro ego sia il nemico da combattere. L’io è anche la nostra personalità e perciò non va combattuto ma equilibrato ed armonizzato con il suo opposto: gli altri! E quindi, per equilibrare l’io, per farlo crescere, maturare ed evolvere, occorre moderare le sue insaziabili pretese, il che è possibile desiderando non soltanto il nostro bene, ma anche il bene degli altri, non soltanto la nostra felicità, ma anche la felicità degli altri. Ecco la scorciatoia sicura ed efficace per eliminare rapidamente i nostri difetti e correggere i nostri errori!
Soltanto quando desideriamo sia il nostro bene che quello degli altri possiamo considerarci persone equilibrate. In questo caso cessano le tensioni, siamo sereni e pazienti e abbiamo una buona soglia di sopportazione del dolore. Imparare a sopportare il dolore è una acquisizione molto importante perché ci consente di minimizzare i fatti spiacevoli della vita, che sono sempre all’ordine del giorno, altrimenti restiamo eternamente lamentosi, insoddisfatti e stressati, ossia infantili, eccessivamente emotivi e immaturi.
Purtroppo il grado di tolleranza del dolore dipende dal tipo di educazione ricevuta. Un bambino viziato sarà da adulto probabilmente creativo e intraprendente, ma si ritroverà una capacità di sopportazione della sofferenza o delle privazioni molto bassa e quindi, o avrà una forte tendenza al carpe diem incurante delle conseguenze delle proprie azioni, ritrovandosi perciò spesso nei guai, oppure diventerà rigido ed intollerante, in contrasto all’atteggiamento lassista dei genitori: in entrambi i casi sarà facile all’ira perché non sopporta di avere torto, ma vuole avere sempre ragione e averla sempre vinta come tutte le persone infantili e capricciose! Al contrario, un figlio castigato spesso diventerà quasi sicuramente timido, impacciato ed insicuro, e a volte ribelle ed insofferente al massimo.
Il modo più saggio di fare il mestiere di genitore è colloquiare con i propri figli instaurando il rispetto reciproco, ma anche usare la carota quando occorre la carota ed il bastone quando ci vuole il bastone, ma sempre senza esagerare. Se si viziano i bambini, essi non si affezionano neanche, e da grandi saranno il tormento dei genitori. Quando il padre si arrabbia o perde le staffe – il che dovrebbe accadere raramente altrimenti i figli perdono la fiducia in se stessi e prendono eesi stessi l’abitudine ad arrabbiarsi a ogni contrarietà – la madre deve accogliere e consolare il bambino in modo che l’effetto complessivo del loro atteggiamento risulti educativo e non devastante.
Amare i propri figli non significa coccolarli sempre e comunque, ma anche saper prendere decisioni difficili e imporre limiti e regole da rispettare; ma è chiaro che una madre non abbandonerà mai a se stessi i propri figli e farà sempre ogni tentativo per riportarli sulla retta via.
Se ci preoccupiamo soltanto di noi stessi, ci votiamo all’insoddisfazione e alla sofferenza perenne perché le cose andranno sempre storte e staremo sempre a lamentarci, a recriminare e a lottare senza concludere niente di buono. La situazione più angosciante si ha quando tutti ci girano la faccia e ci sentiamo soli e abbandonati, mentre le maggiori gioie si hanno quando facciamo una scampagnata con gli amici, quando siamo a tavola in buona compagnia e quando possiamo condividere un momento bello con le persone care.
Quando le cose vanno male, l’ego ci fa sentire paura e così pensiamo che stia per succedere la fine del mondo, e c’è chi si arrabbia andando in escandescenze, sfogandosi sui malcapitati parenti ed amici, e chi invece non si sfoga quasi mai e resta calmo, almeno apparentemente, ma va soggetto alla pressione alta e ad altre malattie. Chi è calmo all’esterno è sotto pressione all’interno, ossia soffre di ipertensione arteriosa.
Ma ci sono anche persone che restano autenticamente serene in ogni circostanza poiché hanno sviluppato la fiducia in se stesse e la convinzione che i problemi sono fatti per essere risolti e, comunque vada, sanno che non succederà la fine del mondo e che le cose si sistemeranno. Queste persone hanno raggiunto l’equilibrio interiore o saggezza e accettano gli immancabili dispiaceri della vita senza farne una tragedia. Le persone sagge sanno che più ci allarmiamo e peggio è: le paure crescono e si trasformano in panico; e quando ci preoccupiamo troppo, le preoccupazioni aumentano anziché diminuire. Le persone sagge sanno essere elastiche e rigide con uguale intensità e rapidità, a seconda del contesto, e quindi sono in grado di tenere sotto controllo le emozioni e i propri istinti senza mai castigarli più di tanto. Le persone sagge hanno un elevato senso di responsabilità, il che significa che le persone irresponsabili, evidentemente, non sono sagge e non sono equilibrate, ma l’esatto contrario.
