The Lady (Signora Libertà: storia di Suu Kye, l’ultima eroina) Regia
di Luc Besson
Qualche giorno prima delle ‘epocali’ elezioni democratiche in Birmania,
ho avuto il piacere di seguire un film che inizialmente volevamo evitare,
pensando che si sarebbe trattato quasi di un documentario storico-politico,
infarcito di luoghi comuni e retorica. Devo
dire che ancora una volta si conferma ciò che ripeto a chi fa le proprie scelte
sulla base esclusiva dei ’si dice’ , privandosi dell’esperienza personale.
Posso
decisamente condividere le osservazioni di Concita De Gregorio, collaboratrice
di Repubblica “. . . che meraviglia, che
piacere e che sollievo andare al cinema, sedersi al buio e per due ore entrare
a far parte del mondo, capire, domandarsi, emozionarsi, sentirsi parte del
tempo in cui viviamo e della storia, uscirne più ricchi, più consapevoli, grati
. . .” E’
la sensazione che lascia la visione del
film di Luc Besson, sulla biografia di Aung San Suu Kyi, una donna che per 25
anni ha tenuto testa da sola ad una dittatura militare folle e sanguinaria,
sfidando i plotoni di esecuzione, il ricatto degli affetti, la fame e la
solitudine. Questa
donna, silenziosa, timida, educatissima, gentile, mentre veniva girato e
diffuso in tutto il mondo il film, si preparava a sfidare l’arroganza e
l’orrore, l’arbitrio e la morte: il 1° aprile sarebbe stata lì per le elezioni
suppletive della Birmania, con la forte speranza di segnare l'inizio di una
nuova era, con uno storico voto che potrebbe allentare le sanzioni
dell'Occidente. Il
regista, non avendo mai potuto incontrare la leader birmana, ha dichiarato di aver deciso di girare il film
dopo aver letto una frase della minuta ma inflessibile signora: “Usate la
vostra libertà per aiutarci ad ottenere la nostra”. Ne
è risultato un dosaggio abbastanza equilibrato tra i drammatici avvenimenti
della lotta politica di questa donna straordinaria e le sofferenze di una
travagliata vita familiare.
Anche
attingere informazioni su di lei è stata davvero un’impresa: i birmani hanno
talmente paura a pronunciare il suo nome che la chiamano The Lady. Per tale motivo non sono state citate molte
fonti,che sarebbero state messe in serio pericolo. Michelle
Yeoh (La tigre e il dragone,
Memorie di una geisha) è protagonista di una
interpretazione molto misurata, mai retorica, anche fisicamente appropriata ;
David Thewlis (L’assedio,
Il grande Lebowsky, Harry Potter) è il marito
inglese, docente di Oxford, fautore della campagna per l’assegnazione del
Nobel, padre dei due figli,l’amore, il consigliere, il compagno di lotta.
Una storia familiare che si
intreccia con la lotta per l’indipendenza di un Paese . . . lei impara a fare
campagna elettorale sulle montagne, lui impara a stirare,lei mangia una ciotola
di riso in auto, lui cucina una colla di riso per il pranzo, lui va a ritirare
il premio Nobel . . . La
cerimonia : la sedia vuota, il discorso del figlio, la sala che applaude in
piedi, lei che ascolta da una piccola
radio, sola nella grande casa dove è reclusa in Birmania. Drammaticamente
splendida è la scena in cui Suu attraversa il plotone di esecuzione pronto a
spararle, guardando in viso il militare che le punta la pistola.
Suu Kyi non è mai tornata in
Inghilterra, non l’avrebbero lasciata rientrare in Birmania, non ha visto
morire il marito, non ha visto crescere i figli. E’
nel suo Paese, continua a lottare nel nome del padre: il generale Aung San,
protagonista della lotta per la liberazione del Paese negli anni ’40,
assassinato quando lei aveva solo due anni.
Con
sei orchidee bianche nei capelli, proprio come quella che lui le metteva dietro
le orecchie da bambina, continua a ripetere le parole del padre: ‘Aspettiamoci
il meglio mentre ci prepariamo al
peggio’.
