Piu di un centinaio di donne uccise dall’inizio dell’anno, e parliamo quasi sempre di delitti che hanno a che fare con relazioni sentimentali finite o malate. Storie più o meno fotocopia: i litigi, i soprusi, la sopraffazione crescente fino alla violenza cieca. Fino all’omicidio. Fidanzati, mariti, amanti, spasimanti, ex. Persone che hanno scelto di uccidere invece di fermarsi, di armarsi e colpire lei invece di «curare» le proprie gelosie folli o il panico da abbandono. Una contabilità impervia dove i numeri non riescono mai a quadrare. E i volti non riescono sempre ad affiorare. Ci sono le storie delle si raccontano dettagli Ciascuna corrisponde a una donna uccisa per mano di un marito geloso, un innamorato abbandonato, un corteggiatore respinto, un ex qualsiasi di tempi più felici e perduti. La lista è lunga se contiamo le donne scomparse o quelle ammazzate per ragioni legate alla criminalità, si arriva quasi a una vittima ogni due giorni. Nel 2011 il numero delle uccise era 137 (dieci di meno nel 2010) e tutto lascia pensare che il 2012 si chiuderà con una cifra quantomeno simile.
Due storie violente. La prima, della famosissima cantante W. Huston che si è annientata da sola. La seconda, di B. Ballarini di Montecatini uccisa, barbaramente, dal marito 4 giorni fa.
Whitney Huston: una storia violenta
Annegata nella vasca da bagno in una stanza del quarto piano del Beverly Hilton, un albergo di lusso a Los Angeles. Una stella, una voce sublime, una bellezza folgorante, che se ne è andata a 48 anni, un’età in cui una donna ha ancora molte cose da dire e da fare. Di fronte alla morte di Whitney Houston però, molti (quasi tutti) i giornali hanno fatto un copioso riferimento all’uso di sostanze stupefacenti di cui la cantante faceva uso da anni, senza però ricordare, se non di sfuggita, la disastrosa e violenta vita coniugale con Bobby Brown – ex leader dei New Edition – un uomo che oltre a essere violento, aveva su di lei un potere enorme, una vera e propria manipolazione come succede nella “sindrome di Stoccolma” tra vittima e carnefice. I due, che si sono sposati nel 1992, iniziarono la loro vita coniugale con la nascita di una figlia, Bobbi Kristina, ma anche con un graduale e sempre più imponente uso di droghe pesanti, un buco dove Whitney Houston sprofonderà. Bobby Brown si è sempre rivelato un uomo violento ma anche un individuo con pochi scrupoli, e oltre a subire diversi processi per le violenze nei confronti di Houston, è stato condannato a pagare 63.000 dollari (in alternativa a 90 giorni di prigione) per non aver versato ai due figli avuti dalla ex-compagna Kim Ward, una ragazza di 14 anni e un maschio di 12, con una sentenza emessa in un tribunale dove l’uomo si presentò con 4 ore di ritardo affermando, davanti al giudice, “di essere disoccupato e di non avere redditi”. Durante tutti gli anni ’90 Brown ha avuto problemi con la legge: per molestie sessuali, guida in stato di ebbrezza e lesioni aggravate. Nel 2003, durante un litigio in cui Brown picchiò selvaggiamente la moglie, la polizia dovette usare la scossa elettrica per fermarlo e arrestarlo. Whitney, che cominciò a consumare droghe pesanti proprio negli anni ’90 insieme al marito, rimase però sempre con lui, lo assecondò, lo perdonò, lo riprese a casa, fino a quando, nel 2006, decise di separarsi da Brown e di disintossicarsi. “Non riuscivo a fare nulla senza di lui”, confessò Houston a Oprah Winfrey durante un’intervista dopo la disintossicazione, parlando di Bobby Brown come della sua vera droga: “Ero completamente dipendente da lui – disse – perché era dolce, un buon padre e mi proteggeva. E io mi sentivo al sicuro”. E pochi anni prima, pur avendo subito violenze dal marito, con tanto di denunce e segni evidenti di percosse, Houston aveva dichiarato pubblicamente: “Lui non è mai stato violento fisicamente ma solo psicologicamente”. La star che cantava “Saving All My Love For You”, “How Will I Know” e “The Greatest Love Of All”, e che è stata anche l’artista donna più premiata di tutti i tempi, con l’incredibile numero di 411 riconoscimenti in carriera, non aveva certo nei confronti del marito una dipendenza economica (semmai era il contrario) né mancanza di autostima, ma il suo cervello era completamente frantumato. Il meccanismo in cui la vittima si lega emotivamente a chi la sta manipolando, produce una miscela di paura e riconoscenza, sentimenti contrastanti che non lasciano scampo e che possono essere fatali per la psiche della vittima – a meno che non si individui seriamente e in tempo il problema per poterlo risolvere – ed è un mecanismo che spesso si instaura nei casi di violenza domestica. Whitney però era già arrivata al suo ultimo stadio e la disintossicazione dalle droghe poteva non essere sufficiente nel suo caso. In suo soccorso erano già arrivate diverse persone, soprattutto la madre, la quale, come Whitney raccontò nella famosa intervista con Oprah Winfrey, la venne a prendere a casa con alcuni poliziotti per obbligarla a ricoverarsi in una clinica, dopo che la cantante era “rimasta in pigiama per sette mesi perché aveva completamente perso la testa a causa del crack”. Ma la dipendenza di Whitney Houston da quest’uomo era tale che, come riportato da un giornale americano nel 2007, anche “dopo la violenta separazione”, la coppia era stata “avvistata di nuovo insieme in un ristorante di West Hollywood, e secondo alcuni sedicenti testimoni oculari, i due erano in chiari atteggiamenti affettuosi, tali da far pensare a una riconciliazione”, un’eventualità che agitava non poco i fan della star che di fronte a questa prospettiva, e conoscendo la storia coniugale della cantante, non nascondevano la preoccupazione perché in Bobby Brown vedevano “la causa principale del tracollo di Whitney, i problemi con la droga e il suo allontanamento dalla musica”.
L'ex marito ha confessato
BEATRICE BALLARINI |
Ha confessato di aver ucciso la sua ex moglie, giovedì scorso, nella casa di campagna a Nievole, in provincia di Pistoia, dove avevano vissuto prima della separazione. E' finita così la vicenda di Massimo Parlanti, 43 anni, arrestato e condotto in carcere a Pistoia per la brutale uccisione di Beatrice Ballarini, picchiata e strangolata col suo stesso foulard.
Parlanti ha confessato tutto nella tarda serata di ieri, in un interrogatorio di cinque ore nella caserma dei carabinieri di Montecatini. Vi si era presentato, assieme all'avvocato, con l'intenzione di confessare. "L'ho uccisa io, ma non volevo", ha detto al pm, ammettendo: "non riesco più a tenere questo segreto". Il cerchio delle indagini si era già stretto intorno a lui: dall'orario della morte stabilito dall'autopsia ai graffi sul volto, segno della lotta di Beatrice contro il suo aggressore.
Il delitto si è consumato giovedì, verso le 15.30, nella casa di Nievole, dove, come aveva già spiegato il fratello di lei, Lorenzo, i due ex coniugi si erano dati appuntamento. Parlanti doveva riprendere il fax. Ma è scoppiata una lite, finita nel modo in cui, quattro giorno dopo, l'uomo ha confessato agli inquirenti ieri sera, tra le 20 e l'1. Adesso si trova agli arresti nel carcere di Pistoia con l'accusa di omicidio volontario.
Parlanti ha confessato tutto nella tarda serata di ieri, in un interrogatorio di cinque ore nella caserma dei carabinieri di Montecatini. Vi si era presentato, assieme all'avvocato, con l'intenzione di confessare. "L'ho uccisa io, ma non volevo", ha detto al pm, ammettendo: "non riesco più a tenere questo segreto". Il cerchio delle indagini si era già stretto intorno a lui: dall'orario della morte stabilito dall'autopsia ai graffi sul volto, segno della lotta di Beatrice contro il suo aggressore.
Il delitto si è consumato giovedì, verso le 15.30, nella casa di Nievole, dove, come aveva già spiegato il fratello di lei, Lorenzo, i due ex coniugi si erano dati appuntamento. Parlanti doveva riprendere il fax. Ma è scoppiata una lite, finita nel modo in cui, quattro giorno dopo, l'uomo ha confessato agli inquirenti ieri sera, tra le 20 e l'1. Adesso si trova agli arresti nel carcere di Pistoia con l'accusa di omicidio volontario.
.Ormai sappiamo tutti che è nell'ambito familiare che troviamo terreno fertile di violenze psichiche e fisiche, da parte dell'uomo, con comportamenti che tendono ad annullare la personalità della vittima fino al totale annientamento.
Come spiegano Domenico Chindemi e Valeria Cardile, la violenza psichica è un mondo poco esplorato
sia dalla giurisprudenza che dalla sociologia per le difficoltà di individuazione di tali situazioni che raramente vengono denunciate e anche quando sono portate all’attenzione della giustizia i relativi procedimenti, a meno che non trattasi di violenza fisica facilmente accertabile, si concludono col proscioglimento o l’assoluzione per la difficoltà di prova e per i comportamenti manipolatori dell’uomo che tende a far apparire la vittima quale visionaria e comunque poco credibile.
PREVENIRE E' MEGLIO CHE PIANGERE UNA VITTIMA
Violenza psichica endo-familiare, plagio della vittima e rimedi terapeutici.
È un universo poco esplorato anche dalla stessa psichiatria in quanto sovente le vittime non si rendono conto di avere di fronte un malato psichico e questi ultimi non sono coscienti di trovarsi in uno stato patologico ed attribuiscono comportamenti devianti o violenti all’atteggiamento dell'altro su cui scaricano tutte le responsabilità.
“Molestie morali: tutela giuridica e rimedi terapeutici” e “Violenza coniugale e malattie psichiche: rimedi e cura”, , nel tentativo di offrire un vasto panorama delle varie forme di molestie morale e sulle possibilità di rimedi terapeutici e giuridici.
MASTER IN DIRITTO DI FAMIGLIA
Roma dal 3 maggio 2013 al 12 luglio 2013
Civile | Famiglia e successioni
Violenza psichica endo-familiare, plagio della vittima e rimedi terapeutici
di Domenico Chindemi e Valeria Cardile
(articolo estratto dalla rivista Responsabiltà Civile e Previdenza,
Fascicolo n. 3/2007, Giuffrè Editore)
Sommario: 1. Violenza psichica endo-familiare, 2. Comportamenti rilevatori della patologia psichica, 3. Plagio della vittima, 4. Rimedi comportamentali e terapeutici
La violenza psichica endofamiliare può avere diverse cause, alcune semplicemente caratteriali, che sfociano in litigi in cui però non vi è una situazione di sudditanza della donna e che possono considerarsi espressioni anche fisiologiche e normali del rapporto di coppia, altre più subdole, soprattutto di violenza psichica che possono portare al plagio della vittima; tale ultima situazione è particolarmente pericolosa perché la donna non si rende conto di quanto le sta succedendo e si ritrova in una situazione di annullamento e umiliazione da cui non riesce a uscire non potendo contare su alcun aiuto esterno a causa dello stesso comportamento del partner che farà di tutto per nascondere tale situazione all’esterno, lasciando la donna dominata in uno stato di isolamento che può portarla alla autodistruzione.1
Solitamente l’uomo giustifica la violenza attribuendo la responsabilità alla moglie accusata di vere o presunte colpe che starebbero alla base della violenza, mentre la donna è più portata a trovare la causa delle violenze dentro di se e non all’esterno.2
Durante la fase del condizionamento la vittima avverte difficoltà nella comunicazione , ma tende a sottovalutarle credendo di poter far fronte alla situazione anche successivamente, accettando una situazione che va sempre più deteriorandosi, tale generosità sarà pagata a caro prezzo in quanto la donna resterà sempre più invischiata nella tela che il malato le tesse intorno fino a paralizzarla.
Nella prima fase le vittime non sono in grado di rendersi conto della violenza, soprattutto se ancora non si è manifestata appieno ed appaiono confuse e inebetite dalla situazione che le sta fagocitando.
Difficilmente la donna, per le manipolazione che vengono attuate nei suoi confronti lascia il partner violento e in qualche caso di verifica il fenomeno della sindrome di Stoccolma che crea un legame patologica tra vittima e aggressore.
Ciò che caratterizza il comportamento di un perverso è la assoluta mancanza di sentimenti e, quindi, di senso di colpa per la violenza nei confronti della donna che cercherà di trovare una giustificazione al comportamento dell’uomo, non potendo pensare la vittima che trattasi di una violenza immotivata; invece l’atteggiamento del perverso è indipendente dal comportamento della vittima e trova la propria ragione nella patologia da cui è affetto l’uomo ma che è generalmente sconosciuta alla donna che proverà sensi di colpa per non avere individuato la regione della violenza dell’uomo.