L’accettazione della realtà, per quanto doloroso possa essere al momento, è l’unico modo per consentire il cambiamento della realtà stessa. Il cambiamento è un momento di caos, è preceduto sempre da una crisi più o meno forte perché si tratta di destrutturare e riorganizzare il proprio io, la propria personalità sulla base di nuove convinzioni. Prendere coscienza dei propri errori o dei propri difetti di carattere è la premessa per assumersi le proprie responsabilità e rimboccarsi le maniche. Quando si nega la realtà e non la si accetta, il cambiamento non avviene e la realtà si blocca nel grigiore, nel dolore e nella tristezza. La realtà si accetta soltanto quando diventiamo responsabili! Ciò significa che le persone irresponsabili e gaudenti aspirano a un mondo a loro uso e consumo e si ritrovano spesso nei guai.
L’accettazione è il più grande segreto per eliminare immediatamente la sofferenza che è causata proprio dalla lotta, dalla resistenza, dalle lamentele, dal vittimismo, appunto dalla non accettazione della realtà e quindi del cambiamento.
I principali problemi e conflitti interiori sono causati dalle convinzioni limitanti che sono il frutto delle nostre esperienze infantili. Ma quando a suo tempo abbiamo sbagliato per aver voluto fare di testa propria eravamo alla ricerca della nostra felicità. E’ stato proprio questo il nostro sbaglio: pensavamo soltanto alla nostra felicità e non anche a quella dei nostri genitori, dei nostri fratelli, dei nostri amici, del nostro partner e dei nostri figli. E sono inesorabilmente arrivate le batoste della vita: ora ci sentiamo frustrati e oppressi da mille problemi che non sappiamo risolvere.
E allora cosa dovremmo fare per uscire dai guai in cui ci troviamo? Chiedersi, per esempio, “come ha potuto farmi una cosa simile” pensando al partner, all’amico o a un genitore significa restare imprigionati nella rabbia e nel dolore. Prendersela con Dio, con la società ingiusta e corrotta, o con i propri genitori troppo duri e poco comprensivi non fa che acuire i problemi anziché risolverli. Appunto, non ci dobbiamo concentrare sugli errori commessi e su come eliminarli, altrimenti non facciamo altro che rinforzare i problemi attraverso l’abitudine alla lamentela e all’autocommiserazione. Il buio si può scacciare non combattendolo e recriminando contro di esso, ma attraverso la luce! La mente crea e moltiplica ciò di cui si nutre, sia nel bene che nel male.
Ciò che ci fa uscire dai dispiaceri è smettere di pensare ossessivamente a noi stessi, smettere di volere per forza questo e quello, smettere di recriminare sul passato che non può cambiare, e soprattutto smettere di addossare la colpa agli altri assumendoci una buona volta la nostra… responsabilità! Una personalità debole ha orrore del cambiamento, non vuole vedere la realtà, non vuole riconoscere i propri errori e i propri limiti, insomma rifiuta di assumersi le proprie responsabilità.
Quando ci assalgono i pensieri tristi e ossessivi, che sono generati quasi sempre dall’autocommiserazione, dall’invidia per i successi altrui e dal nostro attaccamento, non dobbiamo reagire contro di essi e non dobbiamo negarli, ma li dobbiamo lasciare andare senza dare loro troppo peso, e questo è possibile soltanto se ci facciamo guidare dal desiderio del bene per gli altri. Questo è l’atteggiamento sano e responsabile, questo è il modo per uscire dal pantano: augurare la felicità proprio alle persone che ci sembrano felici e anche a coloro che ci fanno tribolare! Maledire i propri figli drogati o perversi è il massimo dell’errore che possiamo fare! Non dovremmo mai dimenticare che la realtà è lo specchio delle nostre azioni.
La realtà ce la siamo costruiti noi stessi con i nostri pensieri abituali e le nostre azioni e per cambiarla c’è un rimedio universale: accettarla e smettere di recriminare! Più combattiamo contro qualcosa e più quella cosa ci perseguita. Più ci lamentiamo dei nostri debiti e più i debiti aumentano. Più una ragazza teme di essere abbandonata dal fidanzato e più la situazione si ripete. In PNL si dice che ogni profezia tende ad avverarsi, sia nel bene che nel male. Ribadisco: per eliminare una cosa che ci fa soffrire bisogna accettarla e d integrarla, non combatterla! Anzi, nel momento in cui ci accettiamo così come siamo, smettiamo di lamentarci e di soffrire e scompaiono tutti i conflitti. Ma ciò è possibile soltanto quando siamo così maturi e saggi da rimboccarci subito le maniche di fronte a una circostanza sfavorevole.
Il rimedio nasce sempre dal riconoscimento e dall’accettazione dei propri errori perché grazie all’accettazione smettiamo di rimuginare ossessivamente sulla situazione e arriva senso-di-paceil cambiamento perché proprio allora cominciamo a credere in noi stessi e nelle nostre possibilità. Negare i propri errori concentrandosi sulla propria sfortuna o sulla presunta cattiveria della persona che ci farebbe stare male, blocca ogni metamorfosi perpetuando l’infelicità e la disperazione; non riconoscere e accettare i propri errori significa che non siamo pronti per il cambiamento: significa che non crediamo ancora in noi stessi. Quando si continua a dare la colpa agli altri si perpetua il senso di irresponsabilità e di squilibrio della propria vita e la situazione non cambia.
Ammettere i propri errori significa dunque assumersi le proprie responsabilità e fare pace con se stessi, fare pace con gli altri, fare pace con il proprio ambiente e rimboccarsi le maniche; e significa anche volere il bene di tutti perché si comincia ad avere fiducia in se stessi e ad usare parole e pensieri a impatto positivo e potenziante.
