C’è
un paese in Basilicata, in provincia di Matera che, per una strana assonanza
lessicale, si chiama Colobraro, perché somiglia ad una “columbària”, cioè ad un
serpentario.
E’
una collina rocciosa, un paradiso per ginestre, olivi, boschi, canneti e . . .
serpenti; dai suoi pianori si spazia su panorami sconfinati ed emozionanti.
Eppure
qui da circa 5000 abitanti, se ne contano appena 1500 . . . dove sono finiti?
Quale segreto ha alimentato la loro “fuga”?
Purtroppo
si tratta di una stupida superstizione per la quale molti, quando sentono
questo nome fanno i classici “scongiuri”, considerandolo il paese della iella,
delle fattucchiere e dei sortilegi d’amore . . . addirittura è definito “il
paese che non si può dire” !
Ma come è nata questa
assurda “leggenda nera”? Ecco cosa riportano le cronache : nei primi anni del Novecento, a Colobraro c’era un
grande avvocato, il miglior avvocato del materano. Vinceva tutte le cause e ovviamente
era invidiato, soprattutto a Matera. Un
giorno, mentre discuteva animatamente con alcuni suoi colleghi, che
evidentemente non sopportavano la sua bravura, cadde a terra un grosso
lampadario; tutti pensarono: ‘Ecco, questo porta iella, adesso abbiamo capito
perché vince tutte le cause’.
E
la nomèa dilagò a Matera in un batter d’occhi e il grande avvocato, divenne
ingiustamente l’Innominabile.
Poi, con gli anni a venire, ogni volta che uno passava davanti a Colobraro, subito
pensava: ‘Questo è il paese dell’Innominabile’. In
breve l’intera Colobraro divenne innominabile, e così si diffuse la leggenda
del paese della iella. Ma
qui di fattucchiere non ce ne sono mai state, né ieri né mai; ci sono solo
uomini che hanno voglia di raccontare i loro pensieri, indicando l’orizzonte di
una dolcissima Lucania. E
a Colobraro bisogna venirci perché è bellissima e perché il paese più offeso e
arrabbiato della Lucania attende da decenni un gesto riparatore dall’Italia dei
superstiziosi e degli imbecilli.
A questo hanno pensato il Sindaco e l'Amministrazione Comunale con l’associazione culturale ”Sognando il magico paese”, che dal 2011, nel mese di agosto,
trasformano la leggenda di Colobraro in spettacolo.
Anche quest’anno in agosto,
i venerdì 3, 10, 17, 24, 31 dalle ore 18 fino alle 22, si svolge
Sogno di una Notte a... QUEL PAESE.
Nasce così un percorso teatralizzato per le vie del centro storico del
famoso paese “innominabile”, attraverso
il quale si narra con ironia di come e perchè è nata la leggenda secondo cui
nominare Colobraro porti sfortuna.
In questo modo “l’immeritata e infondata fama” di Colobraro è diventata un modo per promuovere i suggestivi scorci di un borgo dalle mille bellezze.
In questo modo “l’immeritata e infondata fama” di Colobraro è diventata un modo per promuovere i suggestivi scorci di un borgo dalle mille bellezze.
Potevo mai perdermi questa esperienza unica e ovviamente non condividerla
con voi !
Eccomi immersa nell’atmosfera irreale, carezzata dall’aria fresca,
particolare non trascurabile in questa estate senza respiro . . .
Il sindaco in persona accoglie i visitatori, proiettandoci verso il vero e
proprio spettacolo, suddiviso in diverse tappe animate da attori in costumi
d’epoca.
All’inizio del percorso ci viene regalato l’amuleto a “cincjokk” che secondo la tradizione è confezionato
con semplici materiali: stoffa cucita e chiusa con una spilla (simbolo di
legatura) e un cordoncino (rosso colore della passione e del sangue), contenente
tre pietre di sale grosso per scacciare il malocchio, tre aghi di rosmarino
contro gli spiriti maligni, tre chicchi di grano simbolo di fertilità e
abbondanza e per favorire amore e
bellezza, fiori di lavanda, simbolo di virtù e serenità… L’amuleto può
avere vari significati, quello di Colobraro allontana la “presa d’occhio”,
attrae l’amore e rimuove situazioni spiacevoli.
Procedendo lungo le varie tappe il pubblico viene coinvolto, diventando da
spettatore, attore.
Nella prima tappa due fratelli spiegano i rituali dell’ “affascen” e dello “scinton”, uno è il malocchio e l’invidia delle persone verso
il malcapitato e l’altro è una forte insolazione.
Viene
presentata poi la figura del “monachicchio”, lo
spirito di un bambino, morto prima di essere battezzato, che si diverte a fare
dispetti alla gente.
Lungo una viuzza stretta incontriamo la “masciere” (maga),
alle prese con una figlia che ha disonorato la famiglia perché sorpresa a baciare un estraneo,
diverso dal suo futuro marito; quindi la masciere prepara pozioni per
riconquistare il ragazzo che è di buona famiglia e con un lavoro.
Ed ecco “zia Fortunata” che vede e toglie l’affascen al
malcapitato.
Proseguendo
la passeggiata troviamo una famiglia che sta per essere sfrattata : il marito, un mezzo ubriacone, insieme al
compare Giuan, escogita il piano di far trovare il morto in casa.
Il sotterfugio, di
Eduardiana memoria, impedirà per legge lo sfratto, per cui il padrone di casa
dovrà rassegnarsi a rinviarlo.
Le strade sono
animate da simpatici personaggi che ci narrano, con le loro vicende, di
rituali, usi e costumi ormai consegnati alla storia.
Arriviamo sulla parte più alta del castello dove c’è un monaco
filosofo con il suo discepolo : lo strano personaggio spiega
come intendere la magia secondo le teorie dell'ermetismo, tanto care a Giordano
Bruno...
Il percorso si conclude nella piazzetta dove si degustano piatti tipici,
ascoltando musiche popolari.
Mi è sembrato di scivolare per le fantastiche strade del
centro storico, sentendomi pervadere come per magia da allegria e serenità . .
. un vero e proprio incantesimo !
Mi sento di rendere onore e merito al
sindaco che con l’associazione ha saputo trasformare una situazione di
negatività in una grande attrattiva culturale di livello nazionale.
Arrivederci dunque ad agosto 2013 a . . . Quel Paese !
MARIA |
Grazie Maria. Evviva Colobraro.
RispondiEliminaUn gran ☺ tutto per te, Lorè ! maria.sa
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