Le donne sono portate a colpevolizzarsi per la violenza del partner cercando di individuare in loro comportamenti o atteggiamenti le cause della violenza che , invece, vanno ricercate nella particolare patologia da cui è affetto il partner.
Finchè le donne non prenderanno coscienza della malattia del partner continueranno in questo loro atteggiamento che tende, in termini eziologici di imputazione di responsabilità, a far ricadere su loro stesse le violenze subite.
Nel caso di violenze continuate e ripetute nel tempo, anche dopo la loro cessazione permane nella donna uno stato di insicurezza e confusione qualificabile “stress post-traumatico”con conseguenze che si ripercuotono a volte anche per un arco temporale considerevole, nella psiche della vittima che non riesce a sganciarsi dalla dipendenza psicologica col coniuge.
A lungo termine la resistenza psichica della vittima si affievolisce e può insorgere uno stato di esaurimento nervoso collegato allo stress subito che fa si che la donna si senta priva di energia e , quindi, anche della capacità di reazione alla aggressione subita e che continua a subire; questa situazione genera ulteriore sottomissione della donna incapace di reagire alla violenza psichica del partner.
La violenza, tuttavia, sia pure in casi statisticamente più rari, può anche essere messa in atto dalla donna anche se trattasi quasi sempre di violenza psicologica; in molti casi costituisce una reazione alla violenza del partner e non può essere qualificata, quindi, quale patologica; in altri casi trattasi di malattia anche se non raggiunge i livelli patologici generalmente riscontrabili negli uomini.
È anche importante conoscere le eventuali possibili conseguenze a livello di incolumità personale in caso di allontanamento della donna che può provocare reazioni anche gravi e non controllate nel partner violento fino a sfociare anche , soprattutto nei casi di grave paranoia, nell’omicidio.
La vittima è come la preda per un cacciatore con la differenza che non le spara , se non in casi estremi ed a seguito , generalmente di abbandono, ma si limita a prendere l’energia vitale della vittima prostrandola pian piano.
È , quindi, importante che la donna prenda coscienza di tale situazione di pericolo e si comporti di conseguenza ponendo in essere tutti gli accorgimenti necessari per evitare pericolo alla propria incolumità ; generalmente occorre un certo periodo di tempo prima che la donna possa elaborare la propria situazione e prendere una decisione di abbandono del partner .
Generalmente la vittima non pensa di avere a che fare con una persona malata e cerca di trovare delle soluzioni al comportamento distruttivo dell’altro, anche tentando di chiarire la situazione e i presunti malintesi che l’hanno originata.
Trattasi di un modo di agire normale, tra persone normali ma poco efficace con un perverso o paranoico che non sentirà ragioni e continuerà nella sua azione distruttrice avvantaggiato dal comportamento aperto dell’altro , rifiutando qualsiasi dialogo.
La sensazione più comune che le donne devono affrontare è il senso di isolamento per la difficoltà di comunicare all’esterno una violenza non visibile che si manifesta generalmente solo nei confronti della vittima , fatta di sguardi, di allusioni, di comportamenti celati all’esterno, che la donna trova difficoltà a far riconoscere anche dagli amici o familiari , tanto che a volte dubitano esse stesse di avere esagerato
A volte le vittime reagiscono con la dissociazione , che è uno strumento di difesa che fa sì che ci si dimentichi di ciò che la nostra mente non riesce a sopportare, ricordando il resto ma perdendo memoria delle violenze subite, ritardando il processo di presa di coscienza, in quanto non si ha il ricordo delle angherie subite , mentre gli episodi ricordati non appaiono sufficientemente significativi ai fini del riconoscimento della propria situazione di vittima e del comportamento patologico del partner.
Un’azione preventiva è difficilmente concertabile stante la generale inefficacia delle cure nei confronti dell’uomo e non essendo facile che la donna possa preventivamente riconoscere la violenza prima che questa si manifesti in tutta la sua valenza distruttiva; occorre, quindi, sensibilizzare con campagne informativa le famiglie dell’esistenza di tale fenomeno che può assumere le forme e le estrinsecazioni più svariate e non sempre necessariamente patologiche, perché aumenti la sensibilità della donne nel riconoscere immediatamente, già dal primo manifestarsi, la forme di patologica violenza che spesso assume i connotati della perversione.
Una reazione da parte delle donne si verifica generalmente solo quando prendono coscienza di cosa sta loro succedendo, ma non sempre la reazione è adeguata a tale nuovo status ,ma costituisce il primo passo del processo di affrancazione che si preannuncia comunque lungo e doloroso, comportando, comunque, la consapevolezza del fallimento del rapporto di coppia.
Una delle tematiche non sufficientemente sviluppata anche per i pochi casi posti all’attenzione della magistratura concerne la eventuale responsabilità del medico curante e dello psichiatra in particolare per atti auto-aggressivi (suicidio o tentato suicidio) o eteroaggressivi (omicidio o lesioni nei confronti di terzi) compiuti dal malato psichico, sovente nei confronti del coniuge, una volta diagnosticata la malattia..
Relativamente ai secondi (atti eteroaggressivi) , trattandosi, generalmente, di responsabilità per comportamento omissivo occorre accertare : 1) se il medico fosse titolare di un obbligo giuridico di impedire l’evento ex art. 40 co. 2 c.p. (cd posizione di garanzia) (cioè se il medico può essere considerato quale garante della vita e della salute del paziente e dei terzi in rapporto con quest’ultimo).
Al riguardo occorre individuare: a) la fonte normativa di tale obbligo che può essere circoscritta all’ art. 1 l. 502/1992 – che attribuisce al Servizio Sanitario Nazionale, e quindi a tutto il personale sanitario, il compito della tutela della salute dei cittadini o al contratto stipulato tra medico e paziente, b) la presa in carico del paziente da parte dello psichiatra , c) la condotta doverosa che lo psichiatra non ha posto in essere (es: , prescrizione di un farmaco, ulteriori accertamenti); d) ipotizzare come compiuta la condotta omessa e accertare se il fatto lesivo o autolesivo si sarebbe, o meno, verificato nonostante il compimento di quella condotta.
Una responsabilità per atti eteroaggressivi può configurarsi solamente nel caso di malato mentale ricoverato in regime di t.s.o., nei confronti di terzi (visitatori o altri pazienti ricoverati), in quanto collegato all’obbligo di sorveglianza del malato stesso.
Nel caso in cui il malato mentale non sia, invece, ricoverato deve escludersi che lo psichiatra o il medico curante abbino un qualche obbligo giuridico di impedire l’evento non essendo individuabile nella normativa in tema di cura delle malattie mentali alcun fine di tutela dei terzi in quanto l’art. 34 l. 833/1978 prevede il trattamento sanitario obbligatorio nel caso di «alterazioni psichiche tali da richiedere urgenti interventi terapeutici» che non possano essere attuati in ambiente extraospedaliero, con riferimento esclusivo alle necessità di cura del malato, senza alcun riferimento alla tutela della collettività, ed essendo stata abrogata dalla l. 180/1978 le uniche norme, a cui poteva attribuirsi una funzione di tutela della incolumità di terzi e , più specificatamente, le contravvenzioni previste dagli artt. 714 ss. c.p. per l’omessa o non autorizzata custodia di alienati di mente e di omessa denuncia di malattie di mente con conseguente esclusione di tutela di terzi e, più specificamente, dei familiari del malato di mente in regime di t.s.v. domiciliare, è , quindi, venuta meno, a seguito della interpretazione sistematica della l. 180/78, la funzione della terapia della malattia mentale orientata al fine di impedire che il malato possa arrecare danno a sé e agli altri.
In base della legislazione vigente, non possano, essere posti a carico del personale sanitario del centro di igiene mentale compiti di polizia nei confronti dei pazienti ricoverati e, quindi al personale medico,a amministrativo o paramedico non può essere imputata alcuna responsabilità per non avere impedito fatti violenti , fino all’omicidio di un familiare da parte di un malato mentale.24
Diversa è la soluzione per gli atti auto -aggressivi, in quanto sussiste un posizione di garanzia nei confronti del medico che ha assunto in carica il malato e, in tal caso il compito dello psichiatra o del medico curante è finalizzato anche alla tutela fisica del malato mentale con l’obbligo per il professionista di attuare tutti i comportamenti necessari per prevenire tali atti.25
Occorrerà , in tale ultimo caso, ai fini della responsabilità medica, accertare l’esistenza di un obbligo giuridico omesso e la sua efficacia causale al fine del verificarsi dell’evento, con la doversosa precisazione che il potere-dovere di custodia dei malati in t.s.v. non può comportare la possibilità dell’uso di mezzi di coercizione fisica nei loro confronti .26
Nel caso di atti auto-lesivi del malato mentale che vanno dalle semplici lesioni al suicidio occorre accertare se il paziente abbia o meno manifestato in passato tali tendenze e, nel caso in cui il medico abbia ritenuto più adatta alla cura dello stesso il trattamento sanitario domiciliare, se un bravo medico nella stessa situazione avrebbe dovuto comportarsi diversamente, disponendo ,ad esempio, il ricovero ospedaliero del paziente in regime di t.s.o e se tale ipotetico comportamento avrebbe verosimilmente evitato l’evento.
Anche nel caso in cui si ritenesse che il ricovero ospedaliero avrebbe evitato il suicidio del paziente, occorre, preliminarmente valutare anche , in base alla situazione clinica del paziente e dei principi della psichiatria se si sia sbagliato nel non disporre il ricovero coatto potendo essere ragionevole e conforme ai principi dell’arte psichiatrica accettare un certo grado di rischio riponendo fiducia nel paziente che appare in via di recupero, nessuna responsabilità potrebbe essere ascritta al medico.
2) Comportamenti rilevatori della patologia psichica
Appare rilevante tentare di individuare dei clichè comportamentali della persona affetta da patologia psichica perché solamente tipizzando tali comportamenti sarà possibile riconoscerli quali atti “anormali” , soprattutto quando siano ricorrenti le varie fattispecie , consentendo una prima sia pure sommaria valutazione di comportamento patologico.
Anche le violenze fisiche possono essere utilizzate, con diverse sfumature, ai fini di sottomettere il partner; tuttavia tali forme di violenza non possono essere continue come quelle psicologiche, che sono quotidiane e senza tregua, perché sarebbero facilmente individuabili anche sotto il profilo medico-legale e l’aggressore verrebbe individuato e punito.
Poiché l’ aggressore psicologico è una persona generalmente molto intelligente non commetterebbe ripetute violenze fisiche che lo smaschererebbero, finendo per porre la vittima in posizione di vantaggio; l’aggressore, invece, preferisce annientare la propria vittima in modo subdolo e continuo, portandola se possibile all'autodistruzione e la violenza fisica, in molti casi, viene posta in essere quale atto estremo di natura omicidiaria.
Più diffuse sono le violenze fisiche non evidenti, che possono dare luogo ad equivoci sulla loro natura e che si possono attuare con modalità non chiaro, ad esempio urtando la vittima in modo "involontario" sul pianerottolo in prossimità di scale, o evitando di lasciare segni evidenti, ad esempio torcendo le braccia, tirando i capelli, oppure, quale ulteriore opzione, lanciando oggetti di vario genere verso la vittima senza però colpirla, con l'intenzione solo di spaventarla.
Si è preferito far riferimento , pur nella consapevolezza della incompletezza del metodo, a comportamenti rilevati in una persona affetta da sindrome schizoide- paranoica che possono fungere da metro di valutazione per un giudizio di anormalità.
Verranno evidenziati alcuni aspetti della personalità patologica di un tale malato mentale, descritti dal racconto e dalla esperienza personale della moglie, di cui viene mantenuto l’anonimato per esigenze di privacy, individuati in base ai comportamenti,accertati nella loro obiettività, tenuti dallo stesso nell’ambito familiare e della cerchia sociale e che possono fungere da cartina di tornasole per consentire al lettore l’individuazione di tali personalità patologiche.
I comportamenti significativi rilevati nella stessa persona sono i seguenti:
- Mancanza di affetto e comprensione;
- Incapacità di amare e di provare pietà verso qualcuno.
- Cinismo
- Istigazione al suicidio.
- Introversione e alone di mistero. (di lui non si sa mai nulla; ha anche una casella postale personale).
- generalmente taciturno, mentre è molto loquace se deve difendere idee politiche, sportive, ecc.
- eloquio solitario talvolta ad alta voce, mentre sovente costringe gli altri a tendere l'orecchio per ascoltarlo.
- presunzione: vuole imporre la propria volontà e le proprie idee.
- criticità su tutto: è difficile che parli bene di qualcuno o di qualcosa.
- Asocialità quando non lavora: non frequenta nessun amico.
- Bravura nel salvare le apparenze con gli estranei, avendo una doppia personalità.
- Opportunismo e sfruttamento:usa chi può essergli utile e poi non ha riconoscenza.
- Estremismo:passa facilmente da un eccesso all'altro.
- Superstizioso:spesso fa riti scaramantici.
- diffidenza e sospetto verso tutti: attribuisce intenzioni infondate agli altri.
