giovedì 29 settembre 2011

IL CONFLITTO DI FRUSTRAZIONI- 3° parte - di ENZO -

Prima e seconda parte pubblicate il 14-08-2011
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Riprendiamo, per coloro che se la sentono ancora di seguirci, a parlare delle antipatiche frustrazioni. E complimenti se avete seguito le precedenti due parti.

Allora, la vita quotidiana, come già detto è piena di conflitti. Molti di essi ci fanno digrignare i denti  o minimo sbuffare, ci stizzano, ma non tutti sono così tossici. Molti sono minimi e non hanno, quindi, alcuna conseguenza sul nostro comportamento (“vado a vedere un western o un thriller?”; “metto la gonna blu o quella scozzese?”; “ho litigato con lui, gli telefono oppure no?”; altri invece, sono tali che, dalla loro soluzione può dipendere l’impostazione di tutta la nostra vita futura(“Mi iscrivo all’università o mi impiego?”);”sposo Roberto, Carlo… o non mi sposo per niente?”

In questi casi – va sottolineato- decidere può essere particolarmente difficile e il soggetto può trovarsi in una condizione di forte disagio.
Considerando i tipi di forze che sono in gioco, uno psicologo tedesco, tale Kurt Lewin, dice che sono possibili tre casi distinti di conflitti: la persona, cioè può trovarsi combattuta tra due obbiettivi che gli provocano avversione (eppure deve scegliere uno dei due) e di fronte a un unico obbiettivo che attira sì, ma ha anche qualcosa che non va. Che succede, allora?

Quando entrambi gli obbiettivi sono ATTRAENTI?
 
È certamente la condizione di conflitto meno penosa perché il soggetto può scegliere tra due soluzioni entrambe desiderabili:
il bambino, incerto, tra l’andare coi genitori a fare una bella gita e il rimanere a casa a giocare con gli amici, si trova in questa prima condizione di conflitto. Tuttavia, bisogna anche aggiungere che scegliere una soluzione vuol dire rinunciare  all’altra, e questo può essere fonte di un conflitto sempre più intenso. Un giovane, che deve decidere quale di due ragazze sposare, o quale di due attività intraprendere, può trovarsi in uno stato di lunga o tormentata indecisione. Le donne sono combattute tra la cura della famiglia e la professione. Il conflitto è assai frequente tra dovere e piacere.

Quanto più simili sono i due obbiettivi, tanto più è grande il conflitto e forte l’imbarazzo della scelta.

Quando entrambi gli obbiettivi provocano avversione.
È questa la condizione di conflitto più spiacevole di tutte, perché il soggetto si trova di fronte a due soluzioni entrambe negative: se possibile, quindi, la tendenza sarebbe quella di fuggire, di rimandare o di evitare la decisione. Ma il vero e proprio conflitto si ha quando, di fronte al soggetto, si aprono solo quelle due strade ed egli deve per forza sceglierne una “o mangiare questa minestra o saltare quella finestra. Tutto ciò si fa particolarmente grave gli aspetti negativi delle due soluzioni sono molto forti. Rimandare la scelta significa non risolvere il conflitto e questo porta a uno stato di tensione, di ansia, sempre più intenso, penoso e paralizzante.

E allora che si fa?
Non c’è dubbio, ormai, su un fatto: qualsiasi tipo di frustrazione ha il carattere di “noia”, “"intoppo”, “seccatura”, a volte anche di “grave disgrazia” e provoca, quindi, emozioni spiacevoli. Poiché i bisogni o i desideri insoddisfatti possono farsi più urgenti col passare del tempo, tale tensione aumenta ancora. A volte, ritardando il conseguimento di un traguardo si ritardano anche altri traguardi, provocando una catena che porta a frustrazioni e tensioni sempre maggiori. L’aumento della tensione, allora, è la risposta diretta all’esistenza di una frustrazione, il punto di partenza per interpretare qualsiasi comportamento successivo di una persona.
Una tensione moderatamente alta è senz’altro positiva, anzi desiderabile, dato che serve come stimolante al comportamento. In questo caso, l’individuo è favorito, proprio dallo stato di frustrazione e può trovare una risposta adeguata che gli permetta di superare l’impedimento e di soddisfare la motivazione frustrata.

Nel caso, invece, di una frustrazione grave, la tensione raggiunge livelli talmente elevati da non essere più un fattore positivo nel comportamento, ma senz’altro negativo. Disorganizzante, l’individuo è troppo teso, si agita, perde il controllo della situazione, agisce in maniera apparentemente insensata: “non sembra più una persona intelligente”, ci sembra “aver perso la bussola”.
ATTEMNZIONE, gentili Ciucciottini/e, che la risposta a una  determinata frustrazione, da noi (io) chiamata “tossica”

“NON E’ SEMPRE UGUALE PERCHE’ VARIA DA PERSONA A PERSONA”.
Esiste, infatti, una specie di misura personale oltre la quale la tensione porta a tipi di comportamento assai diversi:

alcune persone, e ce ne sono nell’ambito delle nostre amicizie, cercano di trovare una soluzione positiva per il loro problema perché non si sono mai arrese;
altre persone, invece,  e ce ne sono nella realtà in giro, sviluppano reazioni inadeguate o addirittura patologiche, arrivando a commettere atti inconsueti o violenti. 

