Cari Eldyani, molti si chiedono come mai molti utenti che erano spariti da questa onlus , son tornati. Trovando "la porta" aperta. Il comportamento a cui eravate abituati , gestito da chi sapete, senza fare nomi, era scorretto oltre che illegale verso gli utenti esclusi.. La chat (onlus) deve essere aperta a tutti e in particolar modo a persone deboli socialmente .
Salvo in quei casi dove si commettono irregolarità , infrangendo il regolamento è doveroso bannare il disturbatore di turno ma va comunque comunicato, soprattutto se si tratta di un frequentatore abituale. Eticamente e legalmente non deve accadere che per antipatie , come avveniva presuntuosamente prima, ci sia utenza che subisca atti discriminatori. Il colmo poi è essere bannati per aver chiesto solo dei chiarimenti....
Per essere grandi. Bisogna prima di tutto saper essere piccoli. L'umiltà è la base di ogni vera grandezza.
Il verbo bannare, di origine inglese, è un vocabolo di uso comune ormai da diverso tempo. Bannare un utente da un forum o una chat può costituire reato se l’esclusione non è giustificata da un comportamento scorretto, ma rappresenta un vero e proprio atto di bullismo.
Se sei stato “bannato” (escluso, scacciato) da un forum o una chat senza motivazioni e solo per scopi di ritorsione, discriminatori o comunque scorretti, potresti essere vittima di un reato e, in determinate condizioni, potresti sporgere querela. Ma procediamo con ordine.
Il ban è uno strumento indispensabile per garantire il rispetto delle regole di comportamento imposte nei luoghi di discussione e socializzazione online, ma può essere utilizzato anche per scopi illeciti e così sconfinare nella commissione di un reato.
Sin dalla primissima diffusione dei forum di discussione, delle chat e di altri luoghi di socializzazione e discussione online, gli amministratori hanno avuto bisogno di uno strumento che permettesse di allontanare chiunque non rispettasse la netiquette, cioè le regole di comportamento imposte agli utenti per usufruire del servizio.
Con la diffusione dei social network, il ban è diventato un temutissimo strumento di polizia virtuale, attraverso il quale gli amministratori possono allontanare immediatamente gli utenti che non rispettano le norme di comportamento o che commettono addirittura illeciti.
Tuttavia, insieme agli amministratori professionisti, la Rete è popolata da migliaia di utenti che gestiscono chat, forum, mailing-list o gruppi attivi all’interno dei social più diffusi, e che possono liberamente utilizzare lo strumento del ban per scopi che non sempre coincidono con l’applicazione della netiquette del servizio.
Il ban è infatti vissuto come un vero e proprio strumento di potere, specialmente da parte di giovani e adolescenti e adulti incopetenti in cui gruppi virtuali finiscono per riprodurre gli stessi modelli di comportamento assunti nella vita reale, dove i più forti emergono come leader e i più deboli come vittime destinate a subire ogni sorta di angheria.
In questo contesto, quindi, il ban può diventare un vero e proprio strumento di illegittima prevaricazione, esclusione, persecuzione e persino violenza morale e psicologica, quando viene usato al solo fine di escludere una persona senza un giustificato motivo da un luogo di socializzazione, esponendola allo scherno e al disprezzo degli altri utenti.
Questi fatti di vero e proprio bullismo virtuale stanno mettendo in allarme gli esperti. Recentemente il Ministero della giustizia ha deciso di pubblicare anche un documento nel quale si denunciano tutti i comportamenti devianti più diffusi online, specie tra giovani e giovanissimi, sottolineandone anche la rilevanza penale di molti di essi .
Nonostante infatti molti naviganti della Rete ritengano che quanto accade online non comporti delle conseguenze legali, bannare un utente per fini di mera prevaricazione, denigrazione o violenza psicologica può costituire reato ed esporre il responsabile, anche minorenne, a conseguenze penali anche gravi.
Fra i reati che si possono configurare si va da quelli più lievi come la diffamazione ai delitti ben più gravi come la violenza privata punita con la pena della reclusione fino a quattro anni, e addirittura lo stalking, punito con la pena fino a cinque anni, nel caso di comportamenti ripetuti che producono nella vittime profonda angoscia e gravi sofferenze psicologiche.
Se il reato è commesso nei confronti di un minore, il reato è aggravato e la pena è aumentata.
Pubblicato il 6 maggio 2015 sul sito del Ministero: www.giustizia.it
[2] Art. 595 cod. pen.
[3] Art. 610 cod. pen.
[4] Art. 612-bis cod. pen.
[5] Art. 61 n. 11-quinquies cod. pen.
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Annamaria
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