giovedì 26 novembre 2015

TOCCANTI SCATTI CHE CI MOSTRANO COME DORMONO I BAMBINI SIRIANI IN FUGA DALLA GUERRA








Magnus Wennman


Magnus Wennman, pluripremiato fotoreporter di Stoccolma, ha pubblicato una serie di foto rivelando ciò che sta accadendo ai bambini in Medio Oriente e alle porte dell'Europa che fuggono dalla guerra in Siria. Per creare "dove i bambini dormono ", ha viaggiato in tutte le regioni in cui questi bambini e le loro famiglie sono in fuga per raccontare le loro storie.
In un'intervista con la CNN, Wennman, che ha scattato le foto per il giornale svedese Aftonbladet, ha detto che il conflitto e la crisi può essere difficile capirlo per le persone "ma ancora piu' difficile è per i bambini ai quali manca un posto sicuro per dormire.  Che speranza hanno questi bambini?



Abdullah, 5 anni, Belgrado, Serbia
Abdullah ha una malattia del sangue e dorme all'esterno della stazione centrale di Belgrado. Ha visto l'uccisione di sua sorella nella loro casa a Daraa. Lui è ancora sotto shock e ha incubi ogni notte, dice la madre. Abdullah è stanco e non sta bene ma la madre non ha i soldi per comprargli le medicine.
Ahmad, 7 anni, Horgos / Röszke
Ahmad era a casa quando la bomba ha colpito la casa della sua famiglia a Idlib. È stato colpito alla testa, ma è sopravvissuto. Suo fratello minore non ce l’ha fatta. La famiglia aveva convissuto con la guerra per diversi anni ma senza una casa sono stati costretti a fuggire. Ahmad dorme insieme a migliaia di altri profughi sull’asfalto lungo la strada che porta al confine ungherese. 


Amir, 20 mesi, Zahle Fayda
Amir è nato rifugiato e non ha mai parlato. Sua madre Shahana crede sia stato traumatizzato nel grembo materno. Nella tenda di plastica dove ora la famiglia vive, Amir non ha giocattoli, ma lui gioca con tutto quello che riesce a trovare per terra. Lui ride molto, anche se non parla, dice la madre.


Fara, 2 anni, Azraq
Fara ama il calcio. Suo padre cerca di fare delle palle accartocciando qualsiasi cosa riesca a trovare ma non durano a lungo. Ogni notte, dice buonanotte a Fara e a sua sorella Tisam, di 9 anni, nella speranza che il domani porterà loro una vera e propria palla con cui giocare. Tutti gli altri sogni sembrano essere impossibili, ma non si arrendono al loro destino.




Lamar, 5 anni, Horgos, Serbia
Lamar ha lasciato a Baghdad, le bambole e il trenino. La bomba che ha distrutto la sua casa ha cambiato tutto. Non era più possibile vivere lì. Dopo due tentativi di attraversare il mare della Turchia con un gommone, la sua famiglia è riuscita ad arrivare in Serbia attraverso i confini ungheresi. Ora Lamar dorme su una coperta nel bosco, spaventata, triste e congelata.

Maram, 8 anni, Amman
Maram era appena tornata a casa da scuola, quando un razzo ha colpito la sua casa. Un pezzo di tetto è caduto proprio sopra di lei. Sua madre l’ha portata in un ospedale da campo e da lì è stata trasportata in elicottero attraverso il confine verso la Giordania. Il trauma cranico ha causato una emorragia cerebrale. Per i primi 11 giorni Maram è stata in coma. Lei ora è cosciente, ma ha una mascella rotta e non può parlare.


