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giovedì 5 novembre 2015

FATIMA , LA MOGLIE DEL BAFFO

Il racconto di Mister G



Un’infiammazione distruttiva seguita da atrofia a livello delle cellule gangliari della retina, che può evolvere in cecità bilaterale di regola permanente, è la diagnosi ormai frequente in diversi pazienti fra i senzatetto di una città italiana del nord-est. Si tratta sicuramente di uno spaccio incontrollato e criminale di superalcolici fra i derelitti di questa zona. Trovare e smascherare questa attività criminale è il mio compito, cammino lungo un largo viale alberato, supero una rotatoria molto frequentata che trasborda le macchine dall’autostrada del Brennero alla nazionale omonima e verso la Valsugana, sono a piedi, la macchina l’ho lasciata più giù in un parcheggio, ho una sacca sulla spalla, vecchi panni sgualciti addosso, cammino lungo il bordo stradale fino a raggiungere un varco nella vecchia recinzione, i continui passaggi hanno tracciato una inequivocabile indicazione del campo nomadi interno ai vari fabbricati di una fabbrica che un tempo produceva piombo tetraetilico, prodotto indispensabile per il carburante, ma estremamente dannoso ed inquinante. La fabbrica è esplosa una notte d’inverno e da allora versa in uno stato di abbandono ed è frequentata solo da senzatetto e disperati. Il passaggio non è agevole, cespugli e immondizie costringono deviazioni frequenti, addentro ai cespugli si mischiano miasmi di fogna a cielo aperto, agli odori più diversi di marcio, e ora anche di fumo, di intingoli forti di spezie, di dolciari odori di oppiacei, sono vicino alle abitazioni, o quello che per i senzatetto sono le case. Mucchi di cartoni, zinchi, onduline sorrette la pali, assi, pezzi di ferro, tondini recuperati nei capannoni, teli, lenzuola, panni stesi e fissati in modo da creare un sorta di intimità familiare. Il mio arrivare non è stato silenzioso e anonimo, sono subito fermato da un uomo baffuto, più piccolo di me e chiaramente gitano, mi fa cenno di arrestare, si avvicina, mi squadra ed infine mi chiede cosa voglio. Spiego di esser appena uscito dal carcere, di cercare una sistemazione e allo scopo, per esser più convincente estraggo di tasca due biglietti da dieci mila lire. Mi indica un tugurio di cartone e onduline plastiche, alto un metro e mezzo, due per due metri, la porta è uno straccio sbiadito che svolazza al vento, dentro intravedo una branda di ferro, quelle dei lettini da infermeria con sopra un tappeto. L’idea di passare lì qualche tempo mi inorridisce, ma accetto la locazione per cinque mila lire la settimana, il baffo si trattiene tutto il gruzzolo garantendo per tre settimane. Lì intorno ci sono altre casupole, ma nessun movimento tradisce la presenza di altri inquilini, entro nel tugurio che sarà la mia dimora, per ora, è squallida in tutto, letto, cassetta a fianco, pareti di cartone e nailon, un pagina di un porno appesa ad un chiodo completa l’arredamento. Mollo a terra la sacca e mi sdraio sul tappeto, odora di fumo, di piscio, di cimici, di tutto ciò che non è buono, positivo, l’istinto mi suggerisce di scappare, ma non posso, devo cercare, trovare chi avvelena questa gente già sfigata per dover vivere in queste condizioni. Con questi pensieri mi rigiro un pochino, poi mi appisolo un momento, mi sveglia un fruscio, la scuola di sopravvivenza insegna di controllare ogni mossa per non incappare nell’errore che mi può costare anche la vita, apro piano gli occhi e vedo un cartone muoversi, ricadere e dondolare pian piano, dunque sono spiato. La mia situazione non