Amici , vi lascio alla lettura della seconda parte del racconto scritto per noi dal caro amico Paolo.
La prima parte del racconto è stato pubblicato il 15/12..buona lettura!!.

(La sorpresa)
I negozi in via Maqueda somigliano a quelli in via Sarpi a Milano, vecchi negozi  
gestiti da gente nuova che varcate le frontiere con la speranza nel cuore e il futuro tra  
le mani, ha portato in queste vie un pezzo del loro mondo, del loro colore.
Passiamo sotto un arco che da accesso ad un cortile dove, non lo diresti mai, ci sono  
delle piccole vetrine che sembrano uscite da un buco nel tempo.  
Una di queste espone gocce di vetro, vecchi lampadari, vecchi orologi, vecchi specchi  
incorniciati nel legno. O sono antichi? Non sai quanto in via Maqueda sia vecchio e  
quanto sia antico vista l'apparente incuria di case e palazzi.  
Mi chiedo se il treno del giubileo abbia saltato delle fermate. A Palermo, e in questa  
via secolare, di sicuro la fermata è stata facoltativa. Nessuno ha pigiato il campanello  
di stop.
Nel negozio entriamo spingendo una porta di vetro, incornicita in un metallo colorato  
di verde. Il proprietario ci accoglie con una cordialità misurata. Ha una barbetta che  
copre appena il mento e baffi canditdi. Porta piccoli occhiali tondi, scivolanti sulla  
punta del naso. A Saro stringe la mano con calore, si conoscono da tanto tempo e,  
quando vengo presentato, l'espressione inizialmente diffidente, con cui mi aveva  
radiografato,  sembra attenuarsi.   
La mia attenzione è attratta da un orologio  che sa di antico. Mi soffermo a guardarlo  
nei particolari, ascoltandone il ticchettio. E' un orologio da tavolo, o meglio da comò,  
la scatola che lo contiene è in un legno appena venato.  
Nel frattempo Saro sta  confabulando con il negoziante. Nel  guardarli noto che a loro  
volta mi guardano e direi quasi che stanno parlando di me. Sorrido ed ecco che mi  
vengono vicino.
“Le interessa quest'orologio?”. Il cenno positivo della mia testa invoglia il  
commerciante a fornirmi informazioni sull'oggetto a cui sono interessato.
E' un orologio inglese dell'inizio del secolo scorso, mi fa sentire il suono che produce  
allo scoccar delle ore, un suono profondo, armonico, come se a produrlo non fosse  
una sola lamina ma tre, come in un accordo di pianoforte.
M'informo sul prezzo. I 130 € che chiede non sono molti e a mio parere l'orologio,  
uno modello Westmnister, credo li valga tutti. Saro tace, il suo silenzio invoglia il  
negoziante ad abbassare il prezzo, 120 € che pago volentieri.
Nel confezionarlo in una scatola di cartone, aggiungendo pezzi di carta di giornale  
appallottolati per riempir gli spazi vuoti, mi raccomanda di dare sempre la carica alle  
due molle del meccanismo, almeno ogni due giorni e comunque di stare attento a che  
non si fermi per più di otto ore. Comincio ad aver dubbi sul funzionamento e quasi mi  
leggesse nel pensiero mi accenna a cose strane che potrebbero accadere se  
l'eventualità dovesse verificarsi.
Quasi sorrido al pensiero di quello che mi dice.  
Se l'orologio si ferma ore, si ferma anche il tempo e il giorno dopo ieri non sarà l'oggi  
che è arrivato. Sarà ancora il giorno prima o due o tre, in rapporto al tempo di blocco  
e partire dall'ultima volta che è stato rimesso in funzione.
L'idea mi piace. L'espressione probabilmente traspare dal mio viso. Saro fa “non  
dimenticare di dare la corda, non è un caso che stai portando via quell'orologio”.
Prendo il mio pacco, stringo la mano al venditore e con Saro usciamo in strada.
