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venerdì 13 febbraio 2015
"NON VOGLIO DARE LA VITA A UN MOSTRO" - BUFALA-
Ai lettori di alcune testate italiane è successo ,in questi giorni, di leggere la notizia di una donna che (non) ha abortito il figlio che stava aspettando perché maschio . Era una notizia falsa e molti siti ci sono cascati a diffonderla.. Il secolo XIX , però, dopo averla pubblicata (senza accertarsi della veridicità ) ha ricevuto le lamentele di alcuni lettori in proposito e invece di far sparire la notizia e basta hanno deciso di andare a fondo alla vicenda e capire che cosa fosse successo e spiegarlo. Vi consiglio anche io amici di face-book di approfondire bene le notizie prima di divulgarle nei social.
Vi segnalo un sito che suggerisce come usare 1 App che vi permette di segnalare notizie false ai responsabili del social "face-book"
http://trucchifacebook.com/facebook/guida/come-segnalare-notizia-falsa-su-facebook/
Negli ultimi giorni sono molti i siti “anti-bufala” italiani e stranieri che si sono occupati della vicenda: la notizia ha incominciato a circolare il 17 gennaio scorso (e non ieri, come sembrava inizialmente), partita da un blog che si chiama Injustice Stories , in cui una certa Lena (o Lana) racconta la vicenda di cui (non) è stata protagonista. È diventata di dominio pubblico di recente, prima all’estero e poi in Italia, quando ha incominciato a diffondersi sui profili Facebook e Twitter di persone indignate da quello che (non) era accaduto.
Ci sono parecchi motivi che a un’analisi più approfondita fanno capire la non veridicità della notizia:
- dal punto di vista giornalistico, mancano alcuni “fondamentali”, come il “dove” e il “quando”, visto che nessuno ha spiegato dove abita la protagonista della vicenda e dove e quando l’aborto (non) è avvenuto;
- dal punto di vista medico, poi, è abbastanza inverosimile che una gravidanza al quinto mese di gestazione possa essere interrotta «senza intoppi», come invece ha raccontato Lena (o Lana).
A chiudere il cerchio, le ragioni per cui la storia sarebbe stata inventata: secondo quanto ricostruito da snopes.com , il blog Injustice Stories è andato online proprio il 17 gennaio 2015, giorno della pubblicazione della discussa storia. È nato per questo, insomma. Inoltre, il sito è costruito per costringere chi vuole proseguire nella lettura a condividere l’articolo sui social network, moltiplicando esponenzialmente le visualizzazioni (al momento gli share sono oltre 9mila, contro i 4500 che la stessa storia ha totalizzato su un sito gigantesco come l’Huffington Post inglese) e dunque i contatti.
“Cui prodest”, come diceva qualcuno? A chi giova tutto questo? Perché farlo? Gli ultimi sospetti parlano di una ben organizzata campagna anti-abortista, capace (come in effetti ha fatto) di sollevare gli animi contro l’interruzione di gravidanza. Ma non si può neppure escludere una sorta di “esperimento” social, o anche il banale “scherzo”. Certezze non ce ne sono, e sin che non ne avremo, eviteremo di scriverne ancora. Di questo potete essere certi.
By - Secolo XIX
Annamaria... a dopo
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