L'Aquila, rivolta degli anziani
"Nuovi traslochi, nei monolocali"
A 81 anni via dalla casa della Protezione civile. Così le nuove regole contro i furbi che hanno dichiarato nuclei familiari più larghi danneggiano chi è in buona fede. L'assessore Pezzopane chiede una revoca delle norme e racconta: "Hanno già pagato un prezzo altissimo, chiamano a decine in Comune per protestare"
"Rivolta d'argento", l'hanno chiamata. Gli anziani dell'Aquila insorgono contro la gestione commissariale dell'emergenza post-sisma. Non c'è pace, in Abruzzo, per chi - a fatica - s'era rassegnato a vivere nelle new town, aspettando una ricostruzione-chimera che stenta a decollare. A oltre un anno dall'assegnazione delle case provvisorie, c'è chi dovrà rifare le valigie e traslocare. Con le nuove regole del vicecommissario Antonio Cicchetti, alcuni appartamenti della Protezione civile sarebbero ormai troppo grandi, per chi li abita. E così l'ordine è sgomberare. Senza riguardo per l'età degli inquilini. "A 81 anni" racconta smarrita Maria Manieri "vogliono cacciarmi dalla casa di una new town e mandarmi in un monolocale di un'altra. Mi chiamano tutti i giorni. E io sto impazzendo".
La vicenda della signora Manieri nasce dal giro di vite impresso da Cicchetti contro quei furbi che hanno avuto assegnate case per un numero di persone più alto rispetto a quello di quante sono poi andate a viverci. Un malcostume incoraggiato, in qualche modo, dall'opportunità che gli sfollati hanno avuto di presentare domande di assegnazione "aggregate": a prescindere, cioè, dalla parentela all'interno del gruppo. Così, non sono mancati i casi di alloggi per quattro persone andati a famiglie composte da tre. Di qui le nuove regole. Che, però, si sono rivelate una iattura per gli sfollati in buona fede. Come la signora Manieri.
nel crollo della casa di famiglia, nel 2009 Maria ottiene di andare a vivere con la cognata, rimasta sola anche lei. Quest'ultima, però, riesce un anno dopo a ristrutturare un appartamento di proprietà e lascia la new town. Il risultato è che Maria, rimasta da sola in una casa per due persone, con le nuove regole deve andar via dall'alloggio. "Vogliono mandarmi in un monolocale di 22 metri quadri, dicono". È un doppio trasloco: nuova casa, nuova contrada. Da Cese di Preturo a Sant'Antonio.
Sono tanti gli aquilani sul piede di guerra per casi simili. "E i più preoccupati sono proprio gli anziani. Hanno già pagato un prezzo altissimo al sisma e chiamano in Comune a decine per protestare" commenta Stefania Pezzopane, l'assessore alle Politiche sociali che ieri ha chiesto la revoca del giro di vite. "Una disciplina" spiega "che da Natale sta gettando le famiglie nella disperazione e nello sconforto". La direttiva di Cicchetti, infatti, obbliga i singoli componenti dello stesso nucleo familiare a ricongiungersi in un solo appartamento, senza più poter usufruire di interventi d'assistenza diversi. "In pratica" spiega Pezzopane "chi vive in albergo e ha un figlio che ha optato per una sistemazione autonoma rimborsata, deve raggiungerlo. E non conta quanto sia grande l'immobile e in che città si trovi. Certo, si può provare a cercare un'abitazione più grande, ma la disponibilità di alloggi nel cratere è ridottissima". Nessuno, precisa poi l'assessore, nega in astratto la necessità di colpire i furbi, "ma forse il gioco non valeva la candela, visto che su 925 ispezioni effettuate nei mesi passati, solo tredici si sono concluse con l'accertamento di una irregolarità e lo sgombero". La vera emergenza, più che le irregolarità, sarebbe dunque la fame di alloggi.
Ingiustizie palesi si erano verificate, in realtà, già prima della nuova disciplina. Come racconta Giusi Pitari, prorettore delegato dell'ateneo aquilano e animatrice del blog Trentotto secondi, "rischia di dover lasciare la casa perfino chi ha un figlio che va a studiare fuori città. Se poi il figlio dovesse tornare, non c'è alcuna garanzia di riavere un appartamento grande come quello di partenza". È il caso di un cittadino che aveva ottenuto un alloggio per due persone e se l'era visto revocare perché, nel frattempo, la figlia s'era iscritta all'Università di Bologna. "Per la Struttura di gestione dell'emergenza, l'uomo avrebbe dovuto chiedere una casa per single, magari ricorrendo a un divano letto nei giorni in cui la figlia fosse ritornata" racconta ancora Pitari. Ma il Tar ha dato ragione all'uomo. E ora, all'Aquila, la speranza è che quella sentenza faccia da precedente.
Annamaria... a dopo
Si chiuderà con delle denunce, dunque. Peccato.
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