Moyad, 5 anni, Amman
Moyad e sua madre dovevano comprare la farina per fare una torta di spinaci. Mano nella mano, erano in cammino verso il mercato di Dar’a ma sono passati davanti a un taxi in cui qualcuno aveva messo una bomba. La madre di Moyad è morta sul colpo. Moyad che è stato trasportato in aereo in Giordania ha schegge in testa, schiena e bacino.
Ralia, 7 e Rahaf, 13 anni, Beirut
Ralia e Rahaf vivono per le strade di Beirut. Sono di Damasco, dove una granata ha ucciso la madre e il fratello. Insieme con il padre, dormono in queste condizioni da circa un anno. Essi si stringono vicino insieme alle loro scatole di cartone. Rahaf dice di aver paura dei “ragazzi cattivi” e Ralia inizia a piangere.
Shiraz, 9 anni, SurucShiraz aveva tre mesi quando è stata colpita da una febbre alta. Il medico le diagnosticò la poliomielite e consigliò ai suoi genitori di non spendere troppi soldi in medicine in quanto la ragazza non avrebbe avuto alcuna possibilità di guarire. Poi è arrivata la guerra. La madre Leila piange quando descrive come ha avvolto la ragazza in una coperta per portarla oltre il confine da Kobane alla Turchia. Shiraz, che non può parlare, ha ricevuto una culla di legno nel campo profughi. Lei sta lì. Giorno e notte.
Piccole vittime inconsapevoli che dormono in luoghi di fortuna e 
di certo senza peluche. Allarmanti i dati: 4 milioni i bambini che hanno lasciato il proprio paese in guerra, più di un milione quelli sotto i 12 anni. Persino nei posti peggiori è difficile per un bambino smettere di esserlo e di divertirsi.

Fonte -boredpanda.com

Annamaria

mercoledì 25 novembre 2015

SE QUESTO E' AMORE!





Una donna avvia la separazione dal marito e come primo passo, di nascosto, preleva praticamente tutto il conto cointestato in banca  e lo gira su se stessa in nuovo conto dopo aver abbandonato lo sposo da diversi anni con la motivazione di voler stare vicino alla mamma, che abita in altra città.
Cosi  è lei che prende in mano la situazione patrimoniale, gestendo i conti e fregando il marito passivo e un po' coglione.
La casa rimane assegnata a Lui,  perchè coniuge più debole.
Tra un ritorno e l'altro nella casa coniugale, consentito dal marito,  (coglione) la ex consorte , di nascosto, sottrae dalla casa familiare alcuni oggetti e beni mobili che erano in comunione dei beni e li trasferisce  nella casa di vacanza, dove ormai ha pure la residenza  nonostante la mamma , che abitava nelle vicinanze, non c'è piu'. Nel frattempo  ha instaurato una relazione con un altro uomo  ma con figli  adulti,  lontani dalla (nel frattempo) nuova residenza della madre , lo nega spudoratamente ed i figli , anche perchè  soggiogati alla madre, credono solo ed esclusivamente a Lei dando del pazzo al povero (e coglione) padre, nonostante Lui li abbia visti insieme , interrompendo i rapporti. Dopo tre anni dalla separazione la donna ,non ancora soddisfatta vuole la seconda auto dal marito (una non le basta) e tutti gli elettrodomestici di casa, (come scusa si inventa che sono regali personali) e in piu' decide ,sempre Lei, di mettere in vendita la casa....insomma lo vuole distruggere il povero marito.
La fonte di questa storia è storia di tutti i giorni che puo' capitare a chiunque. Ho voluto solo ribaltare  l'identità di genere dei protagonisti per compiacimento e solidarietà con gli uomini che subiscono "madri madroni"... anche se purtroppo le cronache raramente ci riportano il contrario. Generalmente si parla di padri padroni con donne che non hanno il coraggio di denunciare e dire basta di subire violenze.
Perchè si sa che la violenza sulle donne piu' diffusa ,al contrariodi quanto si pensa, è quella che si consuma  all’interno delle mura domestiche, in ambito familiare con azioni diverse  ma caratterizzate da uno scopo comune: il dominio e controllo da parte di un partner sull’altro, attraverso violenze psicologiche, fisiche, economiche, sessuali. La domanda che ci poniamo è : perché una donna  maltrattata non se ne va? E perché non denuncia? Ecco un articolo interessante dove molte donne ( pochi uomini ) possono rispecchiarsi e capire cosa spinge portare avanti un matrimonio.




