Nel 2001 il teatro dei pupi ha avuto il riconoscimento dell’UNESCO.
Ha proclamato l’Opera dei Pupi tra i Patrimoni Orali e Immateriali dell’Umanità e nel 2008 lo ha inserito in un elenco apposito che comprende antiche tradizioni di valore unico per la cultura e la storia di un luogo (primo patrimonio italiano ad essere iscritto).
Ma oggi parliamo della tradizione Siciliana e della Pupaccena, dolcetto tipico siciliano, simbolo della Festa dei Morti. Detti pupi di zuccaru ma anche pupi di cena e da qui "puppaccena" .
PUPACCENA |
Vanno mangiati con uno specifico stato d'animo che apre le porte al rito della spiritualità.
Fortificazione di una cultura made in Sicily.
Ricordo, da bambina, che non vedevo l'ora di sistemare fuori dalla porta lo scarpone del nonno defunto. Quella notte era interminabile perchè speravo di poter sentire anche un piccolo rumore fuori per poterlo vedere. Ma il sonno prendeva il sopravvento.
All'indomani, con grande gioia e trepidazione mi fiondavo fuori dalla porta e...sorpresa... la scarpa del nonno era stracolma di frutta fresca, frutta secca, marmellata di mele cotogne e dolcetti vari. Anche se il sonno aveva preso il sopravvento, senza riuscire a vedere il nonno, ero felice perché si era ricordato di me. Giustamente, prima di riempire la scarpa, mia mamma si accertava bene che stessi dormendo...
Questo perché secondo leggende e dettami della tradizione popolare, nella notte tra l'1 e il 2 novembre la linea di confine che separa il mondo dei vivi da quello dei morti si annulla e permette alle anime dei defunti di entrare in contatto con i propri cari, portando con sé dolciumi e regali, in particolar modo ai bambini, testimoniando la loro presenza e il vegliare sulla famiglia.
Oggi, purtroppo, siamo distratti dalla quotidianità e bombardati da immagini mediatiche, dimenticando l'origine di tradizioni.
In Sicilia non esisteva l'usanza di scambiarsi regali per il Natale. La festa per i bambini si faceva per la Festa dei Morti. Una tradizione ancora viva che tiene banco alla festa celtica di Halloween.
Il celebre antropologo e storico delle tradizioni siciliane, Antonino Buttita, dice:
"contrariamente a quanto si costuma nel resto d’ Italia, in Sicilia e in qualche altro luogo del Meridione vige l’uso di fare le strenne ai fanciulli il 2 novembre, giorno tradizionalmente consacrato alla celebrazione dei defunti. I doni li portavano i morti per questo si lasciavano le porte aperte la notte fra l’uno e il due novembre."
Sono diverse le regioni italiane che non abbiano nella loro gastronomia tradizionale un piatto di rito dalla forte valenza simbolica dedicato al giorno dei morti.
In molte parti della Sicilia, fra pochissimi giorni saranno molte le tradizionali fiere, piene di bancarelle e ricolme di giocattoli. Questi vengono regalati insieme ai particolari dolcetti di questa festa: i crozzi ‘i mottu ( biscotti modellati a forma di osso)
o i pupatelli ripieni di mandorle tostate
i taralli (ciambelle rivestite di glassa zuccherata) i nucatoli e i tetù bianchi e marroni, i primi velati di zucchero, i secondi di polvere di cacao. E ancora frutta secca e cioccolatini, “u cannistru” colmo di frutta di martorana.
Ma a farla da padroni sono i Pupi di zuccaru statuette di zucchero dipinte con colori vivaci.
I pupi di zuccaru sono dolci antropomorfi, cioè a forma umana. statuette cave fatte di zucchero indurito e dipinto, che rievocano figure tradizionali quali Paladini di Francia, ballerini e personaggi tipici del teatro dei pupi siciliani.
Che sia stato un nobile arabo caduto in miseria a offrirli ai suoi ospiti per sopperire alla mancanza di cibo o Enrico III che organizzò una pantagruelica mensa spettacolarizzata dalla presenza di queste sculture dolciarie. Realizzate grazie ai marinai palermitani che avevano trasportato lo zucchero. E’ sicuramente vero che sulla loro origine siano stati scritti fiumi d’inchiostro.
Da Pitrè a Buttitta, molti antropologi hanno studiato il significato storico e culturale di questa particolare usanza che si ricollega al banchetto funebre del consolo.
C’è chi vi ha visto un collegamento con le Compitalia romane, dedicate ai Lari, in cui si offrivano a Mania, madre o nonna degli spiriti, delle pupe di lana apotropaiche appese sulle porte di casa o nei quadrivi per far si che in quel giorno gli spiriti dei morti erranti per il mondo, prendessero le effigi sulla porta lasciando in pace le persone della casa.
Il rito cannibale dei pupi di zucchero
Nelle case siciliane i dolci venivano disposti in bell’ ordine su una tavola, perché si riteneva che in quella notte i defunti della famiglia venissero a cenare nella loro antica dimora. La cena inizialmente apparecchiata in onore dei defunti si trasforma in cibo da regalare ai bambini.
Il significato della strenna siciliana dei morti è duplice. Da una parte essa rappresenta un’ offerta alimentare alle anime dei defunti, dall’ altra un chiaro esempio di patrofagia simbolica; nel senso che il valore originario dei dolci antropomorfi era quello di raffigurare le anime dei defunti. Cibandosi di essi, era come se ci si cibasse dei trapassati stessi.
L’importanza dei dolci figurativi, piccoli capolavori, oltre che folcloristica è anche artistica. Dal grande effetto decorativo, vengono usati, almeno per il tempo che resistono, come soprammobili. Sono opere di zucchero la cui semplicità di forme, dovuta agli stampi con i quali vengono eseguite, è vivificata da tinte sgargianti e vivaci.
Tali capolavori zuccherini, vengono realizzati da abili artigiani chiamati gissari che modellano lo zucchero in calchi di gesso o terracotta; la matrice frontale è la parte più intarsiata, quella posteriore di solito risulta disadorna. Lo zucchero viene lavorato per fusione. Si scioglie in acqua ad alta temperatura in un tegame di rame e mescolato ad un concentrato di limone cremortartaro, per assicurare la necessaria sbiancatura. Una volta fuso lo zucchero viene introdotto all’interno dei calchi in modo che occupi, con un sottile spessore, le rispettive pareti e resti vuota la parte interna dello stampo.
Si lascia raffreddare e con estrema delicatezza si estraggono i pupi dalle formelle e si passa alla colorazione con colori alimentari: il giallo si ricava dallo zafferano, il rosso dal pomodoro, l’azzurro brillante dal miglio di tinte vegetali, il bianco dal latte e farina, il bruno dal cacao, il nero brillante dalla seppia, il verde brillante da alcune verdure.
Dopo il necessario tempo di posa per l’asciugatura del colore si passa alla decorazione e la statuetta viene impupata con lustrini di carta colorata, palline di zucchero argentate e nastrini di ogni forma e colore.
Rigide ed impalate, le dolci statuette sovrasteranno i famosi cesti stracarichi di biscotti tipici, confetti e frutti di martorana.
Annamaria
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