martedì 3 maggio 2011

ALLEGRO . . . MA NON TROPPO ! - di MARIA


Curiosando in giro per giornali e web, mi ha colpito un fenomeno che, soprattutto in passato ha “funestato” il mondo della musica leggera: la censura radio-televisiva. La storia della canzone italiana è piena di episodi di censura: in molti casi si tratta di censure applicate a testi irriverenti, dal linguaggio non proprio ineccepibile, poco rispettosi della morale comune o “pericolosi” politicamente; altre volte il problema era invece di carattere sessuale.
Nel 1924 addirittura viene diffusa una circolare del PNF che impone alla stampa di tradurre in italiano tutti i termini stranieri contenuti nelle canzoni, compresi i nomi degli artisti:  Louis Armstrong diverrà Luigi Braccioforte e Benny Goodman verrà presentato in Italia come Beniamino Buonomo. Nel 1926 l'Ufficio di Censura ordina di modificare alcuni versi de "La leggenda del Piave" che sono ritenuti inaccettabili per il buon nome della nuova Patria fascista. Sul giornale "Il Popolo d'Italia" del 30 marzo 1928 viene pubblicato un articolo di Carlo Ravasio con il seguente tono: "È nefando e ingiurioso per la tradizione e per la stirpe riporre in soffitta violini e mandolini per dare fiato a sassofoni e percuotere timpani secondo barbare melodie che vivono soltanto per le effemeridi della moda. È stupido, ridicolo e antifascista andare in sollucchero per le danze ombellicali di una mulatta o accorrere come babbei ad ogni americanata che ci venga da oltreoceano.".
Nel 1929 il Comando Generale dei Carabinieri emana varie circolari contenenti l'elenco di canzoni contrarie all'ordine nazionale, compresi alcuni inni nazionali tra cui "La Marsigliese", i canti socialisti o anarchici e persino le ballate sulla sfortunata impresa di Umberto Nobile al Polo Nord.
La prima versione di "Faccetta nera" , scritta in romanesco nel 1935, viene accusata di "incoraggiamento alla commistione delle razze", visti gli apprezzamenti verso la "bella abissina". Ad evitare "problemi", l'autore apportò pesanti modifiche; si tentò anche di contrapporle la canzone "Faccetta bianca", presto dimenticata. Il successo del motivetto "Faccetta nera" fu tale che il regime si vide costretto ad inserirla tra gli inni fascisti.
Verso la fine del 1936 diminuiscono le restrizioni nei confronti della musica americana, con la trasmissione alle ore 17.30, ovvero nell'epocale "prima-serata" di un programma composto interamente da brani di autori stranieri; anche la musica jazz dilaga; prima con l'"Orchestra Ramponi", poi con i solisti di Gorni Kramer (Crapa pelada). L'EIAR si dota di un proprio quartetto jazz  riscuotendo un notevole successo, fino a quando il Jazz viene nuovamente bollato come "musica negroide" e scompare del tutto dai programmi.
Comincia il periodo delle cosiddette "canzoni della fronda", ovvero canzoni ambigue che si prestano ad essere reinterpretate in chiave satirica e che sotto testi apparentemente "nonsense" contengono, o le autorità credono contengano, ironiche e velate frecciatine al regime. Per "Un'ora sola ti vorrei" si registrano parecchie denuncie di persone che vengono sorprese a cantare la strofa "Un'ora sola ti vorrei / per dirti quello che non sai/ io che non so scordarmi mai / che cosa sei per me..." rivolgendosi ironicamente all'onnipresente ritratto del Duce. Altra presunta "canzone della fronda" è il motivetto "Maramao perché sei morto", interpretata dal "Trio Lescano". Il brano, uscito poco dopo la morte di Costanzo Ciano, venne interpretato come uno sberleffo nei confronti del gerarca defunto: alcuni studenti livornesi affissero le parole della canzone sull'erigendo monumento a Ciano e tanto bastò per bandire la canzone dalle trasmissioni EIAR per alcuni mesi e convocare presso l'ufficio di censura il paroliere. Panzeri se la cavò dichiarando che il testo era una libera traduzione di un canto popolare abruzzese (maramao è, infatti, la contrazione di mara maje = amara me) scritto prima della morte di Ciano. Ma per Panzeri non finisce qui: nuova convocazione per la canzone "Pippo non lo sa", nella quale è facile scorgere pesanti allusioni a molti gerarchi che si atteggiano in sfavillanti uniformi. Dopo l'entrata in guerra dell'Italia, nel giugno del 1940 è imposto il divieto di ballare in pubblico, i locali notturni vengono chiusi e la musica americana (jazz compreso) assolutamente proibita oltre, naturalmente, alla messa al bando degli autori ebrei.
Il brano "Signora illusione", viene censurato a causa del verso "illusione, dolce chimera sei tu" che stride con il categorico imperativo pronunciato dal Duce: "Vincere e vinceremo!".
La canzone "Silenzioso slow", meglio nota come "Abbassa la tua radio", viene bandita perché accusata di sottintendere l'invito ad ascoltare le trasmissioni di Radio Londra;