Assumersi le proprie responsabilità significa cambiare il proprio atteggiamento, signfica modificare la nostra motivazione da egoistica in altruistica e ciò muta rapidamente in meglio la nostra vita! I nostri errori sono stati causati innanzitutto dal nostro egoismo e smettendo di pensare soltanto a noi stessi, desiderando genuinamente anche il bene degli altri, attiriamo senza sforzo la serenità e la gioia. Dobbiamo desiderare la felicità di tutti, compresi i nostri nemici se ne abbiamo, perché essi sono la proiezione e non la causa dei nostri errori e dei nostri guai. I nemici in realtà sono i nostri migliori amici perché sono lo specchio fedele dei nostri difetti rivelandoci i nostri punti deboli, ossia ciò che dobbiamo migliorare per non stare male.
Più desideriamo cambiare gli altri e più siamo infelici! Più giudichiamo gli altri e più siamo insoddisfatti di noi stessi. Più ci aspettiamo qualcosa da qualcuno e più c’è il rischio di restare delusi. Se cerchiamo di abbindolare o manipolare gli altri o cerchiamo di arricchirci a spese del prossimo, non ci sentiremo mai soddisfatti e in pace con noi stessi. La soddisfazione nasce sempre da dentro di sé, mai dagli altri o dall’esterno, e neanche dal successo e dalle ricchezze. Anzi, la più grande allucinazione è credere che la felicità dipenda dal soddisfare tutti i nostri desideri.
I desideri sono il motore della nostra esistenza, la forza trainante più importante e vitale, il che significa che senza desideri sarebbe impossibile vivere. Quindi, realizzato un desiderio, ne compare subito un altro ancora più importante e più impegnativo, e quindi non è la loro realizzazi0ne che ci può rendere felici, anzi essere troppo attaccati ai nostri desideri ci rende schiavi e infelici.
La cosa più difficile è proprio rendersi conto che le cose sono più semplici di quanto si potesse immaginare. Gli esseri umani preferiscono le situazioni complicate e incerte altrimenti non si appassionano. La conoscenza e la comprensione precedono l’accettazione e la soluzione dei problemi. Le convinzioni sbagliate che sono il frutto dell’ignoranza, dell’inesperienza e della motivazione egoistica sono la causa di tutti i problemi che affliggono l’umanità. L’ignoranza esalta l’egoismo e soprattutto la ricerca della soddisfazione immediata! Ma qualunque genere di soddisfazione immediata diventa nel medio e lungo periodo la propria rovina: questo è il motivo per cui i giovani si trovano spesso nei guai.
Il godimento immediato si rivela quasi sempre un disastro – pensiamo alla droga e all’alcool, al fumo e al gioco d’azzardo, allo sballo e alle abbuffate, al tradimento e all’inganno – poiché non tiene in alcun conto le conseguenze delle proprie azioni, ignora ciò che è meglio per noi e gli ammonimenti dei genitori, degli amici e di chi ha più esperienza di noi; anche le improvvise passioni amorose portano a cocenti delusioni. Il bisogno impellente di soddisfazione immediata è indice di ignoranza, immaturità e irresponsabilità, ovvero è una dimostrazione di infantilismo: i bambini fanno i capricci perché non sanno aspettare!
Noi desideriamo tante cose spesso più per capriccio che per una reale necessità, amori compresi; desideriamo più a causa dell’invidia che proviamo per il nostro vicino o conoscente, che per un bisogno di crescita reale: basta rendersi conto di questi infantilismi per smettere di desiderare tante cose assurde e quindi smettere anche soffrire o di lamentarsi! E forse proprio perché la maggior parte dei nostri desideri sono soltanto capricci, la loro realizzazione ci lascia delusi e insoddisfatti! E così buttiamo via i nostri “giocattoli” tanto desiderati proprio come fanno i bambini.
Il segreto della riuscita personale, compresa la conquista della gioia di vivere, sta nel superamento dei propri egoismi e della dualità in senso generale, e questo è possibile desiderando non solo la nostra felicità ma anche quella degli altri. Il vero amore è appunto desiderare la felicità degli altri. Quando il fidanzato dice: non posso vivere senza di te, non rivela il suo grande amore, ma il suo attaccamento! La serenità è il frutto dell’equilibrio tra le opposte tendenze dell’animo umano.
Il segreto della serenità sta nell’equilibrare i due emisferi cerebrali, ovvero nella sintonia tra conscio e inconscio. E per equilibrare coscienza ed inconscio basta desiderare genuinamente il bene di tutti, cercando di non cedere mai all’eccessivo egoismo e neanche all’eccessivo altruismo. Il segreto di ogni realizzazione sta nello stare il minor tempo possibile lontano dal centro e fare come il pendolo che oscilla regolarmente tra i due punti estremi. L’eccesso, da un lato o dall’altro, è sempre indice di conflitti causati da convinzioni errate e squilibranti, ed è perciò la causa dell’infelicità. (Vedi anche “Come allontanare la sofferenza”).
Conservare il proprio sano egoismo è importante per difendersi dai profittatori, dai disturbatori e dai malintenzionati. A volte è assolutamente necessario essere duri per non assecondare i capricci degli altri e viziarli. Un genitore che non sa farsi ubbidire dai suoi bambini li rovina. Se il genitore è troppo debole, i figli non si affezionano neanche e diventeranno la loro croce durante l’adolescenza e anche dopo. L’equilibrio tra i poli opposti è la conquista delle persone sagge.