“Anna vuole dei chiarimenti. Vuole sapere a chi Gianni ha regalato un costoso braccialetto, il cui scontrino era nella tasca della sua giacca. Già che c’è, gli chiede chi è che all’ora di cena continua a cercarlo con messaggi. Gianni reagisce. La graffia sul volto, urlandole che è una pazza, la insulta pesantemente. Le dice che si immagina tutto e che deve andare a farsi curare. Poi sbatte la porta, chiudendole dentro un dito. Quando lei urla per il dolore, i bambini, che sono presenti, iniziano a piangere. Gianni si infuria ulteriormente con Anna, dicendole che tutto questo accade per colpa sua. Di nuovo, un’altra volta, come sempre.”

Un osservatore esterno spesso fatica a comprendere come si possa vivere anni, addirittura decenni, accanto ad un uomo che ti maltratta.




Lundy Bancroft, consulente giudiziario americano con esperienza ventennale in ambito di maltrattamento domestico, ha cercato di dare risposta a questi interrogativi. Dalla sua esperienza a contatto sia con le vittime che con gli aguzzini di queste tragiche storie ha potuto osservare che non c’è un solo motivo che spinge donne vittime di abuso a non denunciare e non andarsene, ma la compresenza di diversi fattori:

il tentativo di plagio e manipolazione, ossia tentativi di influenzare il pensiero dell’altra persona, portandola a fare/pensare come desidera il partner maltrattante (ad esempio che qualche schiaffo è un comportamento normale in una coppia, oppure convincere la donna che i problemi di casa sono colpa sua). 
Manipolazione e plagio vengono effettuati allo scopo di isolare la vittima dal suo contesto sociale e poterla controllare meglio;
la struttura di personalità della vittima: le donne emotivamente fragili, o con personalità non ben strutturata o precedentemente traumatizzata sono più esposte a subire attacchi di compagni maltrattanti, poiché tendono a difendersi di meno;
la presenza di figli: per una donna è materialmente ed economicamente difficile intraprendere una separazione, poiché rimarrebbe da sola con il carico della prole e con l’incombenza di una separazione, spesso lunga, costosa e tormentata.
il sistema di credenze e giustificazioni che la donna utilizza per cercare di salvare la relazione e le giustificazioni stesse presentate dal maltrattante: egli, infatti, cerca di convincere la vittima e chi lo circonda di non avere responsabilità negli atti violenti che commette, ma si dichiara vittima egli stesso delle circostanze.
Bancroft ha raccolto queste giustificazioni, verificando come non solo corrispondano al reale, ma come la loro presenza possa condizionare la vittima nel non abbandonare la relazione. Lo stesso autore ha chiamato queste credenze “miti”. Dei diciassette da lui identificati, ne presentiamo quattro, fra i più ricorrenti:

MITO N. 1: il maltrattante ha avuto una partner che lo ha ferito terribilmente, per cui ora ha un rapporto problematico con le donne. “Io sono così perché altre donne mi hanno fatto del male, non è colpa mia”, sarebbe la scusa. Nella maggior parte dei casi, questa versione non corrisponde al vero e rappresentano vere e proprie bugie o alterazioni della realtà. Spesso, quando racconta dei maltrattamenti subiti, non fa altro che raccontare ciò che ha fatto lui stesso alla ex compagna. Al contrario, quando si è riusciti a raccogliere l’andamento delle storie precedenti, si è potuto osservare come egli maltrattasse la precedente partner come quella attuale. Si tratta, infatti, di un comportamento ripetuto in ogni relazione.

MITO N. 2: mi maltratta perché prova un sentimento fortissimo nei miei confronti. La frase tipica è “Nessuno è in grado di farmi saltare i nervi come lei, perché provo forti sentimenti nei suoi confronti”. L’uomo che abusa di violenza cerca di convincerci che sono i sentimenti di affetto e di amore a provocare la violenza. “Faccio così perché ti amo” è comunque una frase che può gettare in confusione una vittima che è ancora innamorata, poiché la spinge ad accettare la violenza come prova d’amore. In questo mito, purtroppo, le donne sono fortemente influenzate dalla pressione cinematografica (anche recente, come nel noto film “50 sfumature di grigio”) e musicale, che diffonde l’idea malsana secondo cui la violenza faccia parte dell’amore passionale: un prezzo da pagare per un coinvolgimento unico.