immediata censura della canzone "Il Tamburo della banda d'Affori", con testo del solito Panzeri, a causa dei versi "Il tamburo principal / della banda d'Affori / che comanda cinquecento cinquanta pifferi...": al censore non sfugge la sospetta coincidenza numerica tra "550 pifferi" ed i 550 componenti la "Camera dei Fasci e delle Corporazioni". L’attenta censura scova una nuova "canzone della fronda", "La mia canzone nel vento", a causa dei versi "Vento, vento portami via con te" che, da molti, venivano indirizzati al Duce con la variante "portalo via con te". Siamo nel 1943 quando suscita molto scalpore la censura della canzone "Tuli-pan", cover del brano statunitense "Tulip-time", cantata dal popolarissimo Trio Lescano. In seguito alla "scoperta" della discendenza ebrea delle componenti, il Trio viene bandito dall'EIAR e le tre sorelle arrestate e rinchiuse in carcere con l'accusa di inviare messaggi in codice al nemico attraverso le loro canzoni in diretta.
Il brano "Lili Marleen", viene dapprima censurato nelle ultime due strofe, nelle quali un soldato dice alla sua amata che avrebbe preferito essere a casa con lei piuttosto che in guerra e quindi bandita del tutto in quanto accusata di "deprimere il morale dei combattenti".
Siamo ormai lontani dal periodo bellico, ma nel 1955 un caso particolarmente eclatante è quello del brano "La pansé", interpretata da Renato Carosone, a causa dei sui contenuti ammiccanti: il doppio senso si potrebbe attribuire a quella domanda impertinente… me la dai?...
♫♪ Ah! Che bella pansè che tieni ♫
♪♫♫ che bella pansè che hai ♫
♪ me la dai?
♫ me la dai?
♪♫♪ me la dai … la tua pansè? ♫♪♫
Nonostante venga bandita dalla radio e dalla neonata tv, la canzone si diffonde attraverso i dischi, i "juke-box" ed i numerosi locali pubblici dove si esegue musica dal vivo. Ad evitare problemi, in molte balere viene sorprendentemente esposto il cartello: "IN QUESTO LOCALE NON SI ESEGUONO BRANI COME LA PANSE’ O SIMILI TRIVIALITA’ “ Quando il sesso può corrompere le orecchie !!!
Persino stupende canzoni di Domenico Modugno subiscono censura, come la napoletana - Resta cu’ mme - per il verso “nun mme ‘mporta d’o ppassato, nun mme ‘mporta ‘e chi t’avuto…” cioè “non mi importa del passato, non mi importa di chi ti ha avuto” . . . scherziamo?


Mettiamo in dubbio il valore della verginità? . . . e siamo nel 1957 !
Non si salva la conturbante Jula de Palma, alla quale viene vietato di interpretare la canzone presentata al Festival di Sanremo nel 1959: i censori accettano il testo, ma il modo della cantante di pronunciare quel ♫ “TUA” ♪♪ è troppo, troppo sexi !
Sembra che nonostante il passare del tempo e la maggiore apertura mentale, ci siano sempre argomenti “intoccabili”, caricati di significati scomodi o inopportuni per qualcuno. Tant’è che hanno avuto vita difficile e tagli o modifiche dei testi autori ed esecutori come Fabrizio de Andrè, ( Città Vecchia, Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers), Tony Santagata (Lu primmo ammore), Claudio Baglioni (questo piccolo grande amore), Riccardo Cocciante (Bella senz’anima), Patty Pravo (Pensiero stupendo), Mina (L’importante è finire), Lucio Battisti (Il vento per i Dik Dik, Dio mio no), Lucio Dalla (4 marzo 1943, nata come Gesù Bambino), Antonello Venditti (Compagno di scuola), fino al più recente Simone Cristicchi (Prete, Bastonaci o Signore). In tempi più moderni la censura sessuale colpisce soprattutto Elio e le Storie Tese (Cara ti amo) . . . ma da qualche anno il sesso cantato non fa più paura: la censura ha scelto ben altri bersagli !
Mi sono limitata ad un rapido (molti penseranno “rapido”?!? ) exursus, sicuramente ben lontana dalla completezza dei casi . . . Lascio a ciascuno le personali considerazioni; io ritengo che la musica è vita, capace di suscitare le più diverse emozioni, e se qualcuno vuole leggere tra le righe del . . . pentagramma, lo faccia pure, ma senza esagerare! ♫♪♫♫



Maria & Annamaria... a dopo


5 commenti:

  1. La dissertazione (excursus) temporale sulla morale, nei diversi e vari aspetti è stata ben delineata. Non mancano gli accurati riferimenti. Molto bene: personalmente lo ritengo un "assaggio" culturale, aggettivo tutto unito, perdinci e anche...perbacco eh!
    ENZO

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  2. Bella ed informata rassegna sulle ridicolaggini della censura. Purtroppo, quando ne avesse la possibilità, qualcuno anche oggi potrebbe intervenire. O no?

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  3. Enzoooooooooooo, il solito giocherellone della parola! grazie, mi fa piacere avere suggerimenti, anche perchè non mi ritengo avvezza allo scrivere. E' un'altra delle cose che faccio spontaneamente, a volte d'impulso, senza badare sempre alle regole. comunque spero almeno che chi legge lo faccia con sufficiente interesse. Maria.sa

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  4. Fedelissimo ☺ Lorenzo,in ogni epoca c'è qualcuno che può censurare. Tutto dipende da ciò che in quel momento viene ritenuto "lesivo per il decoro ed il rispetto della persona o dell'autorità". Credo però che l'ironia ed una buona satira, di giusta misura, non faccia paura alle persone intelligenti... Il problema è: chi e come determinare la"giusta misura"... Maria.sa

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  5. La risposta è pacifica, Maria: la misura della censura la decide lo stesso che la applica.

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