è certo rosea, se nessuno mi può soccorrere, questa potrebbe essere la mia cassa da morto, una bella cassa di cartone e zinco e nessuno ne saprebbe più nulla. Agitato dalla consapevolezza di essere particolarmente esposto, mi devo dare una mossa e con questo intento esco dalla casa, non sbatto la porta perché porta non ce n’è. Il baffo è lì davanti alla sua dimora, accanto a lui una donna molto giovane dai lineamenti particolari che vedo solo per un attimo, poi lei si vela e sparisce all’interno della casa. Mi avvicino e tento di parlare un po’, dico di aver bisogno di qualcosa per favorire il sonno, qualcosa di forte, non vino, ma grappa o altro, lui chiede quanti soldi posso disporre, tiro fuori altre diecimila lire, l’uomo non fa una piega, si alza e si avvia verso la recinzione, non torna più. Giro un po’, guardo le altre catapecchie che cominciano a popolarsi di altri uomini, stranieri sicuramente, ma muti, nessuno risponde, nessuno mi parla. E’ ormai buio, dentro le case balugina qualche candela, fuori altri preparano il cibo, lo scaldano, facce torve lampeggiano alla fiamma, però io resto isolato, mi rassegno e torno dentro, mi addormento a stento, ho paura. Al mattino mi sveglia una nenia lunga e suadente, ricordo il cartone ondeggiante, mi avvicino, lo alzo e guardo, la donna del baffo mena un mestolo in una padella al fuoco e canta, è carina e sciupata, nostalgica è la sua canzone, son certissimo: è triste. Ancora vestito dal giorno prima esco, mi avvio al cesso comune seguendo l’odore di urina dietro un cespuglio, poi torno, il baffo è lì, seduto come sempre sul ceppo di betulla, manco mi saluta. A mia volta mi siedo davanti la porta sventolante e osservo un uomo avvicinarsi, si dirige sicuro dal baffo che prende i soldi che l’altro gli offre ed entra in casa, riesce con un involucro, lo passa nelle mani del tizio che subito si allontana, così altri vengono e vanno con qualcosa fra le mani, poi la donna, con una grossa borsa esce e si avvia verso l’uscita, torna dopo una mezz’ora con la stessa borsa, ma più pesante, forse con la spesa, penso….. Decido di uscire anch’io, devo comunicare con i miei amici, l’appuntamento è giornaliero e la radio è in macchina, cammino parecchio lungo corso degli Alpini, accuratamente mi soffermo facendo specchio con le vetrine per controllare se sono seguito, e così è, evito di andare alla macchina, cammino fino al sottopassaggio della ferrovia e lì, prima di arrivarci mi infilo in un portone, aspetto che il baffo mi superi e torno indietro, in macchina mi metto in contatto con la centrale,: tutto bene! Rientro al campo con una bottiglia di grappa acquistata al supermercato, me ne butto qualche goccia sulla camicia e ne verso parte in terra e sul tappeto, tanto per dare l’impressione di averne bevuta un po’, torno sedermi al mio posto. In assenza del baffo, la donna fornisce la merce agli avventori, esce e rientra nell’arco di venti minuti, non deve far molta strada a fornirsi di prodotti, penso. Quando calcolo che le scorte siano quasi esaurite, mi alzo e mi allontano, voglio scoprire dove prende e cosa prende in quella borsa. Mi apposto davanti al pertugio della rete, arriva, incrocia il baffo e quasi non si guardano, lui rientra, attendo un attimo per controllare che non cambi idea e la seguo. Cammina verso il sobborgo di Gardolo, poi gira dentro un stradina di campagna, tutte file di meli, d’un tratto entra in un filare, accanto ad un sostegno di cemento intravedo una botola, quelle che servono l’irrigazione, la solleva, si inginocchia ed estrae delle bottiglie, le ripone nella