MITO N. 3: perde il controllo, va fuori di testa. E’ l’alibi degli impulsi incontrollabili, spesso chiamato in causa per giustificare, anche in sede giudiziaria, l’esplosione di rabbia a causa della quale la donna subisce violenza fisica e psicologica. Chi lavora con i maltrattanti sa bene come, al contrario, siano persone sempre molto lucide e riescano a modificare rapidamente il comportamento non appena la polizia bussa alla porta. Oppure come, durante una lite, egli rompa o danneggi solo oggetti appartenenti alla compagna, e nulla di suo. Bancroft osserva come l’uomo che agisce violenza si autorizzi a perdere il controllo sulla partner. Ulteriore indizio a favor di questa osservazione è il fatto che molto maltrattanti agiscano abusi fisici mirati, volti a creare paura e dolore, ma lasciando meno segni possibili.

MITO 4: odia le donne in genere, perché ha sofferto a causa loro. Anche questo non corrisponde al vero. Prova ne è il fatto che la maggior parte degli uomini maltrattanti, con le altre donne, ha un rapporto normale. Con la madre ha spesso un rapporto sereno, così come con le sorelle, che non sospettano di nulla. Molti lavorano con superiori donne, senza mostrare alcun problema. Anzi, tendono, socialmente, ad essere molto affascinanti, cortesi, cavalieri con le altre donne, al punto da costruirsi un’immagine sociale impeccabile. Infatti, il problema del maltrattamento è legato solo alla propria partner e nasce nel momento in cui la donna allaccia una relazione stabile con questa tipologia di uomini. Il legame, infatti, sancisce per l’uomo un rapporto di possesso che lo autorizza ad agire con regole differenti.

Tutto questo alone di giustificazioni e credenze sull’uomo che abusa di violenza, spinge la vittima a cercare la causa dei maltrattamenti in fattori esterni al compagno o, peggio ancora, in qualcosa che non va dentro sé stessa. Come spiega l’autore, la donna tende ad attribuire i tratti gentili del compagno a qualità personali, ma contemporaneamente attribuisce la sua violenza a cause esterne, tentando in tal modo di giustificare i suoi agiti. L’effetto psicologico è che la vittima farà di tutto (ed inutilmente) per aiutarlo, arrivando a sopportare per anni gesti estremi di maltrattamento sia fisico che psicologico, nella speranza che lui cambi.

M. F. Hirigoyen ha osservato come molte donne si siano progressivamente abituate all’imposizione della violenza, finendo per considerarla una normalità. Non si tratta di un atteggiamento masochistico, piuttosto di un condizionamento operato tramite vessazioni fisiche e psicologiche.

Se il mio partner mi tira uno schiaffo, mi trovo in una relazione violenta? Se mi spinge contro i mobili, è violento? A volte è difficile stabilire il confine fra il tollerabile e l’illecito.

Comprendere a fondo i miti dell’uomo maltrattante ed il quadro col quale si manifesta un comportamento d’abuso può essere un primo passo per molte donne che non riescono a dare un senso alla loro sofferenza.

fonte - L'antro di chirone
Bibliografia
L. Bancroft, Uomini che maltrattano le donne, Vallardi
M.F. Hirigoyen, Sottomesse,
Norwood, R. , Donne che amano troppo, Feltrinelli

Annamaria



venerdì 20 novembre 2015

QUANTE VOLTE CI CAPITA DI DIRE SI


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Quante volte ci capita di  dire “SI”, anche se non vorremmo?

Impariamo a dire di “NO”!

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(di Enzo)

Enzo              Duc, ti dispiace fare il caffè?

Ducky           No, per me è un piacere!

Enzo              Senti , per cortesia,  mi porti  il dizionario d’italiano…Il Devoto Oli. E’ il primo libro sullo scaffale.

Ducky           Sicuro! Come si fa a scrivere senza dizionario?

Enzo              Duc,  per cortesia, vai a girare il sugo, dovrebbe essere fatto.

Ducky           Va  bene!

Enzo              Siccome fra poco pioverà, tiri dentro lo stenditoio con i panni? Dovrebbero essere assciutti.

