Sfilano al "loro" funerale come se il morto fosse "un altro" ( Travaglio)
Tonino
http://www.ilfattoquotidiano.
Il pensiero di un amico
A proposito di Grillo...
non è mai stato sfiorato neanche con un dito dalla casta politica e dalla magistratura, ha sempre potuto dire quello che ha voluto, inventandosi un tipo di opposizione ante litteram, di fatto è un intoccabile. I Casaleggio
http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2007/09_Settembre/18/Casaleggio_guru_web_grillo.shtml
sono la facciata dalla quale arrivano i suggerimenti al comico, perchè questo è Grillo non dimentichiamolo, che tra l'altro abita in una bella villa a Nervi, si permette il lusso di mantenere 6 figli e ha redditi dichiarati da qualche milione di euro l'anno (e chi glielo fa fare di scendere in politica in prima persona?). Sarebbe interessante sapere di più su chi/cosa c'è dietro i Casaleggio, peraltro ex Telecom e quindi legati a doppio corda con oltre oceano, un giorno, ancora lontano, si farà chiaro anche su questo; nel frattempo l'M5S alle amministrative del 6/7 maggio in Sardegna è dato dai sondaggi oltre la Lega...
Ecco quanta dichiara Aldo Grasso stamane dalle pagine del corriere.it .
Prima della famosa battuta sui socialisti ladri patentati («Fantastico 7», 1986), prima di essere allontanato dalla Rai, Beppe Grillo era solo una scoperta di Pippo Baudo, una delle tante. Sì, è vero, si era distinto con due programmi poco convenzionali, «Te la do io l'America» (1981) e «Te lo do io il Brasile» (1984), diario di viaggio di un provinciale nei luoghi comuni di quei Paesi: comicità bonaria, racconto moderatamente dissacrante, niente di più.
Fuori dalla tv, Grillo ha cominciato a intraprendere un lungo viaggio nei teatri, nelle piazze, nei siti, una sorta di «Te la do io l'Italia», mantenendo intatto il meccanismo di fondo (la perlustrazione dei luoghi comuni), ma acuminando lo sguardo. Come ebbe a dire il grande Dino Risi, «Grillo è più attore adesso che non quando girava film».
Nel frattempo, il commediante è diventato lo spauracchio della politica italiana, il capofila di quell'antipolitica che sta facendo perdere le staffe a molti leader (che lui battezza come «dementi, dilettanti allo sbaraglio»). In un mondo in cui tutti necessariamente recitano, secondo le regole della politica pop, il suo successo deriva dal fatto che lui è il più bravo a recitare. Con un repertorio ormai collaudato («La Gasparri permette a un iPod Nano di possedere tre televisioni e venti giornali», «Le banche ti chiedono soldi e fiducia, però legano la biro a una catenella», «D'Alema è uno che si è finto di sinistra essendo di destra», «L'Udc è l'Unione dei carcerati», «Rigor Montis»...) irride la concorrenza con intolleranza. Lisciando il pelo al populismo, incanaglisce contro le tasse («se tutti pagassero le tasse si ruberebbe il doppio», «i controlli della Finanza sono un modo per istillare l'odio sociale») e finisce per offrire un insperato alibi agli evasori. Sono i rischi della demagogia, il paradosso del Buffone che volle farsi Re.
«Te la do io l'Italia» è uno spettacolo triste dove un buffone dice di farsi beffe di altri buffoni, dove il malumore e la rabbia si travestono da ultima risata, dove il «vaffa» esprime l'inconfessabile esultanza del proselitista, felice di incatenare gli altri nel nome della libertà.
Annamaria... a dopo
Una cosa certa è che Grillo parla alla gente. E che il suo messaggio è comprensibile. Poi si può discutere. Certo, ci fosse stata un'altra classe politica, non sarebbe diventato così popolare. Ma la nostra classe politica è impopolare e non è certo colpa di Grillo. Può piacere e non piacere. Può inviare messaggi paradossali, ma se uno pensa a monti preferisce certamente i messaggi di Grillo. Io sono dibattuto se votare o no e, andando al seggio, se annullare la scheda o consegnarla al presidente per le annotazioni di rito. Ma nell'attuale situazione mai mi verrebbe di irridere uno come Grillo dicendo che è un comico. Comici sono tutti gli altri che ci hanno imposto l'amara ricetta della UE senza porsi il problema di verificare se facevano o no il bene del popolo.
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