- Cattiveria e perfidia: non si impietosisce dinanzi a nulla, anzi sembra goderne.
- Irascibilità e litigiosità: si manifestano con un tono di voce irritato o con un silenzio ostile o un'occhiata aggressiva.
- Egoismo ed ingratitudine: riceve del bene e ricambia facendo del male.
- Avarizia con la moglie: se fa regali vistosi o concessioni è per dimostrare agli altri che la tratta bene
- Falsità: sa mentire bene e nega sempre la verità, anche se evidente.
- Furbizia e astuzia: calcola tutto minuziosamente e cerca di non commettere errori.
- Prepotenza e rispettosità : vuole avere ragione su tutto e guai a chi gli si oppone.
- Vendicativo anche con chi non lo merita perché non gli ha fatto nulla di male.
- Testardaggine: vuole sempre avere l'ultima parola.
- Credente ma a modo suo:talvolta bestemmia.
- Spericolatezza nella guida dell'auto: in alcune strade arriva ai 240 Km all'ora.
- Esibizionista: deve essere sempre il migliore
- udito e spirito di osservazione molto accentuati.
- eccellente memoria e ottima cultura generale.
Verranno anche riportate alcune frasi ricorrenti abitualmente rivolte alla moglie dallo stesso soggetto con personalità schizoide-paranoica relative ai suoi sentimenti, alle sue ingratitudini, ai suoi sospetti, alle sue accuse e alle sue bugie.
- "Baci, carezze…Sono solo smancerie!" La moglie afferma di non poter contare mai su di lui: per una buona parola, un sorriso, un tenero sguardo, un incoraggiamento, un conforto, un qualsiasi sostegno morale e materiale. Persino durante il viaggio di nozze invece di camminarle accanto, lui andava avanti e lei dietro, pensava a monumenti e locali notturni. Poi tornati in albergo a tarda notte, faceva l'amore o forse è corretto dire soltanto sesso, senza tenerezze. Le lacrime non lo intenerivano affatto.
- "O fai così come ti dico io, oppure io non vengo con te dove siamo stati invitati…". Spesso è una forma di ricatto (soprattutto sessuale) affinchè, per salvare le apparenze con gli estranei, poi lui andasse con la moglie a cerimonie, visite, ecc. In seguito lei ha preso l'abitudine di andarci da sola per non cedere sempre ai suoi ricatti.
- "Io chiudo a chiave, perché ho cose importanti…". Così si giustificava quando la moglie chiedeva perché si comportasse in quel modo. Lui entra ed esce da casa molte volte sia di giorno che di notte, e sempre apre e chiude, con chiavi di sicurezza, anche le porte interne delle numerose stanze di cui si è riservato l'uso esclusivo. Da tali stanze esce cattivo odore perché sono stracolmi di oggetti di vario genere e lui non apre quasi mai gli infissi per il ricambio dell'aria, ne permette ad alcuno di entrare per fare pulizie.
- "Io non ti ho preso proprio nulla. Tu t'inventi le cose e dai la colpa a me". Così ha risposto all’accusa della moglie di aver fatto sparire una sua agendina personale, perché probabilmente ha letto che aveva scritto di lui che era un mostro (in quanto privo di sensibilità). Negli anni successivi ha avuto modo di costatare la sparizione di tanti altri oggetti di vario genere ed anche di giochi del bambino che a lui per qualche motivo non piacevano. Logicamente ha sempre negato di essere stato lui.
- "Sei pazza, drogata, devi andare a farti curare". Talvolta la moglie risponde che ha ragione e gli chiede di accompagnarla da uno psichiatra ed allora lui si tira indietro. "Gli psichiatri sono tutti pazzi, li impiccherei uno per uno!".
- "Tu e tua sorella volevate farmi internare per prendervi tutte le mie cose". "Io vi denuncio tutti.
- "Buttati dal balcone. Io al tuo posto mi butterei dal balcone".
- "Non c'è bisogno che perdo tempo con te, non meriti una risposta"oppure "Pensaci bene e vedrai che capirai che ho ragione io" oppure "Di cosa parli. Non capisco di cosa ti lamenti".
- "Queste cose te le mettono in testa gli altri… non è cosa tua… Non li devi ascoltare…" . per dire che la moglie non è capace di pensare e di decidere in modo autonomo!
- " Tu farnetichi, ti inventi le cose, non sai neanche cosa dici. Quali prove hai? Lo vedi che sei pazza!…"
- "Io non ho mai bisticciato con te, sei tu che senza motivo hai sempre inveito contro di me!"
- " Ma tu ti sei sposata con me o con tua madre…, con me o con tua sorella…, con me o con la tua amica…E allora devi stare qui con me, questa è la tua casa." La moglie ogni tanto andava dai genitori mentre il marito dai suoi andava molto spesso in quanto abitavano sopra il loro appartamento e lui gli citofonava anche per dire quando entravano e uscivano di casa.
- "Non stare a sentire cosa ti dice mamma, perché lei è una cretina!" Così diceva spesso della moglie al figlio quand'era bambino. Adesso che è adulto cerca di convincerlo che la mamma non vale nulla, non sa far nulla, ecc. ecc.
- "Da parte mia non ci sono pericoli!" Così diceva se la moglie aveva un ritardo mestruale, visto che dopo ogni rapporto alzava e controllava in sua presenza il profilattico, perché non avesse perdite.
- "Tu l'hai persa…" "Tu l'hai buttata…" "Tu l'hai rovinata…". Se perde o rovina qualcosa è sempre colpa della moglie
.
- "Mi è successo perché tu mi guardavi…" o "… perché tu mi parlavi…" o "…perché tu mi pensavi…" o "…perché tu sei una iettatrice…" Insomma se gli cade qualcosa dalle mani o se sbaglia qualcosa, la colpa, seppur indirettamente, è sempre della moglie
- "Io ho detto queste cose?… Ma tu sei matta, tu farnetichi. Ti inventi le cose e dici che le ho dette io! Io non ho mai detto niente di tutto questo!" Niente di più falso: le aveva dette, eccome se le aveva dette!
- "Io corro con la macchina? Io non corro! Vado un po’ più veloce perché qui la strada me lo permette". Se la moglie gli faceva notare che la lancetta segnava 230-240 Km all'ora, decelerava gradualmente e le diceva "Hai visto male".
- "Non c'è bisogno che mangi tu!" Così ha detto una sera, togliendo alla moglie un piatto con un toast che il figlio si era premurato di portare; subito dopo ha spento il televisore dicendo: "Non c'è bisogno che si consumi per te!"
- "Vai a prenderti l'autobus". Così ha risposto alla domanda della moglie di ottenere in prestito una delle sue auto. Il marito possiede in media tre auto, la moglie neanche una.
- "Insomma si può sapere che vuoi? Qui se ti piace è così altrimenti te ne vai!" Quando una sera ha intuito che forse la moglie se ne stava andando veramente le ha dato "involontariamente" una forte spinta spalla con spalla sul pianerottolo di casa, facendola ruzzolare giù per le scale. Ha negato poi l'accaduto, dicendo "Stavo andando a denunciarti per abbandono del tetto coniugale", uscendo prima lui di casa e conoscendo abbastanza bene la giurisprudenza in merito!
- " Sei bastarda, sei cattiva, sei stata tu a farmi ingessare il piede e mi hai rovinato…" Questo e tanto altro le diceva durante una crisi di delirio ipocondriaco, mentre lanciava violentemente verso la moglie svariati oggetti Comunque, probabilmente, voleva solo intimorirla in quanto, nonostante la moglie si trovasse ferma pochi metri di distanza, gli oggetti la sfioravano quali di lato, quali sopra, seppur di poco, andandosi ad infrangere sulla parete che avevo alle spalle. Se avesse voluto colpirla in pieno lo avrebbe fatto senza problemi perché ha la mira buona, tant'è vero che ad una gara sportiva di tiro con la pistola si è qualificato tra i primi a livello nazionale.
- "Io ti ammazzo, io ti uccido,…" Così diceva infuriato, facendo il gesto di stringerle le mani attorno al collo in più di una occasione ma sempre senza testimoni, all'infuori, talvolta, di nostro figlio minorenne. Quando ha mostrato al marito i lividi ha commentato: "Ma che dici? Non sono stato io! Chissà dove hai sbattuto. Dovresti farti una cura di vitamina C perché hai un po’ di fragilità capillare!"
- "Perché tu per questa valigia mi hai rotto le scatole durante tutto il viaggio…" Così ha risposto alla domanda della moglie sul perché avesse distrutto a calci e pedate, saltandogli sopra, una sua valigia rigida, al ritorno da un viaggio all'inizio del quale la valigia stata smarrita e la moglie aveva avuto disagi per reperire vestiario, sino al rientro a Roma dove è stata ritrovata nel deposito bagagli dell'aeroporto.
- "Perché te ne devi andare da questa casa…" Con questa frase ha giustificato la richiesta della moglie di sapere perché avevo trovato a terra tutti i suoi vestiti che erano appesi dentro l'armadio. Non c'era stato un motivo valido a causare un comportamento del genere.
- "Alzati e togli quel quadro dalla parete, perché quel viso brutto sembra che mi stia guardando".
- "Questo dice cazzate! Questo non capisce niente…" . Stava ascoltando un presentatore in tv e qualcosa non deve essergli piaciuta, perché si è alzato dalla sedia come una furia, è andato nella libreria del figlio dove c'era l'enciclopedia della Storia a fumetti ed ha preso, aperto, sputato e buttato a terra, ad uno ad uno, tutti i volumi, con rabbia e disprezzo.
- "Io a casa mia non voglio vedere spettacoli e se tu li fai venire lo stesso io li butto giù dalle scale." Riferendosi ad una amica della moglie e a suo figlio che è sulla sedia a rotelle, perché è nato col problema della Spina bifida.
- "Perché mi sarei dovuto alzare? Non ne vedevo il motivo!". Così mi ha risposto una sua nipotina è caduta battendo la fronte sul pavimento e piangeva forte. Fra lo stupore di tutti i presenti, lui che era a poca distanza, non solo non si è alzato dalla sedia per vedere cosa si fosse fatta la bambina, ma non ha neppure girato la testa per guardarla, nonostante fosse l'unico medico presente e non ci fossero in quel momento i genitori della bambina.
Mia madre non ha mai sofferto di depressione, aveva solo un po’ di ansia giustificata ogni tanto. Sono cose false che ti inventi tu! " (Per depistare gli psichiatri sulle gravi patologie riguardanti i suoi familiari)
- "Portalo/a in ospedale" o "Chiama uno specialista" Così risponde, anche in orario di lavoro, se la moglie gli riferisce che qualche suo parente sta male e avrebbe bisogno di una sua visita medica.
- "Chi ti ha chiesto mai di assistere mia zia, mia madre,… quando erano in ospedale? Lo hai fatto, perché lo hai voluto tu, ma io non ti ho mai chiesto nulla!" Nei momenti del bisogno lui ha sempre chiesto aiuto alla moglie
"Perché che hai tu?Non hai nulla! La tua è tutta pazzia. Sei sempre stata pazza…" Così mi risponde alla moglie quando le dice che sta male per la febbre alta. Non passa mai dalla stanza dove la moglie si trova per chiederle notizie della sua salute e se ha bisogno di qualcosa.
- "Che fai, esci sola con il bambino? No! Aspetta che vengo con te". Non ha mai permesso alla moglie di uscire sola con il figlio e quando ha provato a farlo durante il suo orario di lavoro, poiché era costretta a passare davanti la porta del suo ambulatorio, lui mollava tutto e li rincorreva
- "La carrozzella portala tu che io porto il bambino in braccio". Ogni volta che si usciva la moglie spingevo sempre la carrozzella o il passeggino vuoti, perché lui decideva sempre di tenere il bambino in braccio.
- "Il latte in polvere al bambino lo preparo io, perché tu non sei precisa con le dosi, mentre io si. Io passo la lama del coltello sul bordo del misurino". "Conserva la cacchetta del bambino perché la dobbiamo controllare" (anche se il bambino stava bene). "Io so quante maglie vanno messe addosso al bambino perché io, e non tu, vedo con quante maglie me li portano in ambulatorio". "Quando il bambino piange deve stare solo con me, perché io riesco a calmarlo, quindi fuori tutti dalla stanza e lasciateci soli".
- "Tu sei una mamma snaturata, perché non hai voluto allattare il bambino".
. la moglie non ha potuto allattare il figlio perché assumeva ansiolitici che passavano nel latte materno
- "Il bambino non lo devi sgridare, non lo devi toccare, non deve fare quello che dici tu, perché tu non capisci niente…" .
- "Il bambino non può andare da nessuna parte senza di me, neppure da tua sorella e da tua madre…".
- "Io a quella gita scolastica non ci vengo, perché non voglio venirci. Al massimo possiamo seguire il pullman con la mia macchina". Quando finalmente la moglie e soprattutto il bambino sono riusciti a convincerlo ad andare in pullman assieme a tutti gli altri bambini e genitori, per una gita di un giorno, lui si è portato i tappi e se li è messi nelle orecchie!