Ducky           Eh no, mò basta, Duc per favore, Duc per piacere, Duc per cortesia… ma per chi mi hai preso? Ora la devi smettere: perché non sono  né  servitore, ne cameriere, né badante. .. Io ti piglio lo stenditoio con i panni. Fatto questo, farai la…dcscu…discsuc…porca miseria, perché m’inceppo sempre. Eppure  solo con certe parole m’incasino, o forse sei tu che innervosisci.

Enzo              Stai calmo. Non ti sforzare…faremo assiemel’inquisisione

Ducky           Ecco quella…

Enzo              Ma quale inquisizione….duc,,, si dice “disquisizione”. E su che cosa la vogliamo fare??

Ducky           …sulla gente che deve imparare a dire di “NO” fra cui anch’io, anzi  già da stasera ho deciso, dico sempre “NO”.

Enzo              Non perdere le staffe; fai male sia dire sempre “No” e anche dire sempre “Sì”.

Ducky           E allora come ci  dobbiamo regolare?

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Enzo              Ora te lo spiego. “Potresti tenermi i gatti mentre sono via?”;; “Per le prossime vacanza siamo tutti d’accordo di andare in Spagna. Anche a te va bene, Vero?”. “ Dal 15 al 31 luglio andremo in vacanza, mi innaffi i  quei due vasi di basilico?”

Ducky           Ma quali vasi, non abbiamo mai avuto vasi di basilico, lo compriamo al centro commerciale..

Enzo              Non cominciare a rompere, Duc….è un esempio.  Seguimi, per la miseria.!

Ducky           Dove andiamo?

Enzo              In nessun posto., Devi ascoltarmi solamente. Duc, ma OB, è ancora nel bagno a fare la doccia Sono venti minuti…e che diamine si deve scorticare? Non posso cominciare senza di lei. Vai a dare un’occhiata!

Ducky           Ma sei scemo, io mi metto a guardare attraverso la serratura?

Enzo              Chiedi a che punto è …anzi fai una cosa…chiedile se ha fatto anche le “abluzioni” perché noi siamo già pronti per cominciare.

Ducky           (Si reca alla porta del bagno) OB, a che punto sei? Enzo, mi ha detto di chiederti se hai fatto le “abluzioni”.

OB                 Le ho fatte, ne ho fatte due di abluzioni, una per te e una per lui.. Appena esco, ne do una a te e una a lui…ma con  la padella più pesante e se non basta userò la scopa, riferisci allo scombinatoche fra 5 minuti sarò pronta per la trattazione.

(Cinque minuti dopo)

OB                 Enzo, vai!

Ducky           Sono pronto, Prof!

Enzo              Quante volte ci capita di dire di sì anche se non vorremmo, solo per paura che un nostro rifiuto ci faccia perdere la stima degli altri? Essere troppo accondiscendenti, però ci porta a tenerci dentro quello che non ci va giù e quindi a soffrire. Dire di no è importante, spiegano gli psicologi. Talvolta è l’eccessiva arrendevolezza a renderci poco apprezzati. Per paura di trovarsi respinti o per evitare i conflitti optiamo per una falsa compiacenza.

OB                 Figuriamoci in amore.

Enzo              Brava, OB.  Facciamo lo stesso errore anche in amore, quando temendo di essere lasciati finiamo col rinunciare alle nostre esigenze. Salvo poi rendercene conto troppo tardi.

Ducky           Tu come fai a dirlo?

Enzo              Lo segnalano i dati elaborati dallo studio milanese di matrimonialisti Family Legal,  che ha rilevato, nella fascia di età 65-85 anni, tra un 35 e un 40 per cento di separazioni in più nel 2014 rispetto all’anno precedente.

Le motivazioni? Prima di tutto la maggiore pretesa del diritto alla felicità: ci si sente giovani più a lungo e ci si vuole rifare una vita dopo anni di abnegazione al partner che hanno significato troppo rinunce. Gli studiosi dicono: “Davanti a una richiesta si  risponde in due modi “opposti”: o rifiutiamo con aggressività oppure diciamo di si controvoglia.

OB                 Dimmi come dovremmo fare”

Enzo              Bisogna essere assertivi.