Una persona saggia sa essere dolce e altruista quando occorre essere dolci e altruisti, ma sa essere anche duro ed egoista quando è necessario essere duri ed egoisti. Sa quando accogliere ed aiutare e quando aumentare le distanze. Invece le persone scompensate verso l’egoismo sono rigide nelle proprie difese e reagiscono sempre allo stesso modo, anche quando sarebbe il caso di fare una buona azione.
Quando c’è un eccesso di egoismo, oppure un eccesso di altruismo, viene meno l’elasticità mentale, manca la flessibilità e meditazioneci si relaziona sempre allo stesso modo: l’egoista mantiene le distanze ed è aggressivo, l’altruista invece è debole e si fa invadere dagli altri. Un “eccesso” di bontà è dannoso a chi lo pratica quanto lo può essere un eccesso di cattiveria. Persino quando amiamo troppo siamo in errore perché l’essere troppo attaccati ci fa dipendere dai capricci del partner, per cui la nostra vita diventa un inferno.
Per non allontanarci per troppo tempo dal centro, e quindi restare equilibrati e centrati per il maggior tempo possibile, bisogna essere flessibili. E la flessibilità nasce dal tener presente non solo il nostro bene, ma anche quello degli altri. Abituandoci a desiderare anche il bene degli altri, senza però mai sconfinare più di tanto nell’eccesso, l’equilibrio arriva da solo e senza sforzi. Beh, ci vorrà un po’ di tempo, ma arriva! Dobbiamo condizionarci ogni giorno a desiderare il bene degli altri in modo da tenere sotto controllo la nostra naturale tendenza all’eccesso di egoismo. L’egoismo in sé non è un male, è l’istinto di sopravvivenza, ma siccome viviamo in un mondo civile e non nella giungla, non deve superare il 50%: l’altro 50% spetta all’altruismo!
Insomma, ogni cosa o situazione ha sempre qualità positive e negative e perciò bisogna fare in modo che le qualità positive eguaglino quelle negative in modo da tenere queste ultime, che sono ineliminabili, sotto controllo. Ogni cosa ha qualità positive e negative e ciò che trasforma le qualità da positive in negative sono gli eccessi sia in un senso che in quello opposto. Per esempio, un automobilista è pericoloso sia quando corre veloce come un bolide, sia quando procede lento come una lumaca!
Rimuovere uno dei due poli o qualità è quindi un errore. Noi dobbiamo poter disporre in ogni circostanza di tutti e due poli e questo è possibile soltanto se sono entrambi al 50% circa. Se un polo è troppo forte, per esempio la rigidità, diciamo che è l’8O%, ciò significa che il polo opposto, ossia la flessibilità, è a 20% e quindi è troppo debole, per cui la persona si comporterà sempre in maniera rigida.
L’essere umano realizzato è elastico come una molla: resiste alla tensione e all’allungamento senza spezzarsi, superando ogni volta i propri limiti come fanno i campioni, e sa ritornare alla normalità e alla distensione rapidamente. La flessibilità consiste nell’essere equilibrati, nell’avere più scelte, ossia comportarsi in maniera appropriata, coerente e inappuntabile in ogni circostanza. Essere flessibili significa avere una personalità poliedrica e completa e perciò significa anche avere il serbatoio dell’autostima sempre pieno. Ma anche essere troppo flessibili è sbagliato perché significherebbe essere sempre accomodanti anche quando le circostanze richiedono rigidità, durezza e irremovibilità!
Più siamo immaturi, a prescindere dal maggiore o minore grado di istruzione, e più siamo mossi da istinti egoistici e andiamo soggetti ad emozioni e comportamenti negativi, soprattutto quando i risultati non arrivano. I valori etici sono una questione di responsabilità, di maturità, di pazienza, di consapevolezza, di nobiltà d’animo, ma attenzione a non diventare bigotti o fanatici.
Conclusioni
Alla base del cambiamento c’è sempre l’assunzione di responsabilità, il che ci obbliga a rimboccarci le maniche e a fare tesoro delle esperienze negative. Il primo passo per cambiare velocemente e riuscire nella vita sta nell’assumersi le proprie responsabilità, il che ci mette automaticamente in sintonia con gli altri eliminando la causa principale dei conflitti: l’eccesso di egoismo e la mancanza di fiducia in se stessi e negli altri! Chi non riconosce i propri errori, oppure non è disposto ad ammettere le proprie colpe, non è pronto per il cambiamento e continua a vagare nel buio e nella perdizione perché non crede in se stesso!
L’infelicità trae origine dai nostri desideri insoddisfatti. Il nostro insaziabile ego, che è la nostra parte animale o istintuale, pretende questo e quello, del tutto incurante dei bisogni e dei desideri degli altri. L’io mette davanti a tutto la propria soddisfazione immediata, il proprio bene, i propri desideri e non si cura minimamente che anche gli altri desiderano il loro bene e hanno diritto ugualmente alla felicità.