borse e lascia altre bottiglie vuote, presumo, richiude la botola e ritorna. Appiattito fra l’erba la lascio passare, torno su verso il sobborgo e prendo l’autobus per raggiungere la macchina, con essa torno nei filari e aspetto gli eventi. Un furgone VW bianco non tarda ad arrivare, fa manovra e si appresta a riempire in buco con nuova merce, annoto la targa e lo lascio partire. La donna torna a caricare, appena si allontana alzo il coperchio e controllo cosa nasconde: sono bottiglie di liquido, sicuramente di quel fetido prodotto che i derelitti credono grappa, lascio tutto com’era e torno all’accampamento. Frattanto è sera, mi avvicino all’uomo e offro l’ultima parte della bottiglia, lui la beve con avidità, mi chiede quanto l’ho pagata, me ne offre due bottiglie per quella cifra ed io accetto, entra in casupola ed esce con due bottiglie di plastica piene, allungo le dieci mila e rientro. Subito annuso l’intruglio, è quello che cerchiamo, o per lo meno lo spero, ne verso mezza un una buca vicino al piede del letto, riempio l’alta fino all’orlo e come fosse vuota esco tenendola in mano. Chiedo dove ci fosse acqua potabile per la notte, mi indica l’uscita, dopo la fermata del bus, dice e sparisce dentro casa. Esco, guardingo raggiungo la macchina, metto il contenuto della bottiglia in un sacchetto di plastica, chiamo la base e dico dove trovare il prodotto, esco e riempio d’acqua, torno a casa. La notte passa tranquilla, in mattinata riesco a sgattaiolare via e a chiamare la centrale, il prodotto è quello incriminato, il fornitore è un produttore di grappa locale che ha trovato il modo di guadagnare anche sulle teste e le code della distillazione, e che sarebbero venuti a prenderci in giornata. Rientro, l’uomo è lì seduto, come sempre, entro in casa e vedo la sacca ribaltata e svuotata sul letto, non manca nulla, il fondo in cui è celata la mia tessera di riconoscimento, ancora lì, forse cercava i soldi? Mi presento davanti alla sua porta per chiedere spiegazioni, lui non si alza quando entro nella sua casa, sua moglie scappa da una porticina posteriore, non si scompone quando gli do del ladro, e pianta un coltellaccio per terra fra me e lui. Mi ritraggo anche perché lì mi è impossibile raddrizzarmi completamente, esco e torno a sedermi fuori casa. Arrivano silenziosi, come si fa con gli animali bradi, accerchiandoli in silenzio per obbligarli in un sito senza via di scampo, ci mettono tutti insieme, le donne e i piccoli, da una parte e gli uomini dall’altra, subito giunge una ruspa e inizia ad abbattere i tuguri, mi distanzio dagli altri e prego una poliziotta di prendere la moglie del baffo in disparte, l’ho davanti, spaventata a morte mi chiede pietà, di cosa le rispondo, comprende bene l’italiano, è gitana del kosssovo, sposata bambina al baffo, ha fatto le scuole a Roma, ci comprendiamo alla perfezione e scoppia a piangere, è una vita che non lo fa, spiega le privazioni subite con quel uomo, poi mi chiede di tornare in casa, andiamo insieme. Si lancia su una vecchia radio transistor, la lancia a terra con forza, la calpesta di brutto e sorride, dalla scatola escono tante banconote, il forziere del marito, ora lo ha lei, se lo stringe al seno, si gira e mi abbraccia, ricambio in fretta, puzza di spezie da togliere il fiato. Ricca quanto mai, mi segue sul furgone che ci porta in città, mi segue quando ci rilasciano, sale nella mia macchina, accendo a chiedo: come ti chiami? Fatima, risponde, ora abita con noi da anni, non dimenticherò mai il suo abbraccio, solo per l’odore di spezie che si trascinava dietro…. MISTER " G "