Allora come cercare di gestire le frustrazioni?
Cosa dovreste fare!
Cominciamo col dire:

analizzate e riflettete accuratamente i motivi e le cause di una frustrazione;
decidete un comportamento adeguato;
intensificate lo sforzo per superarla;
vedete la situazione da un’altra prospettiva;
trovate una strada nuova per raggiungere l’obbiettivo e soddisfare il desiderio o il bisogno.

 Le risposte sbagliate o inadeguate… che possono causare:

A- AGGRESSIVITA’: Freud la chiama “reazione primordiale”. Chi non ha mai avuto un gesto di stizza o un’imprecazione, scagli la prima pietra;

B- REGRESSIONE:    in parole semplici, il frustrato regredisce comportandosi come un bambino;

C- FISSAZIONE: la fissazione è un arresto dello sviluppo della  personalità; di fronte a frustrazioni, l’individuo non avanza e non diventa “adulto”;

D)- RAZIONALIZZAZIONE: tutti conosciamo la parole della volpe che, dopo aver tentato inutilmente di raggiungere un grappolo d’uva, se ne andò dicendo: “E chi la vuole? In fin dei conti è acerba!” La volpe, frustrata, ha reagito con la razionalizzazione: costruendo, cioè, una ragione falsa, ma plausibile, per giustificare a se stessa una cosa inaccettabile. In questo caso, quindi, non si “aggredisce”, non ci si ritira, ma si tenta di “spiegare”.

E)- RIMOZIONE: una persona ha tendenze ostili tanto forti che chiunque abbia a che fare con lei se ne accorge; eppure, se glielo facciamo notare, ci sentiamo rispondere: “Io, ma se sono l’essere più pacifico del mondo!”

F)- RIFIUTO: è un modo di ripristinare la realtà disturbante. Esempio? Eccolo, la donna che urla: “Bugiardo!” allo specchio che riflette la sua immagine, reagisce con un rifiuto.
Un altro esempio? Eccolo: lo scrittore Cecov in una sua novella descrive il caso di un medico, malato di tubercolosi: ebbene, fino alla morte, egli continua a dire di non aver nulla di grave, di stare meglio.

G) – IDENTIFICAZIONE: l’individuo frustrato non fa che imitare, cioè, s’identifica con un’altra persona, grande calciatore, uno show-man, un cantante di grande prestigio, insomma un personaggio di successo, Inconsciamente, è come se ragionasse in questo modo:
- Vedo che tu sei bello o grande o amato o famoso e…cercando di copiarti, avrò il tuo stesso potere. L’identificazione può avvenire anche con personaggi negativi:
- con i genitori
- con i divi dello spettacolo
- col datore di lavore
- col fidanzato
- con un eroe
- col presidente
- con un criminale o un malfattore
- con un vicino di casa
- ecc.

H) – PROIEZIONE: un altro modo di difendersi da una frustrazione consiste nello scaricare la colpa fuori di noi. Il giocatore di tennis che fallisce una battuta e lancia un’occhiata di disprezzo alla racchetta o la scaraventa a terra (come è successo a me); John Mac Enroe le rompeva spesso sbattendole a terra. Più in generale, sia pure in misure diverse, tutti noi siamo portati ad attribuire AGLI ALTRI i nostri errori e le nostre mancanze ricorrendo appunto, alla scappatoia della proiezione. Non sono quindi io che non capisco, ma”sei tu che non capisci me”; la ragazza che ha ricevuto un’educazione eccessivamente rigida non si accorge dei propri naturali impulsi sessuali, ma ce l’ha con “quegli sporcaccioni degli uomini che pensano sempre a quelle cose.”

I) – FANTASTICHERIA: la fantasticheria può sorgere dalla scontentezza per come vanno le cose e dal desiderio di fuggire una realtà frustrante. Fantasticando soddisfazioni irreali, abbiamo un mezzo per mantenere la stima in noi stessi e per difenderci da quelle che sentiamo essere le minacce del mondo. Ci vediamo raggiungere grandi risultati, grandi successi, immaginiamo di trionfare su tutti coloro che di solito ci disturbano sul lavoro e nei tempi di relax (chatroom, sport, divertimenti, tempo libero, ecc.) oppure  ci mettono i bastoni tra le ruote, pensiamo di conquistare il LUI, la LEI o chissà chi.
Piccole dosi di fantasticheria ci fanno vivere meglio, dato che possono dissipare i nostri sensi di insoddisfazione e di inadeguatezza mettendoci in grado di affrontare, con animo più sereno, i problemi.