L’io pensa solo a se stesso, il che significa che è assolutamente irresponsabile, e proprio perché è irresponsabile ci procura un mare di guai quando lo assecondiamo troppo. Il contrario dell’irresponsabilità è ovviamente la responsabilità, il che ci dice subito che il cambiamento avviene assumendosi le proprie responsabilità e rimboccandosi le maniche! Senza cambiamento non c’è riuscita personale!
Le più grandi soddisfazioni si hanno mettendo a tacere l’ego: quando si smette di volere questo e quello, quando si smette di pretendere che le cose vadano in un certo modo, quando non ci si aspetta nulla dagli altri, quando non si dipende dagli altri. L’io o ego è la causa di tutti i nostri problemi. Ciò non significa, però, che il nostro ego sia il nemico da combattere. L’io è anche la nostra personalità e perciò non va combattuto ma equilibrato ed armonizzato con il suo opposto: gli altri! E quindi, per equilibrare l’io, per farlo crescere, maturare ed evolvere, occorre moderare le sue insaziabili pretese, il che è possibile desiderando non soltanto il nostro bene, ma anche il bene degli altri, non soltanto la nostra felicità, ma anche la felicità degli altri. Ecco la scorciatoia sicura ed efficace per eliminare rapidamente i nostri difetti e correggere i nostri errori!
Soltanto quando desideriamo sia il nostro bene che quello degli altri possiamo considerarci persone equilibrate. In questo caso cessano le tensioni, siamo sereni e pazienti e abbiamo una buona soglia di sopportazione del dolore. Imparare a sopportare il dolore è una acquisizione molto importante perché ci consente di minimizzare i fatti spiacevoli della vita, che sono sempre all’ordine del giorno, altrimenti restiamo eternamente lamentosi, insoddisfatti e stressati, ossia infantili, eccessivamente emotivi e immaturi.
Purtroppo il grado di tolleranza del dolore dipende dal tipo di educazione ricevuta. Un bambino viziato sarà da adulto probabilmente creativo e intraprendente, ma si ritroverà una capacità di sopportazione della sofferenza o delle privazioni molto bassa e quindi, o avrà una forte tendenza al carpe diem incurante delle conseguenze delle proprie azioni, ritrovandosi perciò spesso nei guai, oppure diventerà rigido ed intollerante, in contrasto all’atteggiamento lassista dei genitori: in entrambi i casi sarà facile all’ira perché non sopporta di avere torto, ma vuole avere sempre ragione e averla sempre vinta come tutte le persone infantili e capricciose! Al contrario, un figlio castigato spesso diventerà quasi sicuramente timido, impacciato ed insicuro, e a volte ribelle ed insofferente al massimo.
Il modo più saggio di fare il mestiere di genitore è colloquiare con i propri figli instaurando il rispetto reciproco, ma anche usare la carota quando occorre la carota ed il bastone quando ci vuole il bastone, ma sempre senza esagerare. Se si viziano i bambini, essi non si affezionano neanche, e da grandi saranno il tormento dei genitori. Quando il padre si arrabbia o perde le staffe – il che dovrebbe accadere raramente altrimenti i figli perdono la fiducia in se stessi e prendono eesi stessi l’abitudine ad arrabbiarsi a ogni contrarietà – la madre deve accogliere e consolare il bambino in modo che l’effetto complessivo del loro atteggiamento risulti educativo e non devastante.
Amare i propri figli non significa coccolarli sempre e comunque, ma anche saper prendere decisioni difficili e imporre limiti e regole da rispettare; ma è chiaro che una madre non abbandonerà mai a se stessi i propri figli e farà sempre ogni tentativo per riportarli sulla retta via.
Se ci preoccupiamo soltanto di noi stessi, ci votiamo all’insoddisfazione e alla sofferenza perenne perché le cose andranno sempre storte e staremo sempre a lamentarci, a recriminare e a lottare senza concludere niente di buono. La situazione più angosciante si ha quando tutti ci girano la faccia e ci sentiamo soli e abbandonati, mentre le maggiori gioie si hanno quando facciamo una scampagnata con gli amici, quando siamo a tavola in buona compagnia e quando possiamo condividere un momento bello con le persone care.
Quando le cose vanno male, l’ego ci fa sentire paura e così pensiamo che stia per succedere la fine del mondo, e c’è chi si arrabbia andando in escandescenze, sfogandosi sui malcapitati parenti ed amici, e chi invece non si sfoga quasi mai e resta calmo, almeno apparentemente, ma va soggetto alla pressione alta e ad altre malattie. Chi è calmo all’esterno è sotto pressione all’interno, ossia soffre di ipertensione arteriosa.
Ma ci sono anche persone che restano autenticamente serene in ogni circostanza poiché hanno sviluppato la fiducia in se stesse e la convinzione che i problemi sono fatti per essere risolti e, comunque vada, sanno che non succederà la fine del mondo e che le cose si sistemeranno. Queste persone hanno raggiunto l’equilibrio interiore o saggezza e accettano gli immancabili dispiaceri della vita senza farne una tragedia. Le persone sagge sanno che più ci allarmiamo e peggio è: le paure crescono e si trasformano in panico; e quando ci preoccupiamo troppo, le preoccupazioni aumentano anziché diminuire. Le persone sagge sanno essere elastiche e rigide con uguale intensità e rapidità, a seconda del contesto, e quindi sono in grado di tenere sotto controllo le emozioni e i propri istinti senza mai castigarli più di tanto. Le persone sagge hanno un elevato senso di responsabilità, il che significa che le persone irresponsabili, evidentemente, non sono sagge e non sono equilibrate, ma l’esatto contrario.