Odori di roba da mangiare sollecitano il palato attraverso il naso. Vista l'ora, quasi  
mezzogiorno, è naturale. D'intesa entriamo in un ristorantino affollato da giovani  
colorati nei vestiti e nei volti.
Alla giovane cameriera che prima ci aveva indicato il tavolo a cui accomodarci,  
ordiniamo due pizze, una Norma per me e una Margherita per Saro, accompagnate da  
due birre, che i dietologi sconsigliano, ma il palato non disdegna.
Al secondo boccone il telefonino trilla. “Pronto si, dimmi... come cancellato? Han  
cancellato tutti i voli della Myair? Fammi sapere... Ho capito hai già prenotato un  
volo per dopodomani. Ma non potrò venirti a prendere, ho un appuntamento dal  
magnifico che ho fissato un mese fa. D'accordo ti organizzi da solo. Ciao.”
Spiego a Saro l'accaduto, mi ricorda i suoi lunghi viaggi in treno nel breve periodo  
che era stato in continente.  
Allora si scendeva a Villa S.Giovanni, si traghettava portandosi appresso le valigie a  
braccia, tra la pensilina del treno e l'imbarcadero del traghetto, o aiutati da un  
facchino. Tragitto invertito per passare dal traghetto al treno.  
Oggi i traghetti caricano treni interi in meno di mezz'ora. Facchini e lustrascarpe sono  
stati cancellati.
Ricordo quando si bigiava a scuola e si saliva sul ferry boat senza pagare il biglietto.  
In che modo? Si saliva su un treno diretto al “continente” nella stazione di Messina,  
poi una volta che il treno era sul traghetto, dove nessuno ha mai controllato i  
documenti di viaggio dei passeggeri scesi dai vagoni, si scendeva per passeggiare sul  
ponte del traghetto. (L'altro, ponte, di cui da anni si vendono le cartoline, dopo mezzo  
secolo   resta di carta e, come i draghi cinesi che ingoiano i passanti al loro passare,  
ingurgita  soldi alimentando sogni).  
In primavera, a bordo dell'imbarcazione, ci si gustava il primo calore del sole e il  
dolce sapore del  mare, nella traversata. Dopo aver trascorso a girovagare la mattinata  
a Villa S.Giovanni, si saliva su un treno diretto in Sicilia e il gioco era fatto.
Aera un modo per trascorrere una piacevole mattinata a basso costo, al riparo dagli  
occhi di conoscenti che avrebbero potuto raccontare la cosa ai genitori ignari.
 (Il ritorno)
Ripenso a quanto detto dal commerciante e a quanto aggiunto da Saro dopo a  
proposito dell'orologio. Ne vorrei parlare mentre siamo ancora a tavola, ma lui  
svicola il discorso, si guarda in giro per il locale come a farmi capire che i tavolini  
sono troppo vicini gli uni agli altri.
Allora dico “Che facciamo? Torniamo a S.Maso?”  
“Facciamo due passi, aiutano a digerire”, mi risponde.
Pagato il conto alla cameriera a cui ho lasciato il resto come mancia, che lei ricambia  
con un sorriso scalda cuore, usciamo in strada. Io con il mio pacco infilato in una  
borsa di plastica ricuperata al ristorante, Saro con le mani dietro la schiena a  
testimoniare la soddisfazione per il pranzo, ma vuote dei documenti che sperava gli  
risolvessero un problema.  
Non abbiamo bevuto il caffè di rito e, vista la calura, entriamo in un bar. Ci sediamo  
ad un tavolino isolato.
Prima di ordinare stabilisce che a pagare stavolta tocca a lui, non vive a scrocco.  
Appoggiandogli una mano sulla spalla, lo rassicuro che non l'ho nemmeno pensato,  
anzi gli son grato per le cose che mi racconta.
“Dunque” dico “quest'orologio ferma il tempo? Non si ferma lui, ovvero non smette  
di misurare?
