Oggi la riflessione di Cipriano è rivolta ai nostri ragazzi uccisi in Afghanistan
Siamo purtroppo qui a ricordare altri due nostri ragazzi
caduti in Afghanistan, gli ultimi di una lista che si sta
facendo sempre più lunga: sergente Massimiliano
Ramadù, caporal maggiore Luigi Pascazio.
Ma ad oggi sono già 24 i nostri militari caduti in
Afghanistan, senza dimenticare i 35 in Iraq, da dove
però siamo andati via, e senza contare le
migliaia degli altri contingenti e delle forze locali.
Sono poco più di 3.000 i militari italiani
schierati in questo teatro operativo nell’ambito della
missione Isaf, che saranno tra poco ulteriormente
aumentati di circa mille unità; la grande maggioranza
del contingente nazionale è schierata ad Herat,
nell’Ovest del Paese, una piccola quota si trova invece
a Kabul.
La zona sotto la responsabilità italiana è un’ampia
regione dell’Afghanistan occidentale (grande quanto
il Nord Italia) che si estende sulle quattro province
di Herat, Badghis, Ghowr e Farah. La componente
principale delle forze nazionali è attualmente costituita
dal personale proveniente dalla brigata alpina-
Taurinense, ma sono presenti componenti
dell’Aeronautica, Carabinieri e Marina.
Queste sono brevemente le fredde cifre.
Ho scritto in un’altra simile e triste occasione,
(Kabul o morte) una mia opinione, che intendo
ribadire avendone quotidianamente, haimé, sempre
amaro riscontro.
Partiamo subito dal presupposto di base: perché
stare in quei posti? Le risposte richiederebbero ore di
discussione, al netto di considerazioni del tipo “tenere
lontano il terrorismo”, “combattere il terrorismo”,
“instaurare forme di democrazia”, “presidiare e
distruggere santuari del terrore” ed altro, tutte
spiegazioni che potrebbero scatenare discussioni con
quantità enormi di pareri uguali e contrari, magari tutti
convincenti e degni del massimo rispetto.
La principale risposta, a mio parere, è che l’Italia a suo
tempo scelse di fare parte integrante di organizzazioni
(NATO, ONU, UE), e che fin quando è membro attivo
di queste, una volta che si richiede un suo impegno, non
può avere atteggiamenti a fisarmonica, a secondo delle
convenienze o dei venti favorevoli.
Si può e si deve assolvere ai propri doveri verso la
comunità internazionale, però attenzione, è sul punto
cruciale che indico che secondo me si deve
completamente cambiare registro.
Un passo indietro …
Gli storici, i militari, gli esseri umani, per due millenni
hanno avuto della guerra, delle battaglie, una
concezione praticamente invariata, seppur con armi,
eserciti, schemi, teatri e strategie naturalmente molto
differenti col passare dei tempi.
Abituati per secoli a ragionare di eserciti contrapposti,
di legioni, reggimenti, brigate, di assalti e contrassalti,
cariche di cavalleria, scontri di mezzi corazzati, tiri di
artiglieria, combattimenti all’arma bianca, il nemico lo
avevi sempre lì di fronte, con i suoi capi più o meno
regolari, i suoi generali, le sue uniformi, trombe e
pennacchi inclusi.
Molte volte ne sentivi le voci e gli odori … Poi, a partire
dagli anni 50, i Francesi in Indocina, negli anni 60 gli
Americani in Vietnam, i Russi in Afghanistan, hanno
conosciuto massicciamente ed a loro durissime spese
un nuovo modo di combattere a cui erano impreparati,
con nemici invisibili, guerriglieri mischiati alla popolazione
che in moltissimi casi ne erano parte vitale ed integrante,
donne, vecchi e bambini inclusi.
Imboscate, con la gente che sai esserti nemica ma tu
non sai chi è fisicamente il nemico, ed alfine, negli ultimi
due decenni, con la componente fanatico- religiosa,
terminale terroristico di attacchi suicidi.
Su quest’ultimo mortale elemento, praticamente si è
chiuso Il cerchio, in quanto combattere il fanatismo
suicida, cercare di vincere chi non ha nessuna paura
di morire e che anzi, ha come unico scopo finale, quello
di causare con la propria morte il più alto numero di morti,
anche tra la propria gente, pur di generare paura e terrore,
credo che tutte le vecchie tattiche e teorie siano perdenti.