L’accettazione della realtà, per quanto doloroso possa essere al momento, è l’unico modo per consentire il cambiamento della realtà stessa. Il cambiamento è un momento di caos, è preceduto sempre da una crisi più o meno forte perché si tratta di destrutturare e riorganizzare il proprio io, la propria personalità sulla base di nuove convinzioni. Prendere coscienza dei propri errori o dei propri difetti di carattere è la premessa per assumersi le proprie responsabilità e rimboccarsi le maniche. Quando si nega la realtà e non la si accetta, il cambiamento non avviene e la realtà si blocca nel grigiore, nel dolore e nella tristezza. La realtà si accetta soltanto quando diventiamo responsabili! Ciò significa che le persone irresponsabili e gaudenti aspirano a un mondo a loro uso e consumo e si ritrovano spesso nei guai.
L’accettazione è il più grande segreto per eliminare immediatamente la sofferenza che è causata proprio dalla lotta, dalla resistenza, dalle lamentele, dal vittimismo, appunto dalla non accettazione della realtà e quindi del cambiamento.
I principali problemi e conflitti interiori sono causati dalle convinzioni limitanti che sono il frutto delle nostre esperienze infantili. Ma quando a suo tempo abbiamo sbagliato per aver voluto fare di testa propria eravamo alla ricerca della nostra felicità. E’ stato proprio questo il nostro sbaglio: pensavamo soltanto alla nostra felicità e non anche a quella dei nostri genitori, dei nostri fratelli, dei nostri amici, del nostro partner e dei nostri figli. E sono inesorabilmente arrivate le batoste della vita: ora ci sentiamo frustrati e oppressi da mille problemi che non sappiamo risolvere.
E allora cosa dovremmo fare per uscire dai guai in cui ci troviamo? Chiedersi, per esempio, “come ha potuto farmi una cosa simile” pensando al partner, all’amico o a un genitore significa restare imprigionati nella rabbia e nel dolore. Prendersela con Dio, con la società ingiusta e corrotta, o con i propri genitori troppo duri e poco comprensivi non fa che acuire i problemi anziché risolverli. Appunto, non ci dobbiamo concentrare sugli errori commessi e su come eliminarli, altrimenti non facciamo altro che rinforzare i problemi attraverso l’abitudine alla lamentela e all’autocommiserazione. Il buio si può scacciare non combattendolo e recriminando contro di esso, ma attraverso la luce! La mente crea e moltiplica ciò di cui si nutre, sia nel bene che nel male.
Ciò che ci fa uscire dai dispiaceri è smettere di pensare ossessivamente a noi stessi, smettere di volere per forza questo e quello, smettere di recriminare sul passato che non può cambiare, e soprattutto smettere di addossare la colpa agli altri assumendoci una buona volta la nostra… responsabilità! Una personalità debole ha orrore del cambiamento, non vuole vedere la realtà, non vuole riconoscere i propri errori e i propri limiti, insomma rifiuta di assumersi le proprie responsabilità.
Quando ci assalgono i pensieri tristi e ossessivi, che sono generati quasi sempre dall’autocommiserazione, dall’invidia per i successi altrui e dal nostro attaccamento, non dobbiamo reagire contro di essi e non dobbiamo negarli, ma li dobbiamo lasciare andare senza dare loro troppo peso, e questo è possibile soltanto se ci facciamo guidare dal desiderio del bene per gli altri. Questo è l’atteggiamento sano e responsabile, questo è il modo per uscire dal pantano: augurare la felicità proprio alle persone che ci sembrano felici e anche a coloro che ci fanno tribolare! Maledire i propri figli drogati o perversi è il massimo dell’errore che possiamo fare! Non dovremmo mai dimenticare che la realtà è lo specchio delle nostre azioni.
La realtà ce la siamo costruiti noi stessi con i nostri pensieri abituali e le nostre azioni e per cambiarla c’è un rimedio universale: accettarla e smettere di recriminare! Più combattiamo contro qualcosa e più quella cosa ci perseguita. Più ci lamentiamo dei nostri debiti e più i debiti aumentano. Più una ragazza teme di essere abbandonata dal fidanzato e più la situazione si ripete. In PNL si dice che ogni profezia tende ad avverarsi, sia nel bene che nel male. Ribadisco: per eliminare una cosa che ci fa soffrire bisogna accettarla e d integrarla, non combatterla! Anzi, nel momento in cui ci accettiamo così come siamo, smettiamo di lamentarci e di soffrire e scompaiono tutti i conflitti. Ma ciò è possibile soltanto quando siamo così maturi e saggi da rimboccarci subito le maniche di fronte a una circostanza sfavorevole.
Il rimedio nasce sempre dal riconoscimento e dall’accettazione dei propri errori perché grazie all’accettazione smettiamo di rimuginare ossessivamente sulla situazione e arriva senso-di-paceil cambiamento perché proprio allora cominciamo a credere in noi stessi e nelle nostre possibilità. Negare i propri errori concentrandosi sulla propria sfortuna o sulla presunta cattiveria della persona che ci farebbe stare male, blocca ogni metamorfosi perpetuando l’infelicità e la disperazione; non riconoscere e accettare i propri errori significa che non siamo pronti per il cambiamento: significa che non crediamo ancora in noi stessi. Quando si continua a dare la colpa agli altri si perpetua il senso di irresponsabilità e di squilibrio della propria vita e la situazione non cambia.
