Ho pensato di iniziare con voi, cari lettori ed amici del blog, un viaggio della memoria attraverso alcuni degli oggetti che non usiamo più.
Alcuni di essi hanno
rappresentato per decenni simboli di una condizione, anche sociale,
oggetti "cult", immagini di un tempo ben definito, fenomeni di costume,
nel corrispondente momento storico.
Ci hanno accompagnato
fedelmente, accettando di divenire obsoleti, di essere accantonati e
sostituiti dalle moderne tecnologie, rivendicando però il loro
essenziale ruolo nel ricordo di tempi, per certi versi, meravigliosi.
Ne ho individuato diversi,
ma sono disponibile a ricevere le vostre segnalazioni, per arricchire
questo . . . angolo della memoria.
Gli
Oggetti della. . . Memoria !
Non è una novità che la temperatura in inverno si abbassa e
noi cerchiamo ogni possibile fonte di calore . . .
E che dire della difficoltà di asciugare il bucato, nonostante
continui a piovere a dirotto per giorni . . . La
moderna tecnologia ha risolto questi problemi, sicuramente in modo efficace e
possibilmente sempre più rispettoso della nostra salute. Ma quello che si è
perso è l’alone di magia, l’incanto, il fascino, la suggestione di certi
irripetibili momenti . . .
La memoria torna indietro ad incontrare un “oggetto smarrito” :
il
Braciere
Con Campana Asciugatrice
Dai ripostigli emergeva agli inizi di ottobre, quando la luce
debole dell’inverno iniziava a sfumare il paesaggio che ingialliva per i toni
autunnali. Liberato
dalla polvere e dai ricami di qualche ragnatela, faceva già pregustare il
tepore che avrebbe regalato durante le serate invernali, lì nel soggiorno dove
veniva sistemato al posto d’onore tra il tavolo e le sedie.
Sistemata
la base, una pedana circolare in legno, di solito di abete, a forma di
ciambella, alta un palmo da terra, si infilava il braciere, nel foro centrale.
Con gli anni il legno ingrigiva testimoniando tutt’intorno
l’impronta delle scarpe, per il bordo consumato più della parte centrale. C’era
il braciere bello, di rame ed ottone lucido, con i risvolti e i manici
intarsiati,
Sulla pedana, a protezione del braciere, si appoggiava
l’asciugapanni a forma di cupola in legno o in giunco, talvolta in ferro, come
una gabbia cilindrica con una faccia inferiore aperta che copriva il braciere,
mentre da quella superiore s’irradiavano a stella i listelli di ferro che scendevano
lungo i lati e, incrociando quelli orizzontali concentrici, formavano una
griglia a maglie larghe.
Quel tipo di asciugapanni
aveva una doppia funzione : al mattino poteva essere ricoperto da
mutandine, fazzoletti, calzini ed altri panni appena lavati, messi lì ad
asciugare.
Nel
pomeriggio, tolti i panni, si stendeva sopra una bella coperta di lana che
cadeva giù fino a sfiorare la pedana
: quando la famiglia era riunita, si
stava seduti intorno al braciere, con i piedi appoggiati sulla pedana e la coperta poggiata sulle gambe, per non
disperdere il dolce tepore. Nelle
giornate più fredde, rientrati a casa,
si andava a cercare il braciere e si infilavano le mani sotto la coperta
per riscaldarsi prima. Il
compito di ravvivare la brace con la paletta di ferro era un compito delicato
: si alzava un lembo della coperta, si
chinava la testa di lato e si interveniva con delicatezza, accostando a poco a
poco la carbonella esterna, ancora spenta, a quella centrale, rossa di fuoco. Se
si mescolava confusamente, la carbonella nuova e la cenere soffocavano la
brace e bisognava riattizzarla con il
ventaglio, di cartone o di penne di gallina, con un movimento ondulatorio del
polso lento e continuo per evitare di sollevare cenere e scintille. Le
ore passavano così in quegli anni,
quando non c’erano i termosifoni e della Tv si fantasticava l’esistenza perché
qualcuno l’aveva vista nei negozi delle grandi città o in qualche film americano.
Si rammendava, si leggeva il giornale, si parlava, si facevano
solitari con le carte o lunghi pisolini favoriti dal tepore. L’imprevisto arrivo
di parenti o amici “a lunga permanenza”, rimetteva in gioco le posizioni
acquisite intorno al braciere e l’inserimento di altre sedie rompeva tutti gli
equilibri : la coperta sembrava sempre più corta e ogni tanto le si dava una
tiratina per coprire una coscia rimasta
scoperta e più infreddolita.
Il massimo della
felicità era cenare intorno al braciere
: spesso si ricorreva alla tavola per
fare la pasta e la si poggiava
sull’asciugapanni che diventava la base su cui mettere la tovaglia, i piatti e
i bicchieri mentre, data l’instabilità del telaio, le bottiglie ed altre
pietanze si poggiavano sul tavolo da pranzo.
Cenette semplici
ed indimenticabili, con amici o con parenti, che finivano quasi sempre a scopa
o scopone, col sapore del liquorino di casa.
La missione del
braciere non si esauriva con la serata : poco prima di andare a letto si spostava la
brace rimasta nello scaldino e partiva
l’operazione “prete”.
Il “prete” era uno strano oggetto di legno che ricordava un
po’ lo slittino e serviva per riscaldare il letto, assorbendo anche l’eventuale
umidità delle lenzuola. Era
formato da quattro assicelle di legno, due superiori e due inferiori, inarcate
e convergenti; nella base, rivestita di lamierino, si poggiava lo scaldino con
la carbonella ancora calda. Si
sollevavano le lenzuola e le coperte, si infilava nel letto il “prete” con
dentro lo scaldino, e si riappoggiava il tutto su questo particolare
telaio. Dopo
un pò si risollevavano le coperte piano piano per non disperdere il calore, si
sfilava il prete e ci si rannicchiava fra le lenzuola, gustandone il tepore ben
diverso dal gelo della stanza. Pare
che “il prete” si chiamasse così perché, con maligna allusione, era quella cosa
che riscaldava il letto per il “tempo necessario” ma senza restarci a “dormire” ! !
Ricordi di un passato lontano, fatti di
tepore, odore di carbone, di castagne o patate cotte sotto la cenere, di geloni
(ahi!), di persone che riunite davanti ad un braciere o un camino, affermavano
fortemente il “caloroso” senso della famiglia.
Possiamo rievocarne il calore, ballando con Antonello Venditti
. . .
Attorno al fuoco !
Ah l'incanto del braciere.
RispondiEliminaIl bracere, in napoletano 'a vrasera. Ma quando ci avvicinavamo troppo ci facevamo le "salsicce" alle gambe.
RispondiEliminaENZO
Il braciere.
RispondiEliminaIn dialetto napoletano si chiamava "'a vrasera". Ma quando ci avvicinavamo troppo ad essa, alle gambe comparivano "le salsicce".
ENZO
CHE ROMANTICO IL BRACIERE QUASI COME IL CAMINO BACI BACI
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