lunedì 2 maggio 2011

Excusatio non petita - di LORENZO -

Ecco una storiella che ci ha mandato Lorenzo che vuole essere un consiglio per noi tutti... "Scusa non richiesta, accusa manifesta"


Si chiama Stefano ma io lo chiamo “il Colla”, Nel senso che quando mi vede mi si attacca e mi domanda di tutto sì da soddisfare, in fondo, il mio orgoglio. Ma mi dà del tu pur essendo molto più giovane di me.
Lui è un ragazzo bello, sano, intelligente e le ragazze se lo divorano con gli occhi. E non solo con gli occhi, penso.
Un giorno mi fa: ”Lorenzo, chiariscimI, per favore, ‘sta questione dell’”excusatio non petita”. Non è paziente, il Colla, si aspetta risposte immediate e, secondo lui, io non posso non sapere qualcosa. Questa la so e rispondo senza farlo spazientire: “Vedi Stefano, viene dal latino e vuol dire “una scusa non richiesta”.
Sviluppamelo, questo discorso, ti prego”. “Veramente, dico, questa è una mezza frase. Si completa con “accusatio manifesta”, che In italiano vuol dire “è un’accusa palese”. Tutto questo significa che se nessuno ti domanda il perché di una cosa è meglio non anticipare nulla perché può succedere un guaio”.
Continuo: “Tu hai sicuramente una ragazza, anzi tante. Se hai dato un appuntamento a una e ritardi, magari perché sei stato con un’altra ragazza, non accampare scuse con la ragazza dell’appuntamento, ad esempio dicendo che hai incontrato un amico che non vedevi da 10 anni. Lei memorizza e riflette, anche se non ti dice nulla, che hai risposto prima di una sua domanda, e se conosce il latino completa la tua scusa con l’implicita accusa che senza volerlo hai fatto da solo a te stesso. Dunque penserà che non è vero che hai incontrato il vecchio amico. Chissà, pensa, cosa hai fatto. E se l’avessi tradita?”.
Vedo che Stefano, il Colla, riflette. “Lorenzo, mi dice, sei un mago. Mai più mi giustificherò in anticipo senza un’estrema necessità”. Allora preciso che il principio vale per tutti senza distinzione di sesso e che anche lui in questo modo potrà prendere in fallo la sua ragazza.
Poco ci manca, a questo punto, che mi abbracci.

Lorenzo

mercoledì 9 giugno 2010

CORSO DI VITA SESSUALE -Lezione n. 16- da ENZO

Ecco Enzo che ci regala un'altro dei suoi esilaranti racconti piccantini Con garbo e divertimento , ancora una volta,  ci introduce in un argomento  delicato come  "il sesso".. non sempre facile da descrivere... lui ci riesce benissimo con ironia e comicità !!
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Eldina: “Io vorrei sapere che cos’è questo BIG BANG”
Enzo: “Stasera ce lo spiega il professore”

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Professore MIRCO OCCHIOFINO – Responsabile del Servizio di Andrologia dell’Ospedale San Gustavo di Napoli


- Annamaria e Ducky (Dudu’): (coniugi)
- Eldina e Enzo:                      (fidanzati)
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Nella “SALA CONFERENZE” del 2^ piano dell’Ospedale i coniugi Rosa e Ducky, detto Dudù, e i fidanzati Eldyna e Enzo sono seduti nei rispettivi banchi.
 Eldina:     Enzo, il Big Bang che cos’è?

Enzo:                E che ne so, hai letto bene, Eldì? Fammi  leggere: uh, e’ vero…dice proprio così…BIG BANG.

Eldina:      Stu’ Big Bang che roba è?

Enzo:                Aspetta…ora ricordo…c’è un orologio a Londra che si chiama
                così…Big Bang.

Eldina:      Ti ricordi come diceva Enzo Tortora..sì sì…diceva proprio… “Big
                Bang…vuole lo stop”.

Enzo:                …e il divieto di accesso. Eldì,  diceva…”ha detto stop”.

Annamaria (interviene): Eldina, ha ragione  il tuo fidanzato…mi ricordo
Bene…Enzo Tortora diceva proprio così…”Big Bang ha detto stop”.
                A me mi pare nu’ tricchi tracche, insomma un petardo…poi
                sentiremo il professore.

Il professore Occhiofino è puntuale; saluta le due coppie e dice:
Signori, la lezione di stasera concerne  la sensazione di “venire” e il Big Bang.

Annamaria:       Dudu’,  forse ho capito male…stasera dovevamo venire
                con il Big Bang?
       
Dudù:       No, col putipù….Annamarì,  così ci facevamo una tarantella…Dio
                Santo ma e’ mai possibile che capisci sempre alla rovescia.
                Sentiamo il professore.

Il professore:   L’orgasmo, vi dirò tutto sulla teoria del Big Bang: cioè
                sull’orgasmo, e sulla sensazione di “venire”. Voi, signori, siete
venuti qui proprio per sapere della sensazione di “venire”. E’ la scena che fa vietare il film hai minori. E’ l’argomento di tanti manuali sessuali. E’ una reazione fisica che in qualche modo dà sollievo al dolore.

Eldina:      Enzo, non ci ho capito niente, porca miseria, io ora gli chiedo
                del Big Bang. (…si rivolge al professore): Dotto’, scusate, ci
                spiegate meglio il Big Bang. E poi, abbiate pazienza, che cos’è la
                sensazione di venire. Noi siamo venuti puntuali, stasera.