Sorridendo mi fa “Un metro cosa misura? Una lunghezza. Quando metti via il metro  
la lunghezza che fa si allunga? Si accorcia?”
“Ma dai Saro, una lunghezza non è come il tempo, una lunghezza è stabile e  
altrettanto il metro.”
“Ecco è questo il punto, l'orologio misura in movimento, deve muoversi al ritmo del  
tempo, se l'orologio si ferma, il tempo finisce per diventare come un disco in cui la  
puntina legge sempre lo stesso solco. Alla ripartenza riparte dal punto in cui è stato  
attivato l'ultima volta il meccanismo.”
Incredibile quest'idea nella bocca di un pastore contadino.
“Allora tutti gli orologi del mondo cosa misurano se il tempo è fermo?”
Ride, “nessuno degli orologi del mondo è quest'orologio, questo funziona così. Vuoi  
far la prova?”
Pagato il barista, e ritrovata l'auto senza l'aiuto della mappa, ci si avvia verso S,Maso,
Dopo una decina di chilometri in autostrada dico “in questo momento l'orologio è  
fermo, il biglietto che ho ritirato al casello indica le 15,07, se all'uscita saranno  
ancora le 15,07 dovrò pagare una multa per eccesso di velocità?”
“Non è così che funziona. E poi non è ancora tuo, la cosa vale solo dopo la tua  
personale prima ricarica o la tua personale messa in funzione.”
Come entro in casa mia moglie non vedendo il nipote che doveva tornare con me,  
chiede ragguagli anche se  qualcosa già sa. Le spiego l'accaduto, sa già tutto per aver  
parlato con la sorella e con il nipote. Mi chiedo a cosa sia servita la mia versione.
Ha già provveduto a dare indicazioni per cercare di recuperare i soldi del biglietto.  
Ormai siamo clienti fissi all'Adiconsum. Da un po di tempo ci sembra di vivere tra  
soprusi discriminatori e  piccole truffe legalizzate in nome del libero mercato.
Quando lo sguardo va al pacchetto poggiato sul tavolo in cucina chiede “cos'hai  
comprato? Scommetto un orologio”.
“Che? E tu come fai a saperlo?”
“Mi sembri Houke, il Capitano Uncino di Peter Pan, quando ti piace un orologio lo  
porti a casa. Che vuoi fermare il tempo per paura d'invecchiare? Attento ai  
coccodrilli”
“Bhè in questa casa  non c'è ne sono, ne coccodrilli ne orologi”.
“Ci sono, ci sono. Coccodrilli no, ma orologi si. Uno è di la sul televisore, uno dentro  
la vetrina, uno in cucina. Questo dove lo metti?”
“Aspetta a vederlo, poi mi dirai tu.”
Così dicendo inizio a spacchettarlo. Lo metto diritto sul tavolo. Apro il portello  
posteriore e  visto che le molle sono state caricate da poco, mi limito a toccare il  
piccolo pendolino interno, lasciandolo oscillare.
Poi apro il l'antina in vetro e prima di regolare l'ora mi fermo sulla tacca delle 17,00 e  
il suono del big ben si diffonde nella stanza.
Concordando con me sulla pienezza del suono, appena sente quanto l'ho pagato  
aggiunge “e pretendi che funzioni perfettamente con quel prezzo lì? Povero Pà  
quanto sei credulone, basta che una cosa costi poco e te la porti a casa”.
“Poco 240.000 lire?”
“Ohè la lira ormai esiste solo per te e quello lì al governo quando annuncia degli  
stanziamenti di spesa. Euro, ragazzo, euro. Forse si e no 120.000 lire, sei proprio un  
affarista”.
Ecco, devo ricordarmi di dar sempre la corda per evitare il ripetersi di certi momenti.
PAOLO
 

 
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Bello, come il primo, Paolo. Congratulazioni.
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