- "I dentisti non li curano i denti, li rovinano! Andate dai dentisti e vedete che li perdete tutti! Vi infettano anche brutte malattie" Così ha convinto il figlio, ormai maggiorenne, a non curarsi la carie.
Il lato economico e finanziario.
- "Non sono cose che ti riguardano…". La moglie non sa e non ha mai saputo quanto percepisce di stipendio, non è a conoscenza di dove tiene i suoi risparmi, né di come li gestisce; anche se la moglie gli dice di avere grosse difficoltà economiche, di essere rimasta con pochi soldi, non si offre mai di aiutarmi.
- "Prova a metterti contro di me e vedrai che non ti basteranno i soldi neppure per la carta bollata!" Quando sospettava un mio possibile allontanamento da lui.
- "Che fai con tutti i soldi che ti do, te li metti in Banca?". "Io non solo non posso darti più di quanto ti do, che già è molto, ma se continui a parlare, da ora in poi non ti darò più nulla!" Intendendo neppure l'attuale misera paghetta mensile di 250 euro, che rapportata al suo stipendio (anno 2006) è irrisoria, e con la quale io debbo provvedere a tutte le mie spese personali riguardanti abbigliamento e accessori vari, calzature, cosmetici, parrucchiera, medicine, calzolaio, fotografo, merceria, cartoleria, edicola, ricariche telefoniche, riparazioni varie, regali e tanto altro, comprese parte delle bollette e spese varie per la mia casa, data in comodato d'uso a mio figlio e alla sua ragazza.
- "Ti pago le spese del dentista, quindi non è vero che non ti regalo nulla. Ti porto anche nei viaggi! Che vuoi di più?" Con quanto gli ho sempre fatto risparmiare di colf, lavanderia, baby sitter, doposcuola, e così via, credo di meritare qualcosa in cambio!
- "Non c'era bisogno che tu comprassi la mortadella e i pistacchi, per questo mi fai spendere un sacco di soldi…" "I panni li devi lavare solo con il sapone a pezzi, non con tutti questi prodotti che servono solo a farmi spendere soldi". Al ritorno dal supermercato trova sempre qualcosa da contestarmi nel controllare le varie voci dello scontrino, prima di conservarselo e di rimborsarmi, sempre dopo molti giorni, la somma da me anticipata.
- "Tu spendi troppo ogni mese. Come hai fatto ad arrivare a questa cifra?" "Ora non posso darti niente, neppure un soldo. Sono indebitato con la Banca. Quando mi pagheranno se ne parla". Così commenta, ogni inizio mese, quando gli presento il resoconto delle spese essenziali spettanti a lui, da me effettuate nel mese precedente e per il rimborso delle quali, dopo presentazione dettagliata di un elenco documentato, mi fa aspettare sempre molto tempo, con la scusa di non avere mai soldi da darmi. Da notare che tale cifra lui la fa aumentare di proposito perché spesso mi dice "Visto che esci, comprami questo…che poi ti do i soldi" oppure "Anticipa tu che poi te li do…" oppure "Adesso non ho soldi, pensaci tu". E' logico, che il conto lievita (per una cifra comunque quasi mai superiore ai 500 euro e comprensiva del mio mensile di 250euro), e così lui può lamentarsene soprattutto in presenza di nostro figlio al quale dice o lascia intendere "Vedi quanti soldi do io alla mamma!".
- "Quanta benzina che consumi… Per fare rifornimento da ora in poi vado io". Facendo capire che non si fida di me perché non potendoglielo documentare potrei guadagnarci qualcosa. Lui azzera sempre il contachilometri parziale dopo aver fatto rifornimento, così può controllare quanti chilometri percorro.
- "Io per il cane spendo pochissimo, mi costi molto più tu del cane!" Assolutamente falso. Lui per il pastore tedesco di ottima razza, compra in abbondanza carne in macelleria di buona scelta, carne Simmenthal, latte vitaminizzato per bambini, uova fresche, e se capita gli da anche prosciutto S. Daniele, parmigiano e tanto altro, mentre di me e della mia alimentazione se ne frega completamente! Per non parlare poi, di quanti giocattoli compra al cane e di tutte le spese per collari ed accessori vari e le spese per visite veterinarie, vaccini e prodotti da toilette. Ogni tanto mi dice: "L'hai preso tu, il bagnoschiuma speciale per il cane che avevo messo qui?" Questo amore per il cane è in realtà un modo di esibire al meglio qualcosa di suo che può comandare come vuole.
- "Io per me non spendo nulla, tutto per voi io spendo!". Falso, almeno in parte. Difatti, per se stesso compera tutto ciò che gli piace: automobili, cellulari costosi, orologi, computer, necessario per i suoi hobby, e tanto altro. Anche per nostro figlio non bada e non ha mai badato a spese, accontentandolo in tutto. Da quando ha il pastore tedesco, anche per lui non bada a spese. Quindi, è molto avaro solo con me! E' vero che mi paga i viaggi per andare con loro in vacanza, ma lo fa sia per accontentare nostro figlio, sia per dimostrare agli estranei che lui mi tratta bene, che è un buon marito. Comunque, se lui può risparmiare molto di quello che guadagna e permettersi certe spese e certi lussi è perché ha sempre sfruttato me!
- "Le collaboratrici domestiche vanno regolarmente denunciate, altrimenti si commette un reato, e se si fanno male sono guai, ecc. Io non voglio nessuno in casa anche per questo. Non voglio fare le cose fuori legge!"
Ciò significa che io sono peggio di una cameriera, perché costei percepisce paga e contributi, viene difesa dai Sindacati ed ha la libertà di andarsene, mentre io che lavoro in casa quasi gratuitamente, non percepirò mai una pensione e se decido di andar via rischio la vita. Inoltre, io non ricevo alcuna collaborazione né da parte sua né da parte di nostro figlio, ma intralci, rimproveri e ingratitudini: Come si fa a pulire bene la casa se prima non la si riordina? Come posso riordinare bene se poi prendo sempre rimproveri perchè ho toccato le loro numerossissime cose, le quali tra l'altro non hanno un posto stabilito? Perché dopo aver faticato tanto debbo in poco tempo vedere vanificato il mio lavoro da un cane con le zampe bagnate e dal suo padrone che sporcano e lasciano sporchi, pavimenti e mobili, di tutto: sangue di carne, uova, latte, fango, peli di cane, e così via? Quale gratificazione posso avere io per incentivarmi a svolgere bene i lavori domestici? In passato mi sarei accontentata di avere un aiuto in modo saltuario, anche una volta ogni due settimane, per le pulizie più pesanti, ma lui mi ha sempre proibito di chiamare qualcuno, persino nei periodi in cui non sono stata bene di salute. Ciò nonostante, se veniva qualcuno a trovarci riuscivo sempre a presentare la casa pulita e ordinata, adesso cerco di fare solo l'indispensabile.
- "E' per il tuo bene che te lo dico. E' meglio che ci sposiamo con la separazione dei beni, così io posso assumerti come mia segretaria e con i contributi che ti verso e che posso scaricare dalle tasse, un domani potrai prendere la pensione. Basta un minimo di cinque anni di contributi…". E' stato un consenso estorto con l'inganno, perché dopo appena tre anni mi ha licenziata, dicendo che non gli conveniva più versare i contributi, anche se in realtà uno stipendio io non l'avevo mai percepito da lui.
- "Siete sicuri di avere scritto che abbiamo scelto il regime di separazione dei beni?" . Così diceva ai preti rincorrendoli sull'altare appena terminata la cerimonia religiosa del nostro matrimonio, invece di pensare a baciare me, sua sposa, e gli altri parenti ed amici.
- "Non c'è bisogno che tu studi per poi cercarti un lavoro, difficile da trovare e chissà dove. Ci penso io a te a al bambino…Non ho problemi economici…" Così mi diceva poco dopo la nascita di nostro figlio, quando io mi alzavo alle tre di notte per studiare e per non sottrarre di giorno il mio tempo a lui e al bambino. I miei studi erano per lui afrodisiaci!
- "Tu non puoi pretendere nulla, perché quando ci siamo sposati hai accettato di vivere in questo appartamento, perciò quando l'ho ampliato aggiungendone un altro, per te questa nuova porzione di casa è un di più non previsto allora e quindi non hai il diritto di utilizzarla. Se te lo permetto, è un favore che ti faccio!" Lungi da lui l'idea della condivisione e programmazione nella vita di coppia.
- "Morti di fame eravate ed io vi ho aiutato, te e la tua famiglia". Completamente FALSO! E' dopo aver sposato lui che ho iniziato ad avere problemi anche finanziari e che vengo aiutata come sempre dai miei, i quali vivono onestamente in una casa decorosa e non sono mai stati in miseria, per cui la bottiglia di vino o i pomodori o il caffè o roba del genere che lui ogni tanto gli reciclava, avrebbero potuto comprarseli benissimo. Soprattutto con quanto i miei hanno speso in tanti anni, invitandoci spesso a pranzo e a cena e premurandosi di farci trovare sempre la tavola riccamente imbandita di cibi freschi e prelibatezze di ogni genere che lui gradiva molto.
- "Il corredo che hai portato tu non è di buona qualità!". Così ha commentato seriamente alla vista di un lenzuolo che si era lacerato per usura dopo oltre 20 anni di ripetuti lavaggi. Preciso che il mio corredo era stato acquistato in negozi stimati per l'ottima qualità della merce.
- "Ho perso, forse a mare, la catenina con il crocifisso che mi hai regalato tu da fidanzati, ma non ha importanza non valeva molto. Pesava molto meno del girocollo che io ho regalato a te! " Qualche tempo prima di perderla l'aveva pesata, per confrontarla col peso del girocollo! Comunque io all'incirca nel 1980 l'avevo pagata oltre un milione di lire, e soprattutto credevo potesse avere per lui un valore affettivo! Per dimostrarmi che lui mi supera in tutto ha confrontato anche la caratura dei brillanti che ci siamo vicendevolmente regalati da fidanzati. Che Amore!
Le sue "collaborazioni" in casa.
- "Che fai tu? Niente fai!" "Quando mai io ti ho chiesto di fare qualcosa?" "Di che ti lamenti? In questa casa faccio tutto io". FALSO! Non ha mai cucinato, lavato i piatti, cambiato le lenzuola nei letti, lavato e steso i panni, lavato i pavimenti e i sanitari, caricato e scaricato lavastoviglie e lavatrice, acceso il forno, sparecchiato la tavola, e così via. Anzi, sono io che debbo stargli dietro e buttare tutto ciò che lui lascia in giro dopo aver mangiato e cioè bucce di banana, scatolette di tonno vuote, scorze di formaggio che si appiccicano al pavimento, buste vuote di mozzarelle, briciole di pane ovunque, e tanto altro. Persino quando si fa la barba lascia sempre il pennello con la schiuma e non ripone mai il rasoio e le lamette nel cassetto, né butta la bomboletta vuota della schiuma da barba o quella dello shampoo che lascia gocciolante e col tappo aperto sul bordo della vasca. Se termina il rotolo di carta igienica, ne prende uno nuovo dal mobile e poi lo lascia sempre appoggiato sul portatovagliette del bidè, invece di sistemarlo nel portarotolo. Anche all'acqua dello sciacquone debbo pensarci io dopo che lui va in bagno. Spesso urina fuori dal vaso senza poi pulire e se accusato nega di essere stato lui. I suoi vestiti sono sempre sparsi o ammucchiati ovunque. Insomma, cos'è che fa lui di utile in casa?
- "Non c'è bisogno di chiamare operai perché faccio tutto io". Se gli faccio notare che sono anni che tante cose in casa non funzionano, lui al massimo mi risponde: "E il tempo chi me lo da?" Per mettere le zanzariere in alcune finestre ci ha impiegato 20 anni, per il primo ed unico climatizzatore di casa, posto nel corridoio, ci sono voluti 24 anni, prima che si decidesse a chiamare l'istallatore e poi si chiudeva il telecomando a chiave. Per il cambio delle persiane vecchie neanche a parlarne. Sono da anni in attesa della riparazione della cucina, del forno, ecc. In quest'anno 2006 è da nove mesi che l'albero di Natale è ancora lì perché non è stato smontato.
- "Questa è casa mia, quindi decido io". Lui mi nega anche la possibilità di prendere qualsiasi decisione da sola, dalla più banale alla più importante: dal come disporre gli oggetti nelle vetrinette, alla scelta degli arredi, alla richiesta di far venire un operaio o un tecnico in casa, alla mia possibilità di ricevere visite di amici e parenti, al permettermi di aprire le finestre nelle caldi notti estive perché entrano le zanzare, al consentirmi di effettuare la raccolta differenziata dei rifiuti, e così via.