L) – SUBLIMAZIONE: personalmente amo molto questo moto dell’animo. Sublimazione deriva dal verbo latino “sublimare” che significa “porre in alto”.
Con questo tipo di risposta inconscia, l’aggressività, che deriva dalla frustrazione, o altri impulsi ritenuti sbagliati o inaccettabili, sono indirizzati verso espressioni accettabili.

La sublimazione, insomma, è un meccanismo per cui, pur senza rendercene conto, incanaliamo la tensione della nostra aggressività (o di altri impulsi brutti) in comportamenti “belli e accettabili”. Le attività che ne derivano risultano spesso molto utili e costruttive. Uno psicologo americano ha scritto:

“L’amore e la Sublimazione sono le forze che fanno girare il mondo.”
Ducky, che mi ha seguito fino alla fine, ed io siamo completamente d’accordo, specialmente in amore.

Enzo

5 commenti:

  1. Noto che pezzi sulla psicologia non trovano l'interesse di tante persone. Non mi lamento mica. Conoscere o apprendere determinati moti dell'animo e meccanismi psicologici...insomma conoscere un pò meglio l'animo del prossimo è una cosa utile ai fini di poter relazionare meglio per amicizia, per amore, o per un altro tipo di rapporto. Noto che così non è. E poi ci meravigliamo di "non comunicare", che l'altro non ci capisce: matricidio, patricidio, fratricidio e frustrazioni varie rappresentano le risultanze di una pochezza d'animo. Nella vita non ci deve attirare solo sesso. E credetemi, questa non è una frase fatta...e ve lo dice uno che di sesso se ne intende. Io vi dò un suggerimento:
    Immaginate che il vostro tempo sia una torta di 24 pezzi (ore-fette). Cercate di distribuire i doveri, i diritii e gli interessi, passioni comprese, in queste "fette". La CULTURA non è solo una questione di leggere e/o memorizzare "eventi", serve ad arricchire il vostro orizzonte intellettuale, in altre parole a farvi "COMPRENDERE MEGLIO IL PROSSIMO E I QUELLO CHE VI ACCADE E ACCADE INTORNO A VOI.
    Congratulazioni se avete letto tutto.!
    ENZO

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  2. Come al solito c'è chi giunge a conclusioni di parte, definendo gli altri superficiali e incapaci di comunicare per la semplice mancanza di un commento ad uno scritto. E l'ipotesi che ad attirare possa essere solo il sesso, dove la mettiamo? Ancora c'è chi è convinto di possedere la chiave per interpretare e definire gli altri. Nelle 24 ore-fette, magari ci sono tanti di quegli impegni da affrontare, che non ce n'è sempre una per ogni cosa...ci sono già tanti condizionamenti che dover essere pure valutati per certe "omissioni" mi pare pretenzioso... senza nulla a pretendere, ma solo per diritto di replica Maria.sa

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  3. A Maria.sa: LETTURA EMOTIVA
    Pretenzioso...non direi...io tendo un palmo di cultura...e non ho dequalificato "gli altri" superficiali e incapaci. Credo di aver dato un suggerimento come padre a figlio, come amico ad amico,ecc. nel senso lato di considerare il microscpico valore culturale del mio contributo e della cultura in generale.. Però se non avere tempo significa avere tempo per confezionare ricette gastronomiche, deduco che non hai il giusto concetto del tempo. Hai espresso concetti dicotomici e contraddittori. Bisogna essere riflessivi e rilassati quando si scrive, ma l'emotività forse ti è genetica.
    ENZO




    valore

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  4. Probabilmente ti sono sfuggite altre mie "confezioni", ma in ogni caso non pretendo apprezzamenti a tutti costi, nè tanto meno mi concedo la libertà di valutare il modo in cui le persone impiegano il loro tempo. Se poi mi spieghi quali sono le contraddizioni...Parli di emotività? Ma sentirsi mettere in dubbio la cultura o le capacità di utilizzare correttamente il proprio tempo semplicemente perchè non si trovano commenti sui propri scritti, come minimo disturba. Enzo, tu sei convinto di usare sempre i toni e le parole giuste, ma consentimi di non condividere, senza scomodare la genetica. Tra l'altro non hai neanche colto la leggerezza della conclusione della mia replica, sfiorando invece la critica sulle mie scelte...io continuerò a collaborare al blog anche scrivendo ricette e se ti sembrano di basso livello intellettuale, ignorale. Non è certo questo che offuscherà la mia autostima. Maria.sa

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