Ducky           Lo sapevo che te ne uscivi con una parola “festiva” per fare bella figura. Spiega!

Enzo              Significa dire, affermare con decisione e fermezza, la richiesta o il favore, dopo averla esaminata bene, e senza timore delle reazioni altrui, dare la risposta di rifiuto o  di  accettazione..

OB                 Chiarissimo!

Enzo              “Questo modo di pensare” ,  dice Roberto Anchisi, membro della direzione scientifica  dell’Istituto europeo per lo studio del comportamento umano e coautore del libro Manuale di assertività (Franco Angeli, 2013) assieme a Mia Gambotto Dessy, “rende i rapporti interpersonali più chiari e semplici. L’assertività implica empatia e rispetto. 

Tuttavia, uniformarci agli alti è inevitabile, in momenti complicati. Lo vediamo oggi, con la tendenza sempre più diffusa a “salire sul carro del vincitore”. Il neurologo Vasili Klucarev, spiegava in uno studio sulla rivista Neuron che il nostro cervello è fatto per adeguarsi all’opinione e al comportamento  della maggioranza.

OB                 Senti senti!

Ducky           Ho sentito e mi sembra incredibile.

Enzo              Secondo gli studiosi ci adeguiamo al comportamento della maggioranza. Come? Tramite risonanza magnetica i neurologi avevano rilevato, in un esperimento, l’attivazione di due aree cerebrali connesse ai comportamenti sociali, dimostrando come esse entrino “in allarme” quando esprimiamo un’opinione difforme dalla media…

OB                 …in parole semplici quando noi deprimiamo un parere o un giudizio diverso dal pensiero della maggioranza e’ come se si accendesse una lampadina dentro di noi, una specie di piccolo campanello d’allarme.. Giustoo, Enzo?

Ducki             Ora ho capito. Grazie, OB. Alter-Ego, tu, a volte sei  troppo ndifficile quando spieghi; sembri che parli alla rovescia.

Enzo              Sei tu che non “ci arrivi..

OB                 Ué, non cominciate, per favore. Prosegui, Enzo!

Enzo              Il vantaggio di questo sistema qual è?

Ducky           Appunto dico, qual è? qual è?

Enzo              E’ uscito il pappagallo “Cocorito”. La smetti di ripetere..

Ducky           Te l’ha detto mai nessuno che sei antipatico e anche“presentuoso?”…o  forse “presontuoso” , OB,   aiutami,  due parole o una sola?

OB                 To’ Duc, per lo sforzo, il fazzoletto…stai sudando….Duchì, si dice “pres-sun-tuo-so”.  E non ha niente a che fare con…l’unto dell’olio.

Enzo              Mamma mia, anzi mamma nostra…Gemè tu sei un caso clinico! Dicevo con la domanda …del vantaggio di questo sistema:uniformarci  nell’appartenenza a una comunità

Il problema nasce. quando il conformismo è frutto di opportunismo o di timore di essere giudicati dagli altri. ”In questi casi”, prosegue Anchisi. “rappresenta una forma di patologia della personalità. Del resto,, perfino Dante nella Divina commedia ha posto i conformisti tra gli ignavi”.  Purtroppo, molti convivono tutta la vita con questi timori: il divulgatore tedesco Rolf Sellin nel suo recente Le persone sensibili sanno diro di no (Feltrinelli2013)  spiega che queste persone non sono ben viste. “Un bambino  ipersensibile che cerca di adattarsi alla maggioranza lo fa perché non si rende conto di che cosa ha bisogno, non ha percezione di sé né  ha consapevolezza della sua forza e della sua debolezza e non sa individuare i propri limiti.

                       

OB                 In sostanza, quali consigli possiamo seguire?

Ducky                       Ecco, che si fa?

Enzo              Cosa fare? Ce lo spiega lo psicologo Paolo Ragusa, autore del libro “Imparare a dire no”  e vicepresidente del Centro psicopedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti: “La paura di ferire gli altri è infantile”, afferma.

                        Lui  ritiene molto utile seguire queste regole.