2) Plagio della vittima
Il controllo sulla vittima avviene attraverso il plagio attuato mediante una sorta di lavaggio del cervello,attuato sistematicamente e per un tempo indefinito, fino a pervenire alla sottomissione della vittima; tale processo ha probabilità di successo non solo con le persone fragili e deboli ma anche con persone di forte personalità che , sottoposte al “trattamento” anche per lungo tempo, diventano anch'esse vittime . Solitamente viene prima tentata l’azione persuasiva e suadente e solo in caso di fallimento si passa alla fase della coercizione psicologica e fisica.
Non è facile riconoscere fin dal suo primo manifestarsi tali tentativo in quanto gli atteggiamenti sono realizzati con gradualità e, analizzati, singolarmente, non appaiono neppure rilevanti.
La donna plagiata non ha i mezzi e le forze per sottrarsi all’azione coercitiva del suo aggressore e quindi soggiace a tale situazione senza poter trovare alcun rimedio che , in qualche caso, può anche venire dall’esterno , dai familiari o amici che si sono resi conto della gravità della situazione. In tal caso occorre rivolgersi ad uno psichiatra esperto per l’esatta diagnosi e configurazione del caso e individuare i giusti rimedi, in quanto, come già evidenziato, vi può essere una situazione di pericolo, anche omicidiario, per la donna ed i suoi figli.
Le tecniche adoperate sono simili a quelle usate sui prigionieri o gli adepti delle sette e hanno quale obiettivo la colonizzazione del cervello, della sua volontà, al fine di pervenire al controllo totale dell’altro che, però, non è consapevole di quel che gli sta accadendo e per questo non è in grado di difendersi e di porre in essere alcuna strategia difensiva.
Occorre , per tentare di arginare tale fenomeno , per lo più sommerso, ma che è più diffuso di quanto non si ritenga, divulgare all’esterno le informazioni su tali processi distruttivi all’interno della coppia in modo che eventuali soggetti coinvolti sappiano distinguerne le caratteristiche, prendere coscienza e attuare gli opportuni rimedi.
Nella cerchia delle amicizie e degli affetti non sarà difficile individuare qualche caso di violenza psichica come quello descritto, con l’avvertenza che ogni violenza familiare ha le sue peculiarità che dipendono dallo stato psicologico del malato, dal tipo di malattia , dal suo stadio, dalla condizione della stessa vittima.
Solitamente il malato è anche una persona molto intelligente e sa individuare le giuste tecniche per pervenire al risultato, senza dimenticare che trattasi di un malato che va curato .
Il plagio non nasce dal nulla o per caso ma trova il proprio terreno di coltura sia nel bisogno di dominare dell’uomo che nel bisogno di protezione della donna che però, nel plagio, finisce per essere totalmente sottomessa all’uomo senza poter far nulla per porre un rimedio ad una situazione già compromessa.
L’uomo generalmente cerca di individuare nel partner il punto debole da cui poter partire per l’evoluzione del processo che dovrà portare alla sottomissione della vittima con un processo anche lungo ma continuo e incessante che si concluderà con la riuscita del piano che potrebbe sembrare machiavellico ma che altro non è che l’estrinsecazione di un processo patologico che vede attore inconsapevole o quasi il suo autore e vittima, spesso inconsapevole, la moglie o convivente.
La prima fase consiste nell’isolamento della vittima da familiare o amici e , quando è possibile, nella dipendenza economica in modo da essere privata di una possibile via d’uscita , per poi passare, una volta arato il terreno, alla vera e propria intimidazione e ricatto.
Difficilmente il plagio è immediatamente riconoscibile anche dall’esterno, in quanto il relativo processo è lento e graduale e , come la tela del ragno, comincia con la seduzione della donna con tecniche diverse ma generalmente efficaci e si conclude con la sottomissione della donna che resta invischiata in tale tela profumata e ammaliatrice che ha la funzione di imprigionare la vittima impedendole di potersi liberare.
Il plagio può anche realizzarsi trasmettendo sensazioni ostili attraverso la diminuzione delle facoltà cognitive attuate con differenti tecniche che possono riguardare le modalità di conversazione , l’alterazione del linguaggio, la menzogna, il disprezzo e altre forme di comunicazione alterate.
Nelle forme più subdole l’agente riesce ad annullare completamente la volontà della persona agendo sulla coscienza e le facoltà sensoriali e ponendo la vittima in uno stato di soggezione. Le tecniche con cui vengono poste in essere tali manovre sono le più svariate e dipendono dalla cultura e dalla personalità sia del malato che della vittima.
In qualche caso al plagio si associa anche il fenomeno della dissociazione dei pensieri che consiste nello sdoppiamento del vissuto e nel ricordare solo ciò che è sopportabile, nascondendo o rimuovendo la psiche ciò che risulterebbe molto doloroso o non sopportabile.
In alternativa alla dissociazione può svilupparsi la dipendenza della vittima dal suo aggressore per cercare una apparente tranquillità al fine di evitare situazioni di violenza fisica o psicologiche che potrebbero essere non sopportabili dalla vittima già provata da tale situazione e che quindi cerca tranquillità adattandosi alla situazione che le è imposta.
Non è invece ben chiaro se il malato si renda conto della violenza e delle sue conseguenze nella donna , che è considerata come una preda da conquistare a tutti i costi.
Nelle forme più gravi di malattia mentale deve escludersi una consapevolezza di nuocere del marito violento , in quanto tali manifestazioni fanno parte della estrinsecazione della malattia , ma nelle situazioni borderline non può escludersi che il soggetto agente si renda conto, sia pure in modo distorto , del male che fa e della violenza posta in essere nei confronti del partner.
In tali ultimi casi è possibile che l’autore si possa rendere conto del suo comportamento violento e possa recedere, ma nelle forme più gravi l’esperienza clinica insegna che non è possibile che un paranoico prenda coscienza della violenza e la possa eliminare dal suo comportamento.
Solitamente un paranoico nega la violenza o ne attribuisce le cause al partner addebitandogli presunti o anche veri torti, ma amplificandone sempre la portata; l’interlocutore se a conoscenza del particolare narrato dal malato, usato quale sponda per dare credibilità alla propria versione , sarà portato a credergli o, comunque, si ingenererà un grosso dubbio sull’effettiva situazione , in quanto la donna generalmente in tali casi ha le idee confuse oppure è plagiata e non avrà possibilità di adeguata difesa , finendo per essere succube di una situazione paradossale.
Il plagio cessa quando la vittima realizza che, se non cede, l'altro non ha alcun potere.
Finchè permane lo stato di plagio la vittima non avrà la forza di rompere col partner e di andarsene, mentre quando si rende conto della situazione deve adottare comportamenti che facciano capire all’uomo che non tollererò più la situazione precedente
3. Rimedi comportamentali e terapeutici
Oggetto della ricerca è il rimedio terapeutico ma anche comportamentale ,a seguito della violenza endofamiliare , conseguente ai disturbi a livello cerebrale che da parte delle vittime e del malato , una volta riconosciuto come tale e, quindi, bisognevole di cure.
Sotto il profilo della cura vi è l’alternativa tra il rimedio farmacologico e la cura tramite psicoterapia, anche se è possibile associare entrambe per un effetto multiplo più efficace; un bravo pscicoterapeuta deve essere in grado, una volta effettuata l’anamnesi, di individuare, in relazione alle specifiche peculiarità del soggetti, il rimedio più adeguato in relazione alla personalità del soggetto ed al suo grado di coinvolgimento emotivo, ed alla situazione di dipendenza cui è giunto.
A seguito della violenza psichica si possono anche verificare reazioni nel comportamento della vittima che varieranno in base allo stadio della violenza , alla sua sopportazione, al grado di coscienza della vittima , al suo attaccamento alla istituzione della famiglia, alla presenza di figli, con una serie di variabili che non consentono di generalizzare le risposte comportamentali delle vittime.
La donna generalmente ha due alternative : o subire la sottomissione o ribellarsi e andarsene.
Apparentemente la seconda soluzione sembrerebbe quella preferibile e più facilmente percorribile e consigliabile, ma quasi mai è così , in quanto , quando si prende coscienza del proprio stato si è arrivati ad un grado di frustrazione tale che viene grandemente scemata ed indebolita la capacità di reazione della vittima che potrebbe non avere la forza di porre in essere la separazione che , oltre che giuridica, deve essere soprattutto fisica.
Sovente la donna non ha neanche una autonomia economica o perché non lavora oppure perché, pur lavorando, il partner ha trovato il modo, e ciò accade di frequente, di privarla dei suoi redditi.
Il plagio influisce sulla psiche , influenzando i pensieri della vittima che è succube del malato e può uscire da tale situazione non solo con la cura farmacologia ma anche con l’aiuto di un bravo psicoterapeuta che l’aiuti ad uscire gradatamente dalla situazione di plagio attraverso la presa di coscienza della situazione e il rifiuto della stessa da parte della vittima; l’aiuto psicoterapeutico può rivelarsi anche più efficace dei farmaci ma deve essere condotto in modo tale da non colpevolizzare e condizionare la donna.
Sovente le vittime non hanno coscienza della spirale in cui sono cadute o rischiano di cadere in quanto non si rendono pienamente conto della violenza psicologica attuata dal partner nei loro confronti , con modalità differenti ; per poter parlare di rimedi occorre infatti la consapevolezza di uno stato di disagio delle vittime e di malattia del partner e sovente non si realizza neanche una delle due condizioni in quanto la vittima ha scarsa cognizione di conoscenze psichiatriche al riguardo e non si rende conto di essere stata plagiata in quanto i suoi pensieri sono annullati dall’atteggiamento invasivo del partner.
Occorre poi decolpevolizzare la vittima per il fallimento del rapporto che non va ricercato nel suo comportamento,ma in quello del partner, anche se originato dalla particolare situazione patologica dello stesso.
Un bravo terapeuta deve far prendere coscienza di tale stato, non drammatizzando la situazione ma neanche sottovalutandola quale manifestazione isterica della donna.
È importante per lo psicoperateuta che la vittima capisca anzitutto la sua particolare situazione senza per questo colpevolizzarla per quello che è successo, ma aiutandola anche a recuperare i suoi sentimenti di vergogna, ira, vendetta che risultano appiattiti durante la fase del plagio..
Una delle possibili cause o concause della violenza consistono in un elevato tasso di testosterone , ormone maschile e nella presenza di serotonina, neuromediatore cerebrale, .anche se il partner spesso è borderline con maggiori difficoltà di accertamento medico ed è sovente violento solo in famiglia per essere normale all’esterno. Possono anche influire sulla violenza fattori esterni di carattere sociale , culturale, familiare, quale l’educazione, oppure traumi subiti nell’infanzia.
Tra i farmaci antipsicotici con sperimentata efficacia clinica e che bloccano i recettori delal dopamina di tipo D2) si segnalano le fenotiazine tricicliche , tioxanteni e dibenzapine , butirrofenoni e altri composti eterociclici e benzamidi.
Tale farmaci condividono tra loro molte proprietà e sono impiegati soprattutto per la cura della schizofrenia ed altre malattie psichiatrichedi una certa gravità caratterizzate alterazione del pensiero e stato di agitazione.
Alcuni farmaci, come la clorpromazine, hanno un prevalente effetto sedativo , soprattutto all’inizio del trattamento, mentre successivamente può insorgere una tolleranza del paziente a tale effetto, anche se possono sviluppare effetti collaterali extrapiramidali, a seguito di prolungata somministrazione , quali la discinesia tradiva.
Tra gli effetti negativi dei farmaci neurolettici si segnalano la riduzione dell’interesse nei confronti dell’ambiente circostanze e delle manifestazioni affettive ed emozionali in genere, con un effetto “tranquillante” , con una riduzione della velocità di risposta a stimoli esterni anche se mantiene intatte le funzioni intellettive.
Occorre, preferibilmente somministrare farmaci con ridotti effetti collaterali neurologici extrapiramidali.
In particoalte l’olanzapina e la quetiapina non provocano convulsioni e sono privi di tossicità a livello ematologico, anche se la prima presenta il rischio di alterazioni metaboliche e aumento di peso corporeo.
Ancora in via di sperimentazione è l’uso di benzamidi, i derivati dell’indolo sertindolo e ziprasidone; nuovi farmaci sono stati sperimenati per il trattamento del disturbo bipolare quali l’acido valproico e la carbamazepina , farmaci antimania che hanno effetti anticolvulsivanti.
La Lamotrigina è efficace nel disturbo bipolare e presenta un rischio basso di indurre manie; tra i prodotti naturali sono utili gli acidi grassi insaturi che si trovano negli oli di semi e di pesce e hanno effetti stabilizzanti dell’umore.
Spetterà al medico valutare costi-benefici del trattamento , interromperlo appena compiono effetti indesiderati che si prolungano nel tempo, valutando tutte le situazioni concrete al fine di continuare o meno la cura o sostituirla con altra ritenuta più adatta alle particolari condizioni del paziente.
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Al contrario di quanto pretenderebbe l'uomo, non è affatto uno specifico comportamento della compagna a provocare la sua esplosione: è l'uomo a servirsi di tale pretesto per giustificare la sua ira, i suoi insulti, i suoi gesti aggressivi. Tutti i racconti delle vittime descrivono uomini che diventano irritabili senza motivo apparente. La tensione aumenta d'intensità fino alla violenza verbale e poi fisica.