Il professore:   Big Bang significa  esplosione, orgasmo…in altre parole… è il culmine di un processo di eccitazione progressiva. Questo culmine dura pochi secondi ed seguito da un rilassamento della tensione nervosa e sessuale.

Eldina:      Enzo, dì quello che vuoi, ma l’argomento comincia a piacermi. Insomma, Enzuccio mio, cerchiamo di capire bene come funziona stu’ Bing Bang.

Enzo:        Dottò, vi dispiace spiegarci che cosa dobbiamo fare noi per far succedere questa “cosa”?

Dudù:       Bravo, signor Enzo,  le cose devo essere capite e poi messe in pratica.

Annamaria:       Dudù, mi raccomando, non farti sfuggire niente,  poi lo metteremo in pratica.

Dudù:       Lo metteremo dove vuoi tu… ma fai attenzione pure tu alla spiegazione. E non farmi alzare la voce…mannaggia o’ Big Bang ‘e mammeta…

Annamaria  Dudù, non ti arrabbiare. Vedrai che domani notte ti farò una sorpresa…a te e’ sempre piaciuto …l’intimo nero.

Dudù:       Però, se stiamo attenti,  ‘o Big Bang viene meglio.

Eldina:      Signora Annamaria, io non mi perdo una parola…il Big Bang lo dobbiamo capire bene…l’inizio, la parte centrale e la parte finale …è così Enzuccio, core mio?

Annamaria:       Signora Eldì, facciamoci spiegare dal professore chi deve cominciare per primo…e poi qual è la parte più bella.

Enzo:        Scusate, avete finito il duetto? Secondo me,  non esiste una “parte” più bella…tutto e’ …non mi vengono le parole…una straordinaria emozione che…cresce…cresce…e poi…

Eldina:      …e poi arriva ‘o Big Bang che dice ‘o professore...!!!

Il professore: sssst. Per favore, signori! …prima di arrivare all’esplosione, dovete creare l’atmosfera, cioè l’ambiente, silenzio o un po’ di musica da sottofondo, penombra o oscurità, sfioramenti…carezze, bisbigli, sguardi, toccamenti…possibilmente reciproci o alternati secondo lentezza, pressione e ritmo. E quando entrambi vi sentite di…IMPAZZIRE…quello e’ il momento dell’ESPLOSIONE, cioè del Big Bang. E’ come se aveste dentro di voi un fiume e…all’improvviso questo fiume “rompe gli argini” e ciascuno di voi perde la “coscienza” e raggiunge L’ESTASI D’AMORE.
               
Eldina:      Dottò, scusate, ma si possono arricciare i piedi in quei momenti. Ho notato che quando Enzo “impazzisce”, lei mi capisce… lui ha dei movimenti coi piedi…

Il professore:   Signora Eldina, è normale che faccia quei movimenti, ma non sono i soli. Ci sono altri fenomeni: si verificano erezioni dei capezzoli, i cuore batte più forte, la pressione del sangue sale, si suda. I nostri organi sessuali si riempiono di sangue, altre zone diventano livide. Sempre nell’uomo e nella donna si verificano contrazioni involontarie.

Dudù:       A noi uomini, prufessò, che succede?

Il professore:   Nell’uomo si manifestano contrazioni dell’intero apparato genitale, seguite dal Big Bang e dal rilassamento.

Annamaria:       Dottò, e a noi donne che ci succede?

Il professore:   Nella donna il Big Bang si manifesta con contrazioni involontarie della parte esterna della vagina e del basso ventre cioè il ventre vi pulsa,  mentre da quel “bottoncino”, che si chiama clitoride, si espande in tutto il corpo un’intensa sensazione di piacere, descritta come una specie di onda elettrica. Generalmente la donna raggiunge l’orgasmo più lentamente dell’uomo. Insomma, schematizzando il ciclo segue queste quattro fasi:
-      fase di eccitamento;
-      fase di plateau;
-      fase di orgasmo (o di Big Bang detto scherzando);
-      e fase di risoluzione.

Annamaria: Grazie, professo’, il plotò, scusate, giacché vi trovate, ci potete spiegare che cos’è il plotò.