Quando si scagliano contro un obiettivo con un veicolo
imbottito di quintali di esplosivo, o ti piazzano mimetizzato
un ordigno multiplo ad alto potenziale, non c’è Lince,
Dardo, Freccia o il più potente carro armato al mondo che
ti possa salvare; inutile fare sciocche polemiche su questo.
Il paese montagnoso ricoperto di alte vette inaccessibili,
il villaggio povero e sperduto, l’immensità degli spazi,
non ti danno punti di riferimento e di sicurezza.
Qui il bombardiere, il carro armato, gli spiegamenti
in forze (che non potranno mai essere abbastanza ,vista
la vastità), rischiano di essere perfettamente inutili;
allora cosa fare?
La mia risposta non è il vangelo, richiederebbe un impegno
politico generale insieme ad una concezione operativa
diversa.
Premesso che ritirarsi adesso vorrebbe dire consegnare
semplicemente l’Afghanistan a gruppi fanatico-terroristici
con conseguenze sanguinose a livello locale ed
internazionale, opterei per una triplice azione sinergica
e combinata:
A) Aiutare realmente e massicciamente la popolazione
locale alla ricostruzione, alla ripresa di una elementare
vita civile, soprattutto economicamente, mostrando la
faccia reale, democratica e non aggressiva dell’occidente.
Lotta all’ enorme corruzione locale, addestramento
intensivo della polizia e delle forze armate afgane.
B) Contestualmente invadere il paese con radio,
programmi televisivi, giornali; un continuo e massiccio
lavaggio democratico del cervello affinché quante più
persone possano conoscere la vita occidentale,
sceglierne naturalmente le parti positive e se lo reputano
opportuno, autonomamente seguirne i dettami.
C) La parte operativa-militare, la più difficile e complessa.
Solo pochi reparti strategicamente dislocati, ma totalmente
super specializzati, elitrasportati, affiancati da massiccia
“intelligence” e tecnologia anche satellitare (tutte cose
Che abbondano a noi occidentali).
Individuati i capi e le cellule, un veloce, rapido e letale
“mordi e fuggi”, con i terroristi che non avrebbero più loro,
a questo punto, un rifugio sicuro o punti di riferimento
( gli Israeliani sono stati maestri indiscussi nell’andare
a beccare i capi terroristici in qualsiasi parte del mondo
si nascondessero).
Si eviterebbero principalmente anche i cosiddetti effetti
collaterali e tante vittime innocenti dei massicci
bombardamenti “poco intelligenti”, con conseguente
e giustificato odio della popolazione.
Mi rendo conto che tutto questo non è semplice, ma
non vedo valide alternative.
Continuando così si opera quotidianamente solo per evitare
principalmente le trappole esplosive, sparse un po’ ovunque,
quelle che tanto sangue hanno versato in questi lunghi tre
anni tra i ragazzi della coalizione.
Permettetemi amici una amara considerazione al termine di
questa riflessione: Questi nostri ragazzi in divisa hanno donato
la loro giovane vita sotto la bandiera dell’Italia, simbolo della
loro e nostra terra, senza fanatismo o stupido spirito bellicista.
Questa Italia dove tanti gaglioffi in questi tempi stanno
pensando solo ad arricchirsi fraudolentemente, in simbiosi
con pezzi delle istituzioni e della politica.
Questa Italia fatta di tanti egoismi, di tanta corruzione e di tanta
viltà, merita questi ragazzi caduti per dovere?
Sono tornati in Italia avvolti nel tricolore.
Spero abbiate avuto quel
minimo sussulto di dignità e decenza chinando, anche solo per un attimo,
vergognosamente e silenziosamente il capo.
Ciao dal vostro Cipriano
Cipriano, sei uno dei miei scrittori preferiti. Sottoscrivo in tutto quanto scrivi. Onoriamo i nostri fratelli uccisi da fanatici e proponiamo, nel nostro piccolo, ciò che andrebbe fatto. E siamo uniti, perdinci, qualche volta. Ma non lo siamo, purtroppo. Su Face Book è nato addirittura un gruppo contro questi ragazzi. Che schifo.
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