Le cause esterne addotte come giustificazione sono assai stereotipate. Può essere lo stress (è nervoso a causa di preoccupazioni finanziarie) o una provocazione della moglie (che ha suscitato la collera) e, in tal caso, l'aggressione si assimila a una punizione. Un'altra scusa, infine, spesso accampata dagli uomini, ma anche dai testimoni esterni, è l'alcol. Tutti questi uomini che giustificano il proprio comportamento con una perdita del controllo sono però capaci di tenerlo a bada in società o sul luogo di lavoro. La maggior parte di loro si mostra difficile in coppia, mentre non presenta né particolari difficoltà nella vita sociale né alcun evidente problema psichiatrico.
Debbono riuscire a mantenersi onnipotenti, se necessario anche con la manipolazione e la menzogna. Dal momento che non vogliono sentirsi responsabili, dev'essere per forza per colpa di qualcun altro; si tolgono d'impaccio rivoltando il problema e atteggiandosi a vittime. In mancanza di scuse esterne credibili, come abbiamo visto, sanno impietosire gli altri raccontando della loro infanzia infelice. Questa deresponsabilizzazione è male accettata dalle donne, perché negare la loro sofferenza costituisce un'aggressione supplementare.
HIRIGOYEN, Molestie morali, cit. 172.
Le vittime si sentono vuote, stanche prive di energia. Niente le interessa più. Non riescono più a pensare o a concentrarsi, nemmeno su attività molto banali. Può darsi che sopravvengano, allora idee suicide. Il rischio è massimo nel momento in cui prendono coscienza di essere state ingannate e che niente consentirà loro di essere riconosciute dalla parte della ragione. In caso di suicidio o di tentativo di suicidio, i perversi vedono confermata la loro convinzione che l'altro fosse debole, disturbato, pazzo e che le aggressioni cui lo si sottoponeva fossero giustificate
Durante la fase di condizionamento, la vittima del perverso narcisista, avverte che non si può trattare con l'altro, il quale non cederà, e preferisce dei compromessi piuttosto che correre il rischio della separazione.
HIRIGOYEN, Molestie morali, cit. 163.
Le vittime dei perversi narcisisti, in un illusorio impulso altruista, si rassegnano a sottostare agli abusi del partner. Pur lamentandosi dei suoi comportamenti negativi, devono continuare a idealizzarne altri aspetti (è molto intelligente, un bravissimo genitore…),
HIRIGOYEN, Molestie morali, cit. 164.
Quando il condizionamento è in atto, le vittime sono confuse; non osano o non sono in grado di lamentarsi. Sono come anestetizzate, si lamentano di avere la testa vuota e difficoltà a riflettere. Anche se qualche volta hanno la sensazione di subire un'ingiustizia, sono confuse al punto da non potere reagire in alcun modo. Infatti, di fronte a un perverso narcisista, se non si è nello stesso registro non è possibile avere l'ultima parola. L'unica via d'uscita consiste nel sottomettersi. La confusione genere stress.. Quando il loro aggressore viene smascherato, le vittime dicono di sentirsi sollevate,
Tale fenomeno è stato descritto a proposito di ostaggi che hanno preso le difese del loro aggressore. Si viene così a creare un legame paradossale fra certe vittime e i loro carnefici o fra un ostaggio e i suoi rapitori. Quando una persona si trova in una situazione in cui la sua vita è in pericolo e non ha alcuna difesa di fronte all'individuo che ha potere di vita o di morte su di lei, finisce per identificarsi con lui. In questo caso, la vittima si mette in un certo senso a vedere il mondo con gli occhi del suo aggressore, allo scopo di dominare il pericolo. Per una donna che vive per anni con un compagno violento e ha rapporti intimi con lui, si può facilmente immaginare come la situazione sia più grave.
Tale sindrome non costituisce in nessun caso una patologia, ma è un'efficace protezione per le vittime perché impedisce loro una reazione violenta, che le metterebbe in pericolo
Le vittime e gli eventuali testimoni non riescono a credere a quello che accade sotto i loro occhi perché, se non si è a propria volta perversi, non si può immaginare una violenza del genere, senza traccia di compassione. Si tende ad attribuire all'aggressore sentimenti (senso di colpa, tristezza, rimorsi) di cui è del tutto privo.
- Non potendo capire, la vittima si ritrova, sbalordita, a negare che esista ciò che non è in grado di vedere. Non è possibile che sia successo, non può essere. Di fronte a questo rifiuto violento, avvertito ma negato a parole, le vittime cercano invano di capire e di darsi spiegazioni. cercano le ragioni per ciò che succede e, poiché non le trovano, perdono sicurezza, diventano irritabili o sempre aggressive e chiedono in continuazione: "Che cosa ho fatto per essere trattata così? Ci sarà pure una ragione" . Cercano spiegazioni logiche, mentre il processo è autonomo, non ha più nulla a che vedere con loro. Dicono spesso al loro aggressore: "Dimmi che cosa mi rimproveri, dimmi che cosa devo fare perché il nostro rapporto migliori", e questo risponde invariabilmente: "Non c'è niente da dire, è così. Comunque, tu non capisci niente!". Spesso quanti sono vicini alla vittima rafforzano questo senso di colpa: confusi anch'essi, sanno raramente essere d'aiuto senza giudicare e fanno commenti o danno interpretazioni selvagge: "Dovresti essere meno così o più cosà!… Non pensi di soffiare sul fuoco? Se è così, è perché l'hai preso per il verso sbagliato…".I perversi fanno in modo che agli occhi degli osservatori esterni, la colpa sia della vittima.
La vittima, pur riconoscendo la propria sofferenza, non osa immaginare veramente che abbiano avuto luogo violenza e aggressione. A volte rimane in dubbio: "Non sarò io a inventarmi tutto, come certi vogliono farmi credere?". Se ha il coraggio di lamentarsi di quanto accade, ha la sensazione di descrivere male, e dunque di non venire capita. Per ogni profilo psicologico, è importante differenziare la violenza impulsiva, in cui l'uomo controlla male le proprie collere e le proprie emozioni, dalla violenza strumentale, in cui i comportamenti aggressivi sono eseguiti freddamente, con lo scopo di fare del male.
Per semplificare, possiamo dire che, da un lato, ci sono tutte le personalità narcisistiche, fra le quali alcune sono impulsive (gli psicopatici e i borderline), altre strumentali (i perversi narcisisti). Dall'altro lato troviamo le personalità che definirei rigide, che comprendono essenzialmente gli ossessivi e soprattutto i paranoici.
In tutti i casi di violenza coniugale si verifica un'inversione della colpa. Le donne pensano che, se il loro partner è violento, è perché non sono state capaci di renderlo felice, o non ci hanno saputo fare, o hanno avuto un comportamento inadeguato. La donna porta su di sé la colpevolezza che il partner non prova. E' lei che viene resa responsabile delle difficoltà di coppia. Di fatto, la colpa si inverte perché la vittima non riesce a esprimere quello che subisce e a rimproverarlo all'uomo. Gli errori non dichiarati sono "portati" dalle vittime, in attesa di essere riconosciuti dai loro autori. Si tratta di una duplice ferita, da cui le vittime non sono protette. La colpa maschera quindi l'aggressività che queste donne non riescono a provare. Gli uomini violenti possono usare tattiche di ritorsione. Se le cose vanno male, è perché la moglie ha cercato di difendersi: "E' a causa del tuo temperamento che sono obbligato ad agire così!"- Succede anche che alcuni uomini chiedano alla loro compagna di trovare da sé la spiegazione alla loro violenza, fino a riconoscerla e a interiorizzarla: "Tu non sai perché ti tratto così, ebbene, cerca e forse capirai!". - I partner violenti rafforzano il processo di colpevolarizzazione quando la donna minaccia di andarsene. Allora, viene accusata di voler distruggere l'uomo, e la manovra è accentuata dal ricatto del suicidio: "Ho paura che i miei figli un giorno mi dicano: Hai lasciato papà e lui si è ucciso.
Il persistere del legame di dipendenza va avanti anche quando la situazione di condizionamento è scomparsa. Più quest'ultima dura, e meno la persona è in grado di sganciarsi, presa com'è tra dipendenza e violenza; e questo sfocia a volte in una vera e propria morte psichica. Le donne vittime di violenza matrimoniale, come ogni persona esposta ripetutamente a traumi, possono presentare, anche molto tempo dopo la separazione, turbe da stress post-traumatico. Le persone traumatizzate presentano un elevato livello di attività mentale e fisica. Ciò si traduce prima di tutto in turbe ansiose. Può trattarsi di angoscia fluttuante, accompagnata da un persistente senso di insicurezza e da ondate d'ansia paragonabili ad "attacchi di panico". In queste persone, sono anche constatabili difficoltà di assopimento, il loro sonno è leggero, il minimo rumore provoca un risveglio agitato, hanno incubi che rappresentano il passato…. Questi disturbi sono legati a disfunzioni a livello di diverse strutture cerebrali, conseguenza diretta dei meccanismi fisiologici del plagio,
Le vittime, indebolite nella fase di condizionamento, si sentono ora aggredite direttamente. Le capacità di resistenza di un individuo non sono illimitate, a poco a poco si erodono e portano a un esaurimento psichico. Oltre una certa quantità di stress non può più esserci lavoro di adattamento, ma solo scompenso. Si attivano disturbi più durevoli. Le vittime presentano uno stato d'ansia generalizzato, disturbi psicosomatici o uno stato di depressione. In soggetti più impulsivi lo scompenso può manifestarsi con azioni violente che portano all'ospedale psichiatrico. Non è raro che disturbi di questo tipo siano, agli occhi degli aggressori, una sorta di giustificazione della molestia. Questi stati depressivi sono legati all'esaurimento, a un eccesso di stress.
La violenza non ha sesso. Anche le donne sanno essere violente, quando possono, usano proprio come gli uomini gli strumenti del potere… Le donne esercitano soprattutto una violenza psicologica sul partner…..Se ci sono pochi studi sul tema, è perché gli uomini si vergognano di essere vittime di una donna e preferiscono tacere, e anche perché, quando osano parlare, in genere non vengono creduti. Depositare un verbale o una querela di fronte a poliziotti increduli non è la cosa più facile del mondo….Per lo più, tuttavia, la violenza fisica delle donne è di reazione. La maggior parte di quelle che hanno ucciso il coniuge lo hanno fatto per proteggersi o per legittima difesa di fronte alle violenze di cui erano vittime…..Mentre gli uomini usano spesso la violenza fisica per dominare e controllare la compagna, le donne impiegano più di frequente la violenza perversa e la manipolazione…. Sebbene alcuni uomini subiscano violenza dalla propria compagna, le proporzioni non sono affatto quelle riscontrabili per le donne. Nel 98 per cento dei casi di violenza, l'autore è un uomo…. La maggior parte degli uomini che subiscono violenza dalla compagna non presentano particolari patologie, pur avendo la caratteristica di non essere per niente machos. Inoltre, al contrario degli uomini violenti, non recriminano affatto contro le donne in genere, accontentandosi di dire che hanno qualche difficoltà con la loro donna….Le donne violente presentano per lo più una personalità borderline (al limite)….Senza negare la realtà della violenza femminile, bisogna stare attenti che questo non getti discredito sulle donne vittime di violenze, un fenomeno di ampiezza incommensurabile,
Bisogna tener conto del rischio che corre una donna andandosene di casa: la maggior parte degli omicidi commessi dal coniuge si verificano dopo che le donne sono andate via, o quando hanno intenzione di farlo. Il coniuge che si sente abbandonato può avere una reazione paranoica, che a volte conduce a un omicidio in famiglia…. Di fronte a questo pericolo, le associazioni francesi hanno diffuso certe schede pratiche, utilissime alle donne che vogliono andare via da casa in un contesto di violenza. E' prudente essere previdenti e preparare la propria partenza immaginando uno scenario di protezione in caso di pericolo:- identificare le persone che potrebbero venire in aiuto in caso di emergenza; imparare a memoria i numeri di telefono importanti: polizia, associazioni…;- preparare una borsa con un duplicato delle chiavi, denaro liquido, necessario da toilette e un po’ di biancheria; mettere al sicuro le carte importanti: elementi di prova (certificati medici, testimonianze, ricevute di denunce depositate), carta d'identità, documenti importanti (tessere, diplomi, libretti degli assegni…),
Le vittime sono trasformate in preda dalla loro stessa energia vitale. I perversi si attaccano alla vitalità che percepiscono e di cui cercano di appropriarsi. Le vittime hanno bisogno di dare e i perversi narcisisti di prendere: non si può immaginare incontro più ideale… L'uno rifiuta ogni senso di colpa, l'altro ha una naturale propensione a colpevolizzarsi. Per i perversi, perché il gioco valga la candela, bisogna che la vittima all'inizio sappia resistere, per finire con il cedere in seguito.