E finalmente è arrivato il
giorno delle elezioni . . . domenica 1° aprile . . . la
Lega nazionale per la democrazia, il partito di Suu Kyi, ha ottenuto 40 dei 45
seggi disponibili - su 1160 - secondo quanto riferito dalla Commissione
elettorale, quattro in meno rispetto a quelli rivendicati dal partito nelle ore
precedenti. A
Suu Kyi, premio Nobel per la Pace, tornata libera nel novembre 2010 dopo 15
anni trascorsi tra carcere e arresti domiciliari, andrà uno dei seggi della
Camera.
Le elezioni si sono tenute al
termine di un anno di forti cambiamenti nel Paese, rimasto sotto il regime di
militari per decenni: sono stati rilasciati molti prigionieri politici, ci sono
stati colloqui con ribelli di minoranze etniche e si è allentata la censura sui
media. È ancora presto, però, per fare
bilanci: in mezzo secolo di storia del Myanmar si sono tenute soltanto tre
elezioni.
Subito si sono diffusi in tutto il mondo messaggi di apprezzamento per
la leader politica, da sempre alla ricerca di un dialogo con la giunta e le
minoranze etniche birmane nel tentativo di superare lo stallo politico in cui
versa il Paese. I
generali hanno sempre rifiutato di riconoscerla come interlocutore, mettendo in
dubbio il suo patriottismo (la chiamano con il cognome da sposata, ‘la signora
Michael Aris’) e accusandola di essere uno strumento in mano a Gran Bretagna e
Stati Uniti e al servizio delle loro mire neo-coloniali.
Ma lei con il tempo e un enorme
costo personale, è divenuta la più famosa detenuta al mondo, paragonata a Nelson Mandela e al Mahatma Gandhi, combattenti per
la libertà da cui ha tratto ispirazione nel corso degli anni.
Secondo gli osservatori inviati in Birmania dall’Unione
Europea, le elezioni in Myanmar hanno mostrato segni ‘molto incoraggianti’ di
un ritorno alla normalità democratica, nonostante le notizie di irregolarità,
che si spera saranno affrontate rapidamente dalle autorità. Il presidente dell'Europarlamento ha
rinnovato il suo invito ad Aung San Suu Kyi a recarsi al Parlamento europeo per
ricevere il premio Sakharov che le venne conferito nel 1990.
A seggi chiusi, Suu Kyi ha tenuto un breve discorso pubblico
ai suoi sostenitori, davanti alla sede della Nld a Yangon. Pur festeggiando la
vittoria alle urne, la ‘Signora’ ha avvertito di non eccedere nei trionfalismi
perché le elezioni sono solo un passaggio nel cammino di riforme avviato dal
Maynmar. Aung San Suu Kyi ha parlato di ‘vittoria del popolo’ che ha scelto di
essere parte del ‘processo politico’ in atto nel Paese e ha assicurato il
massimo impegno per promuovere ulteriori riforme. Ha poi anche detto che intende
continuare la collaborazione con il presidente Thein Sein, che ha permesso di
traghettare l'ex Birmania da un ferreo regime militare a una nazione in cui si
intravedono spiragli concreti di democrazia, anche se ‘molto resta ancora da
fare’. I sostenitori della ‘Signora’ hanno festeggiato tutta la notte. ‘È normale
che il popolo sia felice’ ha affermato il premio Nobel, invitando alla
moderazione, per ‘non amareggiare le altre parti’. ‘Speriamo che questo - ha concluso
- sia l'inizio di una nuova era’.
Il successo di Aung San Suu Kyi e del suo partito non
cambieranno gli equilibri in seno al Parlamento, dominato dal partito di
governo e con un 25% di seggi riservati ai militari.
Tuttavia
questa vittoria è un chiaro segnale politico che il popolo lancia al governo e
ai militari, che non potranno più comandare nel Paese usando il pugno di ferro.
Maria... a dopo
Maria e i Film. Ok.
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