Cinque arresti e undici indagati all'Italcarone di Incisa Valdarno: fino a 14 ore di lavoro, beni venduti in nero, dipendenti picchiati se non raggiungevano gli obiettivi. Genovesi (Slc): “E' un'eccezione, ma il precariato può arrivare allo schiavismo”
Cose del genere finora si erano viste solo nei film e invece la Guardia di Finanza ha scoperto un call center, “Italcarone” di Incisa Valdarno, vicino a Firenze, in cui le dipendenti potevano anche essere frustate se non raggiungevano gli obiettivi fissati dall'azienda. E' quanto racconta Repubblica in un articolo pubblicato ieri 13 maggio . L’azienda - sostengono gli inquirenti - reclutava personale con inserzioni sui giornali senza specificare quali mansioni avrebbe dovuto ricoprire e poi li trasformava in telefonisti e faceva loro ascoltare ogni mattina l’inno nazionale, canti e slogan. Ai lavoratori - questa l'accusa degli inquirenti - erano però richiesti risultati inarrivabili e imposti orari pazzeschi, fino a 14 ore al giorno, con mezz’ora per il pranzo e pochi minuti per andare in bagno. E, se i risultati non arrivavano, i venditori venivano presi a frustate sulle gambe, fa sapere sempre la Gdf.
I vertici dell’azienda - quattro uomini e una donna - sono finiti in carcere e altre 11 persone sono indagate con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata alla frode in commercio e alla frode fiscale. Secondo le Fiamme gialle, oltre a trattare come bestie i dipendenti, l’azienda ha venduto in nero beni per quasi quattro milioni e mezzo di euro.
L’aspirapolvere oggetto della truffa veniva importato dagli Stati Uniti, aveva un reale valore commerciale di 350 euro ma veniva piazzato a quasi 4mila, presentato come “presidio medicochirurgico-elettromedicale anti acaro”. La carriera del venditore s’interrompeva presto e senza remunerazione, perché il tetto da raggiungere per ottenere le provvigioni era inarrivabile, dando così vita ad un turn over continuo, tutto a beneficio della Italcarone.
Genovesi (Slc), precariato è il vero problema
“La realtà supera i peggiori incubi”. E’ il commento del segretario nazionale della Slc Cgil, Alessandro Genovesi. “La questione vera – a suo giudizio - è come si combatte il precariato, che può arrivare a forme di schiavismo fisico e psicologico. Quando il lavoratore si trova in una posizione contrattuale debole, è portato ad accettare di tutto”. In ogni caso, specifica, “quello di Firenze è un’eccezione: i call center sono aziende con molti problemi, che instaurano rapporti di lavoro precario, ma di solito non arrivano a questi estremi. Sono episodi che devono far riflettere le coscienze di tutti i cittadini, prima ancora che quelle di sindacalisti e imprenditori”.
Sull’argomento, più in generale, vi segnalo l’ottimo libro di Michela Murgia “IL MONDO DEVE SAPERE" nel quale l’autrice racconta “il suo mese”, pazzesco, come telefonista di call center.
Questo libro è il diario in presa diretta di un mese vissuto nell'inferno del telemarketing. Per trenta interminabili giorni, l'autrice ha venduto al telefono aspirapolveri a migliaia di casalinghe per conto della Kirby, una grande multinazionale americana. Intanto annotava, apprendeva e soffriva in prima persona le tecniche di condizionamento e le riunioni motivazionali, le premiazioni e le umiliazioni pubbliche, orari, salari e punizioni aziendali... "Il mondo deve sapere" racconta la precarietà, riuscendo miracolosamente a fare ridere. Fino alle lacrime.
Annamaria...a dopo
Si rimane a bocca aperta conoscendo questi fatti. La risposta non può che essere no, no, no. Non c'è ragione aziendale o ricerca del risultato che tenga. Sono reati veri e propri e come tali devono essere puniti.
RispondiEliminaNon solo sfruttamento anche tortura, rapina attraverso il prezzo di vendita, frode fiscale.Raccapricciante! Di questo passo che futuro si può immaginare all'orizzonte?
RispondiEliminaBisogna fermare questa rapacità sia nel settore privato che pubblico in quanto disturba la crescita reale del Paese.
Pino