L’ideatore del ‘gioco’ della morte “Blue whale” è Philip Budeikin, un giovane di 22 anni, studente di Psicologia, recluso in un carcere russo dal 2016. Il suo profilo sembra avvicinarsi molto a quello di un serial killer. Budeiken ha confessato di aver istigato almeno 16 adolescenti connazionali al suicidio per "purificare la società". Il macabro gioco si è già diffuso a macchia d'olio: dalla Russia ha raggiunto il Brasile, ma anche Francia e Inghilterra. In Italia, proprio ieri la polizia postale ha salvato una studentessa 14enne di Ravenna che, sul proprio profilo Facebook, aveva postato foto con lesioni su un braccio. E’, questa, una delle pratiche previste dal gioco. Che, passo passo, accompagna al suicidio. A marzo, ‘blue whale’ aveva colpito a Livorno, vittima un ragazzino di 15 anni che si è lanciato nel vuoto dal 26° piano del grattacielo cittadino. Nella sola Russia sono 157 i ragazzini morti suicida nell'ultimo anno. “Blue whale” Prende spunto da un fenomeno naturale: questi imponenti cetacei per diversi motivi possono finire per spiaggiarsi sulle coste con il rischio di non essere più in grado di rientrare in acqua, finendo quindi a morire per asfissia e disidratazione. I biologi hanno riscontrato che il fenomeno riguarda spesso gruppi interi di balene, in quanto può capitare che l’intero branco smarrisca la via, oppure nel tentativo di soccorrere un singolo esemplare in difficoltà altri incappino poi nello stesso pericolo. Parliamo quindi di un fenomeno di massa, le similarità con gli effetti sui giovani ragazzi sono davvero numerose. Il ‘gioco’ consiste nell’attuare 50 azioni (una al giorno) come ‘preparazione alla morte’, che si concretizza con il gesto ultimo di lanciarsi nel vuoto da un edificio. Queste regole quotidiane sono caratterizzate da autolesionismo (incidersi la pelle o tentare di tagliarsi le vene dei polsi con lamette) e da altre pratiche come guardare film dell’orrore per 24 ore continuative, ascoltare una particolare musica con video psichedelici e non dormire.
Contro il gioco che induce all’autolesionismo e al suicidio arriva il decalogo della polizia postale. Cinque consigli per i genitori, per mettere la parola fine il prima possibile.
• Aumentate il dialogo sui temi della sicurezza in rete: parlate con i ragazzi di quello che i media dicono e cercate di far esprimere loro un'opinione su questo fenomeno.
• Prestate attenzione a cambiamenti repentini di rendimento scolastico, socializzazione, ritmo sonno-veglia: alcuni passi prevedono di autoinfliggersi ferite, di svegliarsi alle 4:20 del mattino per vedere video horror, ascoltare musica triste.
• Se avete il sospetto che vostro figlio frequenti spazi web sulla 'Balena Blu' ('Blue Whale') parlatene senza esprimere giudizi, senza drammatizzare né sminuire: può capitare che quello che agli adulti sembra 'roba da ragazzi' per i ragazzi sia determinante.
• Se vostro figlio/a vi racconta che c'è un compagno/a che partecipa alla sfida 'Balena Blue' ('Blue-Whale'), non esitate a comunicarlo ai genitori del ragazzo se avete un rapporto confidenziale o alla scuola se non conoscete la famiglia; se non siete in grado di identificare con certezza il ragazzo/a in pericolo, recatevi presso un ufficio di Polizia o segnalate i fatti a:
- www.commissariatodips.it
- www.facebook.com/commissariatodips
- www.facebook.com/unavitadasocial
Suggerisco un libro di Matteo Lancini
- psicologo e psicoterapeuta-
- L'adolescenza è un periodo di sconvolgimenti fisici e di profonde rivoluzioni psichiche (a partire dal bisogno di sviluppare la propria identità) che finisce per stravolgere gli equilibri di tutta la famiglia. Una trasformazione che implica la ridefinizione, talvolta traumatica, dei ruoli non solo del ragazzo, ma anche dei suoi genitori. Gli adolescenti di oggi sono nati e cresciuti in un ambiente molto differente da quello dei loro padri e delle loro madri. È mutato lo scenario sociale in cui viviamo, ma è cambiato anche lo scenario privato: dalla famiglia delle regole si è passati a quella che promuove la creatività e la capacità relazionale dei figli, favorendo talvolta in loro il narcisismo e un'intrinseca fragilità, pur sotto i modi apparentemente spavaldi, sprezzanti e spregiudicati, e innescando una crisi adolescenziale di difficile soluzione. Ecco allora che i genitori spesso tentano di stabilire un tardivo «governo del no», rieditando modelli educativi che non condividono veramente. Se le punizioni, le botte, perfino le urla sono state bandite dal «galateo educativo» della nuova famiglia, non ha senso imporre i famosi «no che aiutano a crescere» proprio in questa delicata fase della vita. I divieti degli adulti vengono infatti vissuti dagli adolescenti come gesti sadici, ispirati dalla volontà di negare lo sviluppo, l'affermazione di sé e la capacità di decidere in autonomia. Il percorso di crescita si carica allora di tensioni nei ragazzi e di senso di delusione e di impotenza nei genitori, preoccupati da alcuni comportamenti, apparentemente ingiustificati: dall'insuccesso scolastico alla chiusura in se stessi, dall'uso di sostanze ai disturbi alimentari, dall'isolamento fisico nella propria stanza, come nei sempre più diffusi casi di ritiro sociale, all'ossessivo utilizzo di internet, blog o social network, fino ai gesti autolesivi. Forte della sua lunga esperienza a contatto con i ragazzi, Matteo Lancini traccia un quadro esaustivo dei problemi legati alle crisi adolescenziali e, grazie anche al racconto di casi esemplari, suggerisce a genitori, insegnanti e educatori come prestare ascolto alle esigenze e ai pensieri dei ragazzi senza pregiudizio, come favorire la loro autonomia e la loro responsabilità senza mai lasciarli soli davanti ai problemi, come intervenire in modo adeguato nelle situazioni più critiche. Perché se c'è qualcosa di cui gli adolescenti in crisi hanno davvero bisogno sono adulti autorevoli, insieme ai quali definire il loro progetto futuro.
- Info dal web
- Annamaria
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