                        1 – Possiamo dire di “NO” senza sentirci in colpa;

                        2 – Adottiamo un atteggiamento non aggressivo;

                        3 – Spieghiamo bene la nostra posizione e  facciamogliela rispettare, con tono pacato;

                        4 – Proponiamo un’alternativa al nostro no. Ad esempio: “Questa settimana non posso accompagnarti, posso farlo la prossima settimana.;

                        5- Io sono convinto che puoi farcela  anche senza di me;

                        6- Usiamo la tecnica del “disco rotto” quando l’interlocutore  insiste nel farci dire di “si’”.

Ducky           Cioè lo prendiamo a piatti in testa, come nelle comiche di Charlot?

Enzo              No, con una sega elettrica lo tagliamo in due parti….Duc,, secondo me in testa hai dei neuroni comici.

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Ducky           E allora,  cos’è questa storia del “disco rotto”?

Enzo              Te li ricordi i dischi in vinile, quelli a 78 giri, che venivano usati con le puntine?

Ducky           Sì, li ricordo.

OB                 Quando il disco subiva un graffio, con la punta rovinata, il disco, girando, emanava un rumore tipo  tic tic ti ad ogni giro..

Enzo              Brava,  OB! Con la persona che insiste dobbiamo fare la stessa cosa…ripetere il nostro NO come un disco difettato…NO…NO…NO.

Ducky           Chiarissimo, sei stato sempllice, e comprensibile.. Quindi, stasera in pizzeria se tu mi chiedi…Duc, paghi tu le pizze? io  ti risponderò: “ NO.  Paghi tu; hai spiegato cosi bene la regola e ora paga!

Enzo              Man mano che passa il tempo, ti capisco sempre di più.  Sei un finto furbacchione, un finto sordo, un finto ignorante. Io sto a corto di euro, e faresti pagare le pizze alla nostra OB –quinta misura?

Ducky           No, questo mai, non la farò mai pagare. Le offro tutte le pizze  che desidera. Mica sono tirchio come te.

Enzo              OB, se potessi,  ti donerei la pizzeria intera….e sai perché? Quando immagino la tua “quinta misura”  mi ricordo delle mozzarelle di bufale del salernitano, se le stringi scorre del latte che  ha un sapore unico:  na’ bellezza!

Ducky           Cara OB, dì la verità, ho un fratello  che è straordinariamente poetico. Lui fa poesia anche con le  “quinte misure”.

O.B. No!…Duchino questa non è poesia ma appetenza di pizza abbondante! E per stare in tema di cibo… dire sempre si è come mangiare abbondantemente: prima o poi bisogna mettersi a dieta.  Buon appetito, amici “scombinati” ma simpaticissimissimi!

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Annamaria



martedì 17 novembre 2015

COACH DELLE ABITUDINI







Ascolta il tuo dialogo interno quando incontri una difficoltà: se ti giustifichi, ti lamenti, stai dicendo che non è giusto, stai togliendo energia a te stesso e stai distogliendo il tuo sguardo dalla strada. 
Usa quelle energie per cercare una soluzione: chiediti quale altra strada puoi aprire davanti a te, concentrati sulle prossime azioni da seguire, sui prossimi 100 metri da fare. 
La montagna non accetta giustificazioni. O sali, o torni a casa. 

Buona camminata!




Annamaria

domenica 15 novembre 2015

LA VERITA' DI UNA SIRIANA :" MOLTI PROFUGHI SONO JIHADISTI

Ho scritto su google "chi ha creato l'isis" e ho premuto invio.
Provate a farlo anche voi e scoprirete chi è il vero nemico...







Riguardo ai fatti tragici accaduti venerdi sera a Parigi  vi rimando un articolo, riportato da vari siti nel settembre scorso, che si commenta da solo e sul quale qualsiasi altro commento sarebbe superfluo per far capire l'incapacità dei paesi europei e dei nostri politicanti... buonisti del cavolo.




"Cari amici, sono qui oggi davanti a voi come un'orgogliosa cittadina siriana, per dirvi che prima di questa guerra (...) non sapevamo l'ingiustizia, il terrorismo o la criminalità.
(...) Ma la cosa più importante è che prima di questa guerra, non esistevano i profughi siriani".

