mercoledì 18 maggio 2011

IL LAVORO INCONTRA I SOCIAL NETWORK

Aziende e direttori del personale verificano sempre più spesso le credenziali fornite dagli aspiranti dipendenti attraverso i loro profili sui social network e le informazioni, personali e lavorative, disseminate in rete. Vita privata e professionale si fondono, in un clic.

La rete è ormai lo strumento principale per l’incontro tra domanda e offerta nel mondo del lavoro. Su internet viaggiano gli annunci delle aziende e a motori di ricerca dedicati si affida chi è in cerca di un’occupazione, sia essa qualificata o meno. Ma non sono soltanto i canali ufficiali a entrare in ballo nel momento in cui un curriculum vitae arriva nelle mani di un responsabile delle risorse umane o un candidato si siede di fronte a un direttore del personale per sostenere un colloquio in vista di un’assunzione.

Troppo poche e “ingessate” le informazioni veicolate dall’elenco delle precedenti mansioni svolte e dei titoli conseguiti: nella migliore delle ipotesi abbellito a dovere, in casi estremi inventato di sana pianta, sempre improntati a eccessivo ottimismo, e forzata disponibilità, gli incontri faccia a faccia. Da un lato il futuro datore di lavoro è portato a esaltare solo i vantaggi legati alla posizione occupazionale offerta, dall’altra il candidato tende a dimostrarsi più disponibile, flessibile e preparato di quel che realmente è.

Meglio allora, per entrambe le parti, compiere un giro esplorativo in rete per raccogliere informazioni sulla probabile controparte. Forum, social network, blog etc. permettono di stanare un gruppo con alle spalle una storia consolidata di cattivi rapporti con il personale, individuare un futuro capo dalla non proprio cristallina reputazione o semplicemente tarare il proprio profilo su quello dell’azienda. Ma soprattutto forniscono alle aziende informazioni dettagliatissime riguardo a chi vorrebbe entrare a farne parte. Elementi apparentemente di poco conto, che gli interessati consideravano dispersi nel “mare magnum” della rete e invece saltano fuori da una semplice ricerca su Google e possono fare la differenza tra un “Benvenuto a bordo!” e un “Le faremo sapere…”.

Secondo una ricerca condotta dall’associazione che raggruppa i direttori del personale, GIDP (Gruppo Intersettoriale Direttori del Personale), il 71% delle imprese ha cercato informazioni sui candidati per verificarne lo stile di vita, capire la compatibilità della loro personalità rispetto al ruolo che sarebbero andati a ricoprire e l’aderenza alla filosofia aziendale, mentre solo il 29% dei responsabili ha negato di avervi mai fatto ricorso. Il tutto con l’esito di veder scartati coloro che avevano espresso commenti negativi, inadeguati oppure offensivi nei riguardi dei precedenti datori di lavoro e guardando sotto altra luce candidati apparentemente perfetti ma che magari dichiaravano di voler mollare tutto per andare “in Giamaica entro un anno”.

Sempre meglio, quindi, tenere sotto controllo le proprie tracce su internet, limitare le interferenze tra sfera personale e lavorativa ed essere onesti sulle precedenti mansioni ricoperte, quando si è davanti a un reclutatore o quando si inseriscono i propri dati su un social network professionale. D’altronde, come ha ben sintetizzato Mark Zuckerberg, il baby-papà di Facebook, lo spazio per la riservatezza si è molto ristretto, con l’avvento della rete 2.0. “L’era della privacy è finita” – ha detto Zuckerberg – “Le norme sociali cambiano nel tempo. E così è anche per la privacy”. Non rimane che attrezzarsi di conseguenza…

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