Ammettere i propri errori significa dunque assumersi le proprie responsabilità e fare pace con se stessi, fare pace con gli altri, fare pace con il proprio ambiente e rimboccarsi le maniche; e significa anche volere il bene di tutti perché si comincia ad avere fiducia in se stessi e ad usare parole e pensieri a impatto positivo e potenziante.
Assumersi le proprie responsabilità significa cambiare il proprio atteggiamento, signfica modificare la nostra motivazione da egoistica in altruistica e ciò muta rapidamente in meglio la nostra vita! I nostri errori sono stati causati innanzitutto dal nostro egoismo e smettendo di pensare soltanto a noi stessi, desiderando genuinamente anche il bene degli altri, attiriamo senza sforzo la serenità e la gioia. Dobbiamo desiderare la felicità di tutti, compresi i nostri nemici se ne abbiamo, perché essi sono la proiezione e non la causa dei nostri errori e dei nostri guai. I nemici in realtà sono i nostri migliori amici perché sono lo specchio fedele dei nostri difetti rivelandoci i nostri punti deboli, ossia ciò che dobbiamo migliorare per non stare male.
Più desideriamo cambiare gli altri e più siamo infelici! Più giudichiamo gli altri e più siamo insoddisfatti di noi stessi. Più ci aspettiamo qualcosa da qualcuno e più c’è il rischio di restare delusi. Se cerchiamo di abbindolare o manipolare gli altri o cerchiamo di arricchirci a spese del prossimo, non ci sentiremo mai soddisfatti e in pace con noi stessi. La soddisfazione nasce sempre da dentro di sé, mai dagli altri o dall’esterno, e neanche dal successo e dalle ricchezze. Anzi, la più grande allucinazione è credere che la felicità dipenda dal soddisfare tutti i nostri desideri.
I desideri sono il motore della nostra esistenza, la forza trainante più importante e vitale, il che significa che senza desideri sarebbe impossibile vivere. Quindi, realizzato un desiderio, ne compare subito un altro ancora più importante e più impegnativo, e quindi non è la loro realizzazi0ne che ci può rendere felici, anzi essere troppo attaccati ai nostri desideri ci rende schiavi e infelici.
La cosa più difficile è proprio rendersi conto che le cose sono più semplici di quanto si potesse immaginare. Gli esseri umani preferiscono le situazioni complicate e incerte altrimenti non si appassionano. La conoscenza e la comprensione precedono l’accettazione e la soluzione dei problemi. Le convinzioni sbagliate che sono il frutto dell’ignoranza, dell’inesperienza e della motivazione egoistica sono la causa di tutti i problemi che affliggono l’umanità. L’ignoranza esalta l’egoismo e soprattutto la ricerca della soddisfazione immediata! Ma qualunque genere di soddisfazione immediata diventa nel medio e lungo periodo la propria rovina: questo è il motivo per cui i giovani si trovano spesso nei guai.
Il godimento immediato si rivela quasi sempre un disastro – pensiamo alla droga e all’alcool, al fumo e al gioco d’azzardo, allo sballo e alle abbuffate, al tradimento e all’inganno – poiché non tiene in alcun conto le conseguenze delle proprie azioni, ignora ciò che è meglio per noi e gli ammonimenti dei genitori, degli amici e di chi ha più esperienza di noi; anche le improvvise passioni amorose portano a cocenti delusioni. Il bisogno impellente di soddisfazione immediata è indice di ignoranza, immaturità e irresponsabilità, ovvero è una dimostrazione di infantilismo: i bambini fanno i capricci perché non sanno aspettare!
Noi desideriamo tante cose spesso più per capriccio che per una reale necessità, amori compresi; desideriamo più a causa dell’invidia che proviamo per il nostro vicino o conoscente, che per un bisogno di crescita reale: basta rendersi conto di questi infantilismi per smettere di desiderare tante cose assurde e quindi smettere anche soffrire o di lamentarsi! E forse proprio perché la maggior parte dei nostri desideri sono soltanto capricci, la loro realizzazione ci lascia delusi e insoddisfatti! E così buttiamo via i nostri “giocattoli” tanto desiderati proprio come fanno i bambini.
Il segreto della riuscita personale, compresa la conquista della gioia di vivere, sta nel superamento dei propri egoismi e della dualità in senso generale, e questo è possibile desiderando non solo la nostra felicità ma anche quella degli altri. Il vero amore è appunto desiderare la felicità degli altri. Quando il fidanzato dice: non posso vivere senza di te, non rivela il suo grande amore, ma il suo attaccamento! La serenità è il frutto dell’equilibrio tra le opposte tendenze dell’animo umano.
Il segreto della serenità sta nell’equilibrare i due emisferi cerebrali, ovvero nella sintonia tra conscio e inconscio. E per equilibrare coscienza ed inconscio basta desiderare genuinamente il bene di tutti, cercando di non cedere mai all’eccessivo egoismo e neanche all’eccessivo altruismo. Il segreto di ogni realizzazione sta nello stare il minor tempo possibile lontano dal centro e fare come il pendolo che oscilla regolarmente tra i due punti estremi. L’eccesso, da un lato o dall’altro, è sempre indice di conflitti causati da convinzioni errate e squilibranti, ed è perciò la causa dell’infelicità. (Vedi anche “Come allontanare la sofferenza”).