Inizia così il discorso di una donna siriana durante la manifestazione organizzata domenica scorsa a Belgrado dal Movimento Nazionale serbo "Obraz". Nel video , si sente un discorso che mette al muro l'azione dei paesi occidentali in Siria, il loro traballante intervento militare e la decisione di accogliere chi scappa da quelle terre.




Un approccio che quella donna, che ha vissuto e vive da vicino il dramma, considera errato: per aiutare davvero i profughi bisogna vincere la guerra in Siria: "Se l'Occidente non vuole i rifugiati o non vuole che muoiano in mare, perché non ferma le sanzioni contro il popolo siriano? Perché non aiuta l'esercito siriano a sbarazzarsi del terrorismo e a rendere nuovamente la Siria un luogo sicuro? Perché non si muove a ricostruire le case distrutte con i soldi che spendono per i rifugiati?".
Restano in Siria le persone che possono ricostruire il paese e allora si vuole rompere la Siria e il popolo siriano. Da un lato, si vogliono rubare i medici siriani e i loro migliori studenti e questo causerà una fuga di cervelli. E d'altra parte, le multinazionali vogliono manodopera a basso costo per pagare salari più bassi.
Un discorso contro i leader europei pronti ad aprire le porte e incapaci di sconfiggere l'Isis. Che piange per i profughi morti in mare e non si preoccupa dei tanti che stanno dando la vita faccia a faccia con il terrore. "Abbiamo perso 100.000 soldati che combattono contro gli estremisti - continua il suo discorso la ragazza siriana - non sento piangere su di loro, su quelli che hanno dato l'anima per difendere una nazione lasciando sole le famiglie orgogliose.

 Loro meritano di essere aiutati".

E su migranti che in questi giorni stanno entrando in Europa: "Molti di loro sono jihadisti, e per di più sono pagati migliaia di euro per venire da noi. Lasciate che vi dica che il denaro che una famiglia di 5 persone paga per raggiungere l'Europa è sufficiente per comprare una casa in una zona sicura in Siria, iniziare un nuovo lavoro e vivere bene. Non sono rifugiati, ma migranti economici".
INSIEME AI CURDI CONTRO L'ISIS

E in un mondo dove il tornaconto è l'unico motore che muove tutto, sentire storie come questa è un toccasana.


MARCELLO FRANCESCHINI


Marcello Franceschi si è arruolato tra i curdi per combattere gli estremisti dell'Isis. La sua unità è attiva a Kobane, la città al confine tra Turchia e Siria, teatro di sanguinosi combattimenti
Da cooperante a soldato.


Da cooperante a soldato, Marcello Franceschi, 25 anni, di Senigallia , è arrivato inizialmente in Siria per portare aiuto ai curdi. Dopo aver visto gli orrori della guerra, però, decide di imbracciare il fucile e combattere a Kobane contro gli estremisti dell'Isis. "Ho visto gli occhi dei bambini che lottano - racconta a Vanity Fair - e ho scelto di aiutarli".





Di nascosto oltre il confine , dalla Turchia, entra in Siria da clandestino. Poi inizia l'addestramento. Quello che colpisce Marcello è la gentilezza dei curdi. Presto è mandato in prima linea. Con la sua unità, si trova a pochi metri dal nemico: il compito è controllare i movimenti degli estremisti. "Esplosioni, pallottole, cannonate sono continue. Devi stare sempre con gli occhi aperti", spiega. 
La sua scelta non ha entusiasmato la famiglia. "Il nostro progetto si chiamava Rojava calling. Mi sono staccato dai centri sociali e ho informato pochissime persone. A mia madre ho detto la verità. Non era d'accordo. Anche alla mia ragazza ho detto la verità. Mi ha fatto promettere che l'avrei fatto solo questa volta". 
La vita è al fronte è ovviamente dura: freddo, poco cibo e soprattutto mancanza di sonno. In conto bisogna anche mettere la perdita dei commilitoni colpiti a morte. Ma questo non spaventa il nostro connazionale: "Sono pronto a morire per quello in cui credo".
Ammirevole!Un ragazzo che crede nel valore della libertà e giustizia . Una giusta causa lontano da casa propria e con tutti i rischi che comporta.




Annamaria