Quando le donne prendono la decisione di andarsene, per lo più sono seriamente prostrate dal punto di vista fisico e morale, sono scoraggiate di fronte ai passi che devono compiere. Qualunque sia l'ambiente sociale cui appartengono, sono sprovviste di denaro, non sanno dove andare, non conoscono i propri diritti e si chiedono da che parte girarsi, che cosa dire ai bambini, .
Quando prendono coscienza della manipolazione, le vittime si sentono prese in giro, come chi sia appena stato truffato. Scoprono troppo tardi di essere vittime, che ci si è presi gioco di loro. Perdono la stima di sé e la propria dignità. Si vergognano del modo in cui hanno reagito alla manipolazione: "Avrei dovuto reagire prima", "Perché non mi sono accorto di niente?"….Si vergognano quando prendono coscienza della propria compiacenza patologica, che ha autorizzato l'altro ad essere violento. A volte desiderano, allora, vendicarsi, ma nella maggior parte dei casi sono in cerca di una riabilitazione, di un riconoscimento della loro identità. Aspettano delle scuse, che non riceveranno, da parte del loro aggressore. Se riparazione c'è, la ottengono molto più tardi, e da parte dei testimoni o dei complici passivi che, manipolati dal perverso, hanno partecipato all'aggressione.
Le vittime sembrano ingenue, credulone. Poiché non sono capaci di immaginare che l'altro sia sostanzialmente distruttivo, cercano di trovare delle spiegazioni logiche e tentano di evitare ogni malinteso: "Se gli spiego, capirà e si scuserà del suo comportamento". Convinte che parlando troveranno una soluzione, permettono ai perversi, che rifiutano qualunque dialogo, di metterle in scacco come vogliono. Chi non è perverso non può immaginare subito tanta manipolazione e malevolenza. Per liberarsi del loro aggressore, le vittime si impongono di essere trasparenti e tentano di giustificarsi. Quando una persona trasparente si apre con una che diffida, è probabile che quest'ultima prenda il potere. Tutte le chiavi che le vittime consegnano ai loro aggressori non fanno altro che incrementare il disprezzo che essi manifestano nei loro confronti
Nell'affrontare tutto ciò le vittime si sentono sole. Come parlare all'esterno? La distruzione sotterranea è indicibile. Come descrivere uno sguardo carico d'odio, una violenza che si manifesta solo con sottintesi, non detti? La violenza è evidente soltanto agli occhi del partner perseguitato. Come potrebbero gli amici immaginare quello che succede? Quand'anche venissero a conoscenza della realtà delle aggressioni, non farebbero che rimanerne turbati e inorriditi a loro volta. In genere, i conoscenti e gli amici, anche i più stretti, si tengono a distanza: "Non vogliamo immischiarci". Le vittime dubitano delle proprie percezioni, non sono sicure di non esagerare. Quando le aggressioni si verificano di fronte a testimoni, succede che le vittime, che proteggono sempre il loro aggressore, considerino eccessive le proprie reazioni e si trovino nella situazione paradossale di difendere chi le aggredisce per non soffiare sul fuoco.
La dissociazione si può descrivere come una disgregazione della personalità. Nel DSM-IV viene definita come l'avvento di una crisi che tocca funzioni normalmente integrate, come la coscienza, la memoria, l'identità o la percezione del modo circostante. E' un fenomeno difensivo contro la paura, il dolore o l'impotenza di fronte a un evento traumatico che è così lontano da quanto si può concepire normalmente, che lo psichismo non può far altro che deformarlo o scacciarlo dalla coscienza. La dissociazione opera una distinzione tra quello che si può e quello che non si può sopportare, destinando ciò che è intollerabile all'amnesia. Filtra l'esperienza vissuta, arrecando così sollievo e protezione parziale. Il fenomeno dissociativo interviene a rafforzare il condizionamento e costituirà una difficoltà supplementare di cui bisognerà tenere conto nella terapia.
Stranamente, è raro assistere a moti di collera o di ribellione, anche dopo che le vittime hanno deciso di separarsi. Eppure, la rabbia permetterebbe di liberarsi. Le vittime sanno puntare il dito contro la propria sorte ingiusta, ma non sono tuttavia capaci di ribellarsi. La rabbia arriverà solo più tardi e si tratterà, nella maggior parte dei casi, di una collera censurata e quindi inefficace. Per provare davvero una collera liberatrice, le vittime dovranno uscire dal condizionamento.
La perversione non nasce da un disturbo psichiatrico, ma da una fredda razionalità associata alla incapacità di considerare gli altri come esseri umani. Un certo numero di perversi commettono atti delittuosi per i quali vengono processati, ma i più si servono del loro fascino e delle loro capacità di adattamento per aprirsi una strada nella società, lasciando sul loro cammino persone ferite e vite distrutte. Psichiatri, giudici, educatori: tutti ci siamo fatti abbindolare da persone che si facevano passare per vittime.
Lo choc si produce quando le vittime prendono coscienza dell'aggressione. Fino ad allora non diffidavano, probabilmente erano addirittura troppo fiduciose. Anche se persone esterne avessero fatto loro notare quanto erano sottomesse e tolleranti di fronte a una palese mancanza di rispetto, si sarebbero rifiutate di riconoscerlo. Brutalmente, capiscono ora di essere state vittime di manipolazione. Si ritrovano disorientate, ferite. Tutto crolla. Il traumatismo è grave a causa della sorpresa e della loro impreparazione, conseguenza del condizionamento. Al momento dello choc emozionale, dolore e angoscia si mescolano. E' una sensazione di violenta effrazione, di sbalordimento, di sopraffazione, di abbattimento, che alcune vittime descrivono come un'aggressione fisica: "E' come una pugnalata", "Mi dice parole terribili e io ho l'impressione di essere un pugile messo al tappeto che continua a essere pestato di santa ragione”.
Il plagio corrisponde al lavaggio del cervello, detto anche persuasione coercitiva, formula che si usa abitualmente per descrivere le manipolazioni esercitate su un adepto delle sette….Non bisogna credere che queste tecniche possano essere usate solo sulle persone fragili o predisposte alla fragilità. Secondo Virginia A. Sadock, "Tutte le persone sono vulnerabili al lavaggio del cervello, se vi sono esposte per un tempo sufficientemente lungo, se sono sole e senza aiuto e se non hanno speranza di uscire da quella situazione"… L'azione coercitiva è fisica e psicologica insieme. Possiamo accostare le tecniche in uso nelle sette a ciò che accade al livello di un rapporto di coppia.
Le aggressioni sono sottili, non esistono tracce tangibili e i testimoni tendono ad interpretare come semplici rapporti conflittuali o passionali tra due persone caratteriali quello che è un tentativo violento di distruzione morale e addirittura fisica dell'altro, qualche volta riuscito. Questo processo si sviluppa nell'arco di mesi o addirittura di anni e che, man mano che il rapporto perverso si evolve, le vittime apprendono prima di tutto a riconoscerlo, poi imparano a difendersi e accumulano le prove,
Tali dinamiche….sono state studiate in relazione alle vittime delle sette. In entrambi i casi, sono necessarie tre tappe per raggiungere questa modifica della coscienza.
1) Una tappa di effrezione, che consiste nel penetrare nel territorio psichico dell'altro, nel buttarne all'aria i confini e nel "colonizzare" la sua mente. L'aggressore pensa al posto dell'altro, senza considerarlo: "Anche se dici il contrario, io so che questa cosa ti piace". 2) Nella tappa successiva, si attira l'attenzione e si guadagna la fiducia della persona, allo scopo di privarla del suo libero arbitrio senza che se ne accorga. E' il lavaggio del cervello: Si tratta di agganciarla, di arpionarla, come si farebbe con un pesce, e di toglierle qualunque capacità di resistenza.. Ciò si traduce in sguardi o in atteggiamenti che annunciano i passaggi all'atto (actingout) violento, seguiti a loro volta da messaggi rassicuranti, per sminuire ciò che è appena accaduto. Infine, una fase di programmazione permette di conservare questa nefasta influenza sull'altro, anche quando non si è presenti. La persona plagiata ubbidisce all'ordine, senza però comprendere del tutto l'informazione. Si tratta di condizionarla, per dominarla in qualunque momento.In tal modo, la persona è "programmata". In seguito, è sufficiente attivare in lei questo o quel comportamento perché agisca come si vuole.
Al momento di un'aggressione perversa, chi attacca fa in modo da apparire onnipotente, esibendo rigore morale e moderazione. La disillusione, per la vittima ingenua, ne risulta tanto maggiore. Ne deriva una sensazione di inutilità, di impotenza, di sconfitta. Più che una situazione difficile o pericolosa, l'elemento atto a scatenare un episodio depressivo può essere l'esperienza della sconfitta e dell'impotenza, la sensazione di essere stati umiliati e presi in trappola.
Una donna che abbia un forte bisogno di aiutare, di proteggere, può scegliere un partner che avrà bisogno di molte attenzioni, di coccole. Allo stesso modo, un uomo che ha bisogno di dominare saprà scegliere una giovane donna immatura che gli sembrerà docile e dipendente….Una dipendenza dal partner può essere accettabile, se esiste uno scambio, una reciprocità, un rispetto. ….Sia che avvenga per motivi socioculturali legati al loro stato femminile, sia che si tratti di ragioni familiari, per esempio una carenza affettiva nell'infanzia, molte donne hanno talmente poca stima di se stesse che si collocano subito nello stato di sottomissione. E' appunto così che le donne si mostrano poco tolleranti e non sanno porre limiti ai comportamenti abusivi del loro compagno. Non sanno dire cosa sono disposte ad accettare e che cosa no. Per non condannare il partner, gli cercano giustificazioni, sperano di aiutarlo a cambiare.
Altre volte, donne che non hanno fiducia in se stesse cercano di valorizzarsi agli occhi dell'altro. Si danno troppo da fare, preoccupandosi più degli altri che di se stesse. A loro basta che il partner manifesti la propria riconoscenza per tutto che si fa per lui. Ma se si dimostra ingrato o indifferente, la donna troppo materna rischia di sentirsi rifiutata e di reclamare maggiore affetto. Soprattutto da questa richiesta, l'uomo può reagire in modo violento.
Un coniuge potenzialmente violento e, a maggior ragione, un individuo particolarmente manipolatore saranno in grado di scoprire nell'altro il punto debole o vulnerabile che consentirà l'"aggancio", ossia l'innesco del processo di plagio. Quest'ultimo si reggerà non sulla personalità della donna, bensì sulla configurazione della relazione in sé.
Per capire meglio fino a che punto può arrivare la pressione psicologica, bisogna conoscere a fondo la storia di una donna plagiata. Assorbita da questo rapporto patologico, questa donna esausta fisicamente e psicologicamente, anche dopo del tempo continua a non capire come ha potuto farsi manovrare a quel modo. Si vergogna e non fa che colpevolizzarsi. Non riesce ancora a credere che, ad es., un uomo con un alto livello di responsabilità sul piano professionale possa essere disturbato al punto di volerla distruggere o più esattamente di volerla portare ad autodistruggersi.
Due sono le tecniche adoperate: Le tecniche comportamentali, che consistono nell'isolare la persona (dalla famiglia, dagli amici, dal lavoro), nel controllare le informazioni che riceve (per esempio, sorvegliando il suo telefono), nel metterla in una situazione di dipendenza economica e infine nel renderla fragile fisicamente e psicologicamente.
Le tecniche di tipo emozionale, che corrispondono alla manipolazione verbale e al ricatto. Vedremo più dettagliatamente in seguito che gli argomenti usati dagli uomini che compiono l'abuso cambiano a seconda del loro profilo psicologico. In linea generale, questi uomini riescono a influenzare la loro compagna mettendo in primo piano i loro sentimenti (l'amore), o il loro bisogno di adeguatezza sociale, o ancora il loro potere. Per lo più consolidano la propria autorità provocando paura o ansia, per mezzo di un atteggiamento ostile, di gesti intimidatori o di rappresaglie. Le minacce e i castighi spingono la vittima a interrogarsi sulla propria eventuale colpa e l'aggressore, alternando clemenza e severità, getta la vittima nell'incertezza e nella confusione.
Il processo di plagio si svolge in due fasi: incomincia con la seduzione, poi, se la donna fa resistenza, l'uomo adotta comportamenti violenti sempre più manifesti. La fase della seduzione dà l'illusione di uno scambio affettivo. L'altro viene agganciato per mezzo di quello che parrebbe un amore idilliaco. La seduzione mira agli istinti di protezione della donna; l'uomo si presenta come la vittima di un'infanzia infelice oppure di un divorzio sfortunato. Non si tratta di seduzione amorosa, reciproca, ma di una seduzione narcisistica destinata ad ammaliare l'altro e, contemporaneamente, a paralizzarlo….Questa fase è allo stesso tempo un momento di preparazione psicologica alla sottomissione e di "lavaggio del cervello". La donna è resa instabile e perde progressivamente la fiducia in se stessa. Anche se la sua libertà viene erosa pezzo per pezzo, lei continua a credere di essere libera e che l'uomo non le imponga niente. E invece, tramite micro violenze o intimidazioni, viene un po’ per volta privata di tutto il libero arbitrio e di ogni visione critica della propria situazione. L'uomo violento neutralizza la volontà della compagna, diminuisce o annulla la sua alterità fino a trasformarla in oggetto. Si attacca alla mente della donna, installa il dubbio su ciò che lei dice o prova e, allo stesso tempo, fa in modo che la cerchia dei conoscenti avalli tale squalifica. Il plagio impedisce alla donna di ribellarsi contro l'abuso che subisce, la rende obbediente e la stimola a proteggere il suo aggressore e ad assolverlo da qualunque violenza.