Conservare il proprio sano egoismo è importante per difendersi dai profittatori, dai disturbatori e dai malintenzionati. A volte è assolutamente necessario essere duri per non assecondare i capricci degli altri e viziarli. Un genitore che non sa farsi ubbidire dai suoi bambini li rovina. Se il genitore è troppo debole, i figli non si affezionano neanche e diventeranno la loro croce durante l’adolescenza e anche dopo. L’equilibrio tra i poli opposti è la conquista delle persone sagge.
Una persona saggia sa essere dolce e altruista quando occorre essere dolci e altruisti, ma sa essere anche duro ed egoista quando è necessario essere duri ed egoisti. Sa quando accogliere ed aiutare e quando aumentare le distanze. Invece le persone scompensate verso l’egoismo sono rigide nelle proprie difese e reagiscono sempre allo stesso modo, anche quando sarebbe il caso di fare una buona azione.
Quando c’è un eccesso di egoismo, oppure un eccesso di altruismo, viene meno l’elasticità mentale, manca la flessibilità e meditazioneci si relaziona sempre allo stesso modo: l’egoista mantiene le distanze ed è aggressivo, l’altruista invece è debole e si fa invadere dagli altri. Un “eccesso” di bontà è dannoso a chi lo pratica quanto lo può essere un eccesso di cattiveria. Persino quando amiamo troppo siamo in errore perché l’essere troppo attaccati ci fa dipendere dai capricci del partner, per cui la nostra vita diventa un inferno.
Per non allontanarci per troppo tempo dal centro, e quindi restare equilibrati e centrati per il maggior tempo possibile, bisogna essere flessibili. E la flessibilità nasce dal tener presente non solo il nostro bene, ma anche quello degli altri. Abituandoci a desiderare anche il bene degli altri, senza però mai sconfinare più di tanto nell’eccesso, l’equilibrio arriva da solo e senza sforzi. Beh, ci vorrà un po’ di tempo, ma arriva! Dobbiamo condizionarci ogni giorno a desiderare il bene degli altri in modo da tenere sotto controllo la nostra naturale tendenza all’eccesso di egoismo. L’egoismo in sé non è un male, è l’istinto di sopravvivenza, ma siccome viviamo in un mondo civile e non nella giungla, non deve superare il 50%: l’altro 50% spetta all’altruismo!
Insomma, ogni cosa o situazione ha sempre qualità positive e negative e perciò bisogna fare in modo che le qualità positive eguaglino quelle negative in modo da tenere queste ultime, che sono ineliminabili, sotto controllo. Ogni cosa ha qualità positive e negative e ciò che trasforma le qualità da positive in negative sono gli eccessi sia in un senso che in quello opposto. Per esempio, un automobilista è pericoloso sia quando corre veloce come un bolide, sia quando procede lento come una lumaca!
Rimuovere uno dei due poli o qualità è quindi un errore. Noi dobbiamo poter disporre in ogni circostanza di tutti e due poli e questo è possibile soltanto se sono entrambi al 50% circa. Se un polo è troppo forte, per esempio la rigidità, diciamo che è l’8O%, ciò significa che il polo opposto, ossia la flessibilità, è a 20% e quindi è troppo debole, per cui la persona si comporterà sempre in maniera rigida.
L’essere umano realizzato è elastico come una molla: resiste alla tensione e all’allungamento senza spezzarsi, superando ogni volta i propri limiti come fanno i campioni, e sa ritornare alla normalità e alla distensione rapidamente. La flessibilità consiste nell’essere equilibrati, nell’avere più scelte, ossia comportarsi in maniera appropriata, coerente e inappuntabile in ogni circostanza. Essere flessibili significa avere una personalità poliedrica e completa e perciò significa anche avere il serbatoio dell’autostima sempre pieno. Ma anche essere troppo flessibili è sbagliato perché significherebbe essere sempre accomodanti anche quando le circostanze richiedono rigidità, durezza e irremovibilità!
Più siamo immaturi, a prescindere dal maggiore o minore grado di istruzione, e più siamo mossi da istinti egoistici e andiamo soggetti ad emozioni e comportamenti negativi, soprattutto quando i risultati non arrivano. I valori etici sono una questione di responsabilità, di maturità, di pazienza, di consapevolezza, di nobiltà d’animo, ma attenzione a non diventare bigotti o fanatici.
Conclusioni
Alla base del cambiamento c’è sempre l’assunzione di responsabilità, il che ci obbliga a rimboccarci le maniche e a fare tesoro delle esperienze negative. Il primo passo per cambiare velocemente e riuscire nella vita sta nell’assumersi le proprie responsabilità, il che ci mette automaticamente in sintonia con gli altri eliminando la causa principale dei conflitti: l’eccesso di egoismo e la mancanza di fiducia in se stessi e negli altri! Chi non riconosce i propri errori, oppure non è disposto ad ammettere le proprie colpe, non è pronto per il cambiamento e continua a vagare nel buio e nella perdizione perché non crede in se stesso!
Pasquale-Foglia
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