Eldina:      Non lo so nemmeno io, sembra il nome di una cassetta per la frutta.

Il professore:   E’ la seconda fase dei quattro tempi. Si ha quando l’eccitamento arriva al massimo per poi sfociare nell’esplosione orgasmica. E’ nella fase di plateau che il cuore batte forte, il respiro è molto affannoso e la pressione sanguigna aumenta.
                Signora Eldina, qui la cassetta per la frutta non c’entra un bel niente.

Dudù:       Professo’, e’ vero che noi uomini abbiamo di solito un solo orgasmo per ogni incontro sessuale, mentre le donne possono avere più orgasmi?

Il professore: E’ così. Una donna è capace di orgasmi multipli.

Enzo:        Però, non è mica giusto. Io mi devo riposare e solo dopo un certo tempo posso ricominciare.

Il professore: Si chiama periodo refrattario o di recupero, questo avviene subito dopo l’orgasmo e l’eiaculazione nell’uomo, e dura da pochi minuti a parecchie ore: dipende dal  fisico e dall’età. E’ evidente che durante questo periodo, l’uomo non può accoppiarsi con la donna e quindi non può avere un altro orgasmo. La donna, invece, non ha il periodo refrattario, non deve recuperare nulla, e quindi può avere più orgasmi, altrimenti detti, “spruzzi cadenzati”.

Annamaria:  Oh, marò, come li avete chiamati, professò?

Il professore:   Spruzzi cadenzati!

Annamaria:       Dudù, io l’imparerò a memoria, e tu Dudù,  mi raccomando, falli sempre  cadenzati  come dice ‘o professore.

Dudù:       Annamaria, io faccio di meglio…ci metterò la musichetta sotto.

Il professore:   Come se non bastasse, sapevate che ci sono donne capaci di raggiungere un orgasmo, eccitandosi con le fantasie?  Ebbene, sappiate che i ricercatori della Rutgers University a New Brunswick, New Jersey, lo hanno dimostrato oltre ogni dubbio trovando dieci donne di età tra i 32 e i 67 anni che sostenevano di poter raggiungere l’orgasmo da sole senza nemmeno toccarsi. Succede, infatti.

Dudù:       Adesso ho capito…e’ successo a te…ti ricordi Rosa? Stavi pulendo lo specchio dell’armadio e lentamente ti sei fermata…avevi lo sguardo fisso nello specchio, io ti sono venuto vicino…ti ho abbracciata e tu ti sei stretta a me…senza parlare…

Annamaria:  Si,  ed io stavo proprio penzanne a te!
               
Enzo:                Tale e quale…Eldì…come è successo pure a te. Io leggevo il giornale e tu giravi il sugo, poi ho visto che ti eri fermata con la cucchiaiella  in mano, dapprima ho pensato che avessi avuto un malessere, poi subito ho pensato a una visione …non si sa mai…di questi tempi. Poi venni vicino a te e ti ho chiesi: “Cos’hai, Eldì, ti senti male? E tu mi rispondesti: “No, niente, è che ti voglio tanto bene!  Tu ti girasti e mi dicesti: “Abbracciami, se no la cucchiaiella te la dò in testa. E ridendo, ci abbracciammo appassionatamente.

Il professore:   Signori, vi siete un po’ distratti alla fine, ma vedo che vi volete molto bene. E questo è importante. La lezione è terminata. Ricordatevi…,il Big Bang non è l’orologio di Londra.

Enzo:        Eldì,  ricordiamoci di regolare il nostro orologio per il Big Bang!

Eldina:      Non ti preoccupare,  lo regolerò per la mezzanotte, quando festeggeremo il tuo compleanno.

Annamaria:   E tu, Dudu’, non scordare gli spruzzi cadenzati.

Dudù:       Per carità, adesso me li segno su un bel foglietto, e di queste due parole ne faccio un bel quadretto.

Enzo:        Signor Dudù, io, sapete che faccio, me le faccio tatuare in un bel posto…così non me le scordo più.

Dopo i soliti saluti, i quattro amici si diressero alla solita pizzeria.
Erano le 20.05. La luna piena rischiarava la strada conferendole un fascino particolare.

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Enzo

Annamaria...a dopo