martedì 28 dicembre 2010

ITALIA : IL PAESE DEGLI SPRECHI




Siamo il paese degli sprechi. Ogni anno gli italiani buttano nel cestino 3,7 miliardi di euro di alimenti, una cifra con cui si potrebbero sfamare 44,5 milioni di persone. Dai campi alle cooperative, dall’industrie fino alle case, gettiamo via il 26 per cento del pesce disponibile, il 36 per cento dei cereali, il 41 della frutta e della carne, addirittura il 48 per cento delle verdure. E sapere che, pur essendo tra i peggiori, siamo in buona, o meglio cattiva compagnia (secondo la Fao la produzione agricola mondiale potrebbe nutrire 12 miliardi di persone, il doppio di quelle che popolano la Terra), non è certo una consolazione. La denuncia è contenuta nel “libro nero dello spreco alimentare in Italia”, un accurato dossier realizzato da Luca Falasconi e Andrea Segrè.
Gli sperperi, spiegano gli autori, cominciano nei campi. Lo scorso anno abbiamo dilapidato il 3,3 per cento dell’intera produzione agricola (17,7 milioni di tonnellate), soprattutto ortaggi (12,5 per cento), legumi e patate (circa il 5 cento). «La quantità di ortofrutta buttata via per diversi motivi (prodotti fuori pezzatura, costi di raccolta troppo alti, e così via) avrebbe potuto soddisfare le esigenze di una seconda Italia o di una Spagna¬». Lo spreco prosegue nelle cooperative e nelle organizzazioni di produttori: in un anno ben 73 mila tonnellate di viveri vengono ritirate dal mercato per evitare il crollo del prezzo, e soltanto il 4 per cento non viene sperperato.


L’industria alimentare, poi, è responsabile della dispersione di altre 2 milioni di tonnellate di prodotti che, in gran parte, diventano rifiuti, mentre la quota di spreco dei mercati all’ingrosso e della distribuzione organizzata si attesta attorno all’1 per cento. «Ma la situazione è ancora peggiore passando all’ultimo anello della filiera, ovvero i consumatori». Nelle mense gli sperperi rappresentano il 13-16 per cento, nelle famiglie addirittura il 17 per cento (latte, uova, carne e formaggi raggiungono il 39 per cento) per «esagerazione negli acquisti e danneggiamento-deterioramento del prodotto per eccesso di giacenza in dispensa».
Oltre a denunciare il volume degli sprechi, gli autori del dossier ne hanno analizzato il devastante impatto sociale alla ricerca di possibili soluzioni. In linea teorica ogni italiano avrebbe ogni giorno a disposizione ben 3.700 chilocalorie di cibo. Naturalmente «l’eccesso di calorie non viene quasi mai consumato (altrimenti saremmo tutti obesi, mentre “soltanto¬¬” il 50 per cento degli italiani è in sovrappeso), ma perso lungo la filiera. Una certa quantità di cibo, pur essendo perfettamente consumabile, viene gestita come rifiuto, con pesanti conseguenze dal punto di vista alimentare, ambientale, sociale ed economico». Cosa fare? Prima di tutto, secondo gli autori del dossier, bisogna favorire la conoscenza del problema a ogni livello per aumentale la consapevolezza dei consumatori. Secondariamente sarebbe utile promuovere politiche fiscali per incentivare i comportamenti virtuosi, come per esempio la tariffa sui rifiuti: dove funziona correttamente, come per esempio a Verona, chi non spreca risparmia 100 euro per ogni tonnellata di frutta o verdura e sfama circa mille persone al giorno.

Annamaria... a dopo

1 commento:

  1. Il problema c'è ma si può risolvere soltanto al livelo internazionale. E allora forza invece di accontentarsi delle statistiche e versare qualche inutile lacrimuccia.

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