Con questo modo di procedere, l'uomo, all'inizio, non cerca di distruggere la compagna, ma di sottometterla a poco a poco e di tenerla a propria disposizione. Si tratta di dominarla e di controllarla, perché non sia altro che un oggetto e resti al suo posto di oggetto. La distruzione avverrà soltanto dopo, attraverso strategie dolci come la persuasione, la seduzione e la manipolazione, o più dirette, come la coercizione
Con tecniche cognitive si possono anche diminuire le facoltà cognitive di una persona, per gettarla nella confusione. Questo avviene essenzialmente attraverso il controllo del linguaggio e della comunicazione. La messa in atto del plagio avviene grazie alla comunicazione perversa. Questo particolare meccanismo, che può dare l'illusione della comunicazione, non ha la funzione di collegare, ma al contrario quella di allontanare e di impedire lo scambio. La vittima non deve capire cosa le sta capitando.
Le dinamiche sono assai stereotipate:
- Rifiutare la comunicazione diretta: la comunicazione si riduce a sottintesi, osservazioni apparentemente anodine ma destabilizzanti; non si dà alcuna risposta alle domande.
- Deformare il linguaggio: il messaggio è deliberatamente vago e impreciso. Mira a disorientare l'altro, facendolo al contempo sentire in colpa. Il tono implica rimproveri inespressi, velate minacce.
- Mentire: che può significare rispondere a vanvera o in modo indiretto, oppure, assemblando sottintesi, creare un malinteso al fine di deresponsabilizzarsi e mettere nei guai l'altro.
- Adoperare il sarcasmo, la derisione, il disprezzo per creare un'atmosfera sgradevole e suscitare la diffidenza. Ostentare un cinismo destinato a travolgere l'altro un po’ alla volta, senza che l'ostilità sia troppo evidente.
- Destabilizzare l'altro con messaggi paradossali: si tratta di installare il dubbio su faccende più o meno normali della vita quotidiana, di controllare i suoi sentimenti e i suoi comportamenti, nonché di fare in modo che finisca per essere d'accordo e per screditarsi da solo.
- Squalificare: significa negare a qualcuno qualsiasi qualità, dirgli e ripetergli che non vale niente, finchè non arriva a pensarlo.
Il plagio può produrre anche modificazioni della coscienza, una sorta di stato ipnotico imposto. L'influenza che l'aggressore esercita sulla vittima diminuisce la capacità critica di quest'ultima facendola entrare in una sorta di trance, che ne modifica le percezoni, le sensazioni e la coscienza.
- Il DSM-IV precisa appunto che questi stati dissociativi possono essere il risultato di prolungate manovre di persuasione coercitiva (lavaggio del cervello, rettifica ideologica, indottrinamento in prigionia). .
La dissociazione è un processo inconscio attraverso il quale alcuni pensieri vengono separati (dissociati) dal resto della personalità e funzionano in modo indipendente. La vittima diventa quindi un'osservatrice esterna dell'aggressione subita. E' un metodo efficace per sopravvivere, per non perdere la ragione, una strategia passiva quando si ha la sensazione che non ci sia alcuna via d'uscita possibile. Di fronte ad un evento traumatico inimmaginabile, la psiche non ha altra scelta che deformarlo o nasconderlo. La dissociazione opera una separazione tra il sopportabile e l'insopportabile, che viene cancellato. Filtra l'esperienza vissuta, creando in tal modo un sollievo e una parziale protezione contro la paura, il dolore o l'impotenza. I processi dissociativi possono portare la persona a dimenticare il trauma o, più esattamente, a "dimenticare di ricordarsi" delle vicende personali stressanti o addirittura del proprio intero passato. Anche gli stati dissociativi possono indurre uno stato di depersonalizzazione con anestesia sensitiva e mancanza di reazione affettiva, o anche un senso di perdita di controllo delle proprie azioni.
Il fenomeno di dissociazione va a rafforzare il plagio costituendo una difficoltà supplementare di cui sarà necessario tener conto durante la terapia..
Si viene a creare una vera e propria dipendenza dal partner, spiegabile con meccanismi neurobiologici e psicologici, per evitare di soffrire e ottenere una certa tranquillità. Sul piano fisiologico, la dipendenza da una persona è molto simile a quella verso uno psicofarmaco.
Nella violenza ciclica, in cui il dominio psicologico non è in primo piano, l'alternanza delle fasi di aggressione e di tregua o addirittura di riconciliazione crea un sistema di punizioni- ricompense. Ogni volta che l'uomo violento si è spinto troppo in là e la donna potrebbe avere la tentazione di andarsene, viene "riacciuffata" da un po’ di gentilezza o di premura. Creando confusione fra amore e sesso, l'uomo cerca una riappacificazione sotto le lenzuola. Allo stesso tempo, squalifica la sua compagna, che perde fiducia in se stessa: La tratta come una bambina: "Cosa faresti senza di me?". Ben presto lei si convince che senza di lui non ce la farebbe. - La dipendenza può riflettersi anche sui figli della coppia.
Lei potrebbe sostenere che lui non l'ha mai picchiata apertamente: "Mi spingeva, e io cadevo da sola"
Gli uomini che presentano un carattere paranoico fanno molta resistenza a qualunque forma di trattamento. Nell'ambito di una terapia obbligatoria, possono recarsi a qualche seduta, ma non si fideranno e resteranno accampati sulle loro posizioni. E' raro riuscire a farli cambiare
Finchè sono sotto l'effetto del plagio, le vittime hanno la sensazione che non ci sia soluzione. Quando si "disintossicano", come si direbbe di un drogato, e osano reagire, restano stupite nel vedere che l'uomo che le aggrediva e faceva loro paura era, invece, fragile. In ogni caso, che restino o se ne vadano, bisogna che le donne imparino a dire stop e a porre le loro condizioni. Devono rompere il silenzio che circonda la violenza; la donna dovrà smettere di proteggerlo, di coccolarlo, per occuparsi di se stessa.
In una situazione di molestia, dopo molti tentativi di dialogo falliti, si instaura uno stato d'ansia permanente, "congelato", mantenuto da aggressioni continue, che spesso impone un accresciuto consumo di farmaci.
Nel caso di altre vittime, la reazione è fisiologica: ulcere allo stomaco, malattie cardiovascolari, malattie della pelle… Alcune dimagriscono, si indeboliscono, esprimono così attraverso il corpo un'aggressione psichica di cui non prendono coscienza e che può arrivare fino alla distruzione della loro identità. I disturbi psicosomatici non sono effetto diretto dell'aggressione, ma del fatto che il soggetto non è in condizione di reagire. Qualunque cosa faccia ha torto, qualunque cosa faccia è colpevole,
A volte la reazione, di natura comportamentale, caratteriale, è diretta conseguenza della provocazione perversa. Consiste in vani tentativi di farsi ascoltare: una crisi di nervi in pubblico, ad esempio, oppure uno scatto violento contro l'aggressore che giustificheranno addirittura l'attacco: "Vi avevo avvertito, è completamente pazzo/a!". I perversi, per provare che la loro vittima è cattiva, sono pronti a provocare in lei violenza nei loro confronti.
Soggette ad un condizionamento troppo forte o di troppa lunga durata, certe persone non sono in grado né di fuggire né di combattere. Persone di questo tipo preferiscono di solito un trattamento farmacologico a una lunga psicoterapia. Tuttavia, quando gli stati depressivi si susseguono, può verificarsi un abuso di farmaci ansiolitici o di sostanze tossiche. Quando è in atto la molestia, infatti, è raro che si interrompa se la vittima non se ne va, e non sono dei farmaci che le permetteranno di salvarsi,
La separazione, quando può realizzarsi, riguarda le vittime, mai gli aggressori. Questo processo di liberalizzazione si compie all'insegna del dolore e del senso di colpa, perché i perversi narcisisti si atteggiano a vittime abbandonate e trovano in ciò un nuovo pretesto per essere violenti. Nella separazione i perversi pensano sempre di essere stati danneggiati e diventano cavillosi, approfittando del fatto che la loro vittima, nella fretta di farla finita, è disposta a qualunque concessione.Nella coppia, il ricatto e la pressione si esercitano attraverso i bambini, quando ci sono, o in procedure che riguardano beni materiali.
Diverse forme di psicoterapia possono essere proposte a una donna maltratta nell'ambito della coppia, ma è il caso di preferire l'ascolto attivo realmente partecipe all'attenzione fluttuante e a una neutralità più fredda che amichevole. Quando una donna si presenta angosciata, incapace di parlare, spaurita, con la testa vuota, non ci si può accontentare di ascoltarla in silenzio.E' meglio evitare le terapie comportamentali, perché si basano sulle teorie dell'apprendimento, presentando il rischio di rispecchiare il condizionamento cui la donna è soggetta. In ogni caso, a nascondersi dietro una tecnica, si corre il rischio di dimenticare la sostanza, ossia la disponibilità nei confronti di queste persone. Bisogna aiutarle a tradurre in parole, a capire la loro esperienza, per poi condurle a criticarla.
E' dunque necessario spiegare alla persona che, se non ha reagito, è perché era influenzata, farle capire che lo stato di impotenza in cui si trova non è patologico, ma deriva da un processo di cui è possibile capire i meccanismi sul piano tanto sociale quanto razionale.La tappa successiva consiste, per il paziente, nel riuscire a esprimere che il comportamento del suo aggressore non è accettabile. Deve attribuirgli la responsabilità delle sue azioni. Una volta spiegato questo procedimento ai pazienti, capita che trovino da soli le proprie soluzioni. Per esempio alcune donne capiscono che non è stato il loro comportamento a provocare la violenza del compagno, ma il malessere di quest'ultimo. Il processo violento si riproduce in ogni nuovo rapporto dell'uomo.
La prima tappa consiste nel fare ammettere che si tratta di violenza. Alcune donne non immaginano che ciò che subiscono sia violenza psicologica.Per consentire ad una persona di liberarsi dal plagio, è innanzitutto necessario portarla a capire in che modo è caduta in trappola, analizzando insieme le strategie di violenza indiretta usate contro di lei. Non è facile perché in genere le parole elaborate e argomentate dall'aggressore mascherano le strategie di violenza. Quando l'aggressore si difende accusando la vittima, questa ha la tentazone di giustificarsi, e questo è proprio da evitare di fronte ad un narcisista perverso che userà qualunque cosa gli si dica per ritorcerla contro la vittima. Come nelle sabbie mobili, più ci si dibatte, più si fa il loro gioco...
Articolo un pò lunghetto! Ma vale la pena leggerlo, uomini e donne, per capirne di piu' di questo fenomeno, che a mio parere non è attuale ma è sempre esistito, solo che ora c'è piu' informazione e consapevolezza ma molto... molto ancora da fare.
Annamaria... a dopo
Mamma mia quante cose non sapevo. Ma è proprio vero, poi, che uccidono tante donne? Scherzo per sdrammatizzare un po' ma sono ferito, dispiaciuto, arrabbiato al massimo. Grazie Annamaria.
RispondiElimina87 nvolte ho dovuto girare la rotellina del mouse per arrivare alla fine del "PEZZO", si fa per dire. Arrivato a 80 roteate del mouse, la coppia anulare e mignolo della mano destra si sono incrppate. Però ho insistito...e in prossimità del crampo sono arrivato a 87. Il pezzo non è lunghetto è da competizione. In compenso se e' a sera tardi, concilia il sonno.
RispondiEliminaNon sono superficiale e chi mi conosce lo sa bene: per fare leggere gli articoli occorre pubblicare al massimo 3, dico e ripeto 3 (TRE) cartelle. dalla quarta cartella in poi niente è più leggibile, anche se l'argomento è molto serio.
L'efficacia di un pezzo non e' direttamente proporzionale alla lunghezza.
Ho ripetuto, ma la ripetizione non ha giovato.
ENZO
Mi rincuora leggere nel commento di Lorenzo e con la franchezza che sempre lo contraddistingue ,l'ammissione che c'è sempre da imparare per poter riflettere.Sempre e ad ogni età.Grazie a te Lorenzo, spero che tu sia riuscito a leggere tutto l'articolo, fino in fondo senza colpi di sonno... grazie a te Lorè, ciao!
RispondiEliminaEnzo , quando si tratta di argomenti molto seri e che mi toccano da vicino ,in quanto donna...sono